“La terra ai giovani” – L’alternativa all’abbandono dei territori e una prospettiva di rilancio delle agricolture locali. L’iniziativa del Ministro all’Agricoltura Luca Zaia

il Ministro dell politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia
il Ministro dell politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia

Il tentativo di rilancio dell’agricoltura che propone di attuare l’attuale Ministro all’Agricoltura Luca Zaia (il vero nome del Ministero è “delle politiche agricole alimentari e forestali”) sta portando in questi giorni alla concretizzazione di un’idea, un progetto politico, che non può che vederci interessati e in qualche modo partecipi a una sua effettiva riuscita. Si tratta, come dallo slogan nel titolo (“la terra ai giovani”) di porsi l’obiettivo di rilanciare l’agricoltura cercando di coinvolgere le giovani generazioni, gli “under 40”, generazione che nel mondo agricolo italiano ha in questo momento una presenza marginale (solo il 10% delle aziende agricole hanno come titolari persone con meno di 40 anni).

Pertanto l’agricoltura nel nostro Paese non è solo sempre più ristretta nello spazio territoriale (i terreni agricoli sono diminuiti notevolmente nel corso degli ultimi decenni; in 40 anni la superficie agricola utilizzata è passata dai 18 milioni di ettari degli anni 70 ai 13 milioni di ettari dei nostri giorni) a vantaggio di terreni e territori che i geografi definiscono “rurbani”, cioè che non sono né rurali né urbani, in fase di abbandono in ogni caso, sicuramente in attesa di una collocazione speculativa “da rurale ad urbana”, verso obiettivi appunto che non saranno più agricoli: nella pianura veneta, ad esempio, i terreni non coltivati “rurbani” spesso sono in attesa di diventare cave di ghiaia; qualche tempo fa diventavano aree industriali (ora non più per saturazione delle prospettive speculative).

La proposta del Ministro Zaia (ad essa è stata data ancor più eco dallo stesso Bossi, che ha parlato dell’impiego dei giovani nell’economia agricola, e che Zaia ha inserito in un progetto più globale definendolo “RINASCIMENTO VERDE”) pertanto, almeno per le terre demaniali, si rivela interessante come tentativo serio di un rilancio dei giovani verso l’agricoltura, specie in quei settori di nicchia (come il biologico, o produzioni e allevamenti specializzati) che sono però di alta qualità (di seguito ne parla lo stesso Zaia intervistato da “La Stampa”).

Ora il Governo dovrà procedere al censimento dei terreni demaniali coltivabili (e non vincolati come i parchi o le aree di pregio), e dopo sarà lanciato un bando a progetto; con l’obiettivo dichiarato di incentivazione e sviluppo delle microaziende (appunto gestite da giovani). L’iniziativa che sta partendo ha suscitato particolare clamore in particolare nei giornali più a sinistra: tra gli articoli qui ne riprendiamo tre da “Il Manifesto” (anche con una valenza critica nei confronti dell’iniziativa, ma con grande interesse), perché l’ “idea” delle terre a chi vuole coltivarle (Zaia si concentra sui giovani) appartiene sicuramente al bagaglio culturale dei movimenti di sinistra (che però da tempo la hanno accantonata), e ora è ripresa dalla Lega e così dal governo di centro-destra.

Va altresì notato e detto che la possibilità di un ampliarsi delle persone che vogliono fare agricoltura, è una prospettiva che da più parti sta facendosi sentire: come per il consumo di prodotti agricolo-alimentari a “chilometro zero” (che lo stesso Zaia sostiene, ma tema forte da tempo del movimento ambientalista); ai farmer’s market” che stanno sorgendo qua e là in tanti centri (agricoltori che possono vendere direttamente i loro prodotti agricoli); all’utilizzo di persone in cassa integrazione o mobilità per lavori volontari di sistemazione ambientale (i parchi in città…) ma anche nel campo prettamente agricolo; i pensionati di città che si organizzano per trovare terreni da coltivare ad orto (vengono in mente gli orti di Via Rizzoli a Milano, dove novantadue pensionati, in riva al Lambro, hanno e difendono la proprietà in usucapione dei loro orti ventennali prima terre incolte e abbandonate alla sporcizia – vedi il bel libro di Paolo Cottino “la città imprevista”, Eleuthera editore, 12 euro)… insomma tutte iniziative da valutare bene, alcune lasciano parecchi dubbi circa la loro bontà, che però indicano un “ritorno alla terra”, di prospettiva economica di vita per i giovani, ma anche generalizzato, culturale, “mentale”, di conoscenza di quel che ci alimentiamo… tutto questo non può che essere una cosa fondamentalmente positiva e da sostenere.

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LE TERRE DEMANIALI AI GIOVANI

da “Il Tempo” del 19/8/2009, di Laura Della Pasqua

Il ministro dell’Agricoltura Zaia lo ha definito “Rinascimento Verde”. Luca Zaia ha usato questa espressione per indicare un progetto ampio che parte dalle misure contenute nel decreto legge anticrisi e che si pone come obiettivo di rilanciare l’agricoltura.    Al centro di questa rivoluzione ci sono i giovani. Quegli under 40 che vogliono scommettere sulla terra: potranno avere, in base al decreto, l’affitto di terre demaniali e degli enti pubblici a prezzi calmierati. A Zaia piace fare una citazione storica: “Come Cornelia disse, riferendosi ai figli, cioè ai Gracchi, questi sono i miei gioielli, i giovani sono il cuore pulsante del rilancio del settore. Oggi gli imprenditori con meno di 40 anni che guidano aziende agricole sono soltanto il 10% del totale. Dobbiamo far crescere questa percentuale, dare nuova linfa alla nostra agricoltura agevolando l’accesso dei giovani alle terre, che oggi costano troppo; al lavoro agricolo, che deve essere più remunerativo».

Si tratta di un intervento destinato a immettere aria nuova in un settore dove il 65% delle aziende è in mano a over 60 e solo il 17% sono imprese di prima generazione. Insomma l’imprenditoria agricola ha ancora una struttura pachidermica: vive di sussidi, si tramanda da generazione a generazione, ha alti costi e difficoltà di accesso al credito. Un ettaro di terra in Italia costa 25.000 euro contro i 2.500 della Francia, i 6.500 della Germania e gli 8.500 dell’Olanda. Queste caratteristiche sono un vero e proprio muro per quei giovani che vogliono avviare un’attività imprenditoriale in agricoltura. Pronto il decreto, ora i ministeri dell’Agricoltura e dell’Economia dovranno mettere a punto gli indirizzi. Sarà avviato un censimento dei terreni demaniali coltivabili e non vincolati come i parchi o le aree di pregio. Conta molto, infatti, la qualità delle aree. Il ministro Zaia ha assicurato che seguirà l’operazione personalmente.

Dopo sarà lanciato un bando a progetto. Al ministero dell’Agricoltura spiegano che per evitare speculazioni, una commissione valuterà i progetti indicando le finalità, i mezzi a disposizione, gli impianti. L’obiettivo è di incentivare lo sviluppo di microaziende. La tendenza dei giovani, anche a fronte delle difficoltà di avere vasti appezzamenti di terra, è di concentrarsi sulle coltivazioni ad alto valore aggiunto che richiedono estensioni limitate ma grande attenzione e tecnologie. Per Zaia il progetto si lega a filo doppio con il federalismo giacché porta a una valorizzazione delle specificità alimentari locali. «Tutelare un prodotto significa tutelare una identità territoriale» spiega il ministro.

I terreni agricoli sono diminuiti notevolmente nel corso degli ultimi decenni. in 40 anni, la superficie agricola utilizzata è passata dai 18 milioni di ettari degli anni 70 ai 13 milioni di ettari dei nostri giorni. Questo soprattutto a causa della competizione degli usi non agricoli del suolo (urbanizzazione) e dell’abbandono delle terre più marginali (la boscaglia si è sostituita al pascolo).

Per monitorare l’andamento dell’ iniziativa, sarà predisposta una relazione annuale, anche in vista di un possibile futuro acquisto da parte dei giovani delle terre affittate.

L’iniziativa quindi dovrebbe segnare una svolta rispetto a precedenti interventi che non hanno dato grandi risultati. Il ministro Zaia si è detto ottimista e prevede di inaugurare la prima azienda per la prossima primavera con i bandi pronti per l’inverno.

Il progetto del ministro potrebbe avere come ripercussione un effetto calmierante sui prezzi dei terreni. Basta pensare che un ettaro in Trentino-Alto Adige per coltivare mele può arrivare a costare anche 450 mila euro, mentre un chilo di mele costa meno di un euro.

Un vigneto a Montalcino costa 500.000 euro e un terreno seminativo nella pianura Padana costa 60-70.000 euro l’ettaro. I prezzi dei terreni agricoli non hanno risentito della crisi. Anche per quei prodotti come il vino in cui c’è stata una flessione dei prezzi, il costo del terreno resta elevato; nel Chianti non si scende sotto i 300.000 euro. L’ingresso massiccio dei giovani nell’agricoltura potrebbe quindi portare maggiore concorrenza e avere un effetto benefico sui prezzi. (Laura Della Pasqua)

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“Darò ai giovani le terre del demanio”. Il ministro Zaia: «Canoni bassi a chi mi porta un progetto preciso»

Maria Grazia Buzzone – 18/8/2009 –  da “La Stampa”

Dunque lo Stato affitterà terre demaniali a giovani agricoltori. Ci spiega meglio, ministro Zaia?
«È una misura già contenuta nel decreto anticrisi. La accarezziamo da tempo per rilanciare l’agricoltura, nell’ambito del progetto che ho ribattezzato “Rinascimen-to verde”».
Che parolone. Dice «noi» come Lega o come ministero?
«Entrambe le cose. Il punto di partenza è che in Italia abbiamo 1.700.000 aziende agricole, ma solo il 10% ha imprenditori con meno di 40 anni. Di questi 170.000, solo il 17% sono di giovani che iniziano ex novo a fare gli agricoltori, gli altri sono figli di chi ha già un’azienda agricola».
E tra i semplici addetti i giovani sono pochissimi rispetto alla Germania, dove per ogni over 65 che coltiva i campi ci sono 12 ragazzi. O alla Francia, dove sono pari.
«Infatti. Eppure abbiamo verificato che c’è un grande interesse per l’agricoltura da parte dei giovani, soprattutto chi risiede in città. Ma il fattore limitante rispetto all’Europa è il costo del terreno. Citando a memoria, in Francia il prezzo medio per ettaro è 2500 euro, in Olanda 8500, Germania 6500. In Italia la media è 25.000 euro. Un vigneto a Montalcino costa 500.000 euro, un terreno seminativo nella pianura Padana – la nostra California – non costa meno di 60-70.000 euro a ettaro».
Addirittura. A parte Montalcino, una delle nostre eccellenze, come mai da noi prezzi così alti?
«Perchè la terra e poca. L’Italia è molto antropizzata e in più abbiamo molti vincoli paesaggistici, giustamente. Però girando a lungo per le aziende agricole mi sono reso conto di una cosa. Che tra i giovani trovi agricoltura innovativa. Ragazzi che coltivano piante per raccogliere i pistilli per prodotti medicali, che allevano asini per produrre latte per i bambini intolleranti al latte vaccino, alcuni fanno turismo rurale, altri agricoltura biologica o coltivano piante officinali».
Fantasiosi.
«Cercano di monetizzare il pochissimo terreno che hanno, magari solo 1 ettaro contro una media di 6 ettari delle nostre aziende agricole. Ecco, noi miriamo a sviluppare questo genere di “microaziende”, offrendo ai giovani in affitto piccoli appezzamenti a prezzi contenuti».
Terreni demaniali. Quali?
«Impossibile dirlo oggi. Stiamo facendo un censimento di quelli coltivabili e, ovviamente, non vincolati come parchi o aree di pregio. Dopo di che lanceremo un bando a progetto».
Vale a dire?
«Una commissione valuterà i vari business plan, per evitare speculazioni. Ciascuno dovrà dire: se mi dai 3 ettari, voglio produrre latte d’asina, queste sono le asine, questi l’impianto di polverizzazione, il mercato, il reddito».
L’Europa non li considererà aiuti di Stato?
«Assolutamente no, anzi. Con l’ultimo negoziato concluso lo scorso dicembre, abbiamo ottenuto risorse per le regioni, e una parte sono per i giovani».

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Terra e giovani, Zaia: creeremo cinque mila posti di lavoro in tre anni

da:   http://www.agricolturaitalianaonline.gov.it/

20.08.09

I giovani sono il cuore pulsante del rilancio del settore agricolo. In Italia abbiamo 1.700.000 aziende agricole, ma solo il 10% ha imprenditori con meno di 40anni. Dobbiamo far crescere questa percentuale, dare nuova linfa alla nostra agricoltura, ha affermato il ministro delle Politiche agricole, Luca Zaia, riferendosi al progetto “Terra e giovani, con il quale l’Agenzia del demanio cederà in affitto, a prezzi contenuti, i terreni, i beni agricoli di proprietà dello Stato e degli enti pubblici ai giovani agricoltori con meno di 40 anni. Il Ministro spiega il progetto in un’intervista di Affaritaliani.it. Di seguito riportiamo l’intervista al Ministro Zaia pubblicata su Affaritaliani.it

Sta per partire ‘Rinascimento verde’: lo Stato affitterà terre demaniali a giovani agricoltori. Come funzionerà?

“Innanzitutto verrà fatto un censimento, perché non tutte le terre demaniali hanno vocazione agricola. Poi la mia idea è di fare un bando a progetto in modo che i possibili assegnatari possano presentare un business plan. Vogliamo, infatti, che ognuno porti un progetto di fondazione di una nuova azienda agricola per evitare che ci siano appropriazioni di terre demaniali per farci il nulla o per agricolture estensive. Da qui la mia idea di investire di più sui giovani visto che oggi rappresentano non solo una grande chance per il futuro, ma anche una agricoltura di innovazione”.

Quindi il bando prevedrà limiti di età?

“Assolutamente. Bisognerà avere meno di 40 anni, visto che è l’età prevista per essere definiti giovani in agricoltura secondo i regolamenti comunitari. E poi conta il progetto”.

Che cosa deve contenere?

“Il piano deve parlare di agricoltura intensiva e deve anche contenere una sorta di bilancio aziendale: un giovane deve dimostrare di che cosa vivrà, come guadagnerà, che lavoro farà e soprattutto se l’azienda riuscirà a stare sul mercato con le proprie forze”.

Saranno privilegiati progetti ‘green’ come l’agricoltura biologica?

“Nel bando saranno privilegiati i progetti che io ho sempre definito di produzione identitaria. Per esempio: se in Campania, nella zona del pomodoro San Marzano o della mozzarella di bufala, riceviamo due proposte, una per una produzione indifferenziata e anonima e un’altra per una produzione locale, sicuramente la seconda avrà più punteggio per avere la terra. In Italia abbiamo 4.500 prodotti tipici: i giovani avranno in mano la salvaguardia delle identità produttive territoriali. E’ questa la forza del nostro progetto”.

Quanti giovani secondo lei parteciperanno?

“Migliaia. Oggi su un milione e 700mila aziende agricole, solo 1.700, il 10%, sono condotte da giovani. E quindi penso che qualche migliaio di ragazzi chiederà di avere assegnate queste terre anche perché i giovani non si occupano di agricoltura non perché abbiano ancora l’immagine del contadino con la pelle incartapecorita ma semplicemente perché il terreno costa tanto”.

Tanto quanto?

“In Italia, in media, un ettaro costa 25.500 euro. Un prezzo enorme se confrontato con i 5.500 euro della Francia, i 6.500 della Germania e gli 8.500 dell’Olanda”.

Il suo piano è contenuto nel decreto anticrisi. Quanti posti di lavoro prevede di creare?

“E’ difficile dirlo con precisione. Però si può fare un conto: in tre anni potremmo dar vita a mille aziende, considerando un’azienda media con dieci ettari di superficie, cosa possibile perché significherebbe impiegare 10mila ettari in tutta Italia, ovvero 500 ettari per Regione. Insomma, possiamo dire che compreso l’indotto si potrebbe parlare di 5-6mila posti di lavoro. E tutti per i giovani”.

Prevede una forte partecipazione rosa al bando?

“Se non ci fossero le donne in agricoltura sarebbero guai. Moltissime aziende innovative come quelle del vino, del biologico e delle erbe officinali, hanno una presenza importante di giovani imprenditrici. E’ auspicabile quindi che si continui con questi parametri statistici”.

http://www.agricolturaitalianaonline.gov.it/libro_ministero_web

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Da “Il Manifesto” del 29/8/2009, di Tommaso di Francesco

BOSSI E ZAIA, NEL SILENZIO DELLA SINISTRA
«La terra ai giovani» e subito «censimento dei terreni incolti»
Il leader della Lega Umberto Bossi, che ci ha devastato con stravaganze ferragostane, ha proposto «la terra ai giovani» a inizio settimana. «Lo Stato – ha detto il Senatur – potrebbe regalare i terreni agricoli ai giovani senza lavoro che vogliono coltivarli.

In agricoltura il problema è che mancano i giovani, sono tutti vecchi. I giovani qualche lavoro dovranno trovarlo e se ci sono terreni agricoli che costano allo Stato ma non rendono, allora è meglio darli a loro. Perchè non farlo? Ne ho già parlato a Tremonti». La proposta – già avanzata da Confagricoltura – ha subito trovato pronto il ministro leghista Zaia: «Per le terre dello Stato abbiamo già in corso un censimento. Quella di Bossi non è solo un’intuizione, ma una proposta che sta in finanziaria e che si concretizzerà…

Oggi in Italia solo il 10% delle aziende agricole è in mano a giovani con meno di 40 anni e solo il 17% delle imprese cosiddette giovani è gestito da persone che hanno fatto questa precisa scelta, senza passaggi di mano dalla famiglia». È un nodo importante, vasto quanto il fragoroso silenzio della sinistra.

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TERRE AI GIOVANI
Il Senatur e Tremonti hanno fatto l’uovo

di Enrico Pugliese da “il Manifesto” del 21 agosto 2009
Tra le esternazioni estive dell’on Bossi, quella relativa al recupero produttivo di terreni agricoli male utilizzati affidandoli a giovani imprenditori appare come una delle più sensate. E il coro di apprezzamenti è stato vasto e unanime: ha visto, oltre che la Confidustria, anche il principale giornale di opposizione al governo, la Repubblica. Sulle pagine di quel giornale (rispettivamente lunedì 17 e martedì 18) un amichevole duetto di Carlo Petrini di Slow Food e del ministro dell’agricoltura Zaia esponente della Lega, ha mostrato i grandi vantaggi, le prospettive e – perché no? – i rischi connessi all’iniziativa. Con chiaro e netto orientamento di classe, Petrini ha raccomandato con enfasi, tra l’altro, di semplificare la modulistica necessaria per accedere ai benefici dell’iniziativa. Insomma, l’idea è buona, si tratta gestirla al meglio. E il ministro ha prontamente ringraziato
D’altra parte la proposta di Bossi è un po’ come l’uovo di Colombo: ci sono le terre male utilizzate, ci sono i giovani pronti a farle fruttare con grande risparmio per lo stato, allora perché non dare ai giovani una opportunità? Poi si tratta di terre demaniali: un anacronismo. O no?
Forse no. Pur riconoscendo un certo radicamento populista (che poi è l’altra faccia della xenofobia) della Lega, a me la cosa puzza un po’ di bruciato. È dall’epoca delle ultime leggi eversive della feudalità (un paio di secoli addietro) che le terre demaniali hanno fatto gola ai privati, i quali in generale se ne sono appropriati con la frode o con la violenza. Lo stesso è avvenuto con i beni della mano morta espropriati a ordini religiosi e diventati di proprietà pubblica dopo l’Unità d’Italia.
Le terre dello stato e dei demani comunali se le sono accaparrate prima i galantuomini, poi, quando hanno potuto, anche strati piccolo borghesi. E a volte ce l’ha fatta pure qualche contadino ricco. Ricordo da ragazzo «le terre della comuna» a Montalto delle quali si era appropriato uno che di soprannome veniva detto ‘U jngu’ (il giovane toro) o, forse, i suoi antenati. Ora a privatizzare i beni pubblici ci pensano Bossi, Zaia e Tremonti.
Questa storica ingiustizia di classe, questa usurpazione, fu oggetto di lotta e di una polemica della sinistra (e nella sinistra). Era un chiodo fisso di Paolo Cinanni che ancora negli anni settanta pubblicava un libro importante per spiegare l’attualità del problema e l’esigenza di intervento dello stato. Non se ne fece nulla. Alle terre usurpate (questo è il termine tecnico) si aggiungono quelle ancora di effettiva proprietà demaniale, ma che sono già in mano a privati con vecchi contratti di affitto a canori irrisori per pascoli che in realtà sono sterminate stalle per bufale all’aperto dove il mangime (prodotto nelle produzioni estensive di mais e cereali) viene portato giornalmente a tonnellate. E si tratta di allevatori vecchi e giovani.
La questione delle terre demaniali venne portata all’attenzione del pubblico e della politica negli anni Settanta dal movimento di lotta per l’occupazione giovanile. Con la loro carica di illusioni e di speranze i giovani alla ricerca di un lavoro (e di un lavoro possibilmente diverso) costruirono cooperative, occuparono terre e le ebbero in concessione, ne presero anche in affitto e tentarono di viverci lavorando etc. Non andò benissimo. Ma fu un movimento importante e qualcuno imparò un mestiere Non è qui il caso di parlarne, salvo per ricordare che allora erano i giovani e non i ministri a chiedere che le terre, pubbliche e private, incolte o malcoltivate, venissero messe a profitto.
L’on Bossi ha parlato anche di spreco del danaro pubblico. E a ragione. Ma questo, per quel che ne so, riguarda soprattutto le grandi aziende private. Nel perverso meccanismo di sostegno alle aziende agricole si possono ricevere (e si ricevono) in maniera del tutto legale contributi per terreni che non si coltivano affatto.
È là che sta il vero spreco. C’è una spinta alla concentrazione che riguarda in maniera particolare le aziende zootecniche, che è l’effetto della PAC, della politica agricola comunitaria spesso sostenuta nei suoi aspetti peggiori dall’Italia. I compagni di Piadena hanno parlato sul manifesto degli orrori della produzione zootecnica su vasta scala e dei disastri ambientali che ad essa spesso si accompagnano. Queste problematiche non sono entrate affatto nel dibattito di questi giorni.
Eppure si sono sprecati paroloni. Federico Orlando alla lettura commento dei giornali su Rai Tre ha parlato di Riforma Agraria. A sinistra si è pensato che per una volta Bossi ha preso una iniziativa che avremmo dovuto prendere noi. Ma non è proprio così. Nel vuoto politico lasciato dalla crisi delle tradizionali organizzazioni degli agricoltori (a partire dal poderoso blocco di potere rappresentato dall’intreccio DC-Coldiretti) è facile inserirsi con proposte populiste e corporative. Ma non so ora i contadini poveri part-time, i semi-proletari agricoli (come si diceva una volta), del Mezzogiorno ( e non solo del Mezzogiorno) avranno nulla da guadagnare dalla proposta di Bossi. E comunque non sembrano esserne al corrente. Con buona pace di Federico Orlando, alla base delle riforme agrarie ci sono le mobilitazioni dei contadini, non le trovate dei ministri.
A rifletterci, più che di un uovo di Colombo forse si tratta di un uovo di Tremonti, come la proposta della privatizzazione delle spiagge.

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«Terra e illibertà»
di Tommaso Di Francesco
(da Il Manifesto del 21 agosto 2009)
Antonio Onorati «Problema vero, ma la Lega pensa solo al Nord. E sbaglia sul demanio»

Ad Antonio Onorati, esperto di politiche agricole internazionali – è stato docente universitario presso l’Instituto agronomico d’Algeri e segretario generale del «Comitato italiano per la Fao», e inoltre lui stesso agricoltore, abbiamo rivolto alcune domande sulla cosiddetta «provocazione» estiva di Bossi che in realtà rivela un terreno di intervento specifico del governo che già prevede in finanziaria la voce «terra ai giovani» e un «militante» già schierato nel ministro leghista dell’agricoltura Zaia, pronto a veicolare verso l’agricoltura del Nord i fondi internazionali dell’Unione europea previsti allo scopo. Il tutto sempre dentro una ideologia da piccola patria padana ma dentro una sorta di «rinascimento agricolo», per un nuovo «comunitarismo socialisteggiante e prealpino» in difesa e a protezione dei settori sociali sconvolti dai processi della globalizzazione.

Come rispondi alla proposta di Bossi di dare le «terre demaniali ai giovani» e a quella del suo ministro Zaia che lancia il «Rinascimento agricolo»?
Di certo non possono essere considerate alla stregua degli altri «lanci estivi» perché la Lega, con capacità, identifica un problema – quello della crisi dell’agricoltura nazionale ­ e lo riconduce ad un’area di privilegio e consenso e lo trasforma in programma politico. In agricoltura questo è più facile visto che la sinistra, cosiddetta, da oltre un ventennio insegue l’idea che l’agricoltura è un problema e non una risorsa per il paese. In Italia, come in gran parte dei paesi europei, l’accesso alla terra per i contadini è di fatto impossibile e dagli anni novanta in poi assistiamo ad un processo tremendo di espulsione dalla terra con una enorme riduzione del numero delle aziende e del numero degli addetti. Con il risultato di una forte concentrazione delle terre agricole in un numero ristretto di aziende. In Italia le aziende con taglia superiore ai 50 ettari coltivano il 40% delle terre ma sono solo il 2,38% delle aziende. Le aziende con taglia inferiore ai 5 ettari coltivano il 15,6% della SAU ma sono il 77.4% del numero totale delle aziende. Le aziende con taglia inferiore ai 2 ettari coltivano solo il 6% della terra e rappresentano la metà del numero totale delle aziende. Con queste dimensioni nessun giovane può iniziare un’attività agricola anche perché esiste un doppio mercato della terra, un falso prezzo «agricolo» ed un vero prezzo, in media 10 volte superiore, di vendita. Per effetto dell’accaparramento di una parte consistente del supporto della Unione Europea (PAC), per l’acquisizione di terreni da parte delle aziende agricole o da parte di investitori extrasettore che era avvenuta a partire dal 2000, non deve sorprendere se «…la crescita maggiore (della dimensione economica) si verifica nelle regioni del Nord (+20,3%), seguite da quelle del Mezzogiorno (+9,3%) e del Centro (+7,7%)». Confermando così il detto «piove sul bagnato», poiché le regioni del Nord stanno trascinando verso di sé – producendo così un forte processo di concentrazione – alcune delle attività agricole con maggior valore (allevamenti ) e di più semplice industrializzazione, senza peraltro arrestare la forte mortalità delle aziende. Infatti ad oggi la creazione di nuove aziende agricole ­ forse non piacerà al ministro Zaia – è un fenomeno scarsamente significativo nel centro e nord Italia, mentre è molto forte nel Mezzogiorno, a testimonianza che in quella parte d’Italia l’attività agricola continua ad esercitare una forte funzione sociale (occupazione e reddito) e che il modello agricolo lì perseguito ha degli elementi di originalità rispetto al resto del paese, elementi che andrebbero compresi a fondo.

Ma se non si vuol mettere mano ai processi di concentrazione delle buone terre in poche aziende di grandi dimensioni sempre più industrializzate, perché si promettono ai giovani che vogliono tornare in agricoltura le terre demaniali? Che terre sono?
Intanto si sa che terre sono e non c’è bisogno di fare una nuova indagine, basta prendere il censimento dell’agricoltura, comune per comune, e rilevare la voce «forme giuridiche – Ente pubblico ­ Stato, regione, provincia, comune e comunità montana». Una parte di queste terre sono coperte da diritti di uso civico che fino ad oggi ­ con grande difficoltà ­ ne hanno preservato l’uso agricolo (spesso per allevamenti bradi), un’altra parte sono di scarsa o cattiva qualità agricola, una parte effettivamente possono essere messe in valore per attività agricole di qualità ma necessitano comunque di supporto per potervi riavviare attività agricole tali da dare reddito. E soprattutto spesso mancano di tutte quelle condizioni che possano rendere la vita di giovani che si istallano accettabile (strade, scuole rurali chiuse da questo governo, sanità, comunicazione, accesso al mercato locale, etc). Chi metterà le risorse necessarie? Chi giudicherà «i buoni progetti»? Chi avrà il privilegio di ricevere le terre demaniali? E a che titolo: uso, concessione, affitto, proprietà? Ci sarà una nuova Opera Nazionale Combattenti alla base del Rinascimento Agricolo? C’è puzza di uso spregiudicato del potere, di privilegi, di diseguaglianze e di illibertà.

L’attenzione all’agricoltura è una novità tutta italiana o un affetto delle crisi globali attuali, tra cui quella agricola è forse la più pericolosa visto che è difficile confrontarsi con un miliardo di affamati?
Nessuna novità. Perfino il governo britannico, che due anni fa aveva sostenuto che «all’Europa non serve una sua agricoltura» oggi lancia un piano di «rivitalizzazione» della sua agricoltura. E negli Usa dopo oltre mezzo secolo di leggi di sostegno finanziario all’agroindustria, il presidente Obama mette nel suo programma elettorale un riferimento forte all’agricoltura, in particolare quella familiare ­ perché negli Stati uniti quasi non esiste più, tanto è stata massacrata proprio dall’intervento federale – che deve produrre per nutrire meglio gli americani. Occorre riconoscere però che il ministro Zaia e la Lega con il loro costante riferimento alla territorialità delle produzioni riescono a far dimenticare altre iniziative prese dai governi di cui fanno parte che hanno già dato i loro effetti rendendo sempre più difficile la sopravvivenza delle piccole e medie aziende familiari, come quella di aver liberalizzato il mercato delle quote latte togliendo la «riserva regionale» (una specie di protezione per evitare che la produzione di una regione si sposti altrove dove c’è chi può ricomprarsi il diritto a produrre), con il risultato che in tutte le regioni c’è stata un’ecatombe di stalle che sarà impossibile riaprire. Anche con le terre demaniali a disposizione.

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LA VERA TERRA DEI CONTADINI

di Carlo Petrini, da “la Repubblica” del 18/8/09

«LA TERRA ai giovani» delle idee guida che nel caldo ferragostano la Lega lancia nello stagno della politica nazionale, questa è forse la più suggestiva. I nostri nonni libertari gridavano «La terra a chi la lavora» oppure «Terra e libertà». PROGRAMMI ambiziosi per teste calde, sappiamo tutti come è andata a finire.

Eppure mai come in questo momento la terra è diventata bene raro e prezioso, concentrata nelle mani di pochi, oggetto di speculazione nei paesi ricchi e di dominio nei paesi poveri. Mai come in questo momento il suo scopo primario, produrre cibo, va perdendo terreno, e non è un bisticcio, per lasciare spazio al cemento o ad impianti e coltivazioni per nuove fonti di energia.

I contadini nei paesi industrializzati sono ormai una esigua minoranza, i giovani scappano dalle campagne del sud del mondo, in qualsiasi angolo del pianeta se chiedete ad un giovane qual è la sua ambizione lavorativa la percentuale che sceglie un lavoro agricolo è meno che modesta.

Malgrado l’ Unione europea per anni abbia dispensato ingenti somme per la politica agricola, solo nell’ ultimo periodo sembra orientata ad invertire una logica che ha favorito maggiormente l’ agroindustria e i grandi proprietari terrieri rispetto ai piccoli coltivatori. I politici di Bruxelles come quelli di Roma sono in larga parte incompetenti sulle questioni agricole e alimentari, per non parlare delle segreterie che se ne fregano con assoluta noncuranza.

C’è qualche iscritto al Partito democratico che si ricorda il nome del ministro ombra dell’ Agricoltura? Nessun problema tanto non gliene importa niente a nessuno. Non è vero che dinanzi a progetti seri e concreti non si possa stimolare l’ interesse e la passione dei giovani, ma la politica deve fare la sua parte, deve costruire nuove opportunità, facilitare le condizioni per dare smalto a questo settore.

Torniamo allora allo slogan: la terra ai giovani. Pare che Umberto Bossi abbia rilanciato l’ idea dei ministri Zaia e Tremonti per l’utilizzo di terre demaniali da affidare ai giovani agricoltori. Sono tre ministri della Repubblica e se vogliono realizzare questo progetto anche in tempi brevi questo è possibile; ma mi dispiace per loro perché questa bella idea senza il supporto di altre disposizioni che debbono avvenire contestualmente sarà aria fritta, perché non troveranno un giovane che è uno in qualsiasi contrada d’Italia disposto a fare il contadino per vivere le attuali frustrazioni di chi lavora la terra, anche se questa gli è stata donata dal demanio sperando che sia fertile.

Allora cari Zaia e Tremonti, visto che non appartenete a quella Roma ladrona che tanto spende e spande accogliete quattro importanti consigli che costano veramente poco o nulla se volete che l’idea della terra ai giovani non sia una fanfaluca.

Primo: riducete drasticamente le procedure burocratiche che costringono migliaia di contadini a passare più tempo per accudire ad una modulistica obsoleta e inutile rispetto alla produzione dei terreni o all’ allevamento animale. Anche le associazioni di categoria riducano questa mole di lavoro e impieghino il loro personale per operazioni di sostegno politico e culturale.

Secondo punto: lavorate perché le banche aprano conti agevolati a questi giovani che non abbiano l’ assillo dei primi anni di lavoro. Ma vegliate su queste agevolazioni perché siano vere e non fasulle, i soldi prestati ai contadini sono un investimento serio. Terzo punto: mobilitate il sistema universitario perché si metta al servizio dell’ agricoltura di piccola scala e non solo dell’ agroindustria.

Ultimo consiglio: mercati di contadini in ogni città d’ Italia sollecitate i comuni perché diventino parte attiva per essere al duplice servizio dei produttori e dei cittadini.

Quattro cose che costano poco o nulla, quattro idee che se realizzate rendono il progetto credibile; diversamente con questo caldo oltre agli elmi e agli scudi della Lega lombarda potete anche rilanciare il sombrero di Emiliano Zapata almeno ci ripara dai colpi di sole. – CARLO PETRINI

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‘CARO PETRINI L’ AGRICOLTURA NON HA COLORI’

di Luca Zaia, da “la Repubblica” del 19/8/2009

Caro Carlin Petrini, ma lo vedi che sei proprio dei nostri? Portare all’ attenzione dell’ opinione pubblica il progetto «Terra e giovani», come hai fatto ieri su Repubblica, è l’ indizio più evidente di quella comunanza e fraternità contadina – e non solo – con cui alcuni «visionari» stanno operando per rifondare l’ agricoltura.

E non si può, come hai notato anche tu, che ripartire dai giovani. Provo a dirti le ragioni che mi inducono a pensare che le quattro osservazioni che hai ritenuto di fare siano oggi – a differenza di ieri – nei programmi e nelle azioni di questo ministro dell’ Agricoltura.

La semplificazione burocratica, primo dei tuoi suggerimenti, è una delle direttrici dell’ azione del governo. Di esempi ne potrei fare molti. Ne basti uno per tutti: l’ Agea, strumento gestionale del ministero che guido, opera insieme a noi per trasferire sul web il fascicolo aziendale, ossia la carta di identità di ciascuna azienda agricola. Completeremo a breve un’ iniziativa straordinaria che porterà all’ univoca identificazione dei terreni coltivati: nessun agricoltore dovrà più vagare da un ufficio all’ altro con pesanti faldoni di carte. Gli basterà avere con sé il suo codice fiscale. Vogliamo che la burocrazia smetta di essere un fardello che rallenta la crescita delle imprese; smetta, una volta che sarà stata riformata, di essere l’ alibi di uno scarso spirito di iniziativa imprenditoriale. E vogliamo che conservi il suo ruolo di garanzia di trasparenza e rigore nell’ applicazione di misure importanti a sostegno del comparto.

Per quanto riguarda l’accesso al credito, il decreto Tremonti prima e il patto siglato una settimana fa sono convinto che contribuiranno ad avvicinare le banche alle necessità delle imprese, specie di quelle più giovani. Ci sono già segnali positivi e su questo stiamo lavorando con Ismea e con alcuni importanti istituti di credito.

Ci chiedi poi, Carlin, di mobilitare il sistema universitario perché sia più attento al mondo dell’ agricoltura di piccola scala. Ti ricordo che lo sviluppo e la crescita delle produzioni tipiche è il risultato del lavoro delle imprese e di tanti illustri ricercatori che si sono formati nei nostri atenei, svolgendo poi un lavoro umile e ingiustamente disconosciuto dai più. Negli anni della globalizzazione, dell’ orientamento omologante e della produzione di massa, la qualità e l’ identità hanno corso il rischio di essere dimenticate. Con la rete di centri di ricerca Cra, sfruttando le risorse – circa 30 milioni di euro – che, pur nella crisi, siamo riusciti a reperire, lavoriamo per la ricerca e il sostegno dell’ unica agricoltura caratterizzante il sistema Italia: quella dei territori.

E infine i mercati degli agricoltori. Sai bene che sin da subito abbiamo voluto garantire ai consumatori, sempre più attenti a stagionalità e territorialità di ciò che acquistano, un’ offerta diversificata, integrata, vantaggiosa. I farmer’ s market, che non sono e non saranno la panacea di tutti i mali, servono proprio a questo. Stiamo predisponendo un disegno di legge che renderà omogenea la giurisprudenza sul tema e semplifichi la vita di agricoltori e cittadini. Lavoriamo, ancora, al Codice agricolo, che snellirà le disposizioni di legge in materia.

Caro Carlin, l’agricoltura non ha colori, ma esigenze. Non vince il gatto bianco o il gatto nero, ma il gatto che acchiappa il topo. Ho trovato una casa da derattizzare. Più gatti siamo, meno tempo sprecheremo in fanfaluche ideologiche. Che nulla hanno a che vedere con i topi da acchiappare. LUCA ZAIA (Ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali)

3 risposte a "“La terra ai giovani” – L’alternativa all’abbandono dei territori e una prospettiva di rilancio delle agricolture locali. L’iniziativa del Ministro all’Agricoltura Luca Zaia"

  1. Luca Piccin lunedì 7 settembre 2009 / 10:44

    Si dice nell’articolo che un ettaro di terreno in Francia costa mediamente 2500 euro, contro 25000 euro in Italia. Ora bisogna ricordare che la Francia ha circa 500000km quadrati di superficie e l’Italia ne ha 300000 e ambedue hanno circa 60 milioni di abitanti.
    Ciò significa che la terra è una risorsa più scarsa da noi e tutti sappiamo che più un bene è raro più ha valore (vedi diamanti, oro, petrolio, ecc.).
    Quindi in Francia si possono trovare ampie zone di decine e decine di chilometri quadrati praticamente deserte, prive di qualsiasi infrastruttura; ovvio che un terreno lì il proprietario ve lo venderà volentieri per una cicca!
    Poi ci sono altre zone, che mi fanno pensare a casa nostra, dove già esistono produzioni di qualità, che ben si vendono sul mercato e allora qui il valore sale vertiginosamente: provate a investire in Alsazia nella valle del Reno, o alla frontiera spagnola nelle terrazze del Banyuls o nella valle della Loira…
    E il ministro parla bene, si trova d’accordo con Petrini di SlowFood, io spero che non siano parole al vento…
    Ma intanto lo sapete dove sono i terreni più cari d’Italia?
    Sono a Valdobbiadene, tra le colline del Prosecco, dove i prezzi oscillano tra 315000 e ben oltre CINQUECENTOMILA euro/ha!!!
    E lo sapete dove ha recentemente ristrutturato un podere con veduta sull’ampia tenuta (diversi ettari…) il nostro ministro? A Refrontolo, comune che si fregia di due DOC, Prosecco e Refrontolo Passito.
    E io adesso sono in Francia dove mi occupo di politiche agricole e del territorio, ma fino a due settimane fa ero in vacanza dove sono nato, e se avessi voluto un lembo di terra da lavorare magari con qualche socio come avrei fatto?
    Un bel mutuo da ammortizzare in vent’anni, durante i quali avrei lavorato come uno schiavo per poi scoprire che il Prosecco non si venderà più come gli anni a cavallo del millennio perché la moda sarà finita, le bolle non piaceranno più o si scoprirà che non è vero che due bicchieri aiutano a ridurre il colesterolo… E magari anche la concorrenza di Cile, Argentina, Australia, Cina ci avrà messo del suo.
    Ma i produttori di Prosecco non sono piccoli contadini; sono gente che fa marketing, che commercia in America, Germania, Gran Bretagna. Girano in Mercedes, anzi a un km da cas mia il signor Francavilla, vice presidente di Luxottica, arriva (raramente, perché lui possiede ma non amministra) a “L’Antica Quercia” in ELICOTTERO!
    Allora se non vogliamo elmi e scudi, sombreri di Zapata, e magari baschi e mitra da Che Guevara per una nuova crisi tra qualche anno, andiamo tutti al mercato dei contadini e parliamo di tutto questo!
    E speriamo che invece che fare G8 nel castello (anche questo di un ricco industriale…) gli onorevoli si diano davvero da fare per cambiare.

  2. paolomonegato martedì 29 settembre 2009 / 12:54

    Lo slogan, “la terra ai giovani”, è molto bello. Bisogna vedere come sarà attuato!
    Non vorrei che l’attuale penuria di lavoro spingesse giovani privi di cultura contadina verso questa strada: il risultato potrebbe essere disastroso. Meglio se prima questi giovani si fanno un po’ di esperienza con il wwoofing in una azienda biologica….

  3. Maurizio Sarpi lunedì 2 novembre 2009 / 16:27

    Io penso che l’età non debba essere di pregiudizio per i buoni propositi

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