
QUI MAI
di Mattia Feltri, da “La Stampa” del 9/3/2023
Ieri (mercoledì 8 marzo, ndr) è girato molto il video di una donna nel fuoco delle proteste di Tblisi, Georgia, mentre sventola la bandiera d’Europa. I georgiani stanno manifestando contro una legge in discussione al Parlamento e ricalcata su quella russa che ha consentito a Vladimir Putin di chiudere i giornali e mandare in galera giornalisti e blogger a lui ostili.
Putin, nel nostro disinteresse, ha invaso la Georgia nel 2008, quattordici anni prima di invadere l’Ucraina, s’è preso l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia, ne ha riconosciuto l’indipendenza e ne ha fatto roba sua. Da allora, l’Unione europea valuta l’ammissione della Georgia, con le sue classiche infinite cautele, e il terrore della gente in piazza è di finire nelle grinfie russe.
Non voglio rifare qui la storia della Georgia, voglio soltanto ricordare rapidamente Mikheil Saakashvili, il più celebre e discusso leader europeista georgiano, uno che Putin disse di volere vedere “appeso per le palle”. Ora è in carcere, dove pochi mesi fa un avvocato lo trovò coperto di lividi e con tracce di avvelenamento nel sangue.
Così va il mondo, non soltanto dove s’allunga l’ombra di Putin, ma dove s’allunga va così, sempre. La Georgia è ancora più lontana dell’Ucraina, è al di là del Mar Nero, sopra le estremità orientali della Turchia e sopra l’Azerbaijan.
E da così lontano, abbiamo visto quella donna sventolare la bandiera d’Europa, mentre la polizia cercava di respingerla con gli idranti. Lei è riuscita a evitare il getto, e poi un gruppo di uomini l’ha accerchiata per proteggerla e permetterle di tenere alta la bandiera. E io pensavo che così, da noi, non l’ho vista sventolare mai. (Mattia Feltri)
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SE LA GEORGIA SI SENTE EUROPEA
Le proteste nella capitale Tbilisi mettono in luce le contraddizioni di un paese che aspira all’Europa ma è ancora legato all’orbita russa.
da https://www.ispionline.it/, 9/3/2023
Il partito di maggioranza “Sogno Georgiano” ritirerà il disegno di legge sugli “agenti stranieri” dopo giorni di proteste vibrate per le strade di Tbilisi, culminati in momenti di altissima tensione tra polizia e manifestanti. La legge avrebbe imposto a qualsiasi organizzazione, che ricevesse più del 20% dei propri finanziamenti dall’estero, di registrarsi come “agente straniero” per non andare incontro a pesanti multe.
Migliaia di persone si sono mobilitate contro quella che percepiscono come una deriva autoritaria che potrebbe vanificare gli sforzi di Tbilisi per aderire all’Unione Europea. Mercoledì 8 marzo centinaia di poliziotti in tenuta antisommossa hanno usato cannoni ad acqua e gas lacrimogeni per disperdere la folla e più di 60 manifestanti sono stati arrestati davanti alla sede del parlamento. Il video di una donna che brandiva una bandiera dell’Unione Europea, colpita in pieno dal potente getto d’acqua degli idranti, è diventato virale sui social media. Poche ore dopo, il partito Sogno Georgiano ha dichiarato che ritirerà incondizionatamente il disegno di legge, citando la necessità di “ridurre il confronto” nella società. La delegazione dell’Unione europea nel paese ha accolto con favore l’annuncio, incoraggiando i leader politici in Georgia “a riprendere le riforme pro-UE, in modo inclusivo e costruttivo”. (https://www.ispionline.it/, 9/3/2023)
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da https://www.ispionline.it/, 9/3/2023:
SOGNO GEORGIANO?
Considerata per anni una ‘success story’ di democrazia e libertà nella regione del Caucaso, la Georgia sta rapidamente scivolando in basso nelle classifiche della democrazia globale. A preoccupare maggiormente è l’indipendenza giudiziaria e un sistema politico dominato da pochi potenti in una società in rapida trasformazione. Il tutto mentre la ‘questione russa’ – aggravata dalla guerra in Ucraina – resta uno dei nodi di fondo dell’arrancante democratizzazione del paese: dopo il crollo dell’Unione Sovietica e la dichiarazione di indipendenza nel 1991, le regioni dell’Abkhazia e dell’Ossezia meridionale – al confine con la Russia – divennero preda di conflitti separatisti. Tbilisi cercò di riannetterle nel 2008, innescando una guerra dagli esiti disastrosi per la Georgia, che si concluse con l’intervento e l’occupazione da parte delle truppe russe di un quinto del territorio nazionale. Da allora, le ambizioni filo-occidentali ed europeiste del paese e le sue speranze di aderire alla Nato sono di fatto congelate, mentre il consenso per i partiti filorussi, come Sogno Georgiano, al potere dal 2012, è notevolmente cresciuto. In molti ritengono che il suo fondatore, l’eccentrico miliardario Bidzina Ivanishvili, ne eserciti il controllo, e che stia spingendo la Georgia verso l’orbita di Mosca. Nonostante il sostegno schiacciante all’Ucraina nell’opinione pubblica del paese, Tbilisi non si è unita all’Occidente nell’imporre sanzioni alla Russia.
…O SOGNO EUROPEO?
Lo scorso 24 giugno (2022, ndr) il sogno europeo di Tbilisi è sembrato sfumare quando, con una storica decisione, il Consiglio europeo ha deciso di concedere lo status di Paese candidato a Ucraina e Moldavia, lasciando invece fuori la Georgia. A pesare sullo stop di Bruxelles, che ha richiesto maggiori passi in avanti, sono stati soprattutto i ritardi nella riforma della giustizia e i progressi troppo lenti sul fronte della lotta alla criminalità organizzata e alla corruzione, oltre al basso livello di libertà e pluralismo nei media. Il moltiplicarsi dei casi di corruzione nella classe dirigente, l’incarcerazione dell’ex premier Saak’ashvili e la persecuzione politica di alcuni leader dell’opposizione, sono alla base delle ragioni che hanno spinto Bruxelles a raggelare i desideri della Georgia.
Bisogna guardare a quel fallimento politico per capire le proteste che in questi giorni stanno scuotendo il paese e che portano in piazza migliaia di persone che manifestano per veder riconosciute le loro aspirazioni europee. Nonostante l’annuncio del ritiro del disegno di legge, i membri dell’opposizione georgiana hanno dichiarato che anche oggi avrebbero organizzato una nuova manifestazione. “Non possiamo fermarci ora” ha detto Tsotne Koberidze, esponente dell’opposizione, che in conferenza stampa ha anche esortato le autorità a rilasciare tutti i manifestanti arrestati durante le proteste. (https://www.ispionline.it/, 9/3/2023)
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da https://www.ispionline.it/, 9/3/2023:
TBILISI RICORDA KIEV?
È difficile non notare le somiglianze tra la situazione della Georgia e quella dell’Ucraina ante-guerra: entrambe sono ex repubbliche sovietiche, ‘intrappolate’ tra Oriente e Occidente, e che vedono una parte cospicua del proprio territorio nazionale occupato da movimenti indipendentisti sostenuti da Mosca. Per questo, il disegno di legge contro gli “agenti stranieri” nel paese ha fatto suonare più di un campanello d’allarme tra chi sottolinea le analogie con altre normative in vigore in Russia e Bielorussia, veri e propri ‘grimaldelli’ usati per cancellare il pluralismo e le voci della società civile.
Anche le scene di migliaia di georgiani che sventolano le bandiere europee lungo viale Rustaveli, di fronte alla polizia antisommossa, ricordano la rivoluzione di Euromaidan in Ucraina. Era il 2013 e gli ucraini scesero in piazza per contestare la decisione dell’allora presidente Viktor Yanukovych di sospendere i colloqui di associazione con Bruxelles a favore di legami più stretti con la Russia. Quelle manifestazioni divennero violente alla fine di novembre 2013, e nel febbraio 2014 i cecchini aprirono il fuoco, uccidendo decine di ucraini. Yanukovich fu costretto a fuggire e il Cremlino inviò le truppe in Crimea. Mercoledì 8 marzo, nel suo consueto discorso serale, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha espresso solidarietà ai manifestanti, augurando al popolo georgiano un “successo democratico”: “Non c’è ucraino che non augurerebbe il successo alla nostra amica Georgia. Successo democratico. Successo europeo”.
IL COMMENTO
di Eleonora Tafuro Ambrosetti, ISPI Senior Research Fellow
“Oggi, i manifestanti georgiani hanno vinto una battaglia contro il governo, ma non certo la guerra. Il ritiro della proposta di legge, infatti, non garantisce che questa non torni ad essere discussa, né tantomeno indica un cambio di rotta del governo sul piano delle riforme democratiche caldeggiate da Bruxelles. La legge, infatti, è stata approvata nella prima delle tre letture richieste e non può essere semplicemente “revocata”, ma dovrebbe essere bocciata in seconda lettura. È probabile che le proteste riprendano se questo non dovesse succedere o se tutti gli oltre 130 manifestanti arrestati non dovessero essere rilasciati”
(da https://www.ispionline.it/, 9/3/2023)
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IN GEORGIA UN FRAGILE SOGNO EUROPEO
da “Le Monde” (Francia), 9/3/2023
– Ottenendo il ritiro di un disegno di legge antidemocratico, gli europeisti hanno segnato un punto cruciale. Ma i leader georgiani devono ancora dimostrare la loro determinazione ad avvicinarsi all’Unione europea –
Indebolita dalla regressione democratica e dalle conseguenze della guerra russa in Ucraina, la Georgia è ancora una volta in subbuglio. In uno scenario ormai familiare, questa piccola repubblica nel Caucaso meridionale, che faceva parte dell’URSS fino al 1991, è soggetta ai venti contrari della Russia e dell’Unione europea (UE). Gli europeisti hanno segnato un punto cruciale giovedì 9 marzo, ottenendo il ritiro di un disegno di legge antidemocratico sotto la pressione di grandi manifestazioni.
Le truppe russe hanno occupato il 20% del territorio georgiano dal loro intervento nel 2008 con il pretesto di proteggere le minoranze russe in due territori separatisti, l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Nel 2022, la guerra in Ucraina ha causato l’arrivo massiccio in Georgia di centinaia di migliaia di russi che volevano sfuggire alla mobilitazione, sconvolgendo la vita del paese, in un contesto di grande confusione a Tbilisi.
La vita politica è dominata dal miliardario Bidzina Ivanishvili, fondatore del partito di governo “Georgian Dream” (Sogno georgiano), che, nonostante le sue ripetute promesse di ritirarsi dalla politica, controlla ufficiosamente le principali leve del potere.
L’appeal dell’UE tra la popolazione, tuttavia, è indiscutibile: secondo i sondaggi, oltre l’80% dei georgiani vuole che il proprio paese ne diventi membro. La Georgia ha presentato domanda di adesione un anno fa, ma Bruxelles si è astenuta dal concedere lo status di candidato all’Ucraina e alla Moldavia e ha fissato a Tbilisi una dozzina di condizioni da soddisfare prima di poter fare progressi.
Martedì 7 marzo, l’adozione in prima lettura in Parlamento, a maggioranza, di un testo modellato sulla legge russa che impone alle associazioni finanziate per oltre il 20% da fondi stranieri di dichiararsi “agenti stranieri” è servita da scintilla, gettando migliaia di oppositori nelle strade per chiedere la cancellazione del testo.
Nonostante la violenza delle operazioni di dispersione e gli arresti, i manifestanti si sono riuniti di nuovo mercoledì sera, più numerosi. Questa mobilitazione popolare è riuscita a piegare il partito di governo, che giovedì mattina ha annunciato di “ritirare incondizionatamente” il disegno di legge.
Questa è una vittoria per le forze democratiche ed europeiste in Georgia. Qualificato come “legge russa” dall’opposizione, il testo simboleggiava il preoccupante declino dello stato di diritto che ostacola l’ambizione europea del paese. In aggiunta alla pressione della società civile, le reazioni dell’Occidente all’adozione del disegno di legge sono arrivate al momento giusto: il capo della diplomazia europea, Josep Borrell, aveva giudicato mercoledì il disegno di legge “incompatibile con i valori dell’Ue”, e gli Stati Uniti, “profondamente preoccupati”, si erano dichiarati “solidali” con i manifestanti.
La presidente della Georgia, Salome Zourabichvili, sebbene eletta con il sostegno di “Georgian Dream”, aveva chiesto l’abrogazione della legge che, secondo lei, “allontanava la Georgia dall’Unione europea”.
Tuttavia, la situazione rimane fragile. L’UE deve oscillare tra la richiesta a Tbilisi di compiere progressi nel lavoro richiesto dalle condizioni stabilite da Bruxelles e il rischio, se il divario si allarga, di lasciare il campo aperto alle influenze russe. Ma spetta prima ai leader georgiani dimostrare la loro determinazione ad aderire all’Europa, mettendo ordine nei loro ranghi e lavorando seriamente per il ripristino dello Stato di diritto. (da “Le Monde” (Francia), 9/3/2023)
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UE: LA RIFORMA DEI TRATTATI – “Rispettare la volontà dei Cittadini e della Conferenza sul futuro dell’Europa”. PETIZIONE AL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA (da MFE, Movimento Federalista Europeo) – Ad un anno dall’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia è ormai evidente che il corso della politica mondiale è radicalmente cambiato, e che gli Europei devono attrezzarsi per potervi far fronte. In sintesi, è necessario e urgente che l’Unione europea sia dotata delle competenze, dei poteri decisionali e delle risorse indispensabili per poter garantire la nostra sicurezza, per assicurarsi un ruolo di peso sul piano internazionale, per far fare politiche efficaci in campo migratorio, economico, energetico, tecnologico, industriale, sanitario. Le richieste elaborate dai Cittadini e discusse con i rappresentanti delle istituzioni europee e nazionali nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE) hanno affrontato tutti questi temi e identificato anche una serie di punti su cui è indispensabile riformare i Trattati per rendere l’Unione europea più capace di agire e più democratica nel suo funzionamento politico-istituzionale, in modo da stabilire un rapporto diretto con i cittadini europei sul modello che caratterizza ogni governo democratico. Ora, mentre il Parlamento europeo sta elaborando le proposte per cambiare i Trattati come emerso dalla CoFoE dobbiamo tutti pretendere, come cittadini e come Europei, che il Consiglio – ossia i governi nazionali – non blocchino questo processo da cui dipende il nostro futuro!
Sito della petizione: https://bit.ly/TreatyReformNow_ITA – Modulo di firma della petizione:
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L’intervista all’ex presidente della GEORGIA
SAAKASHVILI “STO MORENDO MA KIEV VINCERÀ LA GUERRA E LA GEORGIA SARÀ SALVA”
di Isabelle Lasserre, LE FIGARO, da “la Repubblica” del 14/3/2023
– La generazione che manifesta in piazza a Tbilisi non vuole sottostare ai diktat del Cremlino – MIKHEIL SAAKASHVILI, ex leader in carcere; nel 2004 il leader della Rivoluzione delle rose diventa presidente, dopo che le manifestazioni pacifiche portano alle dimissioni di Shevardnadze. Resta in carica fino al 2013. Nel 2015 diventa governatore di Odessa. Dopo 18 mesi denuncia la corruzione e si dimette. Nel 2017 Kiev gli revoca la cittadinanza. Privato già di quella georgiana quando aveva prestato fedeltà all’Ucraina, si ritrova apolide. Nel 2021 torna in Georgia nascosto in un traghetto per sostenere l’opposizione ma viene arrestato con diverse accuse di abuso di potere relative al suo operato presidenziale e condannato a sei anni di carcere –
L’ex presidente riformista ed europeista Mikheil Saakashvili è stato incarcerato dalle autorità georgiane nell’ottobre del 2021, al rientro nel suo Paese dopo otto anni di esilio. Privato di cure mediche e avvelenato, a quanto afferma lui, dagli agenti filorussi del potere georgiano diretto nell’ombra dall’oligarca Bidzina Ivanishvili, vicino al Cremlino; ha perso 50 chili in un anno. I medici temono per la sua vita. Le sue parole sono state raccolte per iscritto grazie a un intermediario che fa a fargli visita tutti i giorni. Dal letto d’ospedale, l’ex presidente ha risposto alle domande del Figaro.
Come sta?
«La mia salute si degrada in modo lento e costante. Sono arrivato allo stadio in cui i medici si aspettano che diversi organi cedano. Passo tutto il tempo a letto, perché non riesco più ad alzarmi. Le mie ossa si stanno disintegrando e questo mi provoca dolori atroci».
Chi l’ha avvelenata?
«I russi attraverso i loro agenti in Georgia. Ricordo il giorno in cui mi hanno avvelenato; ho avvertito i sintomi e da allora la mia salute si è degradata in modo terrificante».
Stiamo assistendo a un Majdan georgiano a Tbilisi?
«Sì. La gente ha cominciato a organizzarsi quando ha capito che la legge imposta dal governo era un punto di non ritorno per il cammino europeo della Georgia».
Spera in una nuova rivoluzione in Georgia?
«Sì, i georgiani che manifestano sono nati dopo la Rivoluzione delle Rose, quando la corruzione era stata sradicata, non si conosceva la fame e il governo georgiano non tendeva verso la Russia. È una generazione che non vuole più sottostare ai diktat del Cremlino».
Lei pensa che la legge sugli “agenti esteri” sia stata varata su ordine diretto di Mosca?
«Al 100 per cento».
Pensa che Ivanishvili prenda ordini dal Cremlino?
«No, il suo rapporto con Putin non è mai stato stretto. Riceve istruzioni dal capo del 5° dipartimento dell’Fsb (ex Kgb), generale Beseda».
Cosa ci dicono gli avvenimenti in Georgia sulla Russia di oggi?
«La sollevazione in Georgia dimostra che la forza brutale della Russia non può sconfiggere la volontà del popolo e che la propaganda del Cremlino non ha speranze».
Cosa prevede che succederà in Georgia nel breve periodo?
«Molto dipenderà dal successo della controffensiva ucraina. Quando Kiev avrà vinto, il sistema Ivanishvili si disintegrerà. Tbilisi sarà sotto influenza ucraina e si avvicinerà a Usa e Polonia».
Pensa che Putin sia in grado di lanciare un altro intervento militare in Georgia?
«È la minaccia dei dirigenti russi. Ma non è possibile in questo momento. Anche se Ivanishvili cadesse, Putin non potrebbe aiutarlo militarmente. È troppo impantanato in Ucraina».
Il futuro europeo della Georgia si sta decidendo in questi giorni?
«Sarà una lotta continua e difficile, che andrà avanti per anni».
La situazione potrebbe essere favorevole per lei?
«La situazione sarà favorevole per la democrazia georgiana fintanto che l’Ucraina resisterà contro i russi. Non ho progetti politici in Georgia, da quando vedo questi giovani che manifestano».
Perché la presidente Zurabishvili finora ha scelto di non usare il suo potere di grazia per farla liberare?
«Credo che debba rispondere a Ivanishvili. Non può prendere nessuna decisione contro di lui».
Quale scenario prevede per l’Ucraina?
«Sul piano militare vincerà l’Ucraina. Conosco bene lo stato d’animo e lo spirito degli ucraini e posso garantirvi che non si fermeranno finché non avranno distrutto l’esercito russo. L’Ucraina diventerà una grande potenza in Europa. Insieme alla Polonia: controbilanceranno l’influenza della Francia e della Germania nell’Ue e probabilmente diventeranno predominanti in gran parte dello spazio ex-sovietico».
Che scenario prevede per la Russia?
«C’è una possibilità che la Russia rimanga uno Stato unitario dopo la caduta di Putin. Su questo esiste un consenso all’interno della classe dirigente russa. Anche Putin lo sa».
Pensa che Putin potrebbe essere rovesciato da un colpo di Stato militare?
«Quando arriverà una sconfitta militare importante della Russia, i generali metteranno in guardia Putin chiedendogli di fermarsi. Potrebbero essere tentati di cacciarlo. Ma potrebbero pensarci anche altre forze armate».
Putin le sembra ancora forte?
«Non è mai stato tanto debole. L’ho incontrato trenta volte e posso leggere sul suo volto che è nervoso come non è mai stato. Come se fosse sull’orlo del baratro».
Quale sarà la prossima tappa, se Putin non sarà fermato?
«Sarà fermato dagli ucraini. L’unica incertezza è il prezzo di vite umane che dovranno pagare».
(Isabelle Lasserre, LE FIGARO, da “la Repubblica” del 14/3/2023, traduzione di Fabio Galimberti)
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i criteri per entrare nell’Unione Europea
POLITICA DI ALLARGAMENTO DELL’UE
da https://www.consilium.europa.eu/it/
Attraverso il processo di allargamento l’UE integra nuovi membri non appena questi soddisfano una serie di condizioni politiche ed economiche. Tale processo incoraggia le riforme democratiche ed economiche nei paesi che desiderano diventare membri dell’UE e promuove una maggiore stabilità e prosperità in Europa.
COS’È L’ALLARGAMENTO DELL’UE?
L’allargamento è il processo che consente agli Stati di aderire all’Unione europea, dopo che questi hanno soddisfatto una serie di condizioni politiche ed economiche.
Qualsiasi Stato europeo che rispetti i valori democratici dell’UE e si impegni a promuoverli può presentare domanda di adesione all’UE.
I criteri di adesione, o criteri di Copenaghen (denominati dopo la riunione del Consiglio europeo di Copenaghen del 1993 che li ha definiti), sono le condizioni essenziali che tutti i paesi candidati devono soddisfare per diventare Stati membri dell’UE. Tali criteri sono:
– criteri politici: istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, i diritti umani nonché il rispetto e la tutela delle minoranze
– criteri economici: un’economia di mercato funzionante e la capacità di far fronte alla concorrenza e alle forze di mercato
– capacità amministrativa e istituzionale di attuare efficacemente l’acquis dell’UE (insieme di diritti comuni) e capacità di assumere gli obblighi risultanti dall’adesione all’UE
Anche la capacità dell’UE di assorbire nuovi membri, pur mantenendo lo slancio dell’integrazione europea, è una considerazione importante.
FASI DI ADESIONE
Dopo che uno Stato ha presentato domanda di adesione all’UE e la sua domanda è stata accolta da tutti gli Stati membri dell’UE, il processo di adesione può iniziare. L’apertura dei negoziati di adesione formali richiede l’accordo di tutti gli Stati membri dell’UE. Questi negoziati contribuiscono a preparare il candidato alla futura adesione e si concentrano sull’adozione del diritto consolidato dell’UE e sull’attuazione delle necessarie riforme in ambito giudiziario, amministrativo ed economico.
Quando sono conclusi i negoziati su tutti i settori d’intervento e l’UE stessa è pronta all’allargamento in termini di capacità di assorbimento, i termini e le condizioni per l’adesione, comprese eventuali clausole di salvaguardia e disposizioni transitorie, sono integrati in un trattato di adesione. Questo trattato deve essere approvato dal Parlamento europeo e all’unanimità dal Consiglio prima che tutti gli Stati membri dell’UE e il paese candidato possano firmarlo.
Dopo che tutte le parti contraenti hanno ratificato il trattato di adesione conformemente alle rispettive norme costituzionali, il candidato diventa uno Stato membro dell’UE alla data stabilita nel trattato di adesione.
RUOLO DEL CONSIGLIO
Il Consiglio (nella sua formazione “Affari generali”) definisce e sorveglia il processo di allargamento dell’UE e i negoziati di adesione. Per quanto riguarda le questioni relative alla politica di allargamento, il Consiglio opera generalmente mediante un accordo unanime tra tutti gli Stati membri dell’UE.
Le ultime conclusioni del Consiglio sull’allargamento sono state approvate il 13 dicembre 2022. In linea con il quadro generale dei criteri politici di Copenaghen, il Consiglio ha sottolineato la necessità — conformemente al rinnovato consenso sull’allargamento del 2006 — di un’equa e rigorosa condizionalità e del principio meritocratico.
In tale contesto, il Consiglio ha anche sottolineato l’importanza di garantire che l’UE possa mantenere e rafforzare il suo sviluppo, compresa la capacità di integrare nuovi membri.
Il Consiglio ha inoltre dichiarato che la metodologia di allargamento riveduta, che presta un’attenzione ancora maggiore alle riforme fondamentali, è intesa a rilanciare il processo di adesione rendendolo più prevedibile, più credibile, più dinamico e soggetto a una guida politica più forte, sulla base di criteri oggettivi, di condizioni positive e negative rigorose e della reversibilità.
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Successivi allargamenti dell’UE
2013: Croazia
2007: Bulgaria e Romania
2004: Cipro, Estonia, Lettonia, Lituania, Malta, Polonia, Repubblica ceca, Slovacchia, Slovenia e Ungheria
1995: Austria, Finlandia e Svezia
1986: Portogallo e Spagna
1981: Grecia
1973: Danimarca, Irlanda e Regno Unito
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I candidati
Gli attuali paesi candidati sono:
Montenegro
Serbia
Turchia
Macedonia del Nord
Albania
Ucraina
Moldova
Bosnia-Erzegovina
Anche la GEORGIA ha presentato domanda di adesione all’UE.
(ndr: La Georgia ha presentato domanda di adesione all’UE nel marzo 2022. Nel giugno 2022 il Consiglio europeo ha discusso la domanda di adesione e si è dichiarato pronto a concedere alla Georgia lo status di paese candidato all’adesione all’UE una volta affrontate le priorità indicate nel parere della Commissione europea sulla sua domanda di adesione.)
Balcani occidentali
La regione dei Balcani occidentali comprende sei partner: Albania, Bosnia-Erzegovina, Montenegro, Macedonia del Nord, Serbia e Kosovo*.
L’UE è impegnata a favore della prospettiva europea dei Balcani occidentali, ha stretti legami con i partner dei Balcani occidentali e coopera con essi in una serie di settori importanti. L’UE fornisce inoltre assistenza e sostegno finanziario sostanziali alla regione.
In occasione del vertice UE-Balcani occidentali tenutosi a Salonicco nel 2003, l’UE ha ribadito che il futuro dei Balcani occidentali è all’interno dell’UE. Nel giugno 2022 i leader dell’UE hanno espresso il loro impegno pieno e inequivocabile a favore della prospettiva di adesione all’UE dei Balcani occidentali e hanno chiesto l’accelerazione del processo di adesione.
(da https://www.consilium.europa.eu/it/)
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GEORGIA: SITUAZIONE ATTUALE E ULTIMI SVILUPPI
da https://www.atlanteguerre.it/, 31/1/2023
Dopo l’associazione con l’Unione Europea nel 2016, la Georgia ha iniziato un percorso di democratizzazione e riforma, di rispetto dei diritti umani e di rinforzo delle strutture costituzionali a sostegno delle libertà fondamentali sotto l’occhio attento della Commissione Ue.
I suoi sforzi non sono però abbastanza, secondo Bruxelles: la candidatura a Stato membro proposta da Tbilisi a giugno 2022 è stata rifiutata dalla Commissione, la quale ha giudicato che il Paese non incontra ancora gli standard previsti quanto a indipendenza dei poteri politici e della giustizia, lotta alla corruzione e tutela dei diritti fondamentali.
Il rifiuto di Bruxelles ferisce la Georgia: la candidatura era stata inviata in seguito all’invasione dell’Ucraina da parte di Putin, che ha risvegliato il timore mai del tutto sopito che nelle mire espansionistiche del Cremlino figurino anche le regioni ribelli di Ossezia del Sud e Abkhazia, se non addirittura l’intera Georgia.
Le numerose e consistenti manifestazioni di strada che hanno seguito la decisione di Bruxelles non sono tanto rivolte alle istituzioni europee quanto alla leadership del Paese: sembra essere diffusa la consapevolezza che il partito al Governo, Sogno Georgiano, non abbia fatto abbastanza per raggiungere gli standard politici, sociali e gli obiettivi economici disposti dall’Ue. Nonostante il terremoto politico del 2019, che ha visto le dimissioni dell’allora premier Giorgi Gakharia e l’arresto del leader del principale partito dell’opposizione Mika Melia, il nuovo primo Ministro appartiene sempre al partito Sogno Georgiano che in tanti, dentro e fuori il Parlamento, ritengono troppo assoggettato alle ingerenze russe.
A luglio 2022, il Presidente di Partito ha criticato aspramente l’operato degli ambasciatori Usa e Ue in Georgia, pochi giorni dopo aver affermato che gli stessi alleati occidentali del Paese lo stiano forzando a una guerra suicida contro la Russia.
Secondo gli osservatori internazionali, il pericolo è che Sogno Georgiano, sotto l’influenza del miliardario fondatore Ivanishvili, trasformi il Paese in un baluardo anti-occidentale nel cuore delle Repubbliche ex-sovietiche. L’80% del Paese ritiene che la Georgia dovrebbe diventare Stato membro dell’Unione Europea e quasi il 70% di costoro ritiene che sia giusto entrare anche nella Nato. L’incapacità del Governo di rappresentare le richieste del popolo appare evidente in quella che sembra sempre di più una crisi politica sistemica.
PER COSA SI COMBATTE
Dal 2008, l’Ossezia del Sud e l’Abkhazia sono regioni georgiane di fatto indipendenti. Situati al confine Nord del Paese, i due Territori sono popolati perlopiù da gruppi etnici iraniani e osseti che, fin dal periodo zarista, rivendicavano la propria distanza da Tbilisi.
Dopo alcuni tafferugli separatisti al termine della Guerra Fredda, la Russia inizia a esercitare la propria influenza sulle due piccole Regioni, fino a che, nel 2008, la tensione sfocia in uno scontro armato. Tbilisi arriva a bombardare Tskhinvali, in Ossezia del Sud, mentre la Russia interviene inviando l’esercito, in una mossa che i georgiani considerano a pieno titolo un’invasione.
Dopo la firma di una tregua nell’agosto dello stesso anno, la situazione in Sud Ossezia e Abkhazia è in stallo.
Mosca e una manciata di piccoli Stati alleati riconoscono ad oggi l’indipendenza delle due Regioni, mentre Nazioni Unite, Nato e Unione Europea sostengono Tbilisi nel denunciare la campagna di influenza del Cremlino e l’appartenenza dei Territori alla Georgia. La tensione con la Russia non si sopisce e in tempi recenti i cittadini georgiani si sono espressi fortemente contro le ingerenze di Putin nella vita economica e politica del Paese.
È stato proposto un regime di visti per i cittadini russi, ma gli investimenti russi nel Paese arrivano fino alle tasche del primo partito al Governo.
QUADRO GENERALE
La Georgia è annessa all’Unione Sovietica nel 1922 per opera del suo cittadino probabilmente più famoso, Iosif Stalin, e vi rimane fino al 1991.
L’uscita dall’Urss (scelta tramite referendum dal 98,9% dei cittadini aventi diritto di voto) è traumatica per il Paese: già messo alla prova dai cambiamenti politico-sociali introdotti con la perestroika, vive un periodo di crisi economica e di turbolenza politica.
Si verificano allora i primi moti separatisti in Abkhazia e Ossezia del Sud, che con un referendum locale dichiara di volere l’annessione alla Russia. Scontri a bassa intensità si combattono tra linee etico-linguistiche e Tbilisi si trova a firmare accordi di pace con l’Ossezia del Sud (1992) e con l’Abkhazia (1994).
In entrambi i casi, la pace prevede lo stanziamento di truppe militari russe, denominate “forze miste per il sostegno alla pace”, e la creazione di basi militari russe sui territori ribelli. Le forze di pace sono stanziate sotto l’egida della Comunità di Stati Indipendenti, che comprende nove delle quindici ex Repubbliche sovietiche, inclusi territori autoproclamati indipendenti quali la Transnistria e il Nagorno-Karabakh. Dal 1993, in entrambe le Regioni è stanziata la missione Unomig delle Nazioni Unite, incaricata di osservare l’operato delle forze di pace (di fatto, tutti soldati russi) e il mantenimento del cessate-il-fuoco. La missione si ritira nel 2009.
Tra la fine del 2003 e il 2004, la Georgia è nuovamente squassata: è la Rivoluzione delle Rose, con la quale il popolo insorge contro la rielezione (a mezzo di elezioni poco trasparenti, brogli e corruzione) del Presidente Eduard Shevardnadze, già ministro degli esteri dell’Unione Sovietica. Dimessosi a seguito delle manifestazioni di piazza, Shevardnadze è sostituito da Mikheil Saakashvili, che resterà al Governo fino al 2013.
La Rivoluzione delle Rose e il conseguente governo Saakashvili rappresentano una decisa, ma non-violenta, virata della Georgia verso la democratizzazione e un’apertura verso l’Occidente. Il Paese si avvicina alla Nato (con la quale avvia un processo di preadesione nel 2006), agli Stati Uniti e all’Unione Europea. Tuttavia, già nel 2004 Saakashvili accentra su di sé moltissimi poteri parlamentari, dando al Governo un carattere chiaramente presidenziale e autoritario.
A ciò viene posto rimedio nel 2008 con una riforma costituzionale, approvata proprio nel periodo in cui Tbilisi sta combattendo i separatisti osseti e abcasi sostenuti dalla Russia.
A seguito dell’accordo che di fatto rende indipendenti le due Regioni, gli scontri si sono attenuati. L’ultimo episodio di violenza si è verificato nel 2015, quando le basi militari russe avevano tentato di installare un confine fisico tra Ossezia del Sud e territorio georgiano: le manifestazioni anti-russe sono sfociate in violenza di basso livello, al seguito della quale l’Unione Europea ha inviato la missione di monitoraggio Eumm. Incaricata di osservare il rispetto dell’Accordo di pace del 2008 e coinvolta in una serie di attività per normalizzare i rapporti tra gruppi etnici, Eumm è ancora attiva con diversi progetti volti al rispetto dei diritti umani.
A luglio 2016, la Georgia stringe l’Accordo di Associazione con l’Unione Europea al culmine di un processo di avvicinamento caratterizzato sempre da rapporti ambigui con la Russia e con i problemi di corruzione nel Paese. Dal 2018 assume la Presidenza del Paese Salomè Zurabishvili, del partito Sogno Georgiano finanziato dall’oligarca filorusso Bidzina Ivanishvili.
TENTATIVI DI PACE: ULTIMO ANNO PER L’ACTION PLAN
Nel 2019, il Consiglio d’Europa formula The Council of Europe Action Plan for Georgia 2020-2023 con lo scopo di rafforzare la sicurezza democratica del Paese attraverso lo sviluppo di politiche in diversi ambiti. Il Piano contribuisce anche (e soprattutto) a realizzare cinque dei diciassette obiettivi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile, riguardanti la qualità dell’educazione, l’uguaglianza di genere, la riduzione delle disuguaglianze, la sostenibilità di città e comunità e la costruzioni di istituzioni pacifiche, giuste e forti.
L’Ufficio del Consiglio d’Europa in Georgia conta un team di persone che si dedica a promuovere numerosi progetti, fra i quali Supporting Transparency, Inclusiveness and Integrity of Electoral Practice and Process in Georgia. Ispirata anche dall’Action Plan, l’iniziativa auspica di potenziare l’integrità, la trasparenza e la qualità del processo elettorale, punto cruciale di qualsiasi Stato democratico. Fra gli eventi organizzati in seno a questo Progetto, il 16 maggio 2022 vi è stato l’incontro online Training for trainers – Vote outside the box con l’obiettivo di incoraggiare e promuovere la partecipazione attiva dei giovani nei processi elettorali. (da https://www.atlanteguerre.it/, 31/1/2023)
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GUERRA RUSSO-GEORGIANA, 15 ANNI DI CONSEGUENZE
di Marilisa Lorusso, 8/2/2023, da https://www.balcanicaucaso.org/
– A 15 anni dal cessate il fuoco le conseguenze della guerra russo-georgiana gravano ancora pesantemente. Il dramma odierno è soprattutto per chi cerca di attraversare quella che secondo Tbilisi è una normale linea amministrativa e che invece per le secessioniste Abkhazia e Ossezia del Sud è un confine di stato –
Quando scoppiò la guerra nel 2008, Mosca dichiarò di dover intervenire per proteggere dal genocidio la minoranza russofona delle aree secessioniste. A distanza di 15 anni nessuna prova è stata mai presentata delle presunte violenze in atto contro i così detti russofoni, che peraltro sono un po’ ovunque in Georgia, e non certo solo in Abkhazia e Ossezia del Sud. Di contro, nel 2022 è stato emesso dalla Corte Internazionale di Giustizia un mandato di arresto per crimini di guerra per tre cittadini russo-ossetini, per detenzione illegale, maltrattamenti, presa di ostaggi e successivo trasferimento illegale di civili di etnia georgiana nel contesto di un’occupazione da parte della Federazione Russa.
La Russia dal canto suo ha accusato la Corte di essere di parte. I tre rimangono latitanti, ma hanno un nome: Mikhail Mayramovich Mindzaev, Gamlet Guchmazov e David Georgiyevich Sanakoev.
Mikhail Mindzaev, cittadino russo di Vladikavkaz, Ossezia settentrionale, è stato funzionario di polizia presso il ministero degli Affari interni della Russia e dal 2005 almeno fino al 31 ottobre 2008, ministro degli Affari interni dell’amministrazione de facto dell’Ossezia del Sud.
Gamlet Guchmazov, cittadino russo nato in Ossezia del Sud capo dell’Isolator [luogo di isolamento dei prigionieri] all’epoca dei fatti, sarebbe responsabile di crimini di guerra (detenzione illegale, torture e trattamenti inumani, offese alla dignità personale, presa di ostaggi e trasferimento illegale di civili), commessi tra l’8 e il 27 agosto 2008.
David Sanakoev, di Tskhinvali, è stato per le autorità de facto Rappresentante presidenziale per i diritti umani e sarebbe responsabile di crimini di guerra (presa di ostaggi e trasferimento illegale di civili) commessi tra l’8 e il 27 agosto 2008.
Ancora oggi
Il 3 gennaio (2023) due cittadini georgiani sono stati fermati nel villaggio di Koshki dell’Ossezia del sud mentre rientravano verso il territorio di Tbilisi. Il 29 dicembre (2022) due cittadini di Turchia e Turkmenistan detenuti nei pressi del villaggio di Tsinagari nella regione occupata di Tskhinvali sono stati rilasciati e trasferiti nel territorio controllato da Tbilisi. Lo stesso giorno il de facto presidente Alan Gagloev ha incontrato il personale dell’ospedale di Akhalgori in seguito alla morte di una minore. La bambina di un anno e mezzo che si chiamava Elsa Kudukhova è morta durante un trasferimento medico nel territorio amministrato da Tbilisi. Secondo la residente e attivista locale Tamar Mearakishvili il trasferimento della bimba è stato ritardato a causa delle difficoltà nell’ottenere un permesso di attraversamento dalle “autorità” dell’Ossezia meridionale. I genitori sono riusciti ad attraversare la linea di confine amministrativa dell’Ossezia meridionale con la bambina attraverso il checkpoint di Mosabruni/Razdakhan, ma Elsa è morta vicino a Mtskheta.
Rimane in carcere in Abkhazia la ventiquattrenne Kristine Takalandze, una sfollata di guerra residente a Zugdidi, città che si trova sul lato georgiano della linea di amministrazione e che ospita fin dalla prima guerra d’Abkhazia una nutrita comunità di sfollati. Kristine Takalandze si trovava a Gali – in Abkhazia – quando è stata fermata e tratta in arresto con l’accusa di essere una spia. In realtà un biglietto che le è stato trovato addosso durante la perquisizione riportava la richiesta di acquistare un farmaco.
Come negli altri casi di persone detenute, solitamente si attiva la missione dell’Unione Europea presente sul terreno dal 2008 e la cosiddetta hotline, ovvero la linea diretta per le emergenze, che era stata concordata nel negoziato di Ginevra, attualmente sospeso per l’aggressione russa all’Ucraina. La Russia è parte del tavolo negoziale e la sessione di febbraio è stata posticipata ad aprile.
I fermi e i lutti
Come notato nell’ultimo report dell’Ombudsperson il regime di occupazione ha continuato a intensificare la pratica di detenzione di persone per il cosiddetto attraversamento illegale delle frontiere. Quella che per Tbilisi è una semplice linea amministrativa all’interno del proprio stato, per Abkhazia e Ossezia del Sud è un vero e proprio confine di stato il cui attraversamento è condizionato alla presentazione dei documenti richiesti, e se si è sprovvisti l’attraversamento è illegale.
Negli anni precedenti le persone detenute venivano per lo più rilasciate dopo l’accertamento di un reato amministrativo e l’imposizione di una sanzione pecuniaria. Negli ultimi anni sono invece diventati frequenti i casi di reclusione a lungo termine. Nel 2021, 70 persone (di cui 1 minorenne, 59 uomini e 10 donne) sono state detenute dalla parte ossetina e 11 persone sono state arrestate in Abkhazia (di cui 9 uomini e 2 donne). A inizio 2022, 7 cittadini erano ancora detenuti nei territori occupati della Georgia – Irakli Bebua in Abkhazia e Vladimer Kaniashvili, Kakhaber Natadze, Mamuka Chkhikvadze, Zaza Megrelishvili, Tamaz Gogichashvili e Lasha Khetereli in Ossezia del Sud.
Le persone in stato di detenzione sono alla mercé di trattamenti che non possono essere monitorati. Gennady Bestaev, fermato per attraversamento del confine de facto e accusato di traffico di droga, è stato condannato a Tskhinvali a 3 anni di carcere. È morto nel febbraio 2022, in carcere. Nel 2022 sono state diffuse informazioni sul 24enne Anri Ateiba, morto per le ferite dopo un pestaggio nel centro di custodia cautelare della polizia di Gagra, Abkhazia.
La condizione femminile
Le istituzioni georgiane non hanno la capacità di entrare nel merito di quello che accade nelle aree di protettorato russo e pertanto le indagini sono precluse e lasciate alle autorità de facto.
Lo stesso problema riguarda in generale la condizione dei residenti nelle aree di Abkhazia e Ossezia del Sud. Nel report del 2022 l’Ombudsperson ha dedicato attenzione alla condizione femminile nelle due regioni.
La Georgia continua a fornire accesso a piccole sovvenzioni nell’ambito dell’Iniziativa di pace mirata a migliorare la situazione economica delle donne colpite da conflitti, ma il numero di donne che vivono nei territori occupati che beneficiano di questi programmi è basso. Questi progetti sono estesi solo all’Abkhazia perché Tskhinvali dal 2019 ha predisposto una lunga chiusura dei cosiddetti punti di attraversamento e il completo isolamento.
Una grande sfida sono i diritti alla salute sessuale e riproduttiva delle donne, per via del complicato accesso delle donne ai contraccettivi, agli ospedali per la maternità e il divieto totale di servizi per l’aborto in Abkhazia, dove l’aborto è divenuto del tutto illegale.
È anche problematico rilevare casi di violenza domestica e violenza contro le donne e di fornire servizi tempestivi e adeguati alle vittime di violenza per mancanza di sensibilità delle forze dell’ordine de facto.
Oltre il confine de facto le donne non hanno quei diritti che, passato un check point, avrebbero. (Marilisa Lorusso, 8/2/2023, da https://www.balcanicaucaso.org/)
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UE: LA RIFORMA DEI TRATTATI
“Rispettare la volontà dei Cittadini e della Conferenza sul futuro dell’Europa”. PETIZIONE AL CONSIGLIO DELL’UNIONE EUROPEA (da MFE, Movimento Federalista Europeo)
Ad un anno dall’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia è ormai evidente che il corso della politica mondiale è radicalmente cambiato, e che gli Europei devono attrezzarsi per potervi far fronte.
In sintesi, è necessario e urgente che l’Unione europea sia dotata delle competenze, dei poteri decisionali e delle risorse indispensabili per poter garantire la nostra sicurezza, per assicurarsi un ruolo di peso sul piano internazionale, per far fare politiche efficaci in campo migratorio, economico, energetico, tecnologico, industriale, sanitario.
Le richieste elaborate dai Cittadini e discusse con i rappresentanti delle istituzioni europee e nazionali nel quadro della Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE) hanno affrontato tutti questi temi e identificato anche una serie di punti su cui è indispensabile riformare i Trattati per rendere l’Unione europea più capace di agire e più democratica nel suo funzionamento politico-istituzionale, in modo da stabilire un rapporto diretto con i cittadini europei sul modello che caratterizza ogni governo democratico.
Ora, mentre il Parlamento europeo sta elaborando le proposte per cambiare i Trattati come emerso dalla CoFoE dobbiamo tutti pretendere, come cittadini e come Europei, che il Consiglio – ossia i governi nazionali – non blocchino questo processo da cui dipende il nostro futuro!
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La Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE) ha rappresentato un momento democratico fondamentale che ha coinvolto i cittadini in una riflessione sulla natura e sul futuro dell’Unione europea. Tra le proposte elaborate, alcune richiedono una riforma dei Trattati per aumentare i poteri e migliorare i meccanismi decisionali dell’UE.
Il Parlamento europeo, con il supporto della Commissione, si è già attivato per chiedere che si avvii una Convenzione per la riforma dei Trattati, e a primavera presenterà un rapporto con le sue proposte. Spetta al Consiglio portare avanti questa richiesta del Parlamento europo; ma il Consiglio cerca di scoraggiare l’idea di avviare una riforma dell’Unione europea.
I federalisti europei, insieme agli Ambasciatori dei Panel dei Cittadini della CoFoE denunciano il silenzio e l’ostruzionismo del Consiglio che sta danneggiando il potenziale della Conferenza.
Per questo chiediamo a tutti di sottoscrivere e diffondere questa “Petizione al Consiglio dell’Unione europea” (www.mfe.it/petizione) perché il Consiglio rispetti la volontà dei cittadini e il lavoro della Conferenza sul futuro dell’Europa.
E’ arrivato il momento che le istituzioni ascoltino la voce dei cittadini che chiedono risposte europee efficaci e lungimiranti, capaci di costruire sui valori di libertà, democrazia e solidarietà una società più giusta. E’ tempo che i governi accettino questa volontà popolare e aprano alla riforma dell’Unione europea per renderla quell’Europa politica che i Padri fondatori avevano concepito all’indomani della Seconda Guerra mondiale.
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Sito della petizione:
https://bit.ly/TreatyReformNow_ITA
Modulo di firma della petizione:
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Nella Plenaria della Conferenza sul futuro dell’Europa, la grande consultazione concepita come uno spazio di discussione con i cittadini per affrontare le sfide e le priorità dell’Unione, nella seduta del 29 aprile (2022) scorso a Strasburgo nella sede del Parlamento Europeo, la Conferenza sul futuro dell’Europa (CoFoE) ha approvato il documento conclusivo che contiene 49 proposte divise in 9 grandi aree tematiche.
I TEMI
I nove temi intorno ai quali ruotano i progetti di proposte della Conferenza hanno riguardato:
1- il cambiamento climatico e l’ambiente,
2- la Salute,
3- un’economica più forte giustizia sociale e occupazione,
4- la politica internazionale dell’UE,
5- i valori fondanti dell’Unione, lo Stato di diritto, la sicurezza,
6- la trasformazione digitale,
7- la democrazia europea,
8- la migrazione,
9- istruzione cultura gioventù e sport.
CAMBIAMENTO CLIMATICO E AMBIENTE
Per raggiungere una produzione alimentare sicura, sostenibile giusta e responsabile, con prezzi accessibili, nel rispetto delle biodiversità e degli ecosistemi, tra le proposte elaborate dai cittadini risaltano quelle di riorientare le sovvenzioni e rafforzare gli incentivi per l’agricoltura biologica e sostenibile, applicare i principi dell’economia circolare in agricoltura, ridurre l’uso di pesticidi e fertilizzanti chimici. Andrebbe rafforzato il principio “chi inquina paga”, integrandolo con misure fiscali ed incentivi, rafforzando il ruolo dei Comuni nella pianificazione urbana, sostenendo il rimboschimento, ampliando il divieto della plastica monouso, e anche limitando l’inquinamento luminoso.
Altro punto chiave delle proposte approvate dalla Plenaria in materia ambientale, è quello di conferire all’UE un ruolo di leader mondiale nella politica energetica sostenibile, accelerando gli investimenti nell’energia rinnovabile, mettendo a tema delle politiche energetiche le conseguenze geopolitiche e di sicurezza, il rispetto dei diritti umani, l’ecologia. Oltre a ridurre la dipendenza delle importazioni di petrolio e gas, e incentivare l’uso di trasporti pubblici e soprattutto del trasporto ferroviario, dell’alta velocità e dell’acquisto di veicoli elettrici, le proposte in campo energetico vertono anche sulla trasformazione dell’infrastruttura elettrica e delle reti elettriche, e sugli investimenti nelle tecnologie per la produzione e l’uso dell’idrogeno verde nei settori difficili da elettrificare.
SALUTE
Per rafforzare la resilienza e la qualità dei sistemi sanitari, le proposte dei cittadini europei vertono sulla creazione di reti di scambio e formazione condivise tra i vari Paesi, sull’autonomia strategica (per evitare la dipendenza di medicinali e dispostivi da paesi terzi), sulla medicina digitale e sugli investimenti in ambito pubblico e no profit, assicurando piena accessibilità anche economica e qualità dei servizi.
Interessante la proposta di adottare un approccio olistico nei confronti della salute, migliorando ad esempio la comprensione di problemi di salute mentale, performando il programma educativo sugli stili di vita sani, inclusa l’edizione sessuale. Innovative le proposte di garantire l’accesso ai trattamenti riproduttivi per tutte le persone con problemi di fertilità, di istituire una rete europea per i trapianti e le donazioni di organi a favore di tutti i pazienti europei, di combattere la povertà sanitaria incoraggiando cure odontoiatriche gratuite per i bambini, per i nuclei familiari a basso reddito e i disabili.
Pur nel rispetto del principio di sussidiarietà, appare certamente importante la proposta di modificare l’articolo 4 del Trattato e includere la salute e l’assistenza sanitaria tra le competenze condivise tra l’UE e i suoi stati membri.
ECONOMIA
Le raccomandazioni formulate dai cittadini europei chiedono interventi più incisivi all’Unione per fronteggiare le conseguenze della guerra, della pandemia e dell’impatto drammatico che deriva dai cambiamenti climatici. Queste richieste fanno ipotizzare la necessità di modifica dei Trattati istitutivi anche per aprire l’UE a nuove politiche.
Tra gli obiettivi considerati prioritari durante le consultazioni, spicca quello di garantire una crescita sostenibile e resiliente, anche attraverso la promozione di una cultura imprenditoriale che favorisca le imprese innovative di tutte le dimensioni, ma soprattutto le micro, piccole e medie imprese che contribuiscono a rendere la società più resiliente e coesa. Interessante la proposta che mira al rafforzamento delle c.d. “tradizioni di produzione”, mediante la riduzione della standardizzazione dei prodotti ed il riconoscimento delle peculiarità culturali e produttive locali e regionali”. Tutte le nuove iniziative dovrebbero tenere conto delle piccole e medie imprese come spina dorsale dell’economia europea, rispettando in tutte le proposte legislative UE il “principio pensare anzitutto in piccolo”. Si propone poi di investire in un’economia basata sul turismo e la cultura, che valorizzi le numerose piccole destinazioni d’Europa,
In tema di diritti sociali, si propongono misure per garantire un sano equilibrio tra vita professionale e vita privata, rafforzare lo smart working, garantire il diritto alla disconnessione.
Un tema particolarmente sentito è quello della “transizione demografica”, per fronteggiare i bassi tassi di natalità e il costante invecchiamento della popolazione nel continente. Sul punto, le proposte guardano all’assistenza all’infanzia per consentire ai genitori di conciliare lavoro e vita familiare, indicando come esempio le esperienze in uso in alcuni Stati membri come quella dell’assistenza notturna. Altri segnalano l’importanza di garantire a tutti un alloggio e redditi minimi.
Politiche fiscali e di bilancio
La Conferenza guarda con favore alle esperienze di Next Generation EU e di SURE, ed in considerazione dell’impatto sociale ed economico della guerra, crede nel rafforzamento del bilancio europeo con nuove risorse proprie. Al contempo i cittadini chiedono una riduzione della pressione fiscale ed un controllo efficace dei grandi evasori.
POLITICA ESTERA UE
Tema caldo della Conferenza, è quello del raggiungimento di una maggiore autonomia nel settore della produzione e dell’approvvigionamento energetici, unitamente alla transizione verde verso le energie rinnovabili. Si propone una maggiore collaborazione degli Stati nella valutazione se sia opportuno o meno ricorrere all’energia nucleare nell’ambito della transizione verde, dato che molti Stati Membri la utilizzano già.
Ma in tema di politica estera, si propone anche di condizionare le relazioni commerciali al rispetto dei diritti umani e della dimensione ambientale, ad esempio attraverso forme di etichettatura e punteggio dei prodotti acquistati dai consumatori, ma anche premiando i Paesi con elevati standard di sostenibilità, offrendo loro un accesso più ampio al mercato UE.
Per migliorare la capacità dell’Unione di adottare decisioni celeri ed efficaci in materia di politica estera, si suggerisce di passare dall’unanimità alla maggioranza qualificata nelle decisioni in materia di PESC, di rafforzare il ruolo dell’Alto rappresentante, di basare la cooperazione sulla “bussola strategica” e ricorrendo allo “strumento europeo per la pace”, di rafforzare la partecipazione dei cittadini alla politica internazionale dell’Unione.
Ancora più incisive le proposte sulle forze armate congiunte UE che dovrebbero operare senza entrare in concorrenza con la NATO ed in casi eccezionali potrebbero operare al di fuori dei propri confini con mandato giuridico del Consiglio di Sicurezza ONU e comunque nel rispetto del diritto internazionale.
VALORI E STATO DI DIRITTO
Le proposte sono finalizzate a rafforzare la cultura dei valori fondanti dell’Unione, tramite uno statuto della cittadinanza Ue, il rafforzamento del meccanismo di condizionalità anche a nuovi settori ed indipendentemente dalla tutela del bilancio UE, l’effettività delle sanzioni contro le violazioni dello Stato di diritto.
TRASFORMAZIONE DIGITALE
In tema di nuove tecnologie digitali, le proposte vertono sul rafforzamento: della legislazione a protezione dei dati, (con un occhio di riguardo ai minori), dell’agenzia sulla cybersicurezza, della lotta alla disinformazione mediatica e alle minacce all’indipendenza dei media. L’impegno verso il miglioramento dell’alfabetizzazione mediatica potrebbe essere sostenuto inserendo nei programmi scolastici l’istruzione e la formazione digitale, senza escludere però alcuna fascia di età, neppure gli anziani, ai quali potrebbero essere dedicate apposite classi per l’apprendimento.
Il contributo del digitale è fortemente valorizzato anche per favorire la trasformazione economica, con proposte che mirano ad introdurre una legislazione sul lavoro intelligente, che garantisca però un approccio “antropocentrico” inclusivo del principio del controllo umano. La legislazione dovrebbe favorire le imprese nel salvaguardare posti di lavoro “intelligenti”di alta qualità in Europa e combattere così il fenomeno della delocalizzazione verso Paesi a basso costo di manodopera.
DEMOCRAZIA E ISTITUZIONI
Le proposte della Conferenza che riguardano la democrazia nell’Unione, chiedono uno sforzo per migliorare la partecipazione democratica diretta dei cittadini, attraverso strumenti di comunicazione efficaci, come le piattaforme online, dove esprimere le proprie opinioni o rivolgere quesiti alle istituzioni, ma anche mediante consiglieri locali dell’Ue dislocati sul territorio e vicini ai cittadini, e pure attraverso la previsione di un referendum a livello dell’UE da avviare in casi eccezionali e su questioni particolarmente importanti.
Il sistema elettorale dovrebbe essere cambiato creando liste transnazionali con candidati provenienti da Stati diversi. Si propone di far votare direttamente ai cittadini il Presidente della Commissione europea, di estendere al Parlamento Europeo il potere di iniziativa legislativa, e di attribuirgli le decisioni in materia di bilancio.
Per migliorare il processo decisionale dell’UE, la Conferenza mira a sostituire il voto all’unanimità con il voto a maggioranza qualificata, oltre che a mettere in atto misure finalizzate ad assicurare maggiore trasparenza verso i cittadini, del modo in cui vengono prese le decisioni.
Si propone anche di cambiare il nome delle istituzioni europee (il Consiglio dell’UE dovrebbe chiamarsi Senato UE, e la Commissione, Commissione esecutiva UE) per renderle più vicine ai cittadini.
MIGRAZIONI
In tema di immigrazione e diritto di asilo, il documento della Conferenza propone norme comuni per le procedure di esame delle domande di protezione internazionale, semplificando il processo burocratico con l’istituzione di uno sportello unico.
Va rivisto il sistema Dublino, per assicurare una ripartizione uniforme dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, e occorre stanziare risorse in più, per la loro migliore integrazione.
GIOVANI
Particolare attenzione durante i lavori della Conferenza è stata riservata ai giovani, che chiaramente rappresentano il fattore essenziale per il futuro dell’Europa, e che secondo le proposte approvate, dovrebbero essere maggiormente inclusi nei processi democratici, anche abbassando a 16 l’età per votare i Parlamentari Europei.
Misure specifiche vengono suggerite per favorirne l’ingresso nel mondo del lavoro, per assicurare loro salari minimi, per garantire loro un tenore di vita ragionevole compreso l’accesso alla protezione sociale e l’alloggio. Occorrono anche politiche mirate e investimenti europei per evitare le fughe di cervelli e rendere l’Europa più attraente anche per giovani che vengono da fuori il continente. Senza dimenticare, visto il recente passato, che andrebbero previsti piani preparati e dettagliati per ridurre al minimo l’impatto che situazioni di emergenza (come la crisi sanitaria o la guerra) provocano sui giovani, sulla loro istruzione, sulla formazione professionale, e sul benessere mentale.
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