SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA in partenza: le nostre indicazioni per non banalizzare un’opera così importante (e impattante) per il territorio pedemontano vicentino e trevigiano – 7 PROPOSTE CONCRETE su cui lavorare (prima dell’apertura dei cantieri)

   Parliamo di un’opera, un’infrastruttura, di grandi dimensioni: un strada denominata “superstrada” (ma di fatto immaginatela un’autostrada) di 95 chilometri. Ma i parametri che brevemente indichiamo potrebbero andar bene per qualsiasi moderna opera viaria.

   La Superstrada Pedemontana Veneta (da adesso la chiamiamo SPV) interessa appunto il Veneto: attraversa la pedemontana veneta, da est a ovest (e viceversa), i territori delle province di Vicenza e di Treviso. 95 chilometri con 9 viadotti e 15 km di tunnel; e sarà costituita da due corsie per senso di marcia, oltre alla corsia d’emergenza. Collegherà l’autostrada A4 “Milano-Venezia” con la A27 “Venezia-Belluno”, che a sua volta, la A27, poco a nord si collegherà alla A28 (a Conegliano, saranno terminati i lavori di quest’ultima tra due anni, e la A28 va verso il Friuli, Pordenone, e a sud a Portogruaro già si collega alla A4 in direzione Trieste).

  Lungo il tracciato della SPV sono previsti 14 caselli e altri 53 km di bretelle e strade complementari (tangenziali, adduzioni ai caselli, migliorie della viabilità). 32 sono i comuni che saranno attraversati dall’infrastruttura, 12 in provincia di Treviso e 20 in quella di Vicenza. Secondo i piani la superstrada sarà pronta in circa 5 anni e comunque fa parte di un progetto complessivo autostradale di attraversamento pedemontano delle regioni Lombardia, Veneto e Friuli; autostrade di attraversamento, in pedemontana, parallelo alla attuale A4.

   Ma, si badi bene, non c’entra niente questo progetto con il Corridoio 5 europeo “Barcellona-Kiev”. Citiamo dalla osservazioni allo Studio di Impatto Ambientale alla SPV dell’urbanista veneziano Carlo Giacomini: “…il Corridoio multimodale ferrovia-strada n. V riconosciuto e deciso dalla Conferenza PanEuropea dei Ministri dei trasporti come uno dei dieci assi di ricognizione tra Europa Occidentale ed Orientale, riguarda solo il territorio dell’Europa centro-orientale (…) il Corridoio V corrisponde al corridoio stradale-ferroviario Kiev Trieste/Venezia (…) In nessuna sede internazionale continentale è mai stata assunta alcuna decisione di prosecuzione di tale Corridoio V oltre (a ovest) di Venezia” (vedi, di Carlo Giacomini: Osservazioni Pedemontana[1] ). Cioè il cosiddetto “Corridoio n. 5” Lisbona-Kiev parla di opere stradali eventualmente da Mestre verso Kiev, pertanto la Pedemontana Veneta nulla ha a che vedere con quel corridoio…

il Commissario delegato, dal Governo, ai lavori della Superstrada Pedemontana Veneta, SILVANO VERNIZZI

   Tant’è che non gode di alcun finanziamento europeo, e così rientra in un “progetto di finanza” privato: la progettazione, la costruzione e la gestione della Superstrada a pedaggio Pedemontana Veneta richiede un investimento pari a 2.155.048 milioni di euro (Iva esclusa) e “il privato” si compenserà con i pedaggi per 30 anni (prorogabili a 40).

   Un “project financing”, un finanziamento privato abbastanza “taroccato”, diciamo noi, nel senso che il “pubblico”, la Regione Veneto, si impegna però ad erogare un contributo in conto esercizio di 20,40 M€ + IVA annui per il periodo di 30 anni a partire dalla data di entrata in esercizio della superstrada, vincolato al volume di traffico che l’infrastruttura farà registrare: cioè se i volumi di traffico saranno inferiori a un limite stabilito inferiore a 840 milioni di veicoli x km annui, mentre nulla sarà dovuto per un volume di traffico pari a 1.200 milioni di veicoli x km annui (un complicato calcolo dei flussi di traffico, dove la Regione di fatto finanzierà con 20,4 milioni annui per 30 anni l’opera in esercizio).  In buona sostanza il costo effettivo per l’Ente Pubblico sarà di 612,00 M€ (sui 2.155,00 previsti).

   E al promotore, un consorzio spagnolo di imprese, collegato al gruppo “Gavio” piemontese, consorzio capeggiato da una società spagnola, la Sis-Sacyr-Itinere, comprendente Sacyr Vallehermoso, colosso spagnolo del settore delle costruzioni, e Itinere Infraestructuras, società iberica che si occupa di concessioni autostradali (questo consorzio opera peraltro già da alcuni anni in Italia sulla Salerno-Reggio Calabria, in Piemonte e a Palermo) andranno, oltre al finanziamento pubblico, i pedaggi per 30 anni.  

  Ma non è di questo che vogliamo qui parlare (se volete saperne di più, tutta la storia dell’opera andate al nostro precedente articolo https://geograficamente.wordpress.com/2010/03/16/superstrada-pedemontana-veneta sennò seguiteci nei nostri ragionamenti).

   Quel che ci interessa qui introdurre è “lo stato della realizzazione dell’opera” e le ancora possibili modifiche che si possono fare, per una realizzazione migliore di quella anacronistica (superata dalle più innovative progettazioni) che ora si rischia di fare. Ecco 6 punti di “osservazione e proposta migliorativa” più che possibili a “render concreti” che vi proponiamo qui di seguito.

1- MOLTIPLICARE GLI ACCESSI DI COLLEGAMENTO RINUNCIANDO AGLI OBSOLETI CASELLI AUTOSTRADALI. L’approvazione del progetto definitivo della SPV il 20 settembre 2010 tiene aperti degli spiragli interessanti, significativi, al miglioramento dell’opera: ad esempio relativamente ai 14 caselli previsti sui 95 chilometri (che ne fanno di fatto un’autostrada chiusa… basti pensare che nei primi progetti ANAS e della Regione del 1988 e 1992 si prevedevano oltre 40 accessi, uno ogni 2,5 chilometri, rendendo la strada così servibile al motivo per il quale era nata la necessità di realizzarla: cioè un’opera al servizio in primis del predominante traffico locale).

   spv_decreto_n_10_2010_approvazione_%20progetto%20definitivo[1]Ebbene nell’approvare il progetto definitivo si parla della “possibilità… di ridurre l’occupazione territoriale dei caselli e barriere…” prospettando soluzioni atte a contenere l’occupazione territoriale complessiva. Non si parla di più accessi rispetto ai 14 caselli, ma si introduce il termine “barriere”, ci si rende conto che l’occupazione territoriale dei caselli (tutto il traffico in entrata e uscita convogliato in un unico luogo…) porta a occupazioni devastanti di aree in un territorio già duramente provato dall’urbanizzazione; e, di fatto, pare si introduca in concetto (elemento che appare in vari altri aspetti di questo decreto di approvazione) che se i costi rimangono gli stessi, non lievitano, e non si creano problemi con le amministrazioni locali (anzi…) nulla vieta una conformazione più idonea degli accessi, e cioè di un miglior “rapporto con la viabilità locale” e con le possibilità di usufruire di più dell’opera per sgravare il traffico pedemontano.

   Il fatto poi che attualmente sono previsti, oltre alla fascia dei 95 chilometri di occupazione territoriale, e ai 14 caselli, ben altri 52 chilometri di “opere viarie di adduzione”, cioè di collegamento e smaltimento del traffico dei caselli… ebbene, questo fa pensare che forse (forse…) ci si rende conto del massacro territoriale prospettato, e magari allora ben vengano idee, progetti e soluzioni “di qualità”, cioè virtuose che rendano l’opera più utile ai territori pedemontani vicentini e trevigiani, e meno impattante: pertanto bisogna “pensare” a soluzioni (portate avanti dagli amministratori locali, sindaci, partiti, province… dal mondo economico fatto qui di medie e piccole imprese artigianali… dai comitati delle popolazioni interessate e dai gruppi ambientalisti…). Pertanto a nostro avviso l’idea di moltiplicare gli accessi di collegamento rinunciando agli obsoleti caselli autostradali potrebbe trovare accoglimento se seriamente perseguita.

   Il decreto di approvazione del 20 settembre 2010 del progetto definitivo, che poteva essere considerato solo un elemento burocratico-amministrativo che sanciva l’inizio del progetto esecutivo (e quest’ultimo una mera traduzione in calcoli e progetti ingegneristici sui ponti, le gallerie, le trincee, i viadotti… cioè su come le imprese di costruzione devono realizzare l’opera, ebbene questo “passaggio da progetto definitivo ad esecutivo” lascia invece spiragli interessanti per rendere migliore un’infrastruttura che si presenta assai vecchia e obsoleta prima ancora di essere realizzata.

2- UN PIANO DI CONTROLLO E ABBATTIMENTO SICURO DELL’INQUINAMENTO ACUSTICO E ATMOSFERICO DA GAS DI SCARICO. Altro tema riscontrabile nelle indicazioni dell’approvazione del progetto definitivo sono quelle dell’impatto ambientale: si riconosce l’insufficienza, la lacunosità, degli studi effettuati sull’inquinamento atmosferico e da rumori (a dire il vero la parte trevigiana dell’opera manca del tutto di ogni studio in materia). Pertanto le soluzioni progettuali (in rilevato, galleria, trincea…), le opere di adduzione alla “superstrada-autostrada”, dovranno simulare i livelli di inquinamento (atmosferico e da rumore) che ci saranno, e trovare soluzioni adatte a tutela delle popolazioni (impianti di depurazione ai lati estremi delle gallerie, barriere alberate fonoassorbenti e di eliminazione dei gas dei veicoli sia per il rilevato che la trincea…).

3- UN PIANO PER LA CONSERVAZIONE DEL PAESAGGIO. Il precedente punto apre un’altra questione: la difesa dell’identità del paesaggio. Tra le battaglie legali che sono in corso tra popolazioni e comuni coinvolti contro la realizzazione dell’opera, ha avuto molto riscontro mediatico quella di un Comune, Volpago del Montello, nel quale la superstrada segnerà la parte sud pianeggiante di quel comune che, come si può dedurre dal nome, ha al suo nord il Montello, collina storica di grande pregio ambientale: e buona parte del tracciato della SPV nel territorio di Volpago passa in rilevato…

   Il paesaggio. Ecco un tema cui quest’opera (ma tutte le infrastrutture di grandi dimensioni devono confrontarsi. E’ possibile trovare soluzioni che facciano sì che l’opera non sia “estranea” al territorio in cui passa, ma venga ad innestarsi paesaggisticamente nel modo più virtuoso possibile? 

   Noi ad esempio crediamo che sia possibile. Dove non è proprio possibile passare in trincea (per motivi idrogeologici… ma soluzioni sempre più efficienti si realizzano in Europa e nel mondo, sia per le trincee sia con la costruzione di gallerie…), è immaginabile creare fasce boscate o altri elementi naturalistici (piccoli rialzamenti collinari, anche attività agro-economiche, come pioppetti ad uso energetico come legno-cippato…) che riducano drasticamente l’impatto, rinunciando alle orribili barriere verticali, anche in legno, che appunto danno risalto all’infrastruttura ancora di più, e dimostrano l’irrimediabile, per sempre, ferita al paesaggio?

4- L’OCCASIONE PER “TOGLIERE” LA BRUTTURA DELLE CAVE. E’altresì possibile che un’opera “cui le popolazioni locali devono difendersi”, una “servitù di passaggio” (mentre era nata come necessità alla riduzione del traffico locale…) possa diventare anche un’opportunità di miglioramento del paesaggio?

   La SPV interseca, nel suo tracciato, vicino o di lì appresso, le purtroppo famose cave di ghiaia che interessano in particolare tutta la pianura trevigiana (ma anche vicentina): un degrado “unico” della campagna veneta. E’ possibile che la realizzazione della SPV porti a una riqualificazione naturalistica, agricola, con il ripristino del “paesaggio ora a cave abbandonate o da poco dismesse, o ancora in attività”… quale “compenso” a un territorio che si è fatto carico con grande sofferenza e scempio ambientale dello sviluppo edilizio degli ultimi quarant’anni?

5- LA POSSIBILITA’ DELL’INTERRAMENTO DELL’ELETTRO- DOTTO E DI SOTTOSERVIZI (COME LA BANDA LARGA…). Un tracciato e una realizzazione virtuosa, con tanti accessi e non impattanti quanto i caselli, che si innesta sul paesaggio “nascondendosi” con opere naturalistiche o con trincee e gallerie, che riesce pure a essere “elemento di miglioramento” di “ferite passate” (le cave che vengono ripristinate all’ambiente naturale…), può anche, la SPV, essere elemento (nella realizzazione) di annullamento di altre ferite del passato: ad esempio l’area pedemontana vicentina-trevigiana e friulana, da Sandrigo fino a Udine, è interessata, da vent’anni al passaggio di un elettrodotto di grandi dimensioni (380.000 volt), che ora per un decina di chilometri si trova a ridosso della costruenda SPV. Ci potrebbe essere la grande, irrepetibile, “unica” occasione di un suo interramento, nei sottoservizi che parallelamente alla superstrada e a ridosso si possono fare (come i cavi della banda larga di ricezione e trasmissione dati… ).

6- UN’OPERA CHE SIA LEGGERA E FLESSIBILE, CHE SI POSSA SPERIMENTARE E CAMBIARE NEL TEMPO. Una delle cose più importanti in una progettazione di un’opera che rimarrà nel territorio “per sempre” è poi il fatto che sia “leggera e flessibile”, “disponibile ad essere modificata e cambiata”: all’estero, in Europa e nel mondo, molte strade nascono con 20 accessi ma già all’origine si prevede, progettualmente, che in futuro, potranno essere, gli accessi, il doppio o il triplo.

   E certe soluzioni tecnologiche nel percorso e nelle interconnessioni, già potrebbero prevedere soluzioni tecnologiche che ora non sono ancora realizzabili, ma che nel giro di qualche anno è probabile si realizzeranno (pensare “al futuro”!)… ad esempio l’intercomunicazione satellitare; tecnologie per evitare incidenti; l’uso di veicoli elettrici o con combustibili innovativi e le pompe idonee di rifornimento; la possibilità di sperimentare gli accessi al territorio, decidendo di aprirne uno e magari chiuderne un altro che crea disagi o non risolve il traffico….

   Insomma tutto quello che interessa la sperimentazione e la “possibilità di cambiare l’opera” a seconda delle (nuove) necessità che si avranno.

7 – PENSARE AL TERRITORIO ATTRAVERSATO COME A UN’UNICA AREA METROPOLITANA. La “Pedemontana Veneta” è sempre più una CITTA’, con una sua omogeneità urbana, dove è più che mai necessario riuscire a riqualificare un paesaggio, ambientalmente ancora notevole seppur con le sue ferite, e allo stesso tempo dare servizi efficienti alla popolazione che qui vive, lavora, pensa al futuro…. Servizi come la possibilità di una mobilità efficiente, che manca proprio….

   Pensare al territorio pedemontano vicentino e trevigiano come “area metropolitana”, cui l’ambiente è risorsa strategica da mantenere e valorizzare; e dare servizi innovativi alla popolazione che qui vive, porta a “pensare” alla Superstrada Pedemontana Veneta come a un’opera “simbolo” e “strumento”, che caratterizza e connette questa metropoli diffusa mai finora riconosciuta. Ragionando su di essa (infrastruttura) nei termini di sviluppo compatibile, e di innovazione “nel viverci bene” da parte di chi appartiene a questa CITTA’, porterà a soluzioni nella realizzazione della SPV confacenti a quanto finora abbiamo cercato di dire e proporre. Basta crederci.

   Ecco. Abbiamo qui dato alcune indicazioni, con lo scopo di trovare soluzioni idonee, concrete, al tema di un “nuovo sviluppo” della mobilità (anche viaria, veicolare) con le esigenze di popolazioni e ambienti, territori, che non possono diventare “servitù”: ma che possono invece (l’ambiente, le persone…) avere “opportunità” reali dalla realizzazione dell’opera. Impossibile? Basta volerlo. Chiederlo. Lavorarci seriamente e noi riteniamo si possa realizzare.

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PEDEMONTANA, SI PARTE NEL VICENTINO

di Enzo Favero, da “la tribuna di Treviso” del 23/9/2010

TREVISO. Parte da Montecchio Maggiore, dall’innesto con la A4 in provincia di Vicenza, e arriva fino alla A27, a Spresiano, in provincia di Treviso. Interessa 23 comuni del vicentino e 14 del trevigiano, lungo i 95 chilometri del cuore del Nordest. È la Superstrada Pedemontana Veneta, che dopo anni di attesa e di scontri ora è pronta a partire, con l’ok definitivo lunedì scorso al progetto. Primo lotto dei lavori, e primi cantieri nel tardo autunno, nel Vicentino (si veda il box accanto).  

   È una superstrada a pedaggio , definizione anomala, frutto del pronunciamento di una decina di anni fa dei sindaci che non volevano un’autostrada ma una superstrada di collegamento. Tuttavia sarà una specie di autostrada, a due corsie per senso di marcia, con caselli agli svincoli. Di diverso rispetto ad un’autostrada sarà la minore larghezza dell’arteria: 24 metri e mezzo anziché 25, e una fascia di rispetto più ridotta. E come per un’autostrada sarà a pedaggio, con una esenzione per i residenti.

   Chi abita lungo la fascia della Pedemontana avrà infatti l’esenzione del pagamento per 21 chilometri in direzione est od ovest partendo dal casello più vicino alla residenza. Nel caso il tragitto da percorrere sia superiore ai 21 chilometri, dal percorso complessivo saranno detratti i 21 chilometri di esenzione.   Dunque la partenza è dall’innesto della A4 a Montecchio Maggiore e subito avrà due svincoli: quello di Montecchio a ridosso dell’innesto e quello di Montecchio-Arzignano.

   Dopo aver lambito Trissino arriva a Castelgomberto dove ci sarà un altro svincolo che si collegherà a Valdagno. Successiva uscita è quella di Malo quindi si interconnetterà con la A31 Valdastico. Sempre nel territorio vicentino ci saranno altre sei uscite: Breganze Ovest, Breganze Est, Marostica, Nove, Bassano Ovest, Bassano Est-Rosà. Il successivo casello si trova proprio ai confini tra il vicentino e il trevigiano: è lo svincolo Loria-Mussolente nella zona di Bessica.

   Quindi passa a sud di San Zenone e Fonte e a nord del centro di Riese e in località Spineda è collocato lo svincolo di Riese. Il successivo, dopo che l’arteria ha lambito San Vito, è lo svincolo Montebelluna Ovest-Altivole, ubicato sulla provinciale 667 tra Vallà e Caselle. Dopo aver attraversato Trevignano c’è lo svincolo Montebelluna Est-Volpago a ridosso della Feltrina.

   Percorre poi la parte sud di Giavera e appena prima di Povegliano è collocato un casello. Ultimo svincolo, dopo aver superato Visnadello e la 13, è quello di Spresiano, quindi la Pedemontana Veneta si interconnetterà con la A27.  Il tragitto compie una specie di arco e attraversa il territorio in tre forme: rilevato, trincea, galleria.  

   La galleria più importante è quella di Montecchio, lunga sei chilometri. In tutto ci saranno 7,4 chilometri di gallerie naturali e 9,3 chilometri di gallerie artificiali. Anche il tratto di Trevignano capoluogo sarà superato in galleria; 50 chilometri sono poi in trincea e interessano buona parte del percorso trevigiano, mentre 26 chilometri e mezzo saranno in rilevato, tra cui un paio, contestatissimi, in comune di Volpago. – Enzo Favero

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PEDEMONTANA, SI PARTE DAVVERO: FINE LAVORI PREVISTA NEL 2015

da “la Tribuna di Treviso” del 16/9/2010

– Pedemontana Veneta alla stretta finale, dopo sette anni di durissimi scontri legali e malgrado l’opposizione al tracciato di molti comuni. A giorni il commissario delegato Silvano Vernizzi attende la firma del decreto di approvazione del progetto definitivo, realizzato dal Consorzio Stabile Sis Itinere Infraestructuras –

TREVISO. Una striscia d’asfalto lunga 95 chilometri (tanti separano i “capolinea” di Spresiano e Montecchio Maggiore) destinata ad abbattere i tempi di concorrenza dell’asse Montebelluna-Bassano, una delle aree più industrializzate, inquinate e trafficate d’Italia. La superstrada Pedemontana, sì, che dopo il tormentato iter comune a tutte le opere pubbliche di un qualche rilievo nel Belpaese, si avvia finalmente al decollo: a giorni, forse entro la settimana, il commissario straordinario delegato Silvano Vernizzi – ad di Veneto Strade – attende la firma del decreto di approvazione del progetto definitivo, quello avanzato dal Consorzio Stabile Sis Itinere Infraestructuras, l’Ati che si è aggiudicata l’appalto di un’opera il cui costo è stimato in 2,1 miliardi.
   Tant’è, ultimata la fase di validazione e verifica del progetto (pur a fronte di un ultimo giudizio pendente al Tar del Lazio) il via libera è imminente. Alla buon’ora, verrebbe da dire alla luce dei tempi amministrativi trascorsi. Era il 2003 quando il project financing della Pedemontana fu presentato alla Regione Veneto, che l’anno successivo lo accolse dichiarandolo di pubblico interesse. Il bando e l’assegnazione dei lavori progettazione, costruzione e gestione – tuttavia – scontò una logorante controversia giudiziaria tra le due Ati concorrenti: la Sis Itinere, appunto, e la cordata di imprese costruttrici Pedemontana Veneta-Impregilo.
   Era stata proprio quest’ultima, nel 2006, ad aggiudicarsi l’appalto (approvato dal Cipe nello stesso), suscitando l’immediato ricorso di Sis Itinere: bocciato in prima istanza dal Tar e accolto invece dal Consiglio di Stato con una sentenza (marzo 2009) che imponeva alla Regione Veneto di assegnare la concessione alla Sis, atto puntualmente eseguito da Vernizzi, anche alla luce dei motivi di urgenza sanciti dal Governo.

   Insomma, salvo ostacoli dell’ultima ora, l’apertura dei cantieri è imminente. Il tracciato rappresenta il passaggio a nord del fatidico Corridoio V e realizza un percorso parallelo all’A4, innestandosi all’altezza della A28. Attraverserà trenta comuni, 13 trevigiani, gli altri vicentini, coinvolgendo una popolazione complessiva che sfiora il milione di unità.
   Tempi di realizzazione? L’ipotesi più ottimistica parla del 2015 ma uno slittamento è più che realistico anche se i costruttori, beneficiari della gestione, sono impegnati ad accelerare il completamento per conseguire un ritorno d’investimento (il contributo dello Stato non supera i 173 milioni, il resto è capitale privato). Morale della favola: tra cinque-sei anni la tratta Bassano-Montebelluna sarà percorribile in 20 minuti rispetto ai 40-50 attuali. Almeno, si spera.

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ALLUVIONE D’ASFALTO

di Manuele Bonaccorsi, da LEFT del 12/11/2010

– la pianura veneta ridotta a uno stagno. Ma per il governo l’unica emergenza era il traffico. I poteri emergenziali usati per costruire un’autostrada a monte dei fiumi esondati in novembre –

   Dinanzi a un’alluvione di vastissime proporzioni come quella che sta mettendo in ginocchio il Veneto, cosa c’è di meglio che bucare una montagna per farci passare automobili e tir? Un tunnel di 6,5 chilometri tra Malo e Castelgumberto, proprio in mezzo al torrente Timonchio – che più giù, in pianura, si trasforma nel Bacchiglione, il fiume che ha inondato Vicenza – e al fiume Agno, che in valle risorge sotto il nome Frassine, quello che ha sommerso Padova.

   Sì, perché la vera emergenza in Veneto è il traffico. E per risolvere il problema delle code, in un territorio dove la terra è sostituita da capannoni ormai svuotati dalla crisi, ci vuole una nuova autostrada: 94 chilometri di asfalto, 50 di raccordi, per oltre 800 ettari di cemento gettato proprio tra le Prealpi e la pianura sommersa dai fiumi.

   Nella zone delle “risorgive”, dove l’abbondante acqua penetrata nella ghiaia a monte torna in superficie, alimentando gli affluenti del Brenta. Serve la Protezione civile per fare le autostrade, in Italia. Il 31 luglio 2009 «su proposta» di Guido Bertolaso, Berlusconi assegna i poteri emergenziali propri delle calamità naturali a Silvano Vernizzi per costruire la Pedemontana, un raccordo tra la A4, la A 27e la A31 in uno dei territori più urbanizzati del mondo. Quando poi i fiumi esondano, interviene il governo. Bertolaso e Berlusconi fanno forse l’ultima apparizione insieme (il sottosegretario è andato in pensione l’11 novembre) nella pianura veneta trasformata in un immenso stagno, con danni per centinaia di milioni di euro. Dicono che il governo ci sarà, a fianco degli alluvionati. Bertolaso aggiunge che «la sciagura poteva essere prevenuta se si fossero fatte opere di messa in sicurezza che noi chiediamo da anni». La Pedemontana è forse una di queste? Allora perché la Protezione civile ha sottoscritto i poteri straordinari per il traffico a Vicenza, invece di nominare magari un commissario alla sicurezza idrogeologica della zona?
   Quella dichiarata il 5 novembre dal Consiglio dei ministri è la terza emergenza ancora in vigore a Vicenza. La prima era stata dichiarata il 26 giugno 2009 e poi prorogata fino al 211, per un tifone che aveva colpito la provincia. Ma pochi giorni dopo il governo dichiara la vera emergenza. È il traffico nelle province di Treviso e Vicenza. Con un’ordinanza ferragostana (la 3802 del 15 agosto 2009) il governo nomina Silvano Vernizzi commissario straordinario per la realizzazione delle Pedemontana Veneta. Una strada la cui storia affonda le radici nella prima Repubblica.

   Doveva essere un raccordo tra le circonvallazioni dei paesi prealpini, negli anni ‘90. Poi, dopo Tangentopoli, si trasforma in una superstrada con 40 uscite per incanalare il traffico locale delle fabbrichette che sorgono come funghi. Infine si trasforma in una autostrada a pedaggio, con solo 17 uscite, 20 chilometri di percorso in più fra le montagne della valle dell’Agno con 15mila metri di tunnel, il resto da costruire dentro una trincea scavata nel terreno profonda fino a 9 metri, sul territorio di 32 comuni. A proporre l’opera è la Pedemontana Veneta spa, inizialmente una società pubblica partecipata da regione, enti locali, da Autostrade spa e alcune banche (San Paolo, Unicredit, Antonveneta).

   Poi, con un blitz nella sede di un notaio veronese, nel dicembre 2005 i privati, senza nessuna gara d’appalto, ne acquisiscono il controllo: 1.500 azioni della società passano da banche e società pubbliche a una cordata capitanata da Impregilo (la stessa del Ponte di Messina e dell’inceneritore di Acerra), comprendente il consorzio Cps (al cui interno figurano la Maltauro, Rizzani De Eccher, Mantovani) e strane società, come la Adria Infrastrutture, nel cui cda siede anche Claudia Minutillo, ex segretaria particolare del governatore berlusconiano, il doge Giancarlo Galan.

   Ma l’affare salta, quando l’opera viene messa a gara. Nonostante l’opzione riservata al proponente, dopo una serie di ricorsi, la Pedemontana viene assegnata al consorzio Sis Scpa, con sede a Torino, controllata per il 60 per cento della Cacyr Vallehermoso, multinazionale spagola delle costruzioni, e per il 40 per cento dal gruppo Fininc Spa, proprietà dalla famiglia torinese dei Dogliani. Il cui capostipite, il settantenne Matterino Dogliani, affianca la produzione di vino nel cuneese all’attività bancaria (era presidente della Banca di Credito Cooperativo di Bene Vagienna), passando per le speculazioni immobiliari nelle Langhe (è lui a costruire il contestatissimo Boscareto Resort di Serralunga d’Alba di cui parla diffusamente La colata, fortunato libro edito da Chiarelettere).

   Matterino Dogliani fa da presidente del consorzio, che curerà non solo la costruzione, ma anche la gestione della strada. Che nascerà in project financing, una tecnica per la quale il privato mette i soldi per l’opera e la gestisce per un periodo sufficiente a rientrare nell’investimento. Ma l’accordo con la Regione, che bandisce l’appalto, è tutto a favore del privato. Se il numero di autovetture che transiteranno nell’autostrada a pedaggio sarà inferiore alla quota di 840milioni di veicoli/km annui la Regione dovrà versare un contributo annuo di 20milioni di euro circa per 39 anni. Un debito che i governatori della regione non hanno mai messo a bilancio. Il privato non ci rischia un euro.
   L’autostrada passa in zone fortemente urbanizzate, ricche di agricoltura di qualità e taglia il terreno di una villa prepalladiana. I ricorsi dei cittadini si sprecano. Ed è qui che la Regione chiama in causa la Protezione civile. Che nomina Silvano Vernizzi commissario straordinario, col compito di approvare il progetto definitivo dell’opera sostituendo «ad ogni effetto, visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di competenza di organi statali, regionali, provinciali e comunali». La firma del supercommissario «costituisce variante agli strumenti urbanistici e comporta dichiarazione di pubblica utilità, urgenza e indifferibilità dei lavori». Poteri amplissimi. Ma ciò che più salta all’occhio, nell’ordinanza di Bertolaso, è il potere di derogare a una delibera Cipe del 2006, che ha stanziato il contributo pubblico all’opera, sottoponendolo però a un lungo elenco di prescrizioni e raccomandazioni.

   Di queste, secondo i comitati Salute e difesa del territorio, che si battono per mitigare i danni della Pedemontana, ben 48 non vengono rispettate. L’obbligo di redigere «appositi studi di dettagli per la compatibilità idraulica per le opere di attraversamento dei corsi d’acqua e per i siti di cantiere ricadenti in aree golenali o nei pressi di aree sottoposte a rischio esondazione o alluvione».

   E ancora «lo sviluppo in dettaglio degli interventi di sistemazione idraulica in corso d’opera e la risoluzione delle interferenze dell’opera con la rete idrografica»; la «salvaguardia dei pozzi e degli acquiferi destinati al consumo umano». Prescrizioni di cui il commissario Vernizzi non sembra aver voluto tener conto, dall’alto della sua carica a doge delle autostrade.

   Vernizzi, infatti, oltre a essere commissario governativo per la pedemontana, ha svolto lo stesso ruolo per la costruzione del passante di Mestre, l’irrinunciabile autostrada dell’entroterra veneziano entrata in tilt lo stesso giorno dell’inaugurazione, con decine di chilometri di coda. Vernizzi è anche ad di Veneto Strade Spa (con una paga di 160mila euro annui), società controllata da Regione e province, che gestisce 1.400 km di strade locali. È stato presidente della commissione Via regionale, la stessa che ha fornito il via libera nella valutazione d’impatto ambientale della Pedemontana. È un alto dirigente della Regione, segretario a infrastrutture e mobilità (stipendio 170mila euro).

   E per nome dell’ex governatore Galan, attuale ministro dell’agricoltura, ha partecipato a numerose spa regionali, sotto diretto controllo politico (Ferrovie venete srl, Interoporto di Rovigo spa, C.R.S. Spa, Metropolitana del Veneto Srl, Veneto infrastrutture servizi Srl, Vi.abilità spa). Con l’arrivo del leghista Zaia ha mantenuto il suo posto. Così come l’altro uomo forte dell’asfalto in Veneto, Renato Chisso, assessore regionale alla mobilità. Chisso avrà molto da lavorare: per i prossimi anni si immagina una nuova colata, da realizzare col rito veneto: project financing, spa pubbliche di controllo politico, stretta rete tra istituzioni e imprenditori rampanti.

   Si prevede la Valdastico sud, la Valdastico nord, il grande raccordo anulare di Padova, la camionabile Padova-Venezia, la Cesena-Venezia, la Nogara-adriatica, il sistema delle tangenziali venete, la Romea commerciale, il raddoppio dell’A4, e ancora decine di bretelle e tangenziali. «Da quando nel 1990 è stato redatto il piano regionale dei trasporti la quantità di traffico su ruota è salita dall’84 a oltre il 90 per cento, in un territorio dove il 40 per cento del suolo è urbanizzato», spiega Ilario Simonaggio, segretario regionale della Filt-Cgil. «E intorno alla Pedemontana, nella delicata zona delle risorgive che alimenta tutti gli acquedotti veneti, si progetta di edificare ancora».
   Le autostrade in Veneto sono un affare perché intorno ad esse si può costruire. La legge regionale urbanistica [il Piano territoriale regionale di coordinamento – n.d.r.] prevede che «le aree afferenti ai caselli autostradali (…) per un raggio di 2 km dalla barriera stradale sono da ritenersi aree strategiche di rilevante interesse pubblico. Dette aree sono da pianificare sulla base di appositi progetti strategici regionali». Intorno alla nuova Pedemontana decide la Regione, sottraendo il governo del territorio ai comuni e ai loro piani regolatori. Qualche imprenditore vicentino espropriato non ha neppure nascosto la sua felicità. Non tanto per i valori di esproprio (il terreno agricolo è ceduto a 16 euro al metro quadro, molto meno del Passante). Nelle aree di sua proprietà intorno alla nuova strada potrebbero sorgere alberghi, appartamenti, centri direzionali e commerciali. Un fiume di cemento intorno al fiume d’asfalto. In Veneto a debordare non è solo l’acqua. (Manuele Bonaccorsi)

2 risposte a "SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA in partenza: le nostre indicazioni per non banalizzare un’opera così importante (e impattante) per il territorio pedemontano vicentino e trevigiano – 7 PROPOSTE CONCRETE su cui lavorare (prima dell’apertura dei cantieri)"

  1. LUCA venerdì 10 dicembre 2010 / 3:45

    EMERGENZA

    Il mio pensiero, e UNA mia proposta, sono già stati formulati qui :
    https://geograficamente.wordpress.com/2010/03/16/superstrada-pedemontana-veneta

    Vorrei giusto invitare il lettore a fare un salto sul link in alto a destra sulla pagina di presentazione del sito (PAESAGGI VENETI SOS), dato che in un passaggio si parla di “comitati della salute”, e delle loro osservazioni…
    …e fare un’ulteriore, semplice proposta :
    che sia data loro (ai comitati e associazioni) voce in capitolo, una buona volta, e che siano integrati nel progetto con una procedura di valutazione participativa, che preveda dunque riunioni e assemblee in cui arrivare a rappresentazioni condivise dell’impatto del progetto sul territorio. Riunioni il cui contenuto deve essere reso pubblico, attraverso i mass-media (che così ritroveranno il ruolo originario di servizio pubblico e non quello di meri distributori di consigli per gli acquisti e reality show !).

    Si parla di “commissario”, di “governatore”, di “presidente del consorzio”, del “doge” ; non ci sarà mai democrazia se al fianco dei decisori non saranno presi in considerazione i pareri dei diretti interessati dal progetto : le comunità locali.

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