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FERMARE IL FUOCO
LE «MAMAS» DELL’INDONESIA: LA FORESTA DIFESA DALLE DONNE
di AGNESE RANALDI, dal quotidiano “DOMANI” del 31/3/2024
– Sono una novantina e pattugliano il Borneo, armate di pompe idriche per sconfiggere incendi e deforestazione. Vogliono salvare le loro comunità, ma riescono anche a emanciparsi, trovando un ruolo attivo nella società –
Le foreste del Borneo sono pattugliate da un reggimento che non imbraccia armi, ma pompe idriche, e che è composto unicamente da donne. Si tratta del POWER OF MAMA, l’unità antincendio che dal 2022 è attiva a KETAPANG, nel KALIMANTAN occidentale indonesiano (NDR: nella carta qui sopra: “KENDAWANGAN”).
Insieme a una novantina di compagne, di età compresa tra i 19 e i 60 anni, la coordinatrice del collettivo Siti Nuraini presidia il territorio per preservare l’ambiente e proteggere salute e mezzi di sussistenza delle comunità locali. «Ogni anno subivamo incendi», ha raccontato Nuraini alla Bbc, «il fumo diventava così forte che i residenti erano costretti a evacuare e le scuole dovevano chiudere. Molti bambini soffrivano di infezioni respiratorie». L’Indonesian Nature Rehabilitation Initiation, affiliato alla no profit Animal Rescue, ha creato questo collettivo di pompiere forestali per rendere le donne agenti attivi del cambiamento e per combattere attivamente gli incendi che mettono a rischio la fauna selvatica, la vita delle persone e la biodiversità.
Taglia e brucia
Il villaggio di Nuraini si trova affianco alla foresta pluviale, uno dei polmoni verdi del Sudest asiatico. L’estesa presenza di torbiere la rende un importante serbatoio di carbonio: questi habitat, infatti, immagazzinano il doppio del carbonio di tutte le foreste del mondo. Ma il loro lavoro benefico è sempre più minacciato dalla deforestazione selvaggia praticata dalle coltivazioni intensive, che danno fuoco a porzioni di foresta per ampliare gli appezzamenti di terreno coltivabili.
L’Indonesia è particolarmente suscettibile agli incendi, ma la colpa non è del caldo né del cambiamento climatico (che comunque fa il suo). Bensì di scelte politiche che hanno messo al primo posto la crescita economica, e solo in un secondo piano il benessere degli ecosistemi naturali e sociali. L’Indonesia è la maggior produttrice di olio di palma al mondo. Insieme alla Malesia, è la fondatrice del Council of Palm Oil Producing Countries, l’organizzazione intergovernativa che rappresenta le priorità, gli interessi e le aspirazioni delle nazioni produttrici di olio di palma del mondo cosiddetto in via di sviluppo. Include, infatti, anche l’Honduras e tre osservatori: Papua Nuova Guinea, Colombia, e Ghana.
«L’olio di palma viene prodotto in modo sostenibile», si legge sul sito ufficiale del Consiglio, «in particolare migliorando la produzione senza aprire nuovi terreni per la coltivazione della palma da olio». Ma nel 2023 l’industria dell’olio di palma ha continuato a disboscare l’Indonesia attraverso la pratica agricola dello slash-and-burn (“taglia e brucia”). Si parla di quasi un milione di ettari di foresta che sono letteralmente andati in fumo, perché per fare spazio alle coltivazioni di olio di palma gli agricoltori producono roghi, che causano ingenti emissioni di carbonio e aggravano il problema della foschia transfrontaliera che riguarda tutta l’isola. Questo ha reso i terreni indonesiani aridi, e le lunghe distese di torbiere secche e suscettibili agli incendi.
La deforestazione
È così che anche fenomeni naturali come El Niño, che contribuisce a creare sull’isola un clima molto torrido, risultano particolarmente inclementi coi boschi del Borneo. Secondo il ministero dell’Ambiente e delle Foreste, più di 994mila ettari (15 volte Giacarta) sono bruciati da gennaio a ottobre 2023.
Secondo un’analisi di TheTreeMap, le piantagioni industriali sono cresciute di 116mila ettari nel 2023, con un aumento del 54 per cento rispetto all’anno precedente. La deforestazione associata è aumentata del 36 per cento, con 30mila ettari di foresta convertiti nel 2023 rispetto ai 22mila ettari del 2022.
Il movimento POWER OF MAMA, oltre a proteggere le comunità locali, incoraggia a bruciare i terreni usando la gestione indigena dei fuochi, che promuove la diversità ecologica e protegge le comunità dai rischi di incendi incontrollati.
Il ruolo delle donne
La progressiva infertilità dei campi impatta in modo significativo sulle donne indonesiane. Secondo l’Organizzazione internazionale del lavoro, meno di un terzo dei lavoratori dell’olio di palma sono donne. I dati però non tengono conto del lavoro informale, come quello svolto dalle donne nei campi curati dai loro mariti. La sfida, per loro, è quella di riuscire a conciliare il peso del lavoro domestico con la necessità di portare avanti l’attività familiare nelle coltivazioni.
Ma le cose stanno cambiando, anche grazie a iniziative come il Musim Mas’ Women Smallholders Programme, che ha formato circa 500 donne nella regione di Riau, a Sumatra. Nato nel dicembre 2023, il gruppo serve a fornire assistenza sanitaria e aiutare le donne impiegate in questo genere di lavori a mantenere uno stile di vita sano.
Inoltre, secondo il rapporto Onu “Rural Women and Girls 25Ye rs after Beijing”, a livello globale si è assistito a una progressiva “femminilizzazione” del lavoro agricolo nelle aree rurali. Ciò è dovuto anche al fenomeno dell’urbanizzazione, dettato dalle nuove opportunità di lavoro offerte dallo sviluppo industriale, che nel Sudest asiatico – considerato in buona parte composto da economie “emergenti” – in alcuni casi è ancora in corso.
Sono molti gli uomini che si sono spostati per cercare impiego in città, anche se restano la percentuale più alta dei proprietari terrieri nella campagna. Anche per questo, le donne indonesiane devono caricarsi, oltre al lavoro domestico, anche delle attività di sostentamento della loro famiglia e della comunità in cui vivono. Subiscono così, molto più spesso e in modo più sproporzionato, anche le conseguenze più inclementi del cambiamento climatico che si abbatte sui campi.
L’autodeterminazione
Il lavoro del POWER OF MAMA mira a ispirare le donne locali a svolgere un ruolo attivo nella protezione delle foreste, per garantire la sopravvivenza delle comunità e della fauna locale, come gli orangotango. Le Mamas battono quattro aree boschive: Pematang, Dagung, Sungai Besar, Sungai Awan Kiri e Sukamaju.
Evitare che le foreste e le torbiere, un tempo umide e ricche di carbonio, siano prosciugate dall’agricoltura industriale è importante per ragioni che intersecano giustizia sociale, giustizia di genere e ambientalismo.
Nuraini si alza presto tutte le mattine, esce indossando un hijab marrone con su scritto “the power of mama” e scarponi di gomma al ginocchio. «Ci deridevano perché indossavamo le uniformi e ci univamo alle pattuglie di controllo», ha raccontato, «gli uomini del villaggio ci prendevano in giro e dicevano cose come: “Donne che pattugliano? Davvero?”».
Laili Khairnur, ambientalista e attivista per i diritti delle donne, ha raccontato che soprattutto nelle aree rurali le donne sono attori chiave dei programmi che coinvolgono le comunità. «Questo perché le donne sono le prime beneficiarie», ha detto alla Bbc, «il senso di appartenenza a un programma è la base del loro coinvolgimento». In altre parole, partecipare a iniziative collettive come il Power of Mama consente loro di aiutare la propria comunità, di autodeterminarsi, e quindi di aiutare sé stesse.
(AGNESE RANALDI, dal quotidiano “DOMANI” del 31/3/2024)
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PATRIMONIO VERDE
NON SOLO AMAZZONIA: LE 15 FORESTE PIÙ A RISCHIO DEL PIANETA
di Carola Traverso Saibante, da https://www.corriere.it/ ,
– Le foreste coprono il 30% delle terre emerse e contengono la gran parte di biodiversità. Ogni minuto 26 ettari di foresta (pari a 35 campi da calcio) vengono distrutti. Dal Congo al Kenya, dal Cile a Sumatra, ecco alcune tra quelle più a rischio –
I «Fronti di deforestazione» secondo il Wwf
Alcune tra le foreste di cui abbiamo parlato sono state identificate quali «Fronti di deforestazione» nell’ultimo capitolo del rapporto Living Forests Report: Saving Forests at Risk, realizzato recentemente dal Wwf. Piantagioni di palma da olio, soia; agricoltura e allevamento; legna per combustibile e carta; attività estrattiva; infrastrutture, dighe e altri progetti minacciano questi polmoni verdi. Secondo il rapporto, con gli attuali ritmi di deforestazione, nel giro di quindici anni si perderà un’area della taglia di Francia, Germania, Spagna e Portogallo messi insieme.
I 170 milioni di ettari di foreste che andranno persi nel globo tra il 2010 e il 2030 si concentreranno all’80% negli undici fronti di deforestazione identificati: Amazzonia, foresta atlantica, Chocó-Darién e Gran Chaco, Borneo, Nuova Guinea, Sumatra e bacino del Congo. La savana tropicale del Serrado in Brasile, un tempo estesa quanto mezza Europa, oggi è terra di coltura per biocarburanti. Le foreste dell’Africa orientale e quelle dell’Australia orientale. E infine, quelle della regione del Greater Mekong, tra Cambogia, Laos, Myanmar, Thailandia e Vietnam, che ne ha già perse un terzo, e potrebbe perderne un altro terzo entro il 2030.
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LA MAPPA DELLE FORESTE: QUANTE NE ABBIAMO PERSE E QUANTE NE SONO CRESCIUTE IN 30 ANNI
di Giacomo Talignani, da www.repubblica.it del 22/1/2022
– Negli ultimi tre decenni il 43% dei Paesi ha visto una riduzione netta della propria area forestale, mentre il 38% l’ha guadagnata. In Africa e Amazzonia i danni peggiori della deforestazione. Ma dal 2000 sono ricresciuti 59 milioni di ettari –
Qual è lo stato delle foreste del mondo? Quante ne stiamo perdendo e dove? Altre ricrescono? E come impatta l’azione dell’uomo su alberi e piante del nostro Pianeta?
I polmoni verdi del mondo sono un organo straordinario per permettere la vita sulla Terra e mantenere la biodiversità. Negli ultimi decenni però l’agricoltura intensiva, gli incendi, le monocolture e l’espansione delle attività umane hanno contribuito a una crescente deforestazione mettendo a rischio il fondamentale contributo delle foreste, dall’assorbimento di CO2 nella lotta al riscaldamento globale sino agli habitat per milioni di specie.
Osservando i dati dell’ultimo rapporto Fao 2020 sullo stato delle foreste e incrociando le cifre delle più recenti ricerche scientifiche, proviamo a rispondere ad alcune delle domande più importanti per conoscere le condizioni delle foreste globali. Le foreste ricoprono oggi circa il 31% della superficie del Pianeta, pari più o meno a 4 miliardi di ettari, ovvero circa a 0,52 ettari a persona.
Quante ne stiamo perdendo
Ogni anno nel mondo spariscono in media 10 milioni di ettari di foreste (media 2015-2020). Negli ultimi trent’anni, secondo la Fao, circa 420 milioni di ettari di foresta (a partire dal 1990) sono andati perduti per diverse ragioni: in primis per la conversione da parte dell’uomo del suolo ad altri usi, come l’agricoltura intensiva, ma anche per urbanizzazione, incendi e altri fattori. Il tasso di deforestazione nell’ultimo decennio è in calo: questo vale per esempio per le foreste europee, nord americane e dell’Asia, ma non per l’Africa o il Sudamerica.
Quante ne crescono
Secondo un’analisi di Trillion Trees, join venture fra Wwf e Birdlife international e Wildlife conservation society, negli ultimi 20 anni quasi 59 milioni di ettari di foreste nel mondo sono ricresciuti. Una quantità pari alla superficie dell’intera Francia e che aiuta ad assorbire l’equivalente di 5,9 miliardi di tonnellate di CO2, più di tutte le emissioni annuali degli Usa.
Dove si trovano le grandi foreste
Più della metà delle foreste del mondo si trovano in Russia, Brasile, Canada, Stati Uniti d’America, Congo e Cina. La maggior parte delle foreste (45%) sono nella fascia tropicale, seguite da quella boreale. Le due più grandi foreste pluviali al mondo sono considerate quelle dell’Amazzonia e della Repubblica Democratica del Congo. Negli ultimi 30 anni il 43% dei Paesi ha visto una riduzione netta della propria area forestale, il 38% ha invece guadagnato area forestale e il 19% non ha avuto cambiamenti. Il 30% di tutte le foreste pluviali tropicali, delle foreste subtropicali secche e delle foreste temperate delle coste oceaniche si trovano oggi all’interno di aree protette e oggi 2,05 miliardi di ettari di foreste, oltre la metà del totale, sono soggetti a programmi di gestione.
Dove crescono o diminuiscono
Secondo la Fao i 10 Paesi che in media hanno registrato la più alta perdita annua netta di superficie forestale (tra 2010 e 2020) sono stati Brasile, Repubblica democratica del Congo, Indonesia, Angola, Tanzania, Paraguay, Myanmar, Cambogia, Bolivia e Mozambico. Al contrario, i dieci con il maggiore aumento netto nello stesso periodo sono Cina, Australia, India, Cile, Vietnam, Turchia, Stati Uniti d’America, Francia, Italia e Romania.
Amazzonia e Africa
Nel mondo le emissioni prodotte dalla perdita di superficie forestale sono diminuite di circa un terzo dal 1990. Per due aree però questo andamento positivo sembra non valere. In Amazzonia, secondo l’ong Imazon, solo nell’ultimo anno sono andati distrutti 10.476 chilometri quadrati, un’area più grande del 57% rispetto all’anno precedente e la più estesa dal 2012. Il tasso annuo più alto di perdita netta di foresta negli ultimi dieci anni si osserva però in Africa: qui è stato perduto un totale di 3,9 milioni di ettari. Studi recenti raccontano che questa perdita dovuta alla deforestazione sta già contribuendo ad aumentare gli effetti del riscaldamento globale, a rafforzare l’intensità dei temporali e delle inondazioni, soprattutto nelle aree costiere.
La biodiversità
L’80% della biodiversità terrestre sulla Terra è ospitata dalle foreste. Queste contengono oltre 60mila specie diverse di alberi e ospitano l’80% delle specie di anfibi, il 75% di uccelli e il 68% di mammiferi. La maggior parte delle superfici forestali (93% del totale) è costituita da foreste che si rigenerano naturalmente, il resto da foreste piantate.
La sussistenza
Per la Fao le foreste forniscono oltre 86 milioni di “posti di lavoro verdi” e si stima che di coloro che vivono in condizioni di estrema povertà oltre il 90% dipenda dalle foreste come mezzo di sussistenza, dal cibo sino alla legna.
Come proteggerle
Per preservare le foreste e i suoi abitanti è necessario continuare ad invertire la rotta della deforestazione e per la Fao possiamo farlo attraverso “un cambiamento radicale nel modo in cui produciamo e consumiamo il cibo”. Inoltre è “necessario conservare e gestire le foreste e gli alberi con un approccio che integri il paesaggio e rimediare ai danni finora causati dagli interventi di bonifica”.
(Giacomo Talignani, da www.repubblica.it del 22/1/2022)
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DAVI KOPENAWA, portavoce del popolo YANOMANI – I momenti salienti della vita di Davi Kopenawa – Survival International
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EVENTI | 5-6-7 APRILE 2024
UN GRIDO DALL’AMAZZONIA. INSIEME A DAVI KOPENAWA YANOMAMI PER UN VIAGGIO DI CONOSCENZA
Convegno sulla salvaguardia della foresta Amazzonica con Butterfly Effect Butterfly effect project in Amazzonia. Tre giorni di incontri e dialogo con il portavoce del popolo Yanomami e sciamano Davi Kopenawa
L’Associazione Il mondo di Tommaso organizza un convegno di tre giorni che si svolgerà tra la foresta del Cansiglio, il Convento San Francesco della Vigna, a Venezia, e Parco Fenderl a Vittorio Veneto TV. Un vero e proprio viaggio di conoscenza sull’importanza della salvaguardia della Foresta Amazzonica e dei suoi popoli nativi, in particolare degli Indios Yanomami. Il progetto “Butterfly Effect Butterfly effect project in Amazzonia” promosso dall’Associazione, nasce proprio in difesa degli Indios che da sempre vivono e custodiscono la più grande foresta pluviale del mondo, luogo fondamentale per la vita sulla terra. Numerosi gli ospiti che interverranno nel corso delle giornate: Davi Kopenawa, portavoce del popolo Yanomami, sciamano e noto a livello internazionale per il suo impegno in difesa dei diritti indigeni, della salvaguardia della foresta amazzonica e della tutela dell’ambiente; Carlo Zaquini missionario della Consolata in Brasile; Marco Tobon antropologo, accademia degli studi amazzonici dell’Università Nazionale Colombiana, Luca Mercalli climatologo e divulgatore scientifico, Luise Raffaele giornalista e scrittore, autore del libro “Amazzonia. viaggio al tempo della fine”; Toio de Savorgnani scrittore e ambientalista; Michele Boato Direttore dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer.
Tante voci diverse accomunate da una stessa consapevolezza: salvaguardare la foresta, e i suoi abitanti, è fondamentale per salvaguardare l’esistenza stessa del nostro Pianeta.
Il programma degli eventi gratuiti
📆 5 APRILE 2024
📍 Rifugio Alpino Vallorch Al Pian del Cansiglio
▶ 15:00 | Passeggiata con Davi Kopenawa Yanomami, Carlo Zacquini, Toio De Savorgnani e Marco Tobon.
▶ Concerto in foresta con Zumusic Project.
▶ 19:30 | Cena di beneficenza nel Rifugio Alpino Vallorch AL Pian del Cansiglio. (Su prenotazione)
È gradita la prenotazione: info@ilmondoditommaso.org | WhatsApp a Claudio 338 6213782 oppure Toio 346 6139393
📆 6 APRILE 2024
📍 Convento San Francesco della Vigna, Venezia
▶ 16:00 | Convegno sull’Amazzonia con Davi Kopenawa Yanomami, Carlo Zacquini, Luca Mercalli, Marco Tobon, Simone Morandini, Raffaele Luise, Toio De Savorgnani e Michele Boato
📆 7 APRILE 2024
📍 Parco Fenderl, Via San Gottardo 91, Vittorio Veneto (TV)
▶ 10:00 | Incontro con “Artigian e Contadin”
▶ 10:30 | Passeggiata con Davi Kopenawa Yanomami
▶ 11:00 | Spettacolo di burattini con Alberto de Bastiani
▶ 15:00 | Inaugurazione Murales di Ericailcane e Bastardilla
▶ 16:00 | Convegno sull’Amazzonia con Davi Kopenawa Yanomami, Marco Tobon, Paola Favero, Raffaele Luise, Toio De Savorgnani, Michele Boato
▶ 20:30 | Concerto con l’OrcheStraForte, orchestra giovanile formata da una quarantina di studenti di musica
EVENTI GRATUITI
È gradita la prenotazione: info@ilmondoditommaso.org
WhatsApp a Claudio 338 6213782 oppure Toio 346 6139393
Per ulteriori informazioni e rimanere aggiornati sui progetti dell’Associazione: ilmondoditommaso.org
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MOVIMENTO CHIPKO, ABBRACCIARE GLI ALBERI PER SALVARE LE FORESTE DELL’HIMALAYA E DELL’INDIA
di Rebecca Manzi, da https://www.greenme.it/, 12/1/2024
– Uno sforzo collettivo, in primis delle donne contadine, per preservare le foreste ed evitare l’abbattimento degli alberi, ispirandosi ad un episodio del 1730 –
Sotto la guida di due discepoli diretti di Gandhi, Mira e Sarala Bhen, e del locale Sunderlal Bahuguna, nel 1973 è nato il Movimento Chipko, che lotta contro il crescente e irrazionale sfruttamento delle risorse forestali sulle pendici dell’Himalaya e dell’India.
Un’iniziativa che è stata ispirata alla storia di Amrita Devi Bishnoi che venne decapitata insieme alle sue tre figlie per aver guidato nel 1730 la difesa pacifica di una foresta di alberi khejri, che l’allora governatore aveva ordinato di abbattere per costruire un nuovo palazzo.
Si narra che la sua ultima frase sia stata: “Una testa mozzata è più economica di un albero abbattuto”. Quando la notizia si diffuse, i bishnoi di diversi villaggi si recarono sul posto per manifestare contro il disboscamento.
Uomini, donne, anziani e bambini iniziarono ad abbracciare gli alberi, ma i soldati non ebbero pietà. Tanti, tantissimi, fecero infatti la stessa fine di Amrita. Quel giorno a terra rimasero i corpi di 363 persone uccise mentre proteggevano la foresta.
GLI ESORDI DEL MOVIMENTO CHIPKO
Per far sì che il loro gesto non sia stato vano, si diede vita al Movimento Chipko che da allora si spende per salvare gli alberi pacificamente. La prima azione risale al 1973, quando un gruppo di abitanti della comunità di Mandal si recò nella foresta battendo i tamburi per proteggere 300 frassini che dovevano essere abbattuti.
Questa volta, però, ebbero più fortuna. Gli operatori con le motoseghe, vedendo la comunità organizzata e determinata ad abbracciare gli alberi, desistettero dall’abbatterli. Proprio da qui il movimento prese il nome di Chipko, che in hindi significa “abbracciare” o “aggrapparsi”.
Un movimento di donne e uomini, ma soprattutto di donne contadine che furono protagoniste nonostante i propri mariti lavorassero nelle segherie. Spesso si trovarono a contrastare i loro stessi compagni, ma gli ideali erano più forti di tutto.
Inizialmente l’obiettivo del Chipko era solo la sopravvivenza delle comunità rurali, che avevano bisogno delle risorse forestali, ma a poco a poco il movimento si è evoluto e si è affermato nel corso del tempo anche grazie a fenomeni nati successivamente ma che qui ebbero i loro esordi come il femminismo o l’ambientalismo. (Rebecca Manzi, da https://www.greenme.it/, 12/1/2024)
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LE DONNE INDIGENE CI STANNO MOSTRANDO COME LOTTARE PER I DIRITTI AMBIENTALI E UMANI
di CARLOTTA SISTI, 7/2/2024, da https://www.elle.com/it/magazine/
– Le donne indigene attiviste del Sud America hanno cambiato completamente il panorama politico e non hanno intenzione di mollare –
Il Sud America è attraversato da Continua a leggere