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da https://italy.representation.ec.europa.eu/ (5/4/2023):
– La proposta di regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidiIT••• delinea un percorso ambizioso per ridurre il rischio e l’uso dei pesticidi chimici nell’UE, anche in agricoltura. La Commissione ha proposto di ridurre del 50% entro il 2030 il rischio e l’uso dei pesticidi chimici nell’agricoltura dell’UE. Entro parametri definiti per assicurare tale riduzione complessiva a livello unionale, gli Stati membri fisseranno obiettivi nazionali di riduzione. …
– La proposta di normativa sul ripristino della naturaIT••• contribuisce a invertire il declino delle popolazioni di impollinatori entro il 2030 e a riportare la natura nei terreni agricoli, anche attraverso obiettivi specifici per il ripristino degli ecosistemi agricoli. La proposta di normativa sul ripristino della natura combina che combina un obiettivo generale di ripristino per consentire il recupero a lungo termine della natura in tutte le zone terrestri e marine dell’UE con obiettivi di ripristino vincolanti per habitat e specie specifici. Le misure di ripristino dovrebbero coprire entro il 2030 almeno il 20 % delle zone terrestri e marine dell’UE ed entro il 2050 tutti gli ecosistemi che necessitano di ripristino.
Insieme, queste proposte possono rappresentare un fattore di svolta per la conservazione degli impollinatori a livello UE.
COMUNICAZIONE DELLA COMMISSIONE AL PARLAMENTO EUROPEO, al Consiglio, al Comitato economico e sociale europeo e al Comitato delle regioni: REVISIONE DELL’INIZIATIVA DELL’UE A FAVORE DEGLI IMPOLLINATORI. Un nuovo patto per gli impollinatori:
https://eur-lex.europa.eu/legal-content/IT/TXT/PDF/?uri=CELEX:52023DC0035&from=EN
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IL NO DEL PARTITO POPOLARE EUROPEO (5/5/2023)
Il Ppe respinge le riforme Ue sui pesticidi e la biodiversità
Il Partito popolare europeo ha approvato la mozione con cui respinge il regolamento sull’uso sostenibile dei pesticidi e la proposta di legge sul recupero degli ecosistemi. Per il primo, si legge nel documento, “gli obiettivi di riduzione” previsti per le sostanze chimiche “sono semplicemente irrealizzabili”. La seconda è definita un “incubo burocratico”. A quanto apprende ANSA, la decisione è stata approvata da tutte le delegazioni, con l’astensione dei soli popolari svedesi.
Mercoledì mattina (10/5/2023, ndr), la plenaria del Parlamento europeo terrà un dibattito su questi temi. “Gli agricoltori sono i promotori della transizione verde e della sicurezza alimentare in Europa – dichiara in una nota il coordinatore agricoltura del Gruppo Ppe Herbert Dorfmann – invitiamo la Commissione europea ad ascoltare e rispettare gli agricoltori durante l’elaborazione delle politiche dell’Ue”. (da https://www.altoadige.it/)
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STOP PESTICIDI, IN CENTINAIA ALLA MARCIA SULLE COLLINE DEL PROSECCO
da https://www.trevisotoday.it/, 1/5/2023
– Primo maggio ecologista a Follina con la mobilitazione sostenuta da Legambiente per interrompere l’uso di pesticidi in agricoltura. Gli organizzatori: «Le prime vittime sono gli agricoltori» –
«Non ci può essere salute né giustizia sociale in un ambiente malato». Con questo slogan, lunedì 1º Maggio, Festa dei Lavoratori, centinaia di manifestanti si sono dati appuntamento a Follina per la marcia contro l’uso di pesticidi in agricoltura.
Lo scopo dell’iniziativa era chiedere ai politici europei, nazionali e regionali di adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire una rapida e drastica riduzione dell’uso dei pesticidi, in particolare nei territori di agricoltura intensiva come le colline del Prosecco; ma l’iniziativa si è svolta anche in molti altri comuni di tutta Italia. La partenza del corteo è avvenuta alle ore 10.30 dalla rotonda di Cison di Valmarino. Dopo un’ora l’arrivo davanti alla storica abbazia di Follina con interventi e chiusura della manifestazione nel campo dietro l’abbazia.
Scegliendo il Primo Maggio gli organizzatori hanno voluto sottolineare che tra le prime vittime dei pesticidi sono da elencare i lavoratori dell’agricoltura, esposti direttamente a gravi rischi a carico della salute dovendo effettuare decine di trattamenti per ogni stagione produttiva. Basti pensare al fatto che l’impiego di pesticidi in agricoltura a livello globale dal 1990 a oggi è quasi raddoppiato. Alla luce di ciò, appare evidente che tutti i cittadini residenti nei territori in cui dominano le monocolture intensive ad alta intensità di utilizzo di sostanze chimiche di sintesi sono potenzialmente a rischio, in particolare i soggetti più vulnerabili come i bambini e le donne in gravidanza. È ormai scientificamente provato che, anche a dosi minime, i pesticidi possono risultare estremamente nocivi per la salute umana e rappresentare quindi un problema di salute pubblica.
Il commento
«Partecipando alla mobilitazione – ha dichiarato Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente – ci uniamo al coro di coloro che chiedono di porre fine all’utilizzo sconsiderato e pericolosissimo di molecole di sintesi. Dai dati emersi in fase di elaborazione del nostro dossier annuale “Stop pesticidi nel piatto”, su 4181 campioni analizzati dai laboratori pubblici italiani solo nel 54,68% non sono stati riscontrati fitofarmaci. Nel 44,34%, invece, sono stati rinvenuti uno o più residui. La percentuale di irregolarità è del 1,03%. In Spagna, su 800 campioni il dato è dell’1,38%. A doverci allarmare – ha proseguito Gentili – sono anche i dati relativi ai residui nelle acque sotterranee dell’erbicida atrazina e dei suoi metaboliti che hanno causato il maggior numero di superamenti di LMR (limite massimo di residuo), nonostante la sostanza sia vietata dal 2007. Le cose non vanno meglio per il vino: su 267 campioni analizzati solo il 38,20% è risultato privo di residui. I campioni con uno o più residui sono risultati invece il 61,80%. Le sostanze attive più frequentemente riscontrate sono state: Metalaxyl (12,24%), Dimetomorf (11,02%), e Fenhexamid (8,98%). Peraltro, il nel 70% della frutta e nel 30% della verdura risultano uno o più residui e continua a essere del tutto irrisolta la faccenda del multiresiduo i cui effetti sono incalcolabili. Alla luce di ciò, serve che le istituzioni a ogni livello prendano immediatamente provvedimenti, smettendo peraltro di accordare inutili e pericolosissime deroghe». (da https://www.trevisotoday.it/, 1/5/2023)
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(da https://www.coltivazionebiologica.it/) – La flavescenza dorata è una malattia infettiva ed epidemica della vite, causata dall’agente eziologico Candidatus Phytoplasma vitis, un fitoplasma annoverato tra i giallumi della vite (grapevine yellow). La flavescenza dorata della vite ha origine negli Usa e venne segnalata per la prima volta in Europa negli anni ’50 del secolo scorso, precisamente in Francia. In Italia la malattia è presente dalla fine degli anni ’60, osservata per la prima volta nell’Oltrepò Pavese, ed è oggi in espansione in diverse aree viticole, in modo particolare nelle regioni del Centro-Nord. Questa malattia si diffonde nei vigneti, oltre che con l’utilizzo di materiale vegetativo infetto, anche per mezzo di un vettore, ovvero la cicalina della vite (Scaphoideus titanus), insetto monofago che colpisce le piante di vite (Vitis spp).
È dunque importante riconoscerne i sintomi e intervenire tempestivamente per salvare il vigneto dalla malattia. (“intervenire”: vedi come nell’articolo in questo post ripreso dal sito https://www.coltivazionebiologica.it/)
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SALVIAMO IL PROSECCO DAL CLORPIRIFOS
da https://www.cambialaterra.it/, 17/4/2023)
– La Regione Veneto chiede di usare il pesticida vietato dalla Ue, ma i consumatori vogliono un prosecco green –
“Su tre bottiglie di bollicine nel mondo, una è rappresentata dal Prosecco”, ricorda Luca Zaia, presidente della Regione Veneto, all’ultima edizione, da record, del Vinitaly. E in effetti i numeri confermano una leadership indiscussa delle bollicine venete che nel 2022 hanno venduto 638,5 milioni di bottiglie per un valore totale di 3,35 miliardi di euro.
Un volume d’affari importante che rende i vigneti veneti un fiore all’occhiello del made in Italy enogastronomico nel mondo e che alimenta un sistema economico fondamentale per il territorio. Ma che rischia di essere compromesso dalla flavescenza dorata, una malattia che sta colpendo in modo devastante ettari e ettari di vigneti del Nord-est. A rischio quindi le produzioni di vino e la rendita delle aziende agricole che hanno bisogno di soluzioni immediate per non arrivare a situazioni irreversibili.
La Regione Veneto, ha quindi chiesto al dipartimento Fitosanitario nazionale l’autorizzazione all’uso del clorpirifos, pesticida utilizzato un tempo ma che, dal 2020, è stato bandito dall’Unione Europea per i suoi danni permanenti sulla salute pubblica.
Richiesta contestata duramente da Andrea Zanoni, consigliere regionale del PD, visto i risultati di recenti studi medici che dimostrerebbero il legame del pesticida con problemi nello sviluppo mentale dei bambini.
Disaccordo all’utilizzo del clorpirifos arriva anche dal Consorzio del Prosecco Docg di Conegliano e Valdobbiadene che sottolineano come l’utilizzo dei principi attivi esistenti e autorizzati siano la strategia da utilizzare, nonché la necessità di segnalare chi non procede secondo le giuste linee guida, rischiando di creare nuovi focolai.
Una vicenda delicata che deve trovare una soluzione a difesa di un settore acclamato in tutto il mondo che rappresenta un’importante fetta del Pil veneto, ma che allo stesso tempo non deve mettere a rischio la salute di chi quelle terre le abita. A decidere sarà l’autorità sanitaria di competenza.
Sicuramente l’utilizzo di pesticidi dovrebbe rappresentare una pratica in fase di esaurimento. Sia per gli obiettivi imposti dall’Unione europea con la Farm to Fork, che impone la riduzione complessiva del 50% dei pesticidi chimici entro il 2030, sia per le richieste che arrivano dal mercato. In Italia, infatti, secondo i dati diffusi da Wine Monitor Nomisma, il 28% dei consumatori sceglie il Prosecco proprio sulla base della presenza di attributi “green” come il bio e la sostenibilità ambientale e sociale. All’estero l’interesse è ancora più consistente: si va dal 32% dei consumatori tedeschi per arrivare al 36% di quelli svedesi e al 40% di quelli statunitensi. (da https://www.cambialaterra.it/ , 17/4/2023)
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MARCIA CONTRO I PESTICIDI A FOLLINA: «TROPPI VELENI, RISPETTIAMO LA VITA»
Oltre 600 hanno partecipato alla manifestazione. Zanoni attacca: «In Veneto 16 milioni di chili di fitofarmaci»
di Francesco Dal Mas, da https://tribunatreviso.gelocal.it/, 3 Maggio 2023
In più di 600 alla “Marcia stop pesticidi”, che quest’anno si è trasformata nel “Primo Maggio ecologico”. Lunedì il corteo da Cison a Follina e, davanti all’abbazia, l’appello anche del priore, a rispettare la vita, ogni vita. Bambini e anziani, famiglie al completo, magari accompagnando la carrozzina col figlio, pensionati della Cgil, ambientalisti, produttori biologici, mamme in lotta per far crescere i figli in salute.
Quando il corteo giunge davanti all’abbazia di Follina, le campane suonano a festa per accogliere «Il vero popolo della vita», come dice padre Francesco Rigobello, il priore. Il palco è il sagrato della pieve. «Non ci può essere giustizia sociale né salute, in un ambiente malato. Questi pesticidi – afferma il priore – vengono acquistati anche oltre confini. A persone, insetti o api faranno pur male. Oppure no? Ormai arriveremo a dire: ma sai, le bombe mica uccidono, fanno solo fumo e spettacolo».
Scatta l’applauso. E poi arriva un monito: «Non lasciamo trovare una soluzione a riparare i nostri privati calcoli e vantaggi e veleni assassini di creature indispensabili al ritmo della vita, non affidiamo la soluzione neppure a un dio qualsiasi, anche al Dio che conosciamo e qualche volta preghiamo. Lui non fa nulla al nostro posto. Proviamo vergogna per le tante piccole creature che sterminiamo».
I pensionati della Cgil sventolano la loro bandiera. Il Comitato contro le casse di espansione di Ciano alza il tiro della protesta. C’è il Gruppo di Acquisto Solidale, la Lipu e Legambiente. “No ad un’agricoltura di morte” ammonisce un grande lenzuolo giallo. Il “Gruppo Mamme di Revine Lago” è presente ancora una volta. I bambini reggono uno dei primi striscioni “Basta vigneti”. L’ironia campeggia da un altro striscione: “Fame un spirs fameo bon. Aperol, clorpirifos, Metalxil, Cyprodinil, Boscalid, Pyrimethanil più una scorza de limon”. Un maxi disegno di un campo di papaveri viene dedicato da due mamme “ai nostri bambini”.
«Veramente in tanti, per difendere la nostra terra e la nostra salute da una monocoltura che sta richiedendo sempre più pesticidi che attaccano la nostra salute, contaminano le nostre acque e uccidono gli animali selvatici come le api», fa notare Andrea Zanoni, consigliere regionale del Partito Democratico. «Nel chiuso del palazzo e all’insaputa di tutti la Regione Veneto – sostiene Zanoni – addirittura ha chiesto al Ministero della salute di usare due pesticidi vietati, il Chlorpirofos metile, un veleno neurotossico che abbassa il quoziente di intelligenza dei giovani e il Thiametoxan un neonicotinoide che uccide le api». Zanoni non ha dubbi: «Questi veleni servono per contrastare la cicalina, un insetto portatore del virus della flavescenza dorata, un insetto che grazie alla monocoltura del prosecco ora trova un’autostrada di vigneti. Sono quasi 16 i milioni di chili di pesticidi usati lo scorso anno in Veneto, pari a una media di 3,2 chili per ogni cittadino veneto, un numero impressionante».
Angelo Gentili, responsabile agricoltura di Legambiente, spiega: «Dai dati emersi in fase di elaborazione del nostro dossier annuale “Stop pesticidi nel piatto”, su 4181 campioni analizzati dai laboratori pubblici italiani solo nel 54,68% non sono stati riscontrati fitofarmaci. Nel 44,34%, invece, sono stati rinvenuti uno o più residui. La percentuale di irregolarità è del 1,03%. In Spagna, su 800 campioni il dato è dell’1,38%”». (Francesco Dal Mas, da https://tribunatreviso.gelocal.it/, 3 Maggio 2023)

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NUOVI VIGNETI SOTTO LE ALI PROTETTRICI DELL’UNESCO?
di Dante Schiavon, 23/3/2023, da https://www.ildiarioonline.it/
Percorrendo lo sterrato che fiancheggia il Lierza, nella zona del Molinetto della Croda, rimanevo sempre compiaciuto nel vedere un bel prato che arricchiva, almeno in quel tratto, la varietà del paesaggio: bosco, viti, prati.
Percorrendo oggi lo stesso tratto scopro come quel prato sia stato trasformato nell’ennesimo vigneto. Non solo. Il cartello del cantiere indica, accanto all’occupazione del prato da parte di un nuovo vigneto, anche un lavoro di “riordino forestale” sull’altro lato dello sterrato. Non poteva mancare, in abbinata con l’occupazione vitivinicola di un prato, un “taglio boschivo” che, però, guarda caso, dopo un “diradamento forestale” prospiciente lo sterrato fa intravvedere, seminascosto, un taglio a raso, funzionale all’impianto di futuri vigneti.
Oggi, siamo nel 2023, davanti a simili “interventi agricolo-forestali” cosa c’è di diverso rispetto al passato recente che ha visto, incentivata dalla Regione con 83.400.000 euro dal 2011 al 2017 (Fonte Avepa), l’espansione di una monocoltura intensiva? C’è di diverso che nel luglio 2019 l’area è stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità e che l’Icomos (Consiglio Internazionale dei Monumenti e dei Siti), organo consultivo dell’Unesco, aveva “raccomandato” alle istituzioni, per potersi fregiare del titolo di Patrimonio dell’Umanità, il rispetto di 14 impegni gestionali (prescrizioni), uno dei quali era il seguente: “chiarire l’estensione dell’area di impegno (in ettari).
Il “Disciplinare di produzione dei vini a Denominazione di Origine Controllata e Garantita” della Regione Veneto indica in 13,5 tonnellate di prodotto per ettaro la massima produzione consentita di Prosecco Docg: resta da verificare se tale soglia nella produzione di prosecco sia stata raggiunta dalle 102 milioni di bottiglie (Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Prosecco Docg, dati 2022) in un’area che occupa 8674 ettari (Consorzio di Tutela del Conegliano Valdobbiadene Docg, dati 2022) e superi la soglia indicata dal “Disciplinare di produzione dei vini Docg” della Regione Veneto.
Tra l’altro, quel vigneto, piantato in una “zona umida” non vocata per “micro-clima” e “composizione del terreno”, è maggiormente esposto all’attacco di parassiti e di conseguenza richiederà un maggior uso di pesticidi. Fa specie leggere a pag. 46 del volumetto a colori in carta lucida spedito a reti unificate a tutti i cittadini veneti per celebrare la proclamazione delle colline del Prosecco a Patrimonio dell’Umanità: “facendo salvi il paesaggio e la biodiversità che sono state conservate nei secoli, impostando un impianto agrario fatto di piccole particelle di terra dedite a coltivazione, inserite in una rete ecologica di boschi, siepi e prati, unica al mondo”. Come fa specie leggere a pag. 28 di tale costoso volumetto pubblicitario: “la capacità dell’uomo di adattarsi e permettere al territorio di evolversi senza alterare le componenti geomorfologiche delle dorsali e la biodiversità”.
La verità è un’altra: basta posare uno “sguardo ribelle” su una narrazione artefatta dal “marketing territoriale”. La “monocoltura intensiva” del Prosecco ha spazzato via le altre colture e con esse le tradizioni di “vita contadina” radicate nel tempo. Basta entrare in una di quelle “casere”, che si vogliono trasformare in dipendenze di albergo diffuso, per notare la mangiatoia per le mucche, il fienile e altri segni di una “piccola agricoltura contadina”, dove prati per la fienagione, colture come il mais, il grano, davano vita ad una “economia di sussistenza” e costituivano un’anticipazione di quella “sovranità alimentare” che oggi si invoca, ma solo a parole.
Per non parlare dei “mulini da grano tenero e da granoturco” un tempo presenti in alcuni borghi e comuni della “core zone” e funzionanti fino agli anni 60. I promotori della candidatura Unesco hanno estromesso questo passato dalla loro narrazione, troppo impegnati a costruire l’immagine pubblicitaria di una “viticoltura bucolica”, usando a sproposito il termine “eroico” per una viticoltura oggi più che mai industrializzata, meccanizzata, che si avvale di braccianti extracomunitari, di imprese di movimento terra che con ruspe e bobcat sono in grado di impiantare, favorendo l’erosione del suolo, un “vigneto chiavi in mano”.
Ma il passato agricolo delle colline, dove la viticoltura era su piccola scala, a uso famigliare, non è sfuggito a Icomos se nel 2018 aveva bocciato la richiesta di inserire le colline del Prosecco nella lista dei siti Unesco, sostenendo che non presentavano le caratteristiche di “unicità” necessarie a renderle Patrimonio dell’Umanità e come proprio l’eccessiva coltivazione di vigneti aveva compromesso il paesaggio originario.
L’espansione imperialistica della “glera” e l’uso intensivo della “chimica di sintesi” in un modello di “agricoltura industriale” avevano quindi portato Icomos nel 2018 alla bocciatura della candidatura. Il dissenso di Icomos è stato superato dall’Unesco in “sede politica” attraverso la trasformazione del dissenso di Icomos in “14 prescrizioni stringenti”, mentre una “quindicesima raccomandazione”, che stabiliva l’obbligo di informare il World Heritage dei principali progetti che potrebbero avere un impatto sull’area, è stata “omessa” nel Rapporto del World Heritage Centre di Parigi. Qui si tratta di stabilire se un territorio, per la sua unicità ambientale, etnografica, antropologica, paesaggistica, storica, merita tale “prestigiosa proclamazione” di notevole risonanza internazionale. Nel caso delle colline del Prosecco tale “etichetta internazionale” dovrebbe essere almeno subordinata, alla luce della documentazione ufficiale di Unesco, al rispetto delle “14 prescrizioni”, pena la revoca dell’egida di Unesco. Un po’ come per la patente che può essere revocata in caso di gravi inadempienze del Codice della Strada.
Ormai, a tre anni dalla proclamazione delle colline del Prosecco a Patrimonio dell’Umanità a preoccupare è anche il rischio che i fattori produttivi ed economici legati all’aumento del flusso turistico (i 400 mila visitatori attuali potrebbero raddoppiare nel giro di 5 anni) possano generare drastici cambiamenti nell’ambiente, inteso come “area vasta” e compromettano la “stabilità ecosistemica dell’area”. È un po’ quello che sta accadendo, con modalità diverse, ad altri siti Unesco come le Dolomiti (con progetti di nuovi impianti, di nuove infrastrutture e l’organizzazione delle Olimpiadi invernali) e Venezia, dove i veneziani sono costretti a fuggire dall’assedio turistico e dalla proliferazione di bancarelle e locazioni turistiche.
L’appiattimento dialettico e culturale (solo il Pesticide Action Network Italia e i gruppi locali che si battono da anni contro l’uso eccessivo di pesticidi hanno preso una posizione contraria estremamente fondata e motivata) nel dibattito sull’esistenza o meno dei requisiti ambientali, antropologici e storici utili al riconoscimento delle colline del Prosecco come sito Unesco e il poderoso finanziamento con soldi pubblici, che ha accompagnato il pluriennale processo di candidatura (iniziato nel 2009), rischiano di affossare anche elementari principi di partecipazione e di democrazia e per questo va coinvolto Unesco nella denuncia e monitoraggio di quello che sta accadendo sui territori della “core zone” e sul rispetto delle “14 prescrizioni”. Diversamente, la proclamazione a Patrimonio dell’Umanità dell’area collinare diventa solo un’operazione di “marketing territoriale” per lo “sfruttamento commerciale” di un’etichetta, priva di quel “valore umanitario” tanto strombazzato. (Dante Schiavon, 23/3/2023, da https://www.ildiarioonline.it/)
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FLAVESCENZA DORATA DELLA VITE. SINTOMI SULLA PIANTA E CONTROLLO BIOLOGICO
da https://www.coltivazionebiologica.it/
La flavescenza dorata è una malattia infettiva ed epidemica della vite, causata dall’agente eziologico Candidatus Phytoplasma vitis, un fitoplasma annoverato tra i giallumi della vite (grapevine yellow). La flavescenza dorata della vite ha origine negli Usa e venne segnalata per la prima volta in Europa negli anni ’50 del secolo scorso, precisamente in Francia. In Italia la malattia è presente dalla fine degli anni ’60, osservata per la prima volta nell’Oltrepò Pavese, ed è oggi in espansione in diverse aree viticole, in modo particolare nelle regioni del Centro-Nord. Questa malattia si diffonde nei vigneti, oltre che con l’utilizzo di materiale vegetativo infetto, anche per mezzo di un vettore, ovvero la cicalina della vite (Scaphoideus titanus), insetto monofago che colpisce le piante di vite (Vitis spp).
È dunque importante riconoscerne i sintomi e intervenire tempestivamente per salvare il vigneto dalla malattia.
Cos’è la flavescenza dorata?
La flavescenza dorata è dovuta al fitoplasma Candidatus Phytoplasma vitis. I fitoplasmi sono dei microrganismi a struttura unicellulare (privi di nucleo e parete cellulare) che vivono in modo esclusivo all’interno dei vasi floematici delle piante ospiti. L’instaurarsi del fitoplasma determina problemi vari alla pianta, ad esempio malformazioni dei fiori, problemi di crescita, giallumi fogliari, deperimenti ecc.
Sintomi della flavescenza dorata
Caratteristica specifica della flavescenza dorata della vite è che i sintomi compaiono improvvisamente e su piante in apparenza sane. La sintomatologia principale si verifica in piena estate o alla fine del ciclo vegetativo. In annate particolarmente siccitose, alcuni sintomi si possono osservare anche a fine primavera.
I sintomi della flavescenza dorata interessano i grappoli, le foglie e i tralci, ecco i principali:
– arresto improvviso dell’attività vegetativa, con alcune gemme che rimangono chiuse;
– nelle manifestazioni precoci le infiorescenze o i grappolini disseccano e poi cadono;
– mancato ingrossamento del grappolo in cui acini tendono a raggrinzire e poi disseccare (in luglio-agosto questo è un segnale importante della malattia);
– le foglie manifestano frattura vitrea e marcati arrotolamenti a triangolo della lamina verso la pagina inferiore, con colorazione tendente al giallastro nelle uve bianche, al rosso-violaceo nelle uve nere. Spesso sulle foglie compaiono rotture di colore con chiazze rosse o giallastre sul lembo verde, inoltre la lamina fogliare risulta ispessita e tende a staccarsi dal picciolo;
– i tralci evidenziano difficoltà di lignificazione e consistenza gommosa. Tendono a piegarsi verso il basso, conferendo alla pianta un aspetto prostrato. Alla base si manifestano delle lesioni e delle pustole nere e oleose disposte in file lineari. Queste parti in inverno possono disseccare e annerire.
Latenza
Da evidenziare che i sintomi della flavescenza dorata sopra descritti si possono manifestare anche nelle stagioni successive a quelle dell’infezione. Il fitoplasma può infatti restare latente per un periodo di 2-3 anni.
Possibile confusione tra flavescenza dorata e altre malattie
La certezza eziologica di un’infezione da flavescenza dorata si ottiene solo con accurate analisi fitopatologiche. Questo perché esistono altre fisiopatie, come il legno nero con sintomi simili a quelli della flavescenza. Tuttavia un’accurata analisi agronomica delle piante colpite riesce quasi sempre a fugare i possibili dubbi.
Cultivar più suscettibili
Non tutte le cultivar manifestano la stessa sensibilità alla flavescenza dorata. Tra i vitigni più suscettibili si annoverano: lo Chardonnay, il Pinot, il Gamaret, il Cabernet e l’Americana Isabella. Meno sensibile sembra essere il Merlot.
Il vettore della flavescenza dorata
Come detto, la flavescenza dorata è veicolata principalmente dalla cicalina della vite (Scaphoideus titanus). Questo parassita svolge una sola generazione all’anno e compie il suo intero ciclo biologico sulla vita. Questa cicalina si nutre della linfa della pianta e con la sua attività di suzione assorbe il atto la lotta obbligatoria secondo il decreto ministeriale numero 32442 del 31 maggio 2000. Questa lotta è praticata tenendo sotto controllo il suo vettore, ovvero la cicalina della vite.
Come prevenire la flavescenza dorata
Per limitare la diffusione della flavescenza dorata è bene mettere in campo adeguate pratiche di prevenzione agronomica. Per prima cosa il consiglio è quello di eradicare le piante infette, in modo che il vettore non vi possa accedere. In tal senso, nelle aree a rischio della malattia, sarebbe opportuno eliminare le viti abbandonate nei campi limitrofi, le quali possono diventare zone di rifugio per il vettore e focolai d’infezione. Un’altra buona prevenzione è quella di utilizzare materiale vegetativo sano per l’impianto del vigneto o il suo rinnovamento, ma questo dipende molto dall’affidabilità del vivaista. Nelle operazioni di potatura in un vigneto a rischio, effettuate tagli di rinnovo importanti. Inoltre, fate di in modo di eliminare il materiale vegetativo di scarto, questo perché la cicalina sverna come uovo nei tralci di 1-2 anni. (da https://www.coltivazionebiologica.it/)
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BASTA MORIRE DI PESTICIDI
da https://www.cambialaterra.it/ , 28/4/2023
– La Coalizione #CambiamoAgricoltura alla Marcia Stop pesticidi –
Sono gli agricoltori le prime vittime dei pesticidi. I lavoratori agricoli corrono i rischi maggiori perché fanno decine di trattamenti nei campi, spesso oltre 20 per ogni stagione produttiva. Non è dunque casuale la decisione di indire per il 1° maggio, Festa dei lavoratori, la Marcia Stop Pesticidi: basta morire di pesticidi lavorando.
Quest’anno la Marcia stop Pesticidi, a cui ha aderito anche la Coalizione #CambiamoAgricoltura, vuole sottolineare la richiesta ai decisori politici europei, nazionali e regionali di adottare tutti i provvedimenti necessari per garantire una rapida e drastica riduzione dell’uso dei pesticidi. In particolare nei territori dove domina un’agricoltura intensiva dipendente dalle sostanze chimiche di sintesi, come le aree del prosecco nel Veneto e delle mele in Trentino-Alto Adige.
“La mobilitazione – si legge nel comunicato stampa della Coalizione #CambiamoAgricoltura – chiede anche di cessare le continue richieste di deroghe come quella recentemente annunciata da parte della Regione Veneto e di altre Regioni per l’utilizzo del pesticida Clorpirifos, utilizzato per contrastare l’avanzata della flavescenza dorata che ha colpito i vigneti del prosecco. Un insetticida organofosfato per il quale è dimostrata la pericolosità anche a basse dosi, in quanto associata a disturbi dello sviluppo neurologico nei bambini”.
La Coalizione #CambiamoAgricoltura ha denunciato i rischi connessi all’uso delle sostanze chimiche di sintesi in agricoltura pubblicando nei mesi scorsi l’edizione italiana dell’Atlante dei pesticidi. Questo report, oltre a fornire informazioni sul declino della biodiversità, conferma la pervasività di queste sostanze in tutte le matrici ambientali (acqua, aria, suolo) e i conseguenti effetti negativi sulla salute delle persone.
Secondo studi recenti, ogni anno circa 11.000 persone in agricoltura muoiono per avvelenamento acuto da pesticidi. E nel mondo più del 40% dei lavoratori agricoli subiscono almeno un avvelenamento all’anno da pesticidi, fortunatamente non letale. Nonostante ciò l’uso di pesticidi in agricoltura continua ad aumentare: a livello globale è raddoppiato rispetto al 1990. E l’Italia, secondo i più recenti dati Eurostat, è il secondo maggiore mercato di pesticidi nell’Unione europea.
“Quest’anno – aggiungono gli organizzatori – la Marcia assume un’importanza particolare in relazione al dibattito in corso nel Parlamento europeo per l’approvazione del nuovo Regolamento europeo sull’uso sostenibile dei prodotti fitosanitati (Sur) proposto dalla Commissione europea, che contiene importanti target per la riduzione dell’uso dei pesticidi, messo in discussione da alcune forze politiche e da alcuni Stati che vorrebbero proseguire con l’attuale, insostenibile status quo.
I piani dell’Unione europea per dimezzare il rischio pesticidi e proteggere gli ambienti più sensibili potrebbero, infatti, essere messi a rischio se il Parlamento europeo non approvasse entro l’anno la proposta di Regolamento. Dopo quasi due decenni di tentativi falliti di ridurre l’uso di sostanze chimiche di sintesi in agricoltura (e dopo i recenti successi dell’iniziativa dei cittadini europei Salviamo le api e gli agricoltori), questa è la prima proposta concreta che potrebbe far virare la nostra agricoltura verso una maggiore sostenibilità, con ricadute positive sulla salute dei cittadini e sulla tutela della natura.
CambiamoAgricoltura è una coalizione nata nel 2017 per chiedere una riforma della Pac che tuteli tutti gli agricoltori, i cittadini e l’ambiente. La coalizione, a cui aderiscono oltre 90 sigle della società civile, è coordinata da un gruppo di lavoro che comprende le maggiori associazioni del mondo ambientalista, consumerista e del biologico italiane che aderiscono ad organizzazioni europee (Associazione Consumatori ACU, AIDA, AIAB, AIAPP, Associazione Italiana Biodinamica, CIWF Italia Onlus, FederBio, ISDE Medici per l’Ambiente, Legambiente, Lipu, Pro Natura, Rete Semi Rurali, Slow Food Italia e WWF Italia). (da https://www.cambialaterra.it/ , 28/4/2023)
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IL SUPER PESTICIDA CHE SALVA I VIGNETI (MA L’EUROPA LO VIETA): È SCONTRO IN VENETO
di Martina Zambon, da https://corrieredelveneto.corriere.it/, 8/4/2023
– Il consigliere regionale Zanoni: è tossico, danni tremendi ai bambini. L’assessore all’agricoltura Caner: è l’unico che funziona, l’uso sarà mirato –
Da una parte un pesticida potenzialmente neurotossico per lo sviluppo cerebrale dei bambini, tanto che se ne è vietato l’utilizzo nel 2020, dall’altro il flagello della flavescenza dorata che sta falcidiando interi filari di vigneti. La questione è quanto mai delicata.
La denuncia del consigliere
A sollevarla è il consigliere regionale d’opposizione del Partito democratico, Andrea Zanoni che accusa: «Il Clorpirifos, pesticida neurotossico, provoca danni allo sviluppo mentale dei bambini. Nonostante sia vietato dall’Unione europea la Regione lo vuole usare in deroga ai divieti». Parole pesanti che mandano su tutte le furie l’assessore regionale all’Agricoltura, il leghista Federico Caner che ribatte: «La richiesta al dipartimento Fitosanitario nazionale di utilizzare con moderazione l’unica arma non spuntata contro la flavescenza dorata non è del Veneto, è di tutte le Regioni del Centro Nord ormai flagellate da questa pandemia che mette a rischio la sopravvivenza stessa della viticoltura».
I mal digeriti vincoli paesaggistici
La querelle cade, manco a farlo a bella posta, nel giorno in cui le Terre Alte della Marca Trevigiana, cioè i 29 comuni contraddistinti proprio dalle colline del Prosecco che si fregiano del riconoscimento Unesco, vincono la candidatura a Città veneta della Cultura 2023 con un progetto basato sul binomio musica e paesaggio.
Anche qui la dicotomia: poesia innegabile delle colline ricoperte da viti pregiate e problemi a non finire per i viticoltori come ha chiarito senza perifrasi a Palazzo Balbi Francesco Miotto titolare dell’azienda Col Vetoraz. Secondo Miotto troppi e pesanti i vincoli paesaggistici imposti a chi, caparbiamente, continua la tradizione dei propri avi coltivando i «vigneti eroici», quei terrazzamenti inconfondibili coltivati a prosecco superiore.
L’accesso agli atti
Purtroppo, insieme alla Valpolicella, è proprio a Valdobbiadene che si è registrato uno dei primi focolai di flavescenza dorata. Che la soluzione sia l’uso del Clorpirifos, però, fa scattare l’allarme del trevigiano Zanoni: «È un pesticida e insetticida organofosfato che può danneggiare lo sviluppo mentale dei bambini, determinando casi di riduzione del quoziente intellettivo, disabilità psichica e autismo. Eppure, malgrado l’Ue ne abbia vietato l’impiego a partire da gennaio 2020, è ancora utilizzato in Veneto, grazie a deroghe, contro alcuni insetti dannosi». Zanoni lamenta di aver presentato un’interrogazione ed effettuato un accesso agli atti, visto che «dopo due settimane risulta ancora lettera morta». Cita una serie di studi scientifici «che negli Usa hanno portato al divieto totale dell’insetticida, tanto per uso domestico (ancora nel 2001) quanto agroalimentare (nel 2021)».
L’appello dell’endocrinologo
E, ancora, dice Zanoni, «ci sono le recenti dichiarazioni dell’endocrinologo Ernesto Rorai, intervenuto alla conferenza ‘Pesticidi e Salute – Gli interferenti endocrini’ organizzata dal Comitato Marcia Stop Pesticidi e Isde Medici per l’Ambiente, del 31 marzo scorso a Vittorio Veneto. Rorai ha affermato che questo pesticida, nei nati da madri esposte durante la gestazione o l’allattamento, ha causato insulinoresistenza, diabete mellito, disturbi neurologici, dislipidemia. Rorai afferma che l’uso di tali sostanze deve essere vietato».
La richiesta di deroga
La flavescenza dorata colpisce diversi tipi di coltivazioni e, ribatte Caner, «l’uso del Clorpirifos è ancora consentito ad esempio nei frutteti. Non si capisce perché non lo si possa usare, con giudizio, per salvare i vigneti». Ci sono, conferma Caner, altre soluzioni antiparassitarie per colpire la Cicalina, l’insetto che succhiando linfa dalle viti le contagia una dopo l’altra, «ma non sono altrettanto efficaci e ormai la situazione è drammatica. Quale sarebbe la soluzione di Zanoni? Tagliare alla radice interi vigneti? Purtroppo qualcuno l’ha già dovuto fare ma se la ricetta fosse questa dovremmo ragionare di un azzeramento dell’intero settore vitivinicolo per almeno tre anni, il tempo che nuove piante crescano e maturino. È impensabile. Meglio ottenere una deroga per un uso mirato del pesticida a giugno in modo che, per l’autunno e la vendemmia, il residuo chimico sia azzerato». «La Regione vuole proteggere il prosecco e non la salute dei veneti» tuona in chiusura Zanoni. (Martina Zambon, da https://corrieredelveneto.corriere.it/, 8/4/2023
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SUPER PESTICIDA NELLE VIGNE, NO DEL CONSORZIO DEL PROSECCO: COS’È IL CLORPIRIFOS (E CHI VORREBBE USARLO)
di Silvia Madiotto, da https://corrieredelveneto.corriere.it/, 10/4/2023
– Il dibattito sull’uso del prodotto chimico vietato dall’Ue, per cui la Regione Veneto ha chiesto una deroga: i produttori si dividono. Il consorzio Soave: «Il vino è un patrimonio, va tutelato» –
Prima di tutto (davanti a qualsiasi cosa) c’è la salute pubblica, per ogni consorzio vitivinicolo è una premessa d’obbligo. Ma è fondamentale anche difendere le coltivazioni di Prosecco, Soave, Valpolicella, Chardonnay e altri vitigni locali dalla flavescenza dorata, una malattia che danneggia la produzione: l’imperativo è tutelare un patrimonio culturale ed economico, oltre che una fetta rilevante del Pil veneto.
Per qualcuno questo significa anche ripristinare pesticidi fino a due anni fa vietati, come il clorpirifos. Il tema è stato sollevato dal consigliere del Pd Andrea Zanoni, che contesta la richiesta di deroga nell’utilizzo di questo prodotto da parte della Regione Veneto (e non solo): in base a recenti studi medici comporterebbe problemi nello sviluppo mentale dei bambini. E qualcuno, fra i coltivatori, esprime contrarietà. Ma consorzi e categorie sono preoccupati per i danni che la malattia può arrecare al sistema vitivinicolo veneto.
I danni al vino
Il vino subisce in modo irrimediabile i danni della flavescenza dorata: ingiallisce le foglie, ma ha conseguenze negative sulla quantità e qualità della produzione, e qui si capisce perché i viticoltori la temano così tanto. Per combatterla fino al 2020 veniva usato un pesticida poi bandito dall’Unione Europea, il clorpirifos: ma la malattia della vite fa perdere raccolti e denaro, ed è stata chiesta al ministero della Salute una deroga per poterlo utilizzare in un solo trattamento anche in Veneto, fra giugno e luglio, e proteggere le piante.
Il dibattito
È qui che si innesta il dibattito. C’è chi esclude fin da subito di usare il clorpirifos, come il Consorzio del Prosecco Docg di Conegliano e Valdobbiadene: «La strategia di lotta è basata principalmente sul corretto utilizzo dei principi attivi esistenti e autorizzati, stiamo usando quelli dell’annata scorsa e segnalando i vigneti non correttamente gestiti che diventano cassa di espansione di focolai» mette in chiaro il direttore Diego Tomasi. Il consorzio del Prosecco Doc mette paletti: «Abbiamo più volte espresso la nostra contrarietà ad una deroga al clorpirifos – spiega il presidente Stefano Zanette -, pur comprendendo le ragioni che hanno spinto ad avanzare una tale richiesta, vista la complessità della situazione. Noi ci siamo attivati per attuare tutte le soluzioni più idonee per far fronte al dilagare del fenomeno con le pratiche attualmente ammesse e il supporto della ricerca». Ma non può fare opposizione: «La valutazione spetta al ministero della Salute, non è un argomento politico o agricolo».
Le autorità sanitarie
Una soluzione condivisa con le autorità sanitarie potrebbe essere il giusto compromesso per salvare le piante. Il tema della sostenibilità e dei pesticidi sui colli del Prosecco si era già posto in passato. «Fino a tre anni fa – afferma Giorgio Polegato, presidente di Coldiretti Treviso – il clorpirifos era ammesso. Quando è stato vietato, abbiamo iniziato a fare tutto senza. Se ci verrà concesso di nuovo ci adegueremo, faremo le dovute valutazioni e starà al singolo decidere». Il fatto è che, rileva Polegato, l’anno scorso i trattamenti sono stati applicati dal 90% dei coltivatori: «Il 10% mancante ha creato problemi anche agli appezzamenti confinanti, la cicalina si sposta di pianta in pianta». I focolai, che aggredivano le bacche bianche, ora intaccano anche le rosse.
«Rimaniamo in attesa»
«Da dodici anni ci impegniamo nella viticoltura sostenibile e usiamo ogni precauzione – rileva Christian Marchesini, presidente del Consorzio Valpolicella -. Rimaniamo in attesa di capire se questa deroga verrà concessa, e vorrà dire che il clorpirifos è sicuro. Seguiremo le indicazioni che ci verranno date». La bacca rossa è meno sensibile alla flavescenza, aggiunge, finora ha fatto meno danni, «ma non vorremmo trovarci nella medesima situazione».
Interviene Igor Gladich, direttore del consorzio del Soave: «La flavescenza ha avuto una forte recrudescenza negli ultimi anni e riesce a minare alla base la viticoltura, uno dei prodotti più importanti del Veneto. Ci siamo rivolti, non solo noi, alla Regione, che ha ritenuto di istituire un tavolo tecnico riunendo esperti di vari settori valutando la reintroduzione del clorpirifos. La salute pubblica è importante e abbiamo fiducia nelle istituzioni, ogni deroga sarà concessa sulla base di dati certi, condivisa con il territorio, una sola volta all’anno. Il problema della flavescenza è grave e dobbiamo porci un quesito importante – chiude Gladich -. Siamo disposti a rinunciare al nostro patrimonio viticolo e alle sue particolarità?». (Silvia Madiotto, da https://corrieredelveneto.corriere.it/, 10/4/2023)
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I PARASSITI CHE PROSPERANO COL CAMBIAMENTO CLIMATICO (E UCCIDONO LE PIANTE)
di Fabio Marzano, da https://www.lastampa.it/, 28/4/2023
In meno di due anni, a partire da una semplice coppia di insetti, la famiglia si può allargare fino a sette miliardi tra zii, cugini e nipoti. La cocciniglia tartaruga, originaria di una vasta area dal Canada al Messico, non ha problemi di denatalità. Ed è un problema perché sugli alberi di pino questo piccolo animale si comporta come un vampiro nutrendosi della linfa delle piante. La cocciniglia ha pochi antagonisti naturali e con temperature più miti può rivelare capacità riproduttive fuori dal comune. Nei Caraibi ha fatto quasi tabula rasa della specie indigena Pinus caribaea. In Italia è stata segnalata per la prima volta nel 2015 in Campania e da allora si è diffusa in modo inarrestabile nel Lazio e in altre regioni devastando anche la pineta della residenza presidenziale di Castelporziano.
Ma la cocciniglia tartaruga è solo uno tra i più pericolosi parassiti delle piante che in questi ultimi anni sono stati favoriti dal riscaldamento globale con tutto il corredo di siccità prolungate ed eventi climatici estremi. Queste invasioni seguono un copione che sembra ripetersi in declinazioni diverse.
“All’origine delle devastazioni ci sono spesso introduzioni involontarie di piante e frutti infetti ma l’ospite indesiderato può nascondersi anche in un container o in un imballaggio – spiega Pio Federico Roversi, direttore dell’Istituto Nazionale di Riferimento per la Protezione delle Piante (CREA Difesa e Certificazione) – l’aumento delle temperature e la siccità prolungata agiscono poi come acceleratori sia indebolendo le piante che riducendo i tempi di adattamento di questi parassiti esotici ai nostri ambienti”.
Secondo la comunità scientifica internazionale l’introduzione di specie aliene è una delle prime cause di perdite di biodiversità a livello mondiale anche a causa dei cambiamenti climatici. in Italia non ci sono piante immuni. Dalle cultivar agricole alle varietà ornamentali fino alle specie forestali tutte hanno un insetto, un batterio o un fungo che le molesta da quando il termometro ha perso la bussola. Molte di queste patologie sono da quarantena e prevedono l’eliminazione degli esemplari per non lasciar diffondere l’infezione. Ecco una rassegna dei nuovi e più pericolosi parassiti.
Il vampiro dei pini
I pini sono tra le specie più tartassate da questi nuovi insetti favoriti da temperature più miti. La cocciniglia tartaruga, nel suo ambiente di origine, non fa danni ma quando esce dai confini diventa una calamità naturale. In assenza di inverni rigidi, che praticano una sorta di selezione naturale su questi insetti, la cocciniglia può riprodursi con maggiore facilità. A ogni nidiata la femmina può deporre fino a 500 uova. In Italia è in una fase di diffusione piuttosto rapida e rischia di azzerare il pino domestico, ovvero l’albero da cui non solo si ricavano i pinoli ma che è parte del paesaggio naturale di molte città italiane come Roma.
Per il momento l’unica cura per fermare la cocciniglia tartaruga è l’iniezione nel tronco di una miscela insetticida derivata da un batterio che vive nel terreno. Ma si tratta di un tampone provvisorio, un genere di cura che non può protrarsi all’infinito. Tra poche settimane i ricercatori del CREA partiranno per una missione sulle isole caraibiche di Turks e Caicos dove pare che l’introduzione della cocciniglia abbia innescato una reazione dell’ambiente in grado di contenerne la diffusione. Un altro nemico di queste piante alle porte è il Bursaphelenchus xylophilus o nematode del legno di pino. Si tratta di un minuscolo verme che in Portogallo ha portato il pino marittimo sull’orlo della scomparsa. In Italia questo nematode finora è stato trovato solo in una partita di corteccia di pino proveniente dal Portogallo e destinata alle pacciamature per i giardini. Contro questo nematode non ci sono cure se non la distruzione degli alberi colpiti. Gli esperti stimano nel caso riesca a diffondersi in Europa si rischiano perdite nel settore del legname pari a oltre 20 miliardi di euro.
Bagno turco per la vite
In Italia la flavescenza dorata e il suo insetto vettore Scaphoides titanus sono una delle principali minacce alla viticoltura malgrado sia oggi ancora confinata nelle aree agricole delle regioni settentrionali fino alla latitudine della Toscana (ma è stata rintracciata anche a Ischia nel 2011).
La flavescenza è una malattia epidemica nella vite scoperta alla fine degli anni ’50 in Francia, ora presente in buona parte dell’Europa. La comunità scientifica ritiene che l’aggravarsi di questa malattia sia dovuto anche ai cambiamenti climatici in atto per l’influenza esercitata sul patogeno e per lo stress vegetativo causato alle piante. Per la flavescenza, non esiste cura ma si può prevenire sterilizzando il materiale vivaistico con un immersione in acqua a 55 gradi per 45 minuti. Per il controllo dell’insetto vettore, una cicalina, l’Università di Padova in collaborazione con il CREA ha avviato un programma di studio per verificare la fattibilità di interventi di lotta biologica con antagonisti naturali provenienti dall’areale di origine della cicalina.
Parassiti da eventi estremi
Il riscaldamento globale può avere anche effetti indiretti sulla salute delle piante. Come per il bostrico dell’abete rosso, un piccolo coleottero che di norma attacca le piante deboli o stroncate. Questo insetto, presente in Italia dalle Alpi fino all’Appennino, può colonizzare anche interi boschi a seguito di eventi estremi. La tempesta Vaia del 2018 ha aperto la strada a questo coleottero che, una volta sviluppata una popolazione sufficiente, è in grado di attaccare le piante sane. Anche perché molti degli abeti rossi delle nostre foreste sono dei disadattati, se così possiamo dire: nella maggior parte provengono da semi di origine centro-europea dove gli alberi hanno stress idrici inferiori a quelli che oggi si registrano alle nostre latitudini.
Il tarlo asiatico arrivato con i bonsai
La Lombardia ha speso più di dieci milioni di euro per contrastare l’invasione del tarlo asiatico, Anoplophora chinensis. La città di Roma, con il CREA, ne ha fermato la diffusione eliminando una a una le piante colpite a ridosso delle Mura Aureliane.
In Toscana è stato necessario radere al suolo ettari di vivai. Conosciuto anche come cerambicide degli agrumi dalle lunghe antenne, Anoplophora chinensis, di origine asiatica, attacca più di cento specie di alberi. Privilegia in particolare le latifoglie che costituiscono le principali alberature stradali di molte città come platani, faggi, aceri e ippocastani. Ma non disdegna piante da frutto come pero e melo così come alcune arbustive ornamentali dei giardini come le rose. Il tarlo asiatico è spesso stato individuato nel fusto di bonsai infetti. Con il cambiamento climatico la distribuzione di questo parassita si sta allargando a livello globale. A oggi anche per il tarlo asiatico in Italia è obbligatorio l’abbattimento delle piante colpite.
Basta una mosca
Come il tarlo asiatico anche la mosca orientale della frutta è di bocca buona. Questo insetto, anch’esso arrivato accidentalmente dall’Asia, può svilupparsi nei frutti di più di cinquecento cultivar agricole: dal melo alla pesca fino al cachi.
La specie è inclusa negli elenchi degli organismi da quarantena per l’Unione Europea per la sua pericolosità. Con i trend climatici in atto la mosca si sta allargando anche su altri territori. La presenza del parassita ha portato alla istituzione da parte della Regione Campania di una apposita unità di crisi per questa emergenza che rappresenta una minaccia grave per le esportazioni di frutta tanto che a livello italiano è stato avviato un apposito programma di monitoraggio che interessa l’intero territorio nazionale. (Fabio Marzano, da https://www.lastampa.it/, 28/4/2023)