UNIONE EUROPEA: l’istituzione della CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA (dal 9/5/2021 alla primavera 2022) propone INIZIATIVE PARTECIPATE su cambiamenti climatici, questioni economiche e sociali, trasformazione digitale, uscita dalla pandemia – Riuscirà nell’obiettivo di coinvolgere i cittadini europei?

Manifestazione pro Europa a Strasburgo

   In questo momento di pericolo pandemico e di incertezza per la nostra comunità, la CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA (che inizia il 9 maggio 2021) rappresenta l’occasione concreta per proseguire nel percorso già intrapreso con il piano NEXT GENERATION EU e rinsaldare nei cittadini europei il sentimento di appartenenza alla stessa comunità di destino. Questo almeno è l’obiettivo dichiarato.

   Se riuscirà (la Conferenza) nel coinvolgimento (non solo di attenzione dei cittadini, di singole persone, ma con associazioni che partecipano, istituzioni di vario genere, scuole, comuni, regioni, gli stessi stati nazionali…), potrà portare fattivamente a una riforma dei trattati europei (come ad esempio le decisioni nel Consiglio d’Europa non più prese all’unanimità ma a maggioranza qualificata; unanimità che adesso blocca molte iniziative…), e potrà creare le istituzioni che i federalisti chiedono da tempo per combattere con efficacia le crisi e ridare all’Europa il posto che le compete nel mondo.

   Sì, è vero, ci sono state delle incertezze sulla gestione della pandemia (ci riferiamo ai vaccini, indecisioni che forse ora si rimediano)…ciò non toglie che nella stessa crisi pandemica l’Europa come valore comune si è rilanciata, ha dimostrato coraggio politico dell’affrontare la crisi economica e sociale, mettendo in atto un sistema di grandi investimenti specie per i paesi più colpiti. Forme di investimento sul “presente difficile”, anche con un indebitamento futuro necessario, ma anche con una solidarietà tra stati europei di aiuto e protezione a chi ha subìto i maggiori danni dal Covid 19.

   E il NEX GENERATION EU è un piano non da poco!… fino a qualche tempo fa impensabile che l’Unione Europea lo decidesse: un programma da 750 miliardi di euro per il rilancio di un’economia Ue travolta dalla crisi pandemica (con l’Italia già molto indebitata e che ha avuto danni e sofferenze peggiori di altri, che avrà accesso alla quota maggiore di questo piano di aiuti).

   La CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA che si apre il 9 maggio 2021, comunque la si pensi e comunque vada, è un altrettanto tentativo coraggioso di dare connotati democratici all’ “AREA GEOPOLITICA EUROPEA”, che nessun altro al mondo, di continenti e stati, si preoccupa di dare in questa fase di democrazia superata da egemonie autoritarie personali e assolute che controllano i loro paesi (la Russia, la Cina…..un discorso diverso vale per gli USA, e in effetti l’UE “cerca” un modello più o meno simile di “Stati Uniti d’Europa”).

   Per tutto questo vi invitiamo a dare attenzione agli importanti processi europei che ora e con la Conferenza dal 9 maggio si svilupperanno attivamente (dando se possibile contributi di partecipazione nelle istituzioni associative, comunali, scolastiche, del lavoro, ricreative…in ogni comunità che “vuole esserci”) (s.m.)

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Il Primo Ministro portoghese Antonio Costa (nel primo semestre 2021 di turno alla presidenza del Portogallo), il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli e la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen

VIA LIBERA ALLA CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA

di Agnese Lerda, 15/3/2021, da https://www.apiceuropa.com/

   Il 10 marzo scorso il Presidente del Parlamento europeo David Sassoli, il Primo Ministro portoghese Antonio Costa e la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen hanno firmato la dichiarazione comune sulla conferenza sul futuro dell’Europa, che inizierà i lavori orientativamente il 9 maggio, giornata dell’Europa.

   La conferenza sarà incentrata su temi di alto interesse per i cittadini europei, quali i cambiamenti climatici, le questioni economiche e sociali e la trasformazione digitale, anche alla luce della pandemia di COVID-19. I cittadini saranno liberi di sollevare ulteriori questioni che li riguardano.

   La conferenza sul futuro dell’Europa conferirà ai cittadini un ruolo più incisivo nella definizione delle future politiche e ambizioni europee nel prossimo decennio e oltre, sostenendo la legittimità democratica e il funzionamento del progetto europeo. Una piattaforma digitale multilingue interattiva contribuirà all’organizzazione dei dibattiti online e di persona, quando i progressi nella vaccinazione renderanno nuovamente possibili la partecipazione a dibattiti ed eventi fisici.

   La conferenza sarà posta sotto l’egida del Parlamento europeo, del Consiglio e della presidente della Commissione europea, che svolgeranno le funzioni di presidenza congiunta. La presidenza sarà coadiuvata nei suoi lavori da un comitato esecutivo, composto da tre rappresentanti e quattro osservatori per ciascuna istituzione. Il successo della conferenza sarà misurato in funzione dell’ampiezza della partecipazione civica; saranno organizzati e promossi dibattiti locali, nazionali e transnazionali per garantire il massimo coinvolgimento.

   Almeno ogni sei mesi si terrà una sessione plenaria della conferenza, composta da rappresentanti delle tre istituzioni nonché da rappresentanti dei parlamenti nazionali, dei cittadini e di altre parti interessate.

   A questo proposito i rappresentanti del Comitato economico e sociale europeo sottolineano che la semplice consultazione della società civile non sarà sufficiente a plasmare le decisioni della Conferenza e che la sua partecipazione dovrebbe permettere di dare un contributo più significativo.

   Entro la primavera del 2022 la conferenza dovrebbe giungere a conclusioni per fornire orientamenti sul futuro dell’Europa. (Agnese Lerda)

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PER DECIDERE IL FUTURO DELL’UNIONE EUROPEA NON BASTA UNA CONFERENZA

di Nicoletta Pirozzi, dal quotidiano DOMANI, https://www.editorialedomani.it/, del 9/3/2021

   Il 9 marzo a Bruxelles Ursula von der Leyen, David Sassoli e il premier portoghese António Costa, che detiene la Presidenza di turno del Consiglio dell’Unione europea, hanno firmato la Dichiarazione congiunta che dà finalmente il via alla Conferenza sul futuro dell’Europa. Ai tre verrà affidata la Presidenza della Conferenza, che dovrebbe partire il prossimo 9 maggio, in coincidenza con la Festa dell’Europa e anniversario della Dichiarazione Schuman, che segna simbolicamente l’inizio del processo di integrazione europea.

   La Conferenza è intesa come uno spazio pubblico di dibattito per i cittadini europei, e in particolare per i giovani, sull’Unione del futuro e sulle sue priorità, attraverso una serie di eventi, sia fisici che online su una piattaforma digitale multilingue e interattiva.

   Inizialmente proposta dal presidenze francese Emmanuel Macron e poi presentata ufficialmente dalla Commissione europea, la Conferenza è stata vittima dello scoppio della pandemia in Europa ma anche di una battaglia tra istituzioni che ha visto contrapposti parlamento europeo e Stati membri sul nome del suo presidente.

COMPROMESSO AL RIBASSO

Da qui nasce il compromesso a ribasso raggiunto dalla Presidenza portoghese, che sebbene sia riuscita a portare a termine il compito lasciato in sospeso dalla presidenza tedesca di Angela Merkel, lascia molti dubbi sulla sua realizzazione e sui risultati che riuscirà a produrre.

   In primo luogo riguardo all’efficacia della gestione della Conferenza, affidata ad un Comitato esecutivo formato da 9 membri rappresentanti delle istituzioni coinvolte più fino a 4 membri osservatori, che per di più dovrà decidere consensualmente.

   Anche i tempi dell’esercizio sono quanto mai serrati: dovrebbe infatti concludersi entro la primavera del 2022, sotto Presidenza francese, anche per permettere al suo ispiratore Emmanuel Macron di raccoglierne i frutti in vista delle elezioni presidenziali francesi del prossimo anno.

   Per quanto riguarda i risultati della Conferenza, saranno raccolti da una plenaria e confluiranno in un rapporto ai presidenti, che dovranno decidere come darvi seguito, ciascuno nella propria sfera di competenza. Ma dato che il Consiglio ha categoricamente escluso che la Conferenza comporti una revisione dei Trattati, che cosa possiamo aspettarci?

   Va premesso che l’idea della Conferenza è nata in un contesto pre-Covid, e di conseguenza i temi da trattare andranno aggiornati sulla base della drammatica esperienza della pandemia ma anche dei passi in avanti fatti in questi mesi dall’Unione europea.

   La dichiarazione congiunta dà alcune indicazioni, dal cambiamento climatico, alla migrazione al ruolo dell’Unione nel mondo, ma anche i meccanismi democratici, la sussidiarietà e la trasparenza. E poi lascia ai cittadini la libertà di sollevare questioni che ritengono rilevanti. Proprio questa libertà dovrà essere interpretata ed esercitata dai cittadini nella maniera più estesa possibile.

EFFETTO COVID

L’emergenza sanitaria ha infatti messo in luce molte lacune del progetto europeo che incidono sulla sua capacità di rispondere ai loro bisogni quotidiani. La sopravvivenza dell’Unione è stata assicurata, anche grazie a misure rivoluzionarie come l’emissione di obbligazioni comuni e la proposta di creazione di risorse proprie europee per finanziare il Next Generation EU. Ma la sua resistenza agli shock che verranno è legata a importanti decisioni e riforme sulle sue competenze, sulle regole decisionali, sulle priorità politiche.

   E’ necessario dare all’Unione maggiori poteri in materia sanitaria e di gestione delle crisi? Dobbiamo superare la regola dell’unanimità per permettere ad una maggioranza di Stati e cittadini di realizzare politiche comuni, dalla migrazione allo Stato di diritto, senza restare ostaggio di veti unilaterali? Cosa serve all’Europa per rimanere un attore rilevante nel mutato scenario internazionale in ambito tecnologico, di difesa, energetico?

   Le istituzioni nazionali dovranno fare la loro parte cercando di arginare le forze populiste ed euroscettiche che inevitabilmente cercheranno di appropriarsi dell’esercizio: dovranno ricordare le conquiste dell’integrazione europea, dal libero scambio all’opportunità di lavorare e studiare in altri paesi, ma anche utilizzare al meglio le risorse messe a disposizione per uscire dalla crisi con i piani di ripresa e resilienza.

   I decisori politici europei, dal canto loro, dovranno essere pronti anche ad affrontare verità scomode riguardo alle preferenze dei cittadini sulla direzione del progetto europeo.

   Queste preferenze potrebbero propendere per un’Unione federale, oppure rivendicare un rafforzamento del coordinamento intergovernativo, o ancora chiedere un’Unione differenziata che permetta agli Stati membri che lo desiderano di andare avanti nel processo di integrazione in vari settori senza essere bloccati da un consenso non raggiungibile.

   E se dovesse emergere una preferenza più forte per riforme profonde che comportano una revisione dei Trattati europei, queste non dovranno essere ignorate, ma anzi confluire in una vera e propria Convenzione, che trasformerebbe la Conferenza in una fase costituente per un’Europa che è pronta ad affrontare le sfide future con il sostegno dei suoi cittadini. (Nicoletta Pirozzi)

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UNIONE EUROPEA

L’EUROPA AL BIVIO: IL FUTURO DELL’UNIONE DOPO LA PANDEMIA

di Futura D’Aprile, da https://www.linkiesta.it/, 11/1/2021

   (…) È passato un anno da quando la pandemia ha avuto inizio, costringendo cittadini e istituzioni a cambiare i propri modi di vivere e di governare per far fronte a una situazione senza precedenti.

   Le crisi, tuttavia, possono portare a delle trasformazioni che in altri momenti sarebbero state impossibili e il caso europeo lo dimostra.

   L’introduzione del debito comune e il varo di un piano di ripresa europeo – il Next Generation EU – sono la prova di come l’Ue abbia dovuto cambiare sé stessa per continuare a esistere. La pandemia e le azioni intraprese dall’Unione in un periodo di crisi lasciano però aperte molte domande sul futuro dell’Ue: il Next Generation EU porterà a un cambio strutturale dell’Unione? Si arriverà alla creazione di una federazione? E che ruolo avrà nell’epoca post-pandemica l’Ue nella politica internazionale, anche alla luce del cambio di vertice negli Usa?

   A queste domande hanno provato a rispondere esperti e politici europei e internazionali, i cui interventi sono stati raccolti nell’e-book L’Europa al bivio dopo lo shock. Il volume, curato da Simone Disegni, contiene le riflessioni di Marta Dassù, Sergio Fabbrini, Timothy Garton Ash, Bernard Guetta, Shada Islam, André Sapir, Alberto Saravalle, Vivien Schmidt e le interviste al Commissario Ue all’Economia Paolo Gentiloni, al ministro agli Affari europei Enzo Amendola e all’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato. 

Gli argomenti trattati vanno dal NextGenerationEU, alla modifica dei Trattati e alla disamina dei problemi interni dell’Unione, fino al ruolo che l’Ue dovrebbe assumere a livello internazionale in un mondo sempre più multipolare. 

I problemi interni
Come scrive Alberto Saravalle, «l’Europa ha dimostrato di esserci quando veramente serve, ma per continuare a esserci (non solo nell’emergenza) deve essere più adeguata al mondo di oggi». Perché ciò sia possibile, sono necessari dei cambiamenti interni all’Unione stessa, da operare sia attraverso il completamento dell’Unione economica monetaria, sia attraverso la revisione dei Trattati e il riposizionamento geopolitico dell’Ue. Il secondo punto, nella sua attuazione, deve coincidere – secondo Saravalle – con un maggior coinvolgimento di tutti gli stakeholders, così da ridurne la distanza dalle istituzioni europee. 

   Ad auspicare una discussione profonda, ideologica dell’Ue sono anche André Sapir – che cita non a caso la tanto attesa Conferenza sul Futuro dell’Europa rimandata al 2021 – e Vivien Schmidt, che invita a ripensare ulteriormente le politiche comuni esistenti e a rendere il Semestre europeo un processo ancora più bottom-up. Così facendo, secondo Schmidt, l’Ue potrà aumentare la propria legittimità, tutt’oggi indebolita dalle conseguenze della crisi economica del 2010. 

   La docente universitaria sottolinea poi l’importanza della «cooperazione produttiva e positiva tra gli attori dell’Ue raggiunta durante la crisi», ma non tutti gli interventi contenuti nell’e-book dipingono lo stesso quadro positivo. Come affermato da Gentiloni – intervistato da Federico Fubini – le divisioni tra gli Stati non sono scomparse ed è bene non illudersi che ciò sia invece avvenuto.

   Ancora più puntuale è l’intervento di Sergio Fabbrini, che parla di una «doppia frattura» messa in luce dalla pandemia: la prima, tra i Paesi del Sud e del Nord, questi ultimi preoccupati da una eccessiva sovra-nazionalizzazione dell’Unione europea; la seconda, relativa ai Paesi dell’Est e al tema dello Stato di diritto.  Mentre la prima frattura, afferma Fabbrini, è «governabile all’interno di un processo di integrazione europea» che riconcili la visione confederale e federale dell’Ue, la seconda è più difficile da sanare e rappresenta una minaccia diretta alla stessa Unione, in quanto ne intacca i valori fondanti. 

   Una domanda resta però senza una risposta definitiva: il Next Generation EU sarà una semplice risposta emergenziale o porterà ad un rafforzamento dei caratteri federali dell’Ue? Molto dipenderà dal suo esito e dai cambiamenti che Stati membri e istituzioni comunitarie saranno in grado di apportare all’Unione. Senza dubbio il momento, come sottolinea in chiusura Amato – intervistato da Simone Disegni – è propizio, più di quanto non lo fu nel 2001. 

Il quadro internazionale
La pandemia ha anche portato a un ripensamento del ruolo dell’Ue nello scacchiere internazionale. Tutti gli interventi riportati nella seconda parte dell’e-book concordano su un punto: l’Ue deve rafforzare la propria autonomia strategica, seppure sempre nel solco dell’Alleanza atlantica.

   Prima di tutto, però, come sottolinea Timothy Garton Ash, l’Unione deve rafforzare la democrazia al suo interno e affrontare il problema dell’Ungheria, «uno Stato membro che non è più una democrazia». Sul piano internazionale, bisognerebbe invece creare un «network post-egemonico di democrazie» che sia in grado di dialogare anche con Russia e Cina, alternando competizione e cooperazione nei rapporti con Paesi più o meno autoritari. 

   Sull’importanza della coesione interna e sul rispetto dei valori democratici insistono anche Marta Dassù e Shada Islam, le quali concordano anche sulla necessità per l’Ue di sviluppare la propria autonomia strategica per agire come un attore geopolitico indipendente. Il rischio, infatti, è che l’Unione resti intrappolata nella contrapposizione Cina- Stati Uniti. Come afferma Dassù, «l’Europa atlantica del futuro dovrà investire di più nella difesa e costruire una politica verso la Cina che non la metta in rotta di collisione con Washington». 

   Affinché l’Ue diventi a tutti gli effetti un attore geopolitico, è però necessario creare una visione comune in politica estera, uno degli ostacoli più difficile da superare. Per far fronte almeno in parte al problema, la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, aveva suggerito di passare alla maggioranza qualificata, una proposta condivisa anche dal ministro degli Affari europei Enzo Amendola (intervistato da Francesca Basso), ma che trova diverse resistenze in Europa. 

   La strada che l’Ue dovrà percorrere durante e dopo la pandemia è certamente in salita, ma nonostante ciò, come afferma Bernand Guetta, non è il momento per lasciarsi sopraffare dal pessimismo. (Futura D’Aprile)

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APPELLO del MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO

per la CONFERENZA SUL FUTURO DELL’EUROPA

del MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO – https://www.mfe.it/

   Il 9 maggio 2020, il giorno del 70° anniversario della Dichiarazione Schuman, verrà inaugurata la Conferenza sul futuro dell’Europa. La proposta di indire questa Conferenza è stata avanzata a marzo 2019 dal Presidente francese Macron nel Manifesto Per un rinascimento europeo con il fine di “proporre tutti i cambiamenti necessari al nostro progetto politico, senza tabù, neanche quello della revisione dei trattati”; ed è stata poi fatta propria dalla Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

   Uno degli obiettivi della Conferenza, composta dai rappresentanti del Parlamento europeo e della Commissione europea e da quelli dei governi e dei parlamenti nazionali, è anche quello di coinvolgere i cittadini (insieme alle realtà locali e regionali e alle associazioni del mondo del lavoro) per renderli partecipi al dibattito su quale deve essere il futuro dell’Europa: come l’Unione europea può diventare un attore autorevole nel nuovo contesto internazionale per portare i propri valori e interessi, come può promuovere lo sviluppo tecnologico ed economico, attraverso quali strumenti e interventi può garantire la solidarietà al proprio interno, rafforzando per tutti la protezione sociale, i diritti, le libertà, la partecipazione democratica.

   Mentre il Parlamento europeo intende impegnarsi perché la Conferenza si ponga obiettivi ambiziosi, all’altezza delle richieste che emergono dalla società e delle sfide che incombono sull’Europa, la Commissione europea e soprattutto il Consiglio (ossia i governi nazionali) manifestano per il momento l’orientamento di cercare di sminuire questa processo, di fatto con la volontà di impedire che diventi un’occasione per rimettere in discussione lo status quo europeo. Evidentemente i conservatori avvertono il pericolo che la Conferenza possa crescere e avere la forza di proporre cambiamenti radicali – fino a diventare addirittura un’occasione per aprire una battaglia costituente.

   Questa è invece la nostra sfida e il nostro obiettivo, ed è su questo che siamo determinati ad impegnarci e a focalizzare la nostra campagna, consapevoli che per l’Europa non esiste un piano B in grado di garantirle il futuro rispetto alla creazione di una forte unità politica su basi federali.

   In questi mesi ancora preparatori, in cui il confronto a livello europeo sulle modalità di avvio della Conferenza è ancora aperto, iniziamo a scendere in campo con questo Appello per La nostra Europa federale: sovrana, democratica, solidale che invitiamo tutti a diffondere, a sottoscrivere e a far sottoscrivere.

   La Conferenza è un’occasione irripetibile per far sentire la voce di chi vuole un’Europa davvero capace di agire e di essere vicina ai cittadini, e per questo chiede all’Europa di cambiare, di ritornare all’ideale della Federazione europea che era al centro di quella Dichiarazione Schuman cui la Conferenza idealmente si riallaccia. Non possiamo permetterci di sprecarla.


   L’appello può essere scaricato e stampato cliccando qui.
Le firme e le adesioni raccolte possono essere inviate via mail all’indirizzo email mfe@mfe.it.

   E’ anche possibile firmare on-line: cliccare qui.

(MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO – https://www.mfe.it/)

Nell’UNIONE EUROPEA da luglio inizia il semestre di presidenza della GERMANIA, cioè di ANGELA MERKEL – Mai il caso (nella rotazione alfabetica degli stati alla presidenza) è stato così propizio: la cancelliera tedesca sembra crederci agli STATI UNITI D’EUROPA (riuscirà a sconfiggere sovranisti e nazionalisti?)

(19 giugno 2020) – La CANCELLIERA ANGELA MERKEL guarda negli occhi i 709 deputati del BUNDESTAG ma PARLA AL CUORE DEI 446 MILIONI DI ABITANTI DELL’UNIONE EUROPEA, dieci giorni prima che la Germania assuma la presidenza di turno del Consiglio Ue. Con UN DISCORSO STORICO da vera “Mutti” dell’Europa e FIGLIA DEI PADRI FONDATORI DELLA COMUNITÀ che «non è semplicemente un’eredità storica regalata che possediamo ma qualcosa che dobbiamo formare, gestire e migliorare tutti insieme». (Sebastiano Canetta, Il Manifesto, 19/6/2020 – https://ilmanifesto.it/)

   Vien da chiedersi, nello scenario mondiale di grave crisi economica provocata dalla pandemia da coronavirus “cosa sarebbe stato di noi”, cioè dell’Italia, se non fossimo integrati in un’Unione Europea, colpiti “di più” come siamo stati nella UE (assieme a Spagna e Francia) dall’epidemia di questi ultimi mesi.

   Il “progetto europeo”, tanto screditato nel recente passato (a volte con motivazioni anche ragionevoli) mostra adesso concretamente la capacità di aiutare chi è in difficoltà. Fin dall’inizio la Banca centrale Europea ha comprato titoli (come del resto sta facendo da anni) dagli Stati a salvaguardia in primis del welfare nazionale (sanità, scuole, sicurezza…). Ora con quelli che originariamente chiamavano EUROBOND, ma che sono diventati “RECOVERY FUND” o a dir si voglia RECOVERY PLAN (una specie di piano Marshall per l’Europa, proposto dalla Commissione europea) le speranze di ripresa economica, pur difficili, sono maggiori, che sennò si sarebbe sprofondati nel pessimismo più acuto.

NEI MESI DI MARZO E APRILE IN PARTICOLARE L’EUROPA E’ STATA L’EPICENTRO DELLA PANDEMIA

   Che se ne fa la Germania, nella sua forte economia, se sarà circondata di paesi in crisi e in decadimento? …è inevitabile che sarà coinvolta al suo interno; e il sogno e la necessità di un’Europa unita per affrontare alla pari economie di grande scala (come quelle di Cina e Usa), ma anche aiutare tanti Paesi ad uscire dal sottosviluppo (ed incentivare processi di pace nelle tante aree di crisi mondiale), tutto questo può avvenire solo se il “progetto europeo” non fallisce.

L’UNIONE EUROPEA DEI 27 (da Wikipedia)

   La cancelliera tedesca Merkel non ha un compito facile: affrontare i nazionalismi e le chiusure di tanti Paesi sovranisti (quelli dell’est, l’Austria, l’Olanda, la Svezia…) che non ne vogliono sapere di aiutare i paesi del sud dell’Europa più colpiti dal Coronavirus. Ma ha anche il compito di “CONVINCERE NOI” a non sprecare le risorse finanziarie che la UE metterà in campo, affinché possiamo cambiare in meglio il nostro Paese (non solo sollevarsi dalla crisi per poi tornare come prima). Non vorremmo che, in mancanza di nuove idee di sviluppo, si pensasse di utilizzare i fondi europei per fare inutili GRANDI OPERE (incredibilmente in questa fase si sta paventando per l’ennesima volta la costruzione del PONTE SULLO STRETTO tra Calabria e Sicilia).

(Eurozone participation) La ZONA EURO indica informalmente l’INSIEME DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA CHE ADOTTANO L’EURO COME VALUTA UFFICIALE ovvero formano l’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA dell’Unione europea. SONO 19 I PAESI CHE ATTUALMENTE FANNO PARTE DELL’AREA EURO: Austria, Belgio, Cipro, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Portogallo, Slovacchia, Slovenia, Spagna (da Wikipedia)

   Una scommessa pertanto di due livelli: per noi, per riuscire a essere migliori, senza sprechi inutili, con servizi più efficienti, cercando opzioni e sviluppi possibili per tutte le geo-aree del nostra Paese; e una scommessa anche per l’EUROPA, che riesca finalmente ad avere strutture di governo uniche e autorevoli (nella politica estera, nella difesa, nella fiscalità, nel welfare…). E si parla molto e continuamente di NEW GREEN DEAL, cioè della svolta ecologica…che poi non è proprio una RICONVERSIONE ECOLOGICA come auspicabile (cioè una riduzione dei consumi inutili, un risparmio energetico che parta dal basso, di noi popolazione, anche un cambiamento “personale”…), ma in ogni caso, se di riduzione di CO2 si tratta, alla fine si potrà credere di migliorare la qualità delle nostre città e periferie, del vivere quotidiano.

DOMENICA 28 GIUGNO CI SONO LE ELEZIONI PRESIDENZIALI IN POLONIA. Il candidato con più probabilità di vittoria è IL PRESIDENTE USCENTE ANDRZEJ DUDA (nella FOTO), indipendente ma legato a Diritto e Giustizia (PiS), il PARTITO DI DESTRA CHE HA LA MAGGIORANZA IN PARLAMENTO DAL 2015. IL SUO AVVERSARIO PRINCIPALE È RAFAŁ TRZASKOWSKI, ESPONENTE DI PIATTAFORMA CIVICA (PO) – PARTITO LIBERALE DI CENTRODESTRA che è stato al governo dal 2007 al 2014. (…) Dal 1989 (quando ebbe fine l’influenza comunista dell’Unione Sovietica sul paese) le elezioni presidenziali polacche si svolgono ogni cinque anni. Se al primo turno un candidato ottiene più della metà dei voti viene eletto immediatamente: in caso contrario i due più votati vanno al ballottaggio. (…) Molti analisti interpretano le evoluzioni politiche della POLONIA DEGLI ULTIMI ANNI COME UN ALLONTANAMENTO DALLA DEMOCRAZIA VERSO UNA POLITICA AUTORITARIA, e QUESTE ELEZIONI SONO VISTE COME UNA PRIMA POSSIBILITÀ CHE LE COSE CAMBINO: in Polonia il presidente della Repubblica ha pochi poteri, ma può bloccare le leggi che ritiene antidemocratiche. (..) (da “il post.it” del 23/6/2020 https://www.ilpost.it/)

  La “presidenza Merkel” del secondo semestre 2020 viene così vissuta con tante speranze, una “scommessa da vincere”, aiutati dalla “fortuna” che non sia capitato di avere una presidenza di qualche Stato sovranista e populista di cui è purtroppo ricca l’Europa in questo momento.

   Per tutto questo Vi invitiamo, se appartenete a qualche associazione culturale o politica, a firmare, e a far firmare, l’appello che qui di seguito vedete proposto dal MFE (Movimento Federalista Europeo). (s.m.)

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UNA RIPARTENZA PER L’EUROPA: APPELLO MFE (Movimento federalista Europeo) da firmare (da http://www.mfe.it/sito39/ giugno 2020)

   Dopo la presentazione al Parlamento europeo delle proposte della Commissione per il nuovo Recovery Plan for Europe, e in vista delle scadenze europee dei prossimi mesi per l’approvazione sia del nuovo Fondo straordinario Next Generation EU, sia del nuovo bilancio pluriennale dell’Unione europea, il MFE, insieme alla GFE (Gioventù Federalista Europea, NDR), ha avviato un’azione sull’Appello UNA RIPARTENZA PER L’EUROPA di raccolta firme rappresentative del mondo politico, economico, accademico e del terzo settore a tutti i livelli, rivolta al Parlamento europeo.
Si chiede al Parlamento europeo, in quanto unica istituzione che rappresenta direttamente i cittadini europei, di esercitare una funzione di indirizzo e di guida per avviare la trasformazione dell’Unione europea in una unione politica federale, solo modo per rendere permanente la svolta politica prospettata in queste settimane a livello europeo sotto la spinta dell’emergenza della crisi pandemica. In particolare si chiede al    Parlamento di attivarsi su TRE PUNTI:

1- vigilare affinché la ambizioni espresse nelle proposte della Commissione non vengano svilite da compromessi al ribasso tra gli Stati, respingendo in tal caso l’accordo del Consiglio europeo;

2- battersi affinché le nuove risorse proprie dell’Unione vengano valutate, raccolte e gestite a livello europeo, avviando subito il confronto sull’attribuzione di una competenza fiscale all’Unione europea;

3- guidare il processo delle riforme politico-istituzionali necessarie per costruire l’unione politica, elaborando, e proponendo alle altre istituzioni europee un progetto di Costituzione federale europea in vista del confronto con i cittadini nel quadro del rilancio del processo della Conferenza sul futuro dell’Europa.

PER FIRMARE L’APPELLO:

http://www.mfe.it/sito39/index.php/appello-form

Hanno aderito all’appello “UNA RIPARTENZA PER L’EUROPA”:

http://www.mfe.it/sito39/index.php/appello-adesioni

MANIFESTAZIONE DEL MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO A STRASBURGO

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IL MESSAGGIO DI MERKEL AL BUNDESTAG PER «UN’EUROPA RESISTENTE»

Lo storico discorso. Dieci giorni prima che la Germania assuma la presidenza del consiglio Ue

di Sebastiano Canetta, da IL MANIFESTO del 19/6/2020 (https://ilmanifesto.it/ )

BERLINO – Pace, multiculturalismo, libertà di pensiero, religione e politica. Ma anche «orgoglio europeo», gratitudine, e soprattutto «la promessa democratica di uguaglianza che – come tedesca che ha vissuto 35 anni nella Ddr – ancora oggi mi riempie, obbligandomi a impegnarmi con tutte le mie forze per onorare questo impegno».

   La cancelliera Angela Merkel guarda negli occhi i 709 deputati del Bundestag ma parla al cuore dei 446 milioni di abitanti dell’Unione europea, dieci giorni prima che la Germania assuma la presidenza di turno del Consiglio Ue.

   Con un discorso storico da vera “Mutti” dell’Europa e figlia dei Padri fondatori della Comunità che «non è semplicemente un’eredità storica regalata che possediamo ma qualcosa che dobbiamo formare, gestire e migliorare tutti insieme».

   Ricordando che lo spirito europeo non deve cambiare anche se ci sono stati «equivoci conflitti, ferite» e perfino la Brexit.

   «Paradossalmente proprio questa decisione, che certo noi non abbiamo desiderato, comporta che ora siamo guidati con ancora più forza dalla certezza che solo come comunità possiamo continuare a fare vivere i nostri valori e affermarli in tutto il mondo».

   Messaggio diretto per chi tifa per la disintegrazione dell’Ue, ma anche il mea culpa per non avere saputo contrastare in tempo la pulsione dei nemici dell’Europa che «soffre perché noi europeisti per troppo tempo abbiamo considerato ovvia la nostra Unione e troppo raramente abbiamo detto di cosa siamo orgogliosi. E perché abbiamo permesso ai nostri avversari di parlare dell’Europa invece di costruirla accettando passivamente le loro idee».

   La parola d’ordine per l’ex “ragazza dell’Est” è creare «l’Europa resistente», nell’epoca storica in cui l’Ue è chiamata ad affrontare «la più grande sfida della sua storia».

   Partendo dalla capacità di «creare futuro» dopo le crisi che hanno rischiato di affossare il progetto comunitario che la cancelliera elenca uno per uno. Dal rifiuto della Costituzione europea nel 2007 alla crisi finanziaria del 2008, dall’emergenza profughi del 2015 al coronavirus che «è costato la vita a oltre 100mila persone».

   Anche se Merkel è ben consapevole dei piedi di argilla dell’Europa: «Sono bastate poche settimane di stallo dell’economia per rimettere in discussione tutte le nostre conquiste. Il diritto alla libertà degli europei, che davamo per scontato, è stato ristretto. Un prezzo molto alto che ha pesato su chi ha preso le decisioni, me compresa». Senza dimenticare le risposte scomposte, «più nazionali che europee», e che il Covid-19 ha dimostrato quanto l’Europa sia «dipendente a Paesi terzi nella produzione dei farmaci, apparecchiature mediche e mascherine».

   La lezione imparata dalla cancelliera è che «nessuno Stato può superare la pandemia da solo, e la Germania è forte solo se lo sono anche gli altri Paesi». Per questo, secondo lei, l’Europa non può tornare alla “normalità” di prima e servono cambiamenti radicali: «Dall’economia CO2-free alla digitalizzazione, fino ai posti di lavoro che devono essere sicuri in modo duraturo». Da qui l’impegno per un «fondo economico di ripresa da definire prima dell’estate e ratificare entro fine anno»; non solo un progetto ma «un urgente imperativo» se si vuole estinguere il fuoco del sovranismo.

   «Non dobbiamo essere ingenui: le forze anti-democratiche e i movimenti autoritari aspettano la crisi economica per abusarne politicamente – e qui qualcuno potrebbe sentirsi chiamato in causa – e alimentare le paure sociali diffondendo insicurezza. Per questo dobbiamo impegnarci per lo sviluppo sostenibile di tutte le regioni dell’Europa. Per avere uno strumento politico contro i populisti». (Sebastiano Canetta)

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La cancelliera tedesca Angela Merkel

STATI UNITI D’EUROPA. CONSIGLIO EUROPEO E PRESIDENZA TEDESCA. IL DISCORSO DI ANGELA MERKEL AL BUNDESTAG

da ADUC (Associazione Dirittti Consumatori e Utenti) https://www.aduc.it/ del 19/6/2020

– di seguito, il discorso in versione integrale pronunciato al BUNDESTAG il 19 giugno scorso dalla cancelliera tedesca ANGELA MERKEL, alla vigilia del Consiglio europeo e IN VISTA DELL’INIZIO DELLA PRESIDENZA TEDESCA DEL CONSIGLIO UE, DAL PRIMO LUGLIO –

   “Egregio presidente, care colleghe e colleghi, signore e signori: il primo luglio inizia la presidenza tedesca del consiglio Ue, ed è un compito del quale sono molto felice, così come ne è felice tutto il governo federale. Perché l’Europa ha bisogno di noi cosi come noi abbiamo bisogno dell’Europa. Non solo come eredità storica che ci è stata regalata, ma come un progetto che ci porta verso il futuro. L’Europa non è qualcosa che semplicemente possediamo, ma è qualcosa che dobbiamo possiamo e dobbiamo formare e gestire.

   Europa è un ordine aperto e dinamico di pace e libertà, che dobbiamo e possiamo costantemente migliorare. L’Europa era a terra quando è stata fondata, era distrutta, devastata e litigiosa, dopo la catastrofe della guerra di annientamento e della rottura di civiltà della Shoah, causate dalla tirannia del nazionalsocialismo in Germania. E ai padri e alle madri della fondazione è riuscito non dimenticare e non negare la profonda diffidenza e le amare esperienze della guerra e della deportazione, ma di adottarle e di trasformarle in un’Europa pacifica e democratica. Crearono allora una comunità europea dalle macerie di Stati nazionali nemici fra di loro, con l’incondizionata volontà alla riconciliazione. Partendo da una comunità economica, i membri si impegnarono ad abolire i controlli alle frontiere e di garantire la libertà e lo stato di diritto”.


“Questo era l’insegnamento della guerra terribile: che in Europa mai più la follia nazionalista potesse escludere e disumanizzare singole persone o gruppi di persone, che in Europa la molteplicità politica, culturale, religiosa non solo dovesse essere rispettata, ma anche protetta. Siamo cresciuti, come Unione europea. L’Unione europea non solo si è allargata, ma si è anche approfondita.

   L’Europa non è solo diventata più grande, ma con ogni vertice, ogni negoziato, ogni conflitto, ogni contrapposizione ha guadagnato in sostanza e – sì, anche questo, talvolta pure in modo infinitamente faticoso – nella comprensione reciproca. Questo ci ha anche permesso di superare Continua a leggere

Nella GUERRA SIRIANA un milione di PROFUGHI (500mila bambini) sono nel mezzo della contesa tra il despota siriano Bashar Al Assad, appoggiato dai russi, e l’espansione della TURCHIA di Erdogan: una CATASTROFE UMANITARIA – E il CORRIDOIO BALCANICO è una via di fuga per molti disperati

Dopo l’appello di Papa Francesco per la SIRIA, riparte #NONLASCIAMOLISOLI: una CAMPAGNA NAZIONALE di raccolta fondi a favore dei bambini, in un Paese in guerra da nove anni (da https://www.vita.it/, 17 febbraio 2020)

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CAMPO PROFUGHI SIRIANO TRA LA NEVE (da https://www.vaticannews.va/) – LA GRAVISSIMA EMERGENZA UMANITARIA ORIGINATA DALLA CRISI SIRIANA – La crisi siriana, a circa nove anni dal suo inizio, rappresenta una delle emergenze umanitarie più gravi in corso. Secondo il Global Humanitarian Overview 2020 redatto da OCHA, 11,7 milioni di siriani necessitano di assistenza umanitaria, circa 6,2 milioni sono sfollati interni (IDPs) e 2,7 milioni sono totalmente dipendenti dagli aiuti umanitari nel nord-ovest del Paese. La crisi siriana ha avuto un grande impatto anche a livello regionale. La Turchia, il Libano, la Giordania, l’Egitto e l’Iraq hanno dovuto fare i conti con essa in termini soprattutto pratici: i dati dell’UNHCR ci riportano che il numero di profughi presenti in questi Paesi è attualmente di 5,5 milioni. Il rimpatrio non sembra essere al momento una soluzione sicura e sostenibile, nonostante i governi ospitanti spingano in questa direzione. In questa cornice si inserisce il Regional Refugee and Resilience Plan (3RP), un programma messo in atto da UNHCR e UNDP con l’obiettivo di sostenere questi Paesi nella gestione della crisi. (ALTEA PERICOLI, 30/1/2020 da https://www.ilcaffegeopolitico.org/)

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   Non finiscono, anzi aumentano, gli orrori della guerra in Siria, ora concentrata nella parte nord-occidentale di quel territorio. Guerra che dura ormai da nove anni: dal 2011 Bashar Al Assad sta combattendo senza interruzioni contro i ribelli siriani, oggi concentrati nella provincia di IDLIB, appunto nel nordovest della Siria. Il ritorno in possesso di (quasi) tutto il territorio da parte del dittatore siriano, appoggiato dai russi, vede dall’altra parte il contrapporsi dell’espansione turca, cioè delle mire di consolidamento della Turchia di Erdogan.

Una recente mappa della Siria e delle posizioni degli eserciti che la controllano (da https://www.gospanews.net/) – “DOPO 9 ANNI DI GUERRA BASHAR ASSAD SI PRESENTA COME IL VINCITORE INDISCUSSO. In un discorso televisivo alla nazione ha annunciato che “la battaglia per la liberazione delle province di ALEPPO e di IDLIB continua a prescindere da tutto quello che sta succedendo nel nord”. In queste due provincie settentrionali con quasi 5 milioni di persone ora con i profughi (solo Aleppo ha circa 2 milioni di abitanti), il suo esercito ha ripreso il controllo di una trentina di villaggi e di località. L’agenzia ufficiale di stato Sana ha annunciato la riapertura dell’AUTOSTRADA M 5 e dell’aeroporto di Aleppo.(…)” (da QUOTIDIANO.NET – https://www.quotidiano.net/blog/, 18/2/2020)

   Adesso ci sono (si vuole qui sottolineare) i tanti centri delle PROVINCIE siriana del nord-ovest IDLIB e ALEPPO, colpite dall’offensiva delle forze di Bashar Al Assad, nella battaglia per la cosiddetta “liberazione” da parte dell’esercito del despota siriano di queste due provincie; battaglia cominciata in aprile del 2019. Le Nazioni Unite sostengono che questa offensiva delle truppe “lealiste” ha provocato UN DISASTRO UMANITARIO, con la fuga in dieci mesi di almeno 900 mila persone dalle loro case. I bambini, calcola l’Unicef, dei 900 mila in fuga, sono mezzo milione, quasi la metà.

5 MILIONI E MEZZO sono i SIRIANI PROFUGHI SFOLLATI ATTUALI A CAUSA DELLA GUERRA NEL NORD-OVEST DEL PAESE (foto da http://www.elcomercio.com/) – “(…) Dal 1° dicembre 2019, più di 500.000 bambini sono stati sfollati a causa delle intense violenze nel NORD OVEST della SIRIA, con decine di migliaia di bambini e le loro famiglie che vivono in tende, all’aperto, tra freddo e pioggia. Dall’inizio dell’anno, sono state verificate le morti o il ferimento di 77 bambini (28 uccisi e 49 feriti) a causa dell’escalation di violenze nell’area. L’UNICEF ha ricevuto notizie secondo cui gli ultimi due ospedali in funzione nella parte occidentale del governatorato di ALEPPO sono stati colpiti. Uno dei due, era un ospedale materno-infantile. (…)” da https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/, 8/2/2020)

   IL FREDDO, LE INTEMPERIE, aumentano la sofferenza e le morti. Basti dire che la scarsità di combustibile costringe molti sfollati siriani ad utilizzare qualsiasi materiale pur di riscaldarsi: legna, carta e persino plastica vengono bruciate per ottenere un po’ di calore e riuscire così a sopportare le gelide notti passate in aperta campagna o sulle colline.

mappa SIRIA (da https://mcc43wordpress.com/)

   Pertanto nel nord-ovest della Siria è in corso una vera e propria catastrofe umanitaria. Sui campi profughi, inoltre, nei giorni scorsi, è pure nevicato, rendendo ancora più difficili le condizioni di vita dei disperati in fuga dalle bombe. Per molte famiglie, infine, non c’è nessun luogo dove rifugiarsi e sono costrette a vivere alle intemperie, in mezzo agli oliveti delle campagne a ridosso del confine con la Turchia.(…) (vedi https://www.fanpage.it/esteri/ del 13/2/2020)

IDLIB nella guerra tra ASSAD e ERDOGAN (foto da http://www.ilfattoquotidiano.it/) – “(…) IDLIB, LA POSTA IN GIOCO – A Idlib, su Idlib, può naufragare la “Jalta siriana” messa in essere, con le vittorie sul campo, dal patto a tre stretto da Vladimir Putin, Hassan Rouhani e Recep Tayyp Erdoğan. Un patto che la resa dei conti finale voluta da Bashar al-Assad, e sostenuta da Russia e Iran, può saltare per l’uscita del “Sultano di Ankara”. Sia chiaro: all’autocrate turco il tema della tragedia umanitaria serve essenzialmente per difendere gli interessi geopolitici della Turchia in quell’area cruciale della Siria. (…)” (Umberto De Giovannangeli, da https://www.globalist.it/world/, 12/2/2020)

   Ogni stato nazionale, qui in Siria coinvolto, ha i suoi interessi da portare avanti. La TURCHIA su IDLIB si gioca progetti strategici e consensi politici; la SIRIA anche. La RUSSIA, strategicamente “in mezzo”, ha tutte le carte per gestire la crisi: Mosca sostiene le forze siriane di Assad; Ankara invece i gruppi indipendentisti di Idlib (tra cui ci sono anche formazioni integraliste islamiche). E pure l’IRAN, che con la Russia appoggia il dittatore Assad.

LA M5, STRADA PIÙ IMPORTANTE DELLA GUERRA IN SIRIA (Google Maps da http://www.ilpost.it/) – “(…) Nel villaggio di KILI, nella provincia nordoccidentale di IDLIB, l’11 febbraio è morta quasi tutta la famiglia Hamadi. Nizar, l’unico sopravvissuto, non riesce a darsi pace. Il termometro era sceso a 9 gradi sotto lo zero. Il fratello Mustafa, sua moglie Amoun, la figlia della coppia Huda, 12 anni, e una loro nipotina Hoor, appena 3 anni, avevano cercato un po’ di calore accendendo uno scaldino a gas. Nella loro tenda fatta di pali di metallo e di fogli di plastica li ha uccisi l’ossido di carbonio. Erano profughi di MA’ARAT AL NU’MAN, una cittadina non lontana dall’AUTOSTRADA M5 CHE COLLEGA DAMASCO AD ALEPPO. (…)” (da QUOTIDIANO.NET (https://www.quotidiano.net/blog/, 18/2/2020)

   E TURCHI e RUSSI, pur su fronti contrapposti, finora si sono “giocati” insieme il territorio: ma questa partnership sembra temporaneamente finita, e lo scontro diventa più crudele per la popolazione (con bombardamenti su scuole e ospedali, ad esempio), sempre più duro… E così crescono i profughi, cioè chi è costretto a spostarsi per fuggire dalle violenze, dalle bombe…

SIRIA. LE BOMBE SULLE SCUOLE – La scuola di Khan Shaikhoun, Idlib, Siria, colpita dalle bombe il 22 aprile 2019 (foto da “Save the Children” da http://www.romasette.it/)- “(…) 25 FEBBRAIO 2020: “PER CONTRASTARE L’AVANZATA DEI RIBELLI SOSTENUTI DALLA TURCHIA nella regione di IDLIB, che hanno riconquistato la cittadina di NAIRAB, l’aviazione di Damasco e gli alleati russi hanno MOLTIPLICATO I RAID AEREI. Almeno 25 PERSONE SONO MORTE e 80 sono state ferite negli ATTACCHI COMPIUTI NELLE ULTIME ORE IN SIRIA NORD-OCCIDENTALE. Secondo Medici senza frontiere, SONO STATE COLPITE SCUOLE CHE OSPITANO FAMIGLIE SFOLLATE. Anche Save the Children denuncia il BOMBARDAMENTO DI DIECI SCUOLE, in cui sono morti una bambina e altri 9. Secondo l’Ong e il suo partner sul campo Hurras Network, alcune scuole colpite erano in funzione, altre erano in pausa per un giorno e altre ancora venivano utilizzate come rifugi. DALL’INIZIO DELL’ANNO SONO GIÀ 22 LE SCUOLE BOMBARDATE, di cui quasi la metà nelle ultime ore (…)” (da https://www.repubblica.it/esteri/ del 25/2/2020)

   La Siria di Assad ha iniziato a colpire le unità regolari turche, mentre Ankara ha iniziato a colpire obiettivi siriani per rappresaglia. Alla fine poi, vedrete, Russia e Turchia arriveranno a un accordo di spartizione territoriale, della loro influenza su quell’area mediorientale: ne rimetteranno i curdi (dove sono, vivono… oppressi dal nazionalismo turco), e tutte le popolazioni religiose autoctone che si trovano nella morsa dei due contendenti.

Provincia di IDLIB (da http://www.open.online/ del 20/2/2020 – Jane’s Conflitc Monitor – Bbc) – “(…) ERDOGAN PROGETTA DA ANNI DI ROVESCIARE ALL’INTERNO DELLA SIRIA I SUOI PROFUGHI. Intende creare una FASCIA SIMILE A UN PROTETTORATO che dovrebbe andare DAL CANTONE DI AFRIN (già turco) FINO AL NORD DI ALEPPO e più A EST VERSO JARABLUS. Ne ha mostrato i piani anche all’ultima Assemblea delle Nazioni Unite. E tutto è diventato più concretizzabile da quando gli Stati Uniti hanno abbandonato la tutela dei curdi lungo l’aerea di confine tra Siria e Turchia. Ma l’attacco su IDLIB di Bashar Assad complica tutto.(…)” (Emanuele Rossi da https://formiche.net/, 15/2/2020)

   Preoccupa poi un ritorno a mire da “impero ottomano” di un leader che peraltro nel suo Paese è in difficoltà (l’economia è in declino, trova avversari politici e perde le elezioni nella città più importati…) (parliamo di Erdogan). E di una Russia (anch’essa al suo interno in gravi difficoltà economiche) che approfitta del ritiro americano per estendere la propria influenza, a partire propria dalla riconquista della Siria per intero del territorio originario da parte di un dittatore fuori del tempo, quale è Assad: un rais rimasto in piedi essenzialmente grazie all’appoggio militare di Mosca, Teheran e degli Hezbollah libanesi.

Rifugiati siriani nel nord della Siria, vicino al confine turco, dopo essere fuggiti dalla città di Maarat al-Numan. Siria, 28 dicembre 2019 (da http://www.open.online/ – “(…) La conferma di UN SOSTANZIALE DOPPIO GIOCO DI ANKARA DECISA AD ANNETTERSI I TERRITORI DI IDLIB lungo il proprio confine è confermata dal PROGETTO PER LA COSTRUZIONE, sul versante siriano, DI UN MIGLIAIO DI CASE IN CUI TRASFERIRE GLI SFOLLATI CHE AFFOLLANO I CAMPI PROFUGHI TURCHI. Un progetto a cui la GERMANIA, ricattata con la minaccia del dirottamento dei migranti sulla rotta balcanica, contribuirà con 25 milioni di euro.(…) (Umberto De Giovannangeli, da https://www.globalist.it/world/, 12/2/2020)

   Ancora una volta, come europei, come Unione Europea, potremmo svolgere un’azione importante di pacificazione e tutela dei diritti della popolazione (e delle minoranze etniche). Ma quando incomincerà ad accadere? (s.m.)

GRECIA, CONTRO I PROFUGHI UN MURO ANCHE IN MARE (immagine da http://nuovidesaparecidos.net/) – GRECIA, UN MURO GALLEGGIANTE IN MARE PER IMPEDIRE L’ARRIVO DI MIGRANTI DALLA TURCHIA: L’APPALTO DELLA DIFESA – Le offerte per la gara pubblicata dal governo conservatore del premier Kyriakos Mitsotakis devono giungere entro tre mesi. Costo dell’opera: 500mila euro. L’esecutivo ha promesso una linea più dura sulle migrazioni, che comprende la costruzione di centri di detenzione pre-espulsione e rimpatri più veloci – “ALTO 110 CENTIMETRI DI CUI 50 SOPRA IL LIVELLO DELLE ACQUE, dotato di lampeggianti ed entro i limiti di peso di 7 chili al metro. Lunghezza complessiva: 2,7 chilometri. Tutto scritto nero su bianco sulla pagina degli appalti del governo greco. IL MINISTERO DELLA DIFESA HA LANCIATO UNA GARA PER COSTRUIRE UN MURO GALLEGGIANTE IN ACQUA CONTRO GLI SBARCHI DEI MIGRANTI IN ARRIVO DALLA VICINA COSTA TURCA. Le offerte devono giungere entro tre mesi e non è chiaro quali siano i tempi per l’installazione.” (da https://www.ilfattoquotidiano.it/ 30 GENNAIO 2020)

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SIRIA, 500.000 BAMBINI PROFUGHI: DA DICEMBRE NEL NORD OVEST 77 SONO RIMASTI UCCISI O FERITI

https://www.repubblica.it/solidarieta/emergenza/ del 8/2/2020

   Dal 1° dicembre 2019, più di 500.000 bambini sono stati sfollati a causa delle intense violenze nel NORD OVEST della SIRIA, con decine di migliaia di bambini e le loro famiglie che vivono in tende, all’aperto, tra freddo e pioggia. Dall’inizio dell’anno, sono state verificate le morti o il ferimento di 77 bambini (28 uccisi e 49 feriti) a causa dell’escalation di violenze nell’area. L’UNICEF ha ricevuto notizie secondo cui gli ultimi due ospedali in funzione nella parte occidentale del governatorato di ALEPPO sono stati colpiti. Uno dei due, era un ospedale materno-infantile.
Testimonianze dal campo. “La situazione nel NORD OVEST del Paese è insostenibile” dice HENRIETTA FORE, direttore generale UNICEF. “I bambini e le famiglie sono bloccati tra violenza, freddo intenso, la mancanza di cibo e condizioni di vita disperate. Un tale disprezzo per la sicurezza e il benessere dei bambini e delle famiglie supera ogni limite e non deve continuare”. “Abbiamo camminato per 3 giorni e ora viviamo in tende. Tutte le nostre cose sono zuppe di pioggia e fango”, racconta Nadia, una madre sfollata da SARAQEB (IDLIB) e che adesso vive nell’area di ALEPPO. “Ho un bambino molto malato che ha bisogno urgente di essere operato, ma non posso permettermelo. Se mio figlio muore, non potrò far altro che seppellirlo.”
L’assistenza fornita da UNICEF. Lavorando con i suoi partner sul campo, l’UNICEF continua a distribuire aiuti salvavita alle famiglie che hanno bisogno di assistenza, comprese quelle recentemente sfollate. Quest’assistenza comprende kit igienici, acqua sicura da bere, abiti caldi per l’inverno, visite e cure per la malnutrizione, supporto psicosociale e per l’istruzione. Inoltre, l’UNICEF sta lavorando con i suoi partner per fornire vaccini, soprattutto ai bambini che non avevano ricevuto le vaccinazioni precedenti. L’UNICEF sta anche garantendo gli aiuti necessari per portare avanti campagne di immunizzazione, compresa la catena del freddo per proteggere la sicurezza dei vaccini.

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ASSAD E I RUSSI VINCONO IN SIRIA: 900.000 PROFUGHI

da QUOTIDIANO.NET (https://www.quotidiano.net/blog/) del 18/2/2020

   Areej Majid al Hmeidi aveva solo 5 mesi. E’ morta di freddo qualche giorno fa nel campo di ALBEET vicino al confine fra la Siria e la Turchia, racconta MARK LOWCOCK, capo dei soccorsi delle Nazioni Unite nella zona. “Le madri – spiega – bruciano la plastica per scaldare i figli. La crisi ha raggiunto un livello spaventoso”. Nel villaggio di KILI, nella provincia nordoccidentale di IDLIB, l’11 febbraio è morta quasi tutta la famiglia Hamadi. Nizar, l’unico sopravvissuto, non riesce a darsi pace. Il termometro era sceso a 9 gradi sotto lo zero. Il fratello Mustafa, sua moglie Amoun, la figlia della coppia Huda, 12 anni, e una loro nipotina Hoor, appena 3 anni, avevano cercato un po’ di calore accendendo uno scaldino a gas. Nella loro tenda fatta di pali di metallo e di fogli di plastica li ha uccisi l’ossido di carbonio. Erano profughi di MA’ARAT AL NU’MAN, una cittadina non lontana dall’autostrada M 5 che collega Damasco ad Aleppo.

   Ma’arat al Nu’man è uno dei tanti centri colpiti dall’offensiva delle Forze di Bashar Assad cominciata in aprile dello scorso anno. Le Nazioni Unite, sostengono che ha provocato la fuga di 900 mila persone dalle loro case. Continua a leggere

IL CASO DELL’ORSO M49 IN TRENTINO: catturato, perché considerato (finora a torto) pericoloso, riesce con grande capacità a fuggire e riconquistare la libertà – E’ possibile (ri)dare spazi e vita ad animali selvatici? …in territori che sono anche “loro”?…rivedendo la MUTAZIONE TURISTICA di quei luoghi da noi perseguita?

(foto di M49 in fuga, da www-ildolomiti.it/) – SETTEMBRE 2019: L’ORSO M49 SCAPPA DI NUOVO: ADESSO È NEL LAGORAI, FRA FIEMME E VALSUGANA – L’orso M49, fuggito dal recinto del CASTELLER (un’area faunistica in provincia di TRENTO), dopo la cattura in VAL RENDENA, ha lasciato la zona di passo OCLINI-LAVAZÉ e si è spostato sul LAGORAI, a cavallo fra FIEMME e VALSUGANA. La conferma verrebbe dall’esame delle tracce su una predazione (una manza), avvenuta domenica 4 settembre nel LAGORAI meridionale, a sud del passo MANGHEN, nella zona del LAGO DELLE BUSE (…) (da “L’ADIGE.IT” del 5/9/2019 (www.ladige.it/news/)

   L’operazione di cattura dell’orso chiamato M49 (cattura avvenuta in Trentino l’8 luglio scorso in Val Renden, e poi trasferito nell’area faunistica del Casteller e messo in una gabbia, dove è riuscito a fuggire), cattura secondo l’autorità perché ritenuto pericoloso (specifichiamo: non ha mai attaccato nessuno, ma ci sono delle predazione, animali da allevamento e qualche alveare…), e poi la sua immediata coraggiosa fuga (superando una recinzione elettrificata…), questa improvvida cattura ha fatto sì che, da un ambiente meno antropico e più adatto come la parte ovest dell’Adige (infatti i plantigradi si trovano solo sulla destra orografica dell’Adige perché il fiume, l’autostrada e la ferrovia sono barriere praticamente invalicabili), M49 si sia immediatamente ritrovato (con la immotivata cattura e la sua coraggiosa fuga, che ha anche politicamente messo in difficoltà la giunta trentina), M49 si è suo malgrado ritrovato, dicevamo, nel territorio più densamente popolato del Trentino. Ora (a settembre 2019), pare che M49 si trovi, si sia stabilmente collocato, nella catena del Lagorai, una zona scarsamente antropizzata e quindi più adatta perché l’orso possa viverci. Ma le ricerche per la cattura continuano.

PROVINCIA DI TRENTO, MAPPA – In Trentino vivono tra i 60 e gli 80 esemplari di orsi bruni, che nella maggior parte dei casi conducono una vita appartata

   Viene da chiedersi: il ripopolamento (un po’ voluto e un po’ accaduto naturalmente, con la migrazione di alcuni orsi dai boschi/foreste della Slovenia), questa cosa la accettiamo o no? …in fondo i boschi di montagna sono anche (e storicamente, specificatamente) territorio “loro” (degli animali selvatici, di orsi, lupi…) e pare un loro diritto naturale, legale, di poterci stare.

Settembre 2019: Papillon/M49 ha raggiunto il Lagorai (un luogo poco antropizzato)

    Il problema è che il bellissimo Trentino (e Alto Adige Sud Tirolo) è diventato zona assai antropizzata, e molto turistica… e la convivenza con gli orsi o i lupi o qualsivoglia altro animale selvatico, suscita paura per il turismo locale oltreché per gli allevamenti che lì ci sono….

Il ministro Costa e la t shirt per l’orso M49 “Nessuno tocchi Papillon“ – “Nessuna istruttoria fin qui elaborata dagli uffici, in collaborazione con Ispra, ha mai valutato il tema dell’uccisione dell’esemplare – ha spiegato il MINISTRO DELL’AMBIENTE, SERGIO COSTA – Il fatto che sia scappato dall’area attrezzata per ospitarlo, non può giustificare un intervento che ne provochi la morte…. “Le inefficienze mostrate nella cattura, che non mi vedono e mai mi hanno visto concorde, – ha concluso il Ministro Costa – reclamano professionalità e attenzione massima. Cosa che invece fin qui non è stata mostrata. E adesso si parla di abbattimento? Assurdo e paradossale”. (…) (da https://www.sempionenews.it/,15/7/2019)

   Le soluzioni possono essere tre. La prima, di un rifiuto di questa nuova presenza, che peraltro, pare, attiri turismo e maggiore interesse per zone che spesso sono troppo “perfette” nella loro bellezza da cartolina (per qualcuno il Trentino e l’Alto Adige / Sud Tirolo tendono ad essere innaturali, una Disneyland con sentieri ben puliti e con l’esibizione di fiori copiosi alle finestre sui davanzali delle case nei borghi….).

la cattura e la fuga di M49 ha suscitato vasta eco mediatica (non solo In Trentino, ma a livello nazionale e anche fuori d’Italia)

   Oppure, seconda ipotesi (la nostra), provare a portare avanti una convivenza con l’orso (gli orsi, i lupi…) in libertà, che, sì, potrà fare qualche danno (alle coltivazioni, agli allevamenti, che dovranno prendere alcune precauzioni nella mobilità degli animali che prima non avevano necessità…), ma in fondo (l’orso, ma anche il lupo) è animale che non attacca l’uomo, e nei boschi montani c’è posto per questi animali che sono tanto padroni (e forse di più) quanto noi di quei luoghi.

CASA SANTEL, DOVE SI CONVIVE CON L’ORSO: ”FACCIAMO BEARWATCHING PROMUOVENDO UN MODELLO DI TURISMO ECOLOGICO E SOSTENIBILE” – (…) La gestione dei grandi carnivori è argomento molto dibattuto, che da sempre divide la popolazione fra “favorevoli alla reintroduzione” e “contrari alla presenza dei plantigradi”. C’è però CHI HA DECISO DI APPROCCIARSI ALLA QUESTIONE CON UN METODO DIVERSO e assolutamente nuovo PER IL TRENTINO, dimostrando che non solo LA CONVIVENZA TRA UOMINI E ORSI È POSSIBILE ma che può portare benefici ad entrambi. E’ CASA SANTEL (sull’altopiano della Paganella), struttura di proprietà del Comune di TERRE D’ADIGE e presa in gestione, tramite un bando, dall’Associazione culturale TURISMO SCOLASTICO IN TRENTINO assieme alla società ALBATROS. (vedi l’articolo in questo post) (Tiziano Grottolo – 9 settembre 2019, da https://www.ildolomiti.it/)

   La terza ipotesi potrebbe essere di una suddivisione territoriale: aree nelle quali ogni presenza antropica, umana, non ci sia, venga esclusa, e possano stabilirsi di più animali selvatici, come l’orso. E’ quanto di fatto accade (il Lagorai dove ora è M49 è zona con pochissima presenza umana…).

La preseza dell’orso in Trentino (da ANSA)

  Una cosa è certa: la presenza di lupi e orsi sta dando un segnale nuovo e positivo per un recupero di una natura “vera” alla quale dobbiamo confrontarci: una natura meno “di plastica” (apparente, come la vogliamo) di quella che usiamo vivere da qualche decennio. Un segno dei tempi della crescita della crisi ambientale? E della reazione del mondo animale che rivendica la sua presenza e la legittimità di poter vivere anche loro il territorio? Un approccio diverso anche al mondo “della carne”, degli animali visti come cibo per gli umani? (di cui abbiamo assai poco bisogno, e pare un’abitudine alimentare dell’epoca del benessere arrivato e della “fine della fame”?).

il supporto WWF alle iniziative per la tutela dell’orso (e del lupo) (da http://www.ildolomiti.it/)

   Se poi consideriamo la valenza ecologica, va detto che l’orso e il lupo sono specie ecologicamente rilevanti anche nel mantenere gli equilibri ecologici: rappresentano i maggiori “grandi predatori” presenti sulla penisola italiana (nel ruolo ad esempio di contenere le popolazioni dei grandi erbivori, come i cervidi, ma anche cinghiali ect.). Cionondimeno il ritorno di lupi ed orsi fa discutere legittimamente, considerando le necessità e i bisogni dei pastori (che possono subire perdite all’interno del gregge), per gli allevatori in malghe, baite, rifugi con i loro animali, e certo per l’incolumità di escursionisti occasionali.

Trentino – carta fisica

   La vicenda del coraggio dell’orso M49, che con la sua avventurosa e intelligente fuga dai recinti della forestale trentina (recinti pure dotati di corrente elettrica!), ha suscitato una reazione di simpatia e condivisione per quell’orso (cioè “siamo dalla sua parte”), che possa vivere in libertà; e una riflessione nostra che ci faccia abituare a vivere un rapporto più vero, sano e rispettoso verso quella che chiamiamo natura, e il mondo degli animali (selvatici come l’orso e il lupo, ma anche gli animali “domestici”, “da allevamento”). (s.m.)

M49 (foto da La Repubblica)

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L’ORSO M49 È SCAPPATO IN CERCA DELLA LIBERTÀ, E IO STO CON LUI

di Ferdinando Camon, da “Il Corriere delle Alpi”, 16/7/2019

– Come già facciamo con i mari, noi vogliamo che i boschi siano nostri come i nostri giardini. È un arbitrio –

   Sto con l’orso. È scappato dalla cella di sbarre in cui lo tenevano, e questo era nel suo istinto, dunque nel suo diritto. Adesso lo vogliono uccidere, e questo non è legale, se l’orso era una specie protetta prima lo è anche adesso.

   Siamo stati noi a importare gli orsi dalla Slovenia, per ri-naturalizzare i boschi del Trentino e del Bellunese: buona idea, una Natura con animali selvatici, dove l’uomo deve stare in guardia, è più naturale di una Natura completamente umanizzata, dove l’uomo è padrone assoluto.

   L’orso M49 è scappato? Il suo scopo era scappare, c’è riuscito, ha un quoziente d’intelligenza alto. I suoi guardiani l’avevano messo in una cella che ritenevano insuperabile? Hanno un quoziente d’intelligenza basso, si son fatti fregare. Non hanno diritto di vendicarsi uccidendo il mancato prigioniero.

   L’orso per scappare ha pagato un prezzo altissimo. Perché c’era un primo sbarramento attraversato dalla corrente elettrica, e l’animale ha sopportato le scosse pur di raggiungere la libertà.

   Certo l’ha protetto il fitto pelo, impedendo che la corrente toccasse la pelle. Ma dev’essere stata una protezione a macchie, perché sulla rete son rimasti tanti ciuffi di pelo.

   M49 ama la libertà.

   È rimasto chiuso in prigione soltanto un paio d’ore. Ha subito cercato di scavare un tunnel sotto la rete, come si fa a Hollywood, ma ha cambiato idea quando ha trovato il cemento armato. La rete da scavalcare era alta quattro metri. Lui ce l’ha fatta. Non sappiamo in quanti tentativi. La libertà se l’è guadagnata. Non vedo perché meriti la morte.

   Definirlo “problematico” perché vuol essere libero è un non-senso. Hanno definito “problematica” l’orsa Daniza perché aveva aggredito un cercatore di funghi, e anche quella è stata una definizione arbitraria.  Daniza era appena diventata madre di due orsacchiotti, e quel cercatore di funghi li aveva scoperti e li stava guardando, lei gli è sopraggiunta alle spalle e lo ha graffiato con i suoi unghioni.

   Ha fatto quel che avrebbe fatto ogni madre, di qualunque specie animale. Non meritava di morire.

   E qui siamo al cuore del problema: ripopolando di orsi i boschi del Trentino e del Bellunese gli uomini speravano che gli orsi si umanizzassero, diventassero un po’ come noi, avessero paura di noi e ci rispettassero. Fossero semi-orsi.

   Ma son rimasti orsi, mangiano gli animali delle nostre stalle, si considerano padroni dei boschi. Invece di spartire il mondo, come dovremmo, e come già facciamo con i mari, noi vogliamo che i boschi siano nostri come i nostri giardini. È un arbitrio. Sto con l’orso. (Ferdinando Camon)

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L’ORSO M49 SCAPPA DI NUOVO: ADESSO È NEL LAGORAI, FRA FIEMME E VALSUGANA

 da “L’ADIGE.IT” del 5/9/2019 (www.ladige.it/news/) Continua a leggere

LE PROTESTE A HONG KONG quale segnale di crisi internazionale: LA PAURA dell’ex colonia britannica di dover subire a breve il totalitarismo cinese, pone la QUESTIONE DELLA DEMOCRAZIA per ogni Paese, e del rispetto delle libertà individuali – CHE ACCADE A HONG KONG se non si trova una via democratica?

LA PROTESTA DI MIGLIAIA DI MANIFESTANTI A HONG KONG (iniziata il 9 giugno di quest’anno) è sorta dal MANCATO RITIRO DELLA PROPOSTA DI LEGGE SULL’ESTRADIZIONE, che avrebbe permesso alle autorità dell’ex colonia britannica di affidare alla giustizia di Pechino gli incriminati per una serie di reati. GIÀ DALL’INIZIO DELLE PROTESTE LA NORMA È STATA CONGELATA; MA SI CHIEDONO SIA IL SUO RITIRO DEFINITIVO, SIA LE DIMISSIONI DELLA GOVERNATRICE, accusata ora anche di brutalità nella repressione. I manifestanti hanno promesso di continuare il loro movimento fino a quando le loro richieste fondamentali non saranno soddisfatte, come le DIMISSIONI della governatrice della città, CARRIE LAM, un’INCHIESTA INDIPENDENTE sulle tattiche della polizia, un’AMNISTIA PER GLI ARRESTATI e un RITIRO PERMANENTE DEL DISEGNO DI LEGGE. (Maurizio Sacchi, 16/8/2019, da https://www.atlanteguerre.it/)

   Dal luglio 1997, dopo quasi 150 anni, Hong Kong non è più una colonia britannica ma è diventata una regione amministrativa speciale della Repubblica Popolare Cinese. I rapporti tra gli abitanti di Hong Kong e Pechino sono più che mai tesi (come dimostrano le proteste di queste settimane/mesi contro il disegno di legge che prevede l’estradizione verso la Cina), e in vista dell’accorpamento definitivo di Hong Kong al regime giurisdizionale e politico cinese dal 2047.

IL TERRITORIO DI HONG KONG È DATO DA UNA PENISOLA ED OLTRE 200 FRA ISOLE ED ISOLOTTI NEL MAR CINESE MERIDIONALE, è in gran parte montuoso e collinare ed è stato urbanizzato per circa il 25%, mentre il 40% è sotto tutela ambientale. LANTAU (147 Km²) è la MAGGIORE DELLE ISOLE, seguono HONG KONG (79 Km²), LAMMA (13,5 Km²) e CHEK LAP KOK (12,5 Km²), in origine molto più piccola (3 Km²), ma trasformata ed ampliata dall’uomo per ospitare il nuovo aeroporto internazionale; le coste si sviluppano per 733 chilometri in tutto. Nella parte peninsulare di Hong Kong si raggiungono quasi i mille metri col MONTE TAI MO SHAN (957 m.), ma anche su Lantau vi sono altezze massime di poco inferiori, FUNG WONG SHAN (934 m.). Vista la limitata superficie i CORSI D’ACQUA hanno CARATTERE TORRENTIZIO e raggiungono velocemente il mare, oppure confluiscono nello SHAM CHUN, che segna buona parte del confine col resto della Cina; i bacini lacustri sono quasi tutti di origine artificiale. Il CLIMA è SUBTROPICALE A REGIME MONSONICO, con una stagione secca e più fresca fra Novembre e Marzo ed una più calda e piovosa nei mesi estivi. Dopo essere passato alla Cina Hong Kong è diventato una regione amministrativa speciale, gli uffici governativi sono ubicati nella zona chiamata Central nella città di Victoria ed è suddiviso in 18 distretti. La POPOLAZIONE è per buona parte di ETNIA CINESE (93,5%), le due MINORANZE più rappresentate sono quella INDONESIANA (2%) e FILIPPINA (2%); IL 50% DEGLI ABITANTI NON È RELIGIOSO, il 21% professa il BUDDHISMO, il 14% il TAOISMO, il 12% il CRISTIANESIMO.

   Con la nuova norma sull’estradizione, Hong Kong avrebbe dovuto estradare gli inquisiti verso Cina, Macao e Taiwan, compresi gli oppositori politici rifugiatisi nella regione autonoma. CARRIE LAM, attuale capo (governatrice) dell’esecutivo, ha ritirato la proposta ma le proteste non sono terminate e si sono concentrate sulla richiesta di riforme democratiche.

DAL 9 GIUGNO (2019) HONG KONG SCENDE IN PIAZZA

   Le immagini di Hong Kong che i media hanno trasmesso nel corso delle ultime settimane ricordano quelle di cinque anni fa: un fiume di manifestanti e ombrelli colorati (allora). Nel 2014 infatti, la protesta (denominata appunto “degli ombrelli”), per tre mesi ha mostrato manifestazioni nate dalla decisione del “Comitato permanente del Congresso nazionale del popolo” (di Pechino) di riformare il sistema elettorale di Hong Kong. In pratica questa riforma elettorale (poi non adottata) veniva percepita come una misura estremamente restrittiva dell’autonomia della regione: i candidati di fatto venivano scelti dal potere centrale cinese (dal Partito Comunista Cinese, il PCC).

9 AGOSTO 2019, HONG KONG, INIZIO DELLA MANIFESTAZIONE ALL’AEREOPORTO (Il 12 e 13 agosto, l’aeroporto di Hong Kong è rimasto chiuso al traffico aereo in seguito alla occupazione dello scalo da parte dei manifestanti)

   Adesso è un po’ diverso, ma sulla stessa direzione di intromissione cinese. I manifestanti chiedono che non venga adottato un emendamento alla legge sulle estradizioni, e la motivazione di fatto è la stessa: gli oppositori al regime filo-cinese temono che questo possa determinare un’ingerenza sempre più accentuata di Pechino nell’autonomia di Hong Kong.

(foto: HONG KONG, da Wikipedia) – da https://www.globalgeografia.com/ : HONG KONG è una METROPOLI della Cina meridionale, posta a sud-est di GUANGZHOU (CANTON) ed è TORNATA ALLA CINA NEL 1997. La CINA s’è IMPEGNATA A MANTENERE PER I PROSSIMI 50 ANNI LO STATUS SPECIALE che Hong Kong aveva sotto la corona britannica; HONG KONG ha un’economia basata sul terziario, in special modo su commercio e traffici internazionali.

   Come dicevamo, queste proteste (e le precedenti di 5 anni fa) nascono dal profondo attrito tra Hong Kong e Pechino in vista dell’avvicinarsi della data in cui l’autonomia di Hong Kong dalla Cina, negoziata dal Regno Unito nel 1997, volgerà al termine. Nel 2047 Hong Kong cesserà infatti di avere standard politici, economici e istituzionali diversi e più autonomi rispetto al resto della Cina. E Pechino ha già dimostrato l’intenzione di erodere progressivamente, anche se in modo quasi impercettibile, il grado di autonomia di Hong Kong.

LA PROTESTA A HONG KONG

   Questa situazione non riguarda solo la popolazione di Hong Kong e la Cina. Ma ha effetti geopolitici a livello internazionale (riguarda anche noi), e l’evolversi dei fatti merita di prestarvi la massima attenzione.

(IN ROSSO L ISOLA DI HONG KONG, da Wikipedia) – Dal punto di vista geografico, Hong Kong è composta dall’isola principale (chiamata appunto Hong Kong), dalla penisola di Kowloon, dai cosiddetti Nuovi Territori e da più di 200 altre isole, di cui la più grande è Lantau. Si trova circa duemila chilometri a sud di Pechino, affacciata sul delta del fiume delle Perle e sul Mar Cinese Meridionale. Ci abitano 7 milioni di persone, in poco più di mille chilometri quadrati, una superficie meno estesa della provincia di Vibo Valentia.(…) (17/8/2019, da https://www.ilpost.it/)

   In questa fase storica, geopolitica, Hong Kong e l’attrito fortissimo con la Cina, assieme ad altre questioni internazionali assai rilevanti (come la BREXIT, o l’attrito tra PAKISTAN E INDIA, entrambi possessori della bomba atomica, per la regione del Cashmire, oppure la CRISI TRA IRAN E AMERICA, e non ultima la questione dei DAZI AMERICANI che stanno trascinando a breve verso una DEPRESSIONE ECONOMICA mondiale -gli economisti prospettano questo a partire al prossimo anno-)….tutti questi eventi, stanno pericolosamente mettendo in crisi i già precari (dis)equilibri mondiali….

La governatrice della città, CARRIE LAM (di cui i manifestanti chiedono le dimissioni)

   La situazione pertanto di Hong Kong è tra i fenomeni geografici che meritano di prestarvi la massima attenzione (e dove l’Europa potrebbe esercitare una funzione virtuosa, mostrando di incidere positivamente sul problema, anche chiedendo garanzie alla Cina di non intervento repressivo e una soluzione pacifica) (s.m.)

MAPPA DI HONG KONG CON I SUOI 18 DISTRETTI (CLICCARE SULL’IMMAGINE PER INGRANDIRLA) – LA CINA NON “STARÀ A GUARDARE” ed è pronta a “reprimere i disordini rapidamente” se la crisi di Hong Kong diventa “incontrollabile”. Lo ha assicurato l’ambasciatore cinese a Londra, Liu Xiaoming. “Se la situazione peggiora ulteriormente in disordini incontrollabili da parte del governo, il governo centrale non resterà a guardare. Abbiamo abbastanza soluzioni e abbastanza potere per reprimere i disordini rapidamente”, ha detto.

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Veduta notturna di Hong Kong – “(…) Hong Kong è il più importante snodo cinese a livello globale sul piano economico e soprattutto finanziario anche grazie al fatto di essere il quinto porto più importante a livello mondiale. La città rientra in un preciso progetto cinese chiamato Area della Grande Baia, finalizzato a integrare la città di Hong Kong all’interno della Cina allo scopo di accelerare il processo di integrazione sia politico che economico. Ad esempio, la costruzione dell’infrastruttura che permette di collegare Hong Kong, Zhihai e Macao rientra proprio in questo obiettivo. Allo stesso modo il fatto che Hong Kong sia divenuto membro dell’Asian Infrastructure Investment Bank dimostra la ferma volontà da parte di Pechino di proseguire nel suo progetto di integrazione anche in relazione alla realizzazione della Nuova Via della seta. Un progetto megamiliardario che la Cina intende difendere con ogni mezzo.(…) (Umberto De Giovannangeli, 15/8/2019, da https://www.huffingtonpost.it/)

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SULLE PROTESTE DI HONG KONG È PIOMBATA L’OFFENSIVA MEDIATICA CINESE

di Simone Pieranni, da “Il Manifesto” del 18/8/2019
– il 17 agosto si è anche tenuta una manifestazione a favore del governo di Hong Kong e Pechino – Pechino ha tentato di veicolare una narrazione più omogenea e facilmente comprensibile rispetto alla complessità di quanto sta accadendo a Hong Kong: la città è stata descritta come un luogo di perdizione e decadenza, in preda ai criminali e come un ricettacolo di mafiosi e businessmen senza scrupoli. –
   Un video di un paio di minuti nel quale sono state montate scene di film ambientati a Hong Kong e immagini delle recenti proteste. Un montaggio da kolossal e un’atmosfera epica e finale. Lo scopo del video: dimostrare al pubblico cinese il supporto del governo centrale alla polizia dell’ex colonia britannica alle prese con le proteste in corso da ormai undici settimane. Si tratta di uno dei metodi con i quali Pechino prova a dare la propria versione dei fatti accaduti a Hong Kong in Cina e non solo.
SE NEI PRIMI GIORNI delle manifestazioni a Hong Kong gli accadimenti erano stati silenziati sulle reti sociali cinesi, ben presto invece Pechino ha cambiato strategia, inondando WeChat e Weibo di messaggi a favore del governo e della polizia della città e sottolineando le «violenze» dei manifestanti che poi lo stesso governo ha bollato come prodromo di «terrorismo».
Ma la potenza degli uffici della propaganda di Pechino è arrivata anche in Occidente, dove ormai il peso dei media cinesi non è più ininfluente come qualche tempo fa. I network televisivi e informativi cinesi sono ormai in grado di fare breccia anche nel panorama mediatico occidentale, spesso anche grazie a collaborazioni con importanti media e agenzie, fornendo strumenti sia ai cinesi all’estero che mal hanno sopportato le manifestazioni a Hong Kong sia agli occidentali che parteggiano, come se fosse una partita di calcio, con la Cina contro i manifestanti di Hong Kong (naturalmente c’è anche chi «tifa» allo stesso modo contro la Cina).
I MANIFESTANTI sono stati rappresentati come studenti benestanti e inglese-parlanti (quindi «privilegiati») e in balia dell’ingerenza americana, quando non direttamente sospettati di esserne «agenti» con finalità anti cinesi.
Questo sforzo riguardo ai fatti di Hong Kong da parte dell’apparato statale cinese – comprese alcune ambasciate, come quella di Roma che ha organizzato una conferenza ad hoc sui fatti dell’ex colonia britannica, conseguenza di una tendenza generale, iniziata da alcune ambasciate in Africa capaci di usare i media con molta sicurezza –  costituisce comunque una novità e dipende da alcuni elementi fortemente radicati nel sentimento più nazionalista cinese: una diffidenza ovvia, storica, nei confronti dei media occidentali e la sensazione – spesso giustificata – che in ogni diatriba che coinvolga la Cina, gran parte della stampa occidentale sia pervasa da sentimenti anti-cinesi pregiudiziali e per interesse, o in ogni caso si dimostri acriticamente favorevole a qualsiasi richiesta di democrazia arrivi da una piazza contrapposta a Pechino (da qui lo sforzo attuale di penetrazione nel sistema dei media occidentali, dopo aver provato a comprarsi direttamente gruppi editoriali stranieri).
Da parte loro i manifestanti oltre ad aver dimostrato la propria variegata composizione, scegliendo anche di manifestare in zone più periferiche per non incorrere in divieti ma anche per sensibilizzare altre fasce di popolazione (operazione riuscita) hanno attivato diversi canali su Telegram e hanno cercato di gestire l’impatto mediatico come meglio hanno potuto, chiedendo perfino scusa a seguito di alcuni eventi cavalcati dalla propaganda cinese, come il caso del giornalista del Global Times (quotidiano costola del partito comunista e su posizioni ultra nazionaliste) bloccato e malmenato dai manifestanti all’aeroporto.
Un’altra chiave con la quale la Cina ha provato a fare pressione sulle proteste è stata la minaccia più o meno velata di un intervento dell’esercito. Dopo alcuni articoli allarmistici sulla stampa internazionale è stato proprio il Global Times a escludere, per ora, l’eventualità, dimostrando quanto in realtà in tanti avevano scritto: siamo di fronte a qualcosa di diverso da quanto accaduto trent’anni fa a Pechino, a TIANANMEN.
LA CINA È PIÙ POTENTE di allora, ma ha anche molti più strumenti per reagire. Uno di questi è la tattica utilizzata ad ora da Xi Jinping: non fare niente, se non utilizzare minacce verbali e aspettare che tutto quanto sta accadendo finisca per spegnersi da solo.
Il problema di questa opzione è la straordinaria capacità della mobilitazione a Hong Kong: anche ieri la città è stata percorsa da tre diverse manifestazioni, una delle quali organizzata dagli insegnanti a dimostrare l’ampio fronte anti Pechino.
Si è trattato di una giornata di proteste pacifiche, ennesimo tentativo dei manifestanti di mostrare che le proprie ragioni non hanno bisogno di violenza, almeno se non a seguito di provocazioni e violenti pestaggi come quelli messi in atto dalla polizia di Hong Kong (guidata, per altro, da due ufficiali britannici). Insieme alle proteste contro il governo della città e Pechino, si è svolta anche una manifestazione contro le proteste e a favore del governo di CARRIE LAM. (Simone Pieranni)

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HONG KONG: LA POSTA IN GIOCO

di Maurizio Sacchi, 16/8/2019, da https://www.atlanteguerre.it/

– Pechino al bivio fra repressione e diplomazia ribadisce: Hong Kong è Cina – Continua a leggere

Spedizione OS-Tienshanica 2019: partecipa anche tu e vieni a scoprire le meravigliose montagne del Tien Shan

Ti piacerebbe scoprire assieme a noi il meraviglioso Kirghizistan? Prepara lo zaino e vieni a con noi a seguire le tracce del Barone Osten-Sacken.

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Esattamente 150 anni fa nel 1869, veniva pubblicato il Sertum Tianshanicum, un’opera di botanica straordinaria a metà strada tra il diario di viaggio e la monografia scientifica che ancora oggi è il punto di partenza di ogni indagine naturalistica dell’Asia centrale. Gli autori erano il noto botanico Ruprecht e il geografo, naturalista ed esploratore Barone Osten-Sacken.

Negli anni immediatamente precedenti il Barone aveva condotto una delle prime vere esplorazioni dell’Asia centrale tra i monti del Tien Shan, le Montagne Celesti, in quello che oggi è noto come Kirghizistan.

Egli attraversò e descrisse paesaggi al tempo ignoti, percorsi da pochi esploratori russi che avevano affrontato le steppe dei kirghisi e le invalicabili montagne del gruppo himalaiano che da lì si spinge fino nelle terre indiane.

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Osten-Sacken raccolse campioni naturalistici, fece misurazioni climatiche e geografiche importanti e descrisse oltre 70 specie nuove per la scienza che andarono a completare la sua grande opera del Sertum Tianshanicum.

I monti del Tien Shan sono ancora oggi terre poco esplorate in cui il turismo di massa non è mai arrivato anche se il Kirghizistan è un paese oltremodo accogliente, che si sta aprendo piano piano al mondo dopo gli anni della supremazia russa e guardando con attenzione un futuro in cui la Cina si avvicina sempre di più politicamente e commercialmente.

Cosa rimane oggi delle grandi steppe erbose e dei picchi innevati descritti da Osten-Sacken? Si riesce ancora ad intravedere tra le rocce la sfuggente sagoma del misterioso leopardo delle nevi che trova qui uno dei pochi santuari rimasti al mondo? Vi sono ancora specie nuove da scoprire e quante ne sono scomparse?

Per rispondere a queste domande nel 2018 due nostri soci, la geografa Rachele Amerini e il naturalista Roberto Battiston, hanno ripercorso una parte del viaggio del Barone attraversando a cavallo i passi dell’Ala Tau spingendosi fino al lago ghiacciato di Son Kul.

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Quest’anno una nuova spedizione si appresta a partire per esplorare la valle di Naryn dove Osten-Sacken descrisse gli ambienti più selvaggi ed incontaminati, sulla favolosa Via della Seta fino a giungere al confine con la Cina, dove inizia il misterioso Deserto del Taklamakan Una spedizione aperta, portata avanti come missione scientifica della World Biodiversity Association in collaborazione con Geograficamente e patrocinata dal Master in GIScience e droni per la gestione del territorio di Padova.

Il gruppo che prenderà parte a questa epica spedizione si sta formando in questi giorni ed è possibile candidarsi per farne parte. Non sono richieste esperienze pregresse ma buona volontà e spirito di avventura, chiunque li possieda potrà dare il suo contributo. Non si tratta di un viaggio organizzato ma di un’occasione unica di affiancarsi ad una vera spedizione scientifica, condividere le scoperte, le emozioni e le difficoltà. Le analisi sul campo saranno infatti l’occasione di condividere conoscenze e tecniche per mappare luoghi remoti e conoscere animali e piante di queste regioni in quello che è stato allestito come un “field workshop”.

Le iscrizioni sono aperte e chiudono il 28 febbraio per un viaggio che partirà dall’Italia il prossimo 20 Aprile.

Scarica qui il programma completo e non perdere questa occasione davvero unica: http://bit.ly/ostienshanica

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