
Visto da (quasi) tutti con favore, nel nuovo governo Draghi, l’istituzione del Ministero della Transizione Ambientale, è ancora da ben capire cosa farà, in che problematiche (strettamente ambientali o guardando all’ambiente in senso largo in tutte le decisione governative che si prenderanno…) si impegnerà; che potere avrà questo nuovo ministero.

Il fatto che nel neo ministro alla Transizione ecologica Roberto Cingolani si ripongano così tante aspettative per l’avvio di una nuova era ecologica per il nostro Paese, rende ancor di più arduo il suo compito, proprio per le speranze che vi si pongono. Che poi, e questo è il punto, ognuno vede nella trasformazione ecologica della società quel che a lui (lei) interessa, con maggior o minor pathos (sentimento) a seconda delle affinità elettive di ciascuno.
Vien da pensare che il compito prioritario potrebbe essere condurre provvedimenti efficaci (come mai finora) per la transizione energetica verso le fonti rinnovabili, visto che adesso in Italia (ma in tutto il mondo) la stragrande maggioranza di energia viene prodotta da combustibili fossili (petrolio, gas, carbone…).
O, il ministro Cingolani, avere l’ultima parola su tutte le scelte infrastrutturali in funzione dell’ambiente (una specie di valutazione di impatto ambientale che possa bocciare proposte di altri ministri) (prospettiva assai difficile).

Ci sono poi cose da fare subito, come la decarbonizzazione, riducendo drasticamente l’emissione di gas serra nell’atmosfera, superando l’inquinamento specie delle città (intesi anche i centri urbani diffusi) dovuto allo smog delle auto, ai riscaldamenti domestici, alle industrie che inquinano….
Premesso che erano cose che anche i precedenti ministri dell’Ambiente già si attivavano a fare (con risultanti più o meno, a seconda dei ministri, efficaci… ma è pur vero che il Ministero dell’Ambiente di prima aveva molta meno considerazione e valenza rispetto alle aspettative di questo della Transizione ecologica…).

Una cosa certa che sarà il primo compito del ministro Cingolani è sicuramente seguire il progetto italiano dei fondi stanziati dalla UE con il Next Generation UE: in particolare migliorando e rendendo più efficace il Pnrr. PNRR significa “Piano nazionale di ripresa e resilienza”, ed è il programma di investimenti che l’Italia deve presentare alla Commissione europea appunto nell’ambito del Next Generation EU, lo strumento per rispondere alla crisi pandemica provocata dal Covid-19, che mette al centro come priorità la lotta alla crisi climatica.

E il nuovo Ministero alla Transizione lì dovrà operare da subito (e per il tempo che ci vorrà: in ogni caso è un piano che va fino al 2016). Cioè individuare tutto quel che serve per dare concretezza al Pnrr nell’attuazione delle riforme per tradurre il piano in realtà. Dal proporre e attuare più semplificazioni per l’economia circolare e gli impianti a fonti rinnovabili; a una riforma fiscale in campo ambientale; e sicuramente poi partecipare attivamente a tutte le opere pubbliche (e anche private) che devono connettersi alla transizione verde (magari anche con il compito di andare a sentire i territori cosa ne pensano, coinvolgerli, prevenire o almeno ridurre le contestazioni locali).
Tutte cose assai difficili. E, sicuramente, di lunga prospettiva (cioè ci vuole tempo, e ben che vada questo governo cesserà con la fine della legislatura nel 2013…).

E poi, ci chiediamo, una società ecologica non ha gli stessi uguali parametri per tutti: ognuno come si diceva la intende come vuole. E qui vengono in mente alcuni grandi interpreti del pensiero ecologico dei nostri tempi, del nostro vissuto: ce ne sarebbero molti da citare, ma due in particolare vogliamo in questo post dedicare e proporre la loro prospettiva, il loro “progetto” ecologico.
Il primo è Papa Francesco (con la sua Enciclica del 2015 “Laudato sì”), in particolare nel concetto da lui espresso di “ecologia integrale”, per rispondere insieme al grido della terra ma anche al grido dei poveri: un invito a una visione integrale della vita, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che, come ci ha ricordato la pandemia, siamo interdipendenti gli uni dagli altri, e anche dipendenti dalla nostra madre terra).

Il secondo è il cosmopolita cittadino del mondo (ma radicato anche nella sua terra sudtirolese) Alex Langer (venuto a mancare nel 1995) con le sue idee e proposte di “conversione ecologica”. Perché, come diceva Langer, l’ecologia si può esprimere e vivere “di testa”, concettualmente, e va bene, ma anche “di pancia” per necessità, costretti dalla crisi ambientale, e può andar bene; ma serve (o servirebbe) viverla, l’ecologia, anche “di cuore”: crederci e puntare su un rinnovamento collettivo e personale (un altro stile di vita, di sobrietà, di solidarietà…), con cambiamenti sociali che siano ben condivisi, non imposti ma accettati come protagonisti di essi, perché si vuol migliorare la propria vita, con meno stress, guardandoci attorno (noi stessi e gli altri), in un rapporto più equilibrato con la natura.
Insomma varie sotto il cielo sono le espressioni di una transizione ecologica del pianeta (e di noi stessi). Ma il tentativo (sicuramente assai arduo) di questo governo parte con la speranza che qualcosa di buono possa accadere, e va incoraggiato. (s.m.)

(Foto di Paolo Giandotti – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica)DISTRIBUTION FREE OF CHARGE – NOT FOR SALE
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RINNOVABILI, DECARBONIZZAZIONE E SOSTENIBILITÀ DELLE AUTO ELETTRICHE: I 6 PUNTI DEL MINISTRO CINGOLANI PER ATTUARE LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
di Luisiana Gaita, da “Il Fatto Quotidiano” del 17/2/2021 https://www.ilfattoquotidiano.it/
Dalla decarbonizzazione all’applicazione immediata degli Accordi di Parigi, dalla sostenibilità (o meno) delle auto elettriche fino a un nuovo modello di città. Nei sei articoli che il neo ministro della Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, aveva preparato prima dell’incarico al governo per la sua rubrica su Green&Blue su Repubblica.it, c’è la visione dell’esponente dell’esecutivo Draghi su alcune delle questioni più importanti che il nostro Paese è chiamato ad affrontare per attuare la transizione ecologica che ora dà il nome al suo stesso dicastero.
È una visione globale più che nazionale, attraverso la quale però il ministro mette sul tavolo gli obiettivi a cui, secondo lui, bisogna puntare con massima urgenza, ma anche gli ostacoli che finora hanno impedito la ‘transizione’, spiegandone le insidie.
I TRE DEBITI DEL PROGRESSO – Come ha raccontato nel libro Prevenire di cui è coautore (Einaudi 2020), secondo Cingolani l’accelerazione del progresso ha generato tre debiti. Il primo è demografico. Perché innalzamento dell’età media, aumento dei costi per sistemi pensionistici e sanitari e riduzione dei posti di lavoro a causa dell’automazione dei processi produttivi hanno alimentato l’instabilità economica. Il secondo debito è ambientale, perché l’aumento della potenza produttiva “ha anche portato a un’estrazione di risorse senza precedenti, con scarsa attenzione ai limiti fisici del nostro pianeta”. Il terzo debito è cognitivo: l’uomo è esposto a un flusso tale di dati “che è diventato incapace di metabolizzarli”.
E allora cosa fare? Secondo il ministro “abbiamo bisogno di una valutazione del rischio ragionato del progresso” che tenga conto dei problemi di lungo periodo generati dallo sviluppo “e sappia valutare attentamente il rapporto tra costi e opportunità di ogni tecnologia”. E questo, per Cingolani, vale anche nel caso della tecnologia verde.
L’ESEMPIO DELLE AUTO ELETTRICHE – Cingolani fa l’esempio delle auto elettriche, ricordando le reazioni di protesta che a dicembre scorso hanno suscitato le parole del Ceo di Toyota, Akira Toyoda, secondo cui le auto elettriche presentano costi sociali e ambientali ancora insostenibili.
Così, mentre si annuncia la realizzazione della prima Gigafactory italiana dedicata alla produzione di batterie, che sarà anche la più grande d’Europa, Cingolani espone il suo punto di vista: “Il LITIO e il COBALTO, materiali necessari per la produzione delle batterie, sono difficili da trovare e da smaltire – dice – Se anche volessimo sostituire l’intero parco veicoli globale immediatamente, le riserve di questi due metalli oggi non basterebbero a soddisfare la domanda, così come non basterebbe l’intera produzione elettrica oggi disponibile per garantire le ricariche”.
LA TRANSIZIONE VERSO LE RINNOVABILI – Altro tema cruciale, alla base stessa del passaggio dal ministero dell’Ambiente a quello della Transizione ecologica, è quello della produzione e dell’accesso all’energia. Sul tema Cingolani è chiaro: “È necessario cominciare già oggi una transizione energetica verso fonti rinnovabili”, settore in cui l’Italia ha subìto un brusco freno dopo un’accelerata iniziale.
Il ministro ricorda che in tutto il mondo circa l’84% di energia viene prodotta da combustili fossili “mentre le energie rinnovabili rappresentano solamente l’11% e il nucleare il 4%”. E se l’utilizzo di fonti energetiche a basse emissioni di carbonio è aumentato, questi progressi non sono ancora sufficienti a soddisfare la domanda che, in circa mezzo secolo, si è quadruplicata. Insomma, SIAMO SEMPRE PIÙ DIPENDENTI DAI COMBUSTIBILI FOSSILI che continuano ad essere finanziati, anche in Italia.
Certo, nella sua analisi globale Cingolani ricorda che “per sviluppare energia a basse emissioni di carbonio sono necessari investimenti infrastrutturali e competenze disponibili solamente nei Paesi avanzati”, motivo per cui uno dei principali fattori della crescita di disuguaglianza tra Nazioni è proprio la disparità di accesso all’energia, ma va detto che nel nostro Paese non mancano certo competenze e, finanziariamente parlando, potrebbe essere proprio questo il momento giusto per agire.
LA DECARBONIZZAZIONE – A maggior ragione perché, come ricorda il neoministro, “per mitigare i danni del riscaldamento globale” è necessario procedere con decisione sulla strada della decarbonizzazione, riducendo drasticamente l’emissione di gas serra nell’atmosfera”. “Per fare ciò – spiega – sono necessari la VOLONTÀ POLITICA e dei MECCANISMI DI COOPERAZIONE per garantire che tutti i Paesi svolgano il proprio ruolo”.
Evidentemente finora sono mancate sia l’una che l’altra, dato che siamo ancora a discutere di come FAR PARTIRE IL TAGLIO DEI SUSSIDI ALLE FONTI FOSSILI. Sarà che “la lotta al riscaldamento globale rappresenta il più classico dei problemi di azione collettiva – evidenzia il ministro – in cui la volontà di sviluppo economico, soprattutto nei Paesi emergenti, si scontra con la necessità di ridurre le emissioni inquinanti”.
Prova ne è l’Accordo di Parigi sottoscritto nel 2015, il cui obiettivo era quello di mantenere l’aumento della temperatura media del globo al di sotto dei 2 gradi centigradi rispetto ai livelli pre-industriali. Peccato che, nell’ottobre 2018, il rapporto Global Warming presentato dal Gruppo intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) sia piombato sul summit di Incheon-Songdo, in Corea del Sud, come una doccia fredda, spiegando che già oltre l’aumento di 1,5°C si andrebbe incontro a un’escalation di tempeste, alluvioni e siccità mortali.
Di fatto il ministro sottolinea la necessità di dare inizio quanto prima al processo di decarbonizzazione, per poter agire in maniera graduale e rispettare l’accordo del 2015. “Se si cominciassero a ridurre già da quest’anno – spiega – le emissioni globali di CO2, la comunità internazionale avrebbe tempo sino al 2040 per raggiungere la carbon neutrality” e non sforare il budget.
Al contrario “se dovessimo attendere fino al 2025 per dare inizio alla riduzione”, potremmo poi “essere costretti a sospendere la maggior parte delle attività produttive per azzerare le emissioni entro il 2035”. Non solo: anche rispettando l’accordo di Parigi, avvisa Cingolani, “la concentrazione di CO2 nell’atmosfera impiegherà del tempo per stabilizzarsi e le temperature continueranno a salire per decenni, con tutti gli effetti negativi che questo comporta. Siamo già in ritardo”.
LE CITTÀ E L’INQUINAMENTO – Strettamente legate sono la necessità di pensare al futuro delle nostre città e quella di agire contro l’inquinamento ambientale (e, quindi, contro il riscaldamento globale). Anche in questo caso, Cingolani procede con un’analisi di costi e benefici.
“L’urbanizzazione, di per sé, rappresenta un’opportunità”, ma presenta anche un conto negativo: “Nella calca cittadina crescono la congestione e l’inquinamento, dovuti allo smog e alla produzione di rifiuti”. Ma le città non crescono allo stesso modo. “Nell’occidente avanzato, caratterizzato già da alti tassi di urbanizzazione – spiega il ministro – la crescita degli agglomerati urbani è graduale e diffusa e si comincia a parlare di smart city che riducono l’impatto ambientale e migliorano la qualità della vita, mentre nelle zone a basso sviluppo le megalopoli crescono rapidamente e senza strumenti di pianificazione urbana”.
E allora non si può prescindere da un’analisi delle cause che negli ultimi decenni hanno peggiorato la qualità dell’aria, con effetti sui rischi epidemiologici. Perché il consumo dei combustibili fossili (all’origine di circa tre quarti delle emissioni totali di anidride carbonica) è legato a una serie di attività e consumi, dalle industrie, al riscaldamento, aria condizionata e illuminazione nelle case, fino ai trasporti e alla gestione dei rifiuti. Il ministro fa riferimento anche all’inquinamento al di fuori dal perimetro delle città, dovuto a settori quali “l’agricoltura e la silvicoltura”. E sull’agricoltura intensiva (che “nei Paesi avanzati conta per il 10% delle emissioni di gas serra”) come sugli allevamenti dello stesso tipo si gioca un’altra partita. Vedremo se il ministro sarà pronto a entrare in campo. (Luisiana Gaita)
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LA CONVERSIONE ECOLOGICA POTRÀ AFFERMARSI SOLTANTO SE APPARIRÀ SOCIALMENTE DESIDERABILE (di ALEXANDER LANGER, 1.8.1994, Colloqui di Dobbiaco). E’ TEMPO DI PENSARE AD UNA COSTITUENTE ECOLOGICA
1- Abbiamo creato falsa ricchezza per combattere false povertà – Re Mida patrono del nostro tempo
Da qualche secolo ed in rapido crescendo si produce Continua a leggere