POLESINE: LA GRANDE ALLUVIONE DI SETTANT’ANNI FA (novembre 1951) – L’epopea di un territorio sentito come marginale, che ha visto emigrazioni e difficoltà; e che ora mostra pregi ambientali e sviluppo economico che superano ogni gap e sono esempio virtuoso (a partire dal suo paesaggio)

La GRANDE ALLUVIONE nel POLESINE del novembre 1951 (cui adesso ricorre il 70mo anniversario) – Furono 101 le vittime, 84 solo nel «camion della morte», che fu inghiottito dalle acque all’altezza di Frassinelle con il suo carico di fuggiaschi. Furono oltre 200 mila i senzatetto, 700 gli edifici distrutti (nella foto: immagine dell’inondazione, da rainews)

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Alluvione del Polesine. 16 novembre 1951 – Evacuata la popolazione si dirige verso i centri di soccorso (foto da WIKIPEDIA)

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   L’alluvione del Polesine del novembre 1951 fu un evento catastrofico che colpì gran parte del territorio della provincia di Rovigo (e in parte la provincia di Venezia), causando centouno vittime: e tra queste accertate, ben 84 tra bambini, donne, anziani che morirono insieme sul “camion della morte”, un veicolo di soccorso che fu inghiottito dalle acque all’altezza del comune di Frassinelle con il suo carico di fuggiaschi.

Alluvione del Polesine (1951) – Intervento dei Marò del Battaglione San Marco (da Wikipedia)

   In tutto 101 vittime dell’alluvione paradossalmente (e tragicamente) possono apparire anche poche se si va a considerare la vastità della distruzione: che portarono a più di 180.000 senzatetto, con conseguenze sociali ed economiche disastrose per un territorio già di per sé povero. I polesani in quella prima metà del ‘900 erano protagonisti di alti livelli di emigrazione, che diventarono ben più consistenti con i disastri della grande alluvione del ’51: con questo tragico evento oltre 100.000 polesani emigrarono verso le regioni industrializzate e il nord Europa alla ricerca di fortuna e di lavoro.

MAPPA dell’alluvione disastrosa del novembre 1951 con le aree inondate (vedi la LEGENDA in basso a sinistra) (da Wikipedia) – per l’analisi delle cause della grande alluvione: https://it.wikipedia.org/wiki/Alluvione_del_Polesine_del_novembre_1951

   Ne parliamo (scriviamo) qui per innanzitutto come rispetto e memoria di questa tragedia nel suo settantesimo anniversario dal novembre 1951; ma anche per parlare di questa meravigliosa terra che è il Polesine, atipica, diversa da tutte le altre del Veneto e del Nordest. Che è sempre apparsa marginale rispetto ad altre aree più “all’attenzione mediatica” nel Veneto (Venezia, Vicenza e la sua economia, la montagna bellunese, Treviso, Verona snodo con il Nord Europa…); ma di Rovigo e il Polesine si parlava (si parla) molto meno (almeno questo a noi sembra).

LA MOSTRA PER I SETTANT’ANNI – NOVEMBRE 1951-2021, IL POLESINE IERI E OGGI: DALLA DEVASTAZIONE DELL’ALLUVIONE È NATO UN MONDO NUOVO -A Palazzo Roncale di Rovigo foto d’epoca, video e plastici fissano la memoria dopo settant’anni ma guardano, soprattutto, alla rinascita

   In effetti, pur in un’economia che ha scontato difficoltà ad affermarsi nei decenni, ora appare che ci può essere un recupero sostanzioso di un Polesine visto come terra e ambiente così straordinario e unico. Non è solo, guardando all’economia, il risultato economico positivo durante il Covid nel 2020 di Rovigo (+490 milioni di esportazioni rispetto all’anno prima), meglio di tutte le altre parti del Veneto, derivante essenzialmente dal commercio di medicinali e preparati farmaceutici.

IL POLESINE È UNA REGIONE STORICA E GEOGRAFICA che, dal punto di vista della geografia antropica s’identifica con la provincia di ROVIGO, e dal punto di vista della geografia fisica viene definito come tale il territorio situato tra il basso corso dei fiumi ADIGE e PO fino al Mare ADRIATICO il cui confine occidentale, indefinito, lo separa dalle VALLI GRANDI VERONESI.   Il territorio del POLESINE si presenta come una LINGUA DI TERRA STRETTA E LUNGA – che si sviluppa longitudinalmente da ovest ad est racchiusa tra gli imponenti Po ed Adige – terminante ad est col DELTA DEL PO, e che risulta solcata da una miriade di corsi d’acqua e paleoalvei di antichi fiumi che, con le loro sinuose anse, intersezioni ed argini, disegnano il territorio stesso. (mappa -carta Polesine e dettaglio dei comuni- e testo da WIKIPEDIA)

   O del riso coltivato nel Delta del Po, o dell’ortofrutta prodotta abbondantemente (come l’insalata di Lusia), l’aglio bianco, il melone, il miele, la zucca….. E l’industria di trasformazione agroalimentare di questi stessi prodotti. E poi la vongola, l’ostrica, i molluschi allevati a Porto Tolle (esempi si possono vedere nella Sacca degli Scardovari nel Parco del Delta del Po). E poi il mantenimento e crescita della coltivazione della barbabietola (con forte aumento del biologico) e la produzione di zucchero.

“(…)… c’è la VONGOLA. Anche l’OSTRICA, che qui è rosa. Gli impianti in laguna, la mattina gli allevatori vanno a raccogliere, ed è tutto oro. Il distretto con base a Porto Tolle è cresciuto specializzandosi nei MOLLUSCHI, e con i colleghi veneziani ne produce tonnellate, per milioni di euro (….) (Brunella Giovara, da “il VENERDÌ” de “la Repubblica” del 22/10/2021)(nella FOTO, due cavàne di pescatori nella Sacca degli Scardovari – foto da https://www.watermuseumofvenice.com/)

    L’essenza di un “nuovo Polesine” non è solo data da questi prodotti, ma anche dal fatto che una sua certa marginalità al giorno d’oggi (che peraltro va sempre più scemando), può apparire l’essenza originale di un territorio di notevole interesse per nuove esperienze di sviluppo in tutti i campi, tecnologici, della formazione culturale (l’Università a Rovigo…); sia poi nell’agricoltura che nel turismo. Del vivere bene in una terra che sta ben recuperando (in meglio, con minor sentore di alcune delle distorsioni della crescita confusa delle altre provincie venete); un trend di sviluppo che lo può portare (il Polesine) ad essere in poco tempo come l’esperienza di progresso più interessante di tutto il Nordest.

“(…) Un deciso passo avanti verso il RILANCIO DEL POLESINE e di una delle ZONE NATURALISTICHE CHE PIÙ LO CARATTERIZZANO, l’oasi del DELTA del PO scenario unico in Italia. Nel PNRR (piano nazionale di ripresa e resilienza) il governo ha inserito, tra i 14 progetti strategici come grandi attrattori culturali e ambientali, il Parco del Delta del Po. Sarà sostenuto con un ingente stanziamento di 55 milioni di euro. (…)” (Giacomo Capovilla, 29/4/2021, da https://www.ilrestodelcarlino.it/) (nella foto: DELTA DEL PO, da https://palazzoroverella.com/)

   E’ così che dalla memoria di una immane tragedia e sofferenza dei polesani, con la disastrosa alluvione di settant’anni fa, ci stiamo accorgendo tutti che da quella terra ricca di paesaggi meravigliosi, abbiamo molto da andare a conoscere, imparare, nel suo modo di essere e di esprimersi, in particolare per quella transizione ecologica che stiamo tutti cercando. (s.m.)  

TRA I DUE FIUMI (mappa da Wikipedia) – L’export trascina l’economia del Polesine. LA PROVINCIA DI ROVIGO, IN VENETO, È QUELLA CHE REGISTRA I MAGGIORI RISULTATI PER QUEL CHE RIGUARDA LE ESPORTAZIONI NEL 2020, con un più 490 milioni di euro rispetto all’anno prima. La CAPACITÀ DI ESPORTAZIONE DELLE IMPRESE VENETE relativa al 2020(PARI A 59,8 MILIARDI DI EURO) SEGNA UNA PREVEDIBILE FLESSIONE (-8,2%), ma il Veneto riesce a definire un risultato comunque migliore rispetto a quello nazionale (-9,7%). E’ quanto emerge dal rapporto stilato da Statistiche flash, il periodico dell’ufficio statistica della Regione, che ha misurato la dinamica delle esportazioni dei settori produttivi veneti, analizzando in particolare l’impatto della crisi pandemica sull’interscambio commerciale con l’estero nazionale e regionale.   Nel dettaglio, uno sguardo a livello territoriale permette di cogliere le differenze tra le singole province. Le maggiori flessioni del fatturato estero si registrano nelle province di Vicenza (-1,7 miliardi di euro rispetto al 2019), Padova (-1,3 miliardi), Treviso (-995 milioni e Belluno (-882 milioni) ai quali si contrappone il RISULTATO POSITIVO DIROVIGO (+490 milioni), DERIVANTE ESSENZIALMENTE DAL COMMERCIO DI MEDICINALI E PREPARATI FARMACEUTICI. (da https://www.polesine24.it/ 11/7/2021)

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VI RICORDATE DEL POLESINE?

di Brunella Giovara, da “il VENERDÌ” de “la Repubblica” del 22/10/2021

– Settant’anni dopo la prima grande alluvione, questa terra nata povera è oggi diventata ricca. Un miracolo? “No, abbiamo soltanto trasformato la sfortuna in opportunità” –

ROVIGO – Sull’argine, nessuno. Chilometri di argine, da Porto Viro ad Adria, una sera di ottobre, se si apre il finestrino entra l’odore della laguna. Ma la gente dov’è? Nel buio, poche luci lontane, eppure ci sono dei paesi là sotto, per strada solo nutrie grasse, più nutrie che persone, in Polesine, sicuro.

   Il buio è lo stesso di 70 anni fa, quando nel Delta arrivò la grande acqua, piovve undici giorni e il vento era scirocco. Nella memoria, Polesine significa ancora alluvione, la prima del 1951, poi nel ’57, nel ’60, nel ’66. Era la malora, non si faceva in tempo a rimettersi in piedi che arrivava un’altra piena e si ripartiva da capo. Emigrarono in 80 mila, uno su tre. Qualcuno tornò, e questo spiega i paesi vuoti, le case abbandonate nella pianura enorme che di notte mette paura. Piatta, buia, è stata una terra di carestia, la “Cenerentola del Veneto. Poi è arrivato il riscatto. Il salto di qualità. Negli anni Duemila il Pil era già arrivato al livello di quello regionale”, dice Francesco Jori, studioso, curatore della mostra inaugurata a Rovigo il 23 ottobre.

   Cinquant’anni, ci hanno messo. Quest’area mista di acqua dolce e salata, campi e ponti, canali che si intrecciano, idrovore, è stata il meridione del Veneto, i parenti poveri costretti ad andarsene. Migranti climatici, li si direbbe oggi. La loro terra non c’era più, migliaia di animali annegati nelle stalle, i contadini piangevano perché non potevano salvarli, una foto mostra le vacche con il muso a pelo dell’acqua, gli occhi impazziti dalla paura.

   Nel racconto di una contadina che abbandonò la casa di Donada il 17 novembre 1951, c’è quella stessa disperazione grande. “Nessuno sparecchiò”, tutti corsero verso il punto di raccolta. A gennaio lei tornò, la barca accostò alla finestra del primo piano: entrò in camera da letto, era in ordine come l’aveva lasciata. Si affacciò sul vano scala e vide l’acqua nera, ferma, che copriva il sotto. Così per chilometri, l’acqua sommerse tutto. Ci furono relativamente pochi morti, data la vastità della distruzione. Centouno vittime, quelle accertate. Di queste, 84 tra bambini, donne, anziani, morirono insieme sul “camion della morte”, scrissero i giornali. Scappavano da un’acqua cattiva, ma l’autista non era del posto, sbagliò direzione. Li hanno seppelliti a Frassinelle, e sono ancora lì.

   “La prima semina della barbabietola fu nel ’52, ma il raccolto andò male. Le barbabietole avevano il “bisso nero”, una malattia. Geremia Gennari aveva dieci anni, ricorda bene i dettagli, il Po che cresceva e suo padre che diceva: “Sarà come quando i tedeschi nella ritirata hanno tagliato gli argini. Si riempiranno i fossi…”. Poi si spostarono in paese, poi portarono il bestiame sull’argine, poi attraversarono in barca il canale e si ritrovarono sfollati in Emilia.

GRANDI OPERE E TRIVELLE

Dopo Gennari studiò, entrò in politica, fece l’amministratore, fu dirigente della Coldiretti, vide da vicino il boom del Veneto dei Sessanta, e anche quello più lento dei suoi paesi. Lo Stato fece grandi opere, come la Transpolesana, e mise tre miliardi di lire per rinforzare gli argini, su terre che sono 3-4 metri sotto il livello del mare, come l’Olanda. Ci fu la riforma agraria, i poderi e le nuove vacche concessi alle famiglie, le case popolari, l’interporto di Rovigo, la centrale elettrica. “Ci fu la tenacia della popolazione, e un’onda di crescita”, un’onda buona, infine.

   Marco Gottardi, funzionario del Parco del Delta del Po veneto, ente che sta conducendo una battaglia contro il progetto delle trivelle per estrarre il gas dal mare, contro il rischio concreto di un ulteriore abbassamento della terra, conosce le onde buone e quelle cattive. Il padre emigrato a Torino, lui nato lì nel ’59, quartiere Pellerina: “Mio padre aveva nostalgia, voleva morire a casa. Tornammo nel ’66, e non c’era neanche l’acqua potabile”.

   Quando l’acqua si ritirò, e ci vollero mesi di bonifica, la terra fu da subito fertile, ricca di minerali e sostanza organica. Lì si è impiantata una delle chiavi del successo del Polesine moderno. L’agricoltura, la barbabietola per gli zuccherifici che si stavano costruendo, poi le colture di qualità, la ricerca dell’eccellenza ovvero dei marchi Dop e Igp, che sono il riso del Delta (su novemila ettari), l’insalata di Lusia, l’aglio bianco, il melone, il miele, la zucca. Oggi ci sono stabilimenti dove si fa la “quarta gamma”, si imbusta, si mette sottovuoto l’ortofrutta e si spedisce alle catene dei supermercati, e all’estero. Tutto fresco, da questi campi asciugati dall’acqua, è stata un’impresa epica e anche biblica, si racconta ancora di una mamma che mise il figlio neonato in un cesto e lo affidò alla corrente, perché almeno lui si salvasse. Non si è mai capito se è successo davvero, o se è una di quelle leggende che nascono nella paura.

OSTRICHE E COMPUTER

“Soffre di vertigini? No? Allora mi segua” Si sale sulla torre Donà, che è il grattacielo di Rovigo, seguendo il sindaco Edoardo Gaffeo, 54 anni, docente di Politica economica a Trento. La torre è medievale, è il simbolo della città, restaurata con una struttura di scale, 17 rampe da 17 scalini, si sale nel vuoto e infine si guarda sotto. Da una parte il Po, dall’altra l’Adige, in fondo c’è il mare. Una provincia piccola, “230 mila abitanti, territorio tra i più anziani d’Italia”.

   Però c’è l’università, partita vent’anni fa con le sedi distaccate di Padova e Ferrara, duemila studenti che possono studiare qui invece di andare a Padova e a Ferrara, e “adesso si inaugura il corso di laurea magistrale in inglese, in Ingegneria idraulica: si comincia con cinquanta studenti, tutti stranieri”, evidentemente all’estero sanno che la materia è di casa, “e poi serve una narrazione legata all’acqua, ma in chiave positiva e moderna”.

   Il ricordo, certo, poi il futuro “su un territorio che dal punto di vista idrogeologico è il più sicuro del Nord Italia”, adesso. Gaffeo pensa che qui “si è trasformata la sfortuna in opportunità”, poi c’è ancora così tanto da fare: “Una delle chiavi di volta di città così piccole è la cultura, la possibilità di formarsi e il potenziamento di quello che c’è, il teatro, il conservatorio e le grandi mostre, il turismo culturale ma che l’Innovation Lab”, che è poi il vecchio liceo trasformato in palestra digitale, con i laboratori per il co-learning, co-working, co-design. I corsi per i bambini che imparano a programmare, e per i nonni analfabeti digitali, alle prese con il computer o la macchina a taglio laser. “Siamo una terra storica di emigrazione, perciò bisogna lavorare perché i giovani restino, per scelta”.

   Poi, c’è la vongola. Anche l’ostrica, che qui è rosa. Gli impianti in laguna, la mattina gli allevatori vanno a raccogliere, ed è tutto oro. Il distretto con base a Porto Tolle è cresciuto specializzandosi nei molluschi, e con i colleghi veneziani ne produce tonnellate, per milioni di euro. A Scardovari, nella cavàna di Alessio Greguoldo, si incollano le ostriche sul filo, poi si appendono in acqua, “sono l’unico a usare energia rinnovabile, con pannelli fotovoltaici e l’eolico”, altri seguiranno. Le sue ostriche finiscono nella cucine dei grandi chef, “e il futuro è nel territorio, nel prodotto di qualità, e in una vita di qualità. E come vede, noi viviamo già in un quadro”. La laguna manda lampi metallici, c’è una grande quiete, e ci sono anche le barche della vigilanza per evitare furti di molluschi.

DA BERGANTINO A CONEY ISLAND

C’è un altro distretto importante, ed è quello della giostra. Nato nel dopoguerra a Bergantino, “dai meccanici di biciclette che dovevano campare” racconta l’imprenditore Giorgio Cuoghi davanti allo spritz. Un genio delle luci, sono sue quelle che illuminano Coney Island. Settanta imprese, 500 addetti, costruiscono ruote panoramiche e altre attrazioni gigantesche che esportano nel mondo, e anzi sono i primi nel mondo, avendo resistito all’alluvione, essendosi specializzati nella lavorazione del legno e delle resine. “Mio padre era meccanico, montava gli abbeveratoi nelle stalle. Siamo una categoria di spiriti liberi, di inventori che volevano correre, volevano una vita diversa”.

   Nati in povertà, via dalla povertà, ma lasciando le radici tra la terra e l’acqua, dove adesso c’è il grande Parco di dune e boschi, ora Mab Unesco. Moreno Gasparini, presidente del Parco: “Un milione centomila visitatori, quest’anno. Il nuovo turismo è eco, è slow, è fatto di bici, grandi spazi, archeologia, cultura, il Po”. Poi, come dice Gottardi, “per noi il fiume è sempre stato la casa”, persino quando era cattivo. (Brunella Giovara, da “il VENERDÌ” de “la Repubblica” del 22/10/2021)  

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POLESINE, L’ALLUVIONE DEL 1951: UN TESTIMONE RACCONTA LA FUGA, LA PAURA E IL ROMBO DEL FIUME CHE INGHIOTTE TUTTO

di Enzo Fusaro (testo raccolto da Monica Fusaro),

da https://www.ilgazzettino.it/nordest/ del 13/10/2021

   Si avvicina il settantesimo anniversario dell’alluvione del Polesine del novembre 1951 e ogni anno per me è alquanto doloroso rivivere quei momenti di panico e impotenza, di cui sono stato testimone con i miei increduli occhi di bambino di otto anni. So che si moltiplicano le intenzioni di tramandare la memoria di quanto avvenuto quella tragica notte con eventi e manifestazioni, quindi ho chiesto a mia figlia di aiutarmi a scrivere per rendermi disponibile al racconto, in modo da tramandare il ricordo di quanto siamo piccoli di fronte alla natura e passare il messaggio che per quel che ciascuno può, bisogna cercare di aiutarla, non ostacolarla o distruggerla, questa benedetta natura.
   Mi commuovo ancora mentre racconto, sarà l’età che rende più sensibili, sarà anche che le tragedie lasciano segni indelebili che nessun lasso di tempo può cancellare. Ricordo l’arrivo repentino di mio nonno, col viso trasfigurato dalla paura, temendo di non arrivare sufficientemente presto: se avesse tardato, saremmo stati travolti tutti dalla furia del fiume, quello stesso fiume che tante volte aveva accompagnato i miei giochi di bambino. Egli arrivò in tempo, fortunatamente, ci svegliò bruscamente, erano circa le 21 di una serata qualunque, il nonno mi strappò dai miei sogni, urlava: «Presto, alzatevi! Vestitevi! Il Po ha rotto gli argini, dobbiamo scappare!».

   Così ci trascinammo fuori dai nostri poveri giacigli, corremmo a raccogliere qualche coperta e del cibo, io non capivo niente di ciò che stava accadendo, sentivo solo che non andava bene, che c’era un grosso problema e ascoltavo la paura crescere e piano piano, trasformarsi in panico. Cercavo mia sorella Gabriella con lo sguardo, lei è sempre stata un riferimento per me, lo è anche ora che siamo anziani e di vita ne abbiamo vissuta tanta entrambi. Cercavo lei e speravo di cogliere un bagliore di speranza nei suoi occhi, un segno che mi tranquillizzasse. Ma lei era tutta intenta a raccogliere i documenti: mamma aveva distribuito i compiti tra lei e mio fratello maggiore, Vanni. Gabriella si sarebbe occupata dei documenti e Vanni di raccattare del cibo, panbiscotto soprattutto, non c’era molta scelta. Mia madre, Renza Ravarra, nel frattempo, svegliò mio fratello Luigino, il più piccolo, ferito a una mano, lo vestì e lo prese in braccio nonostante fosse incinta del sesto figlio. Mio nonno Antonio Fusaro cercò una lanterna a petrolio, mia nonna, Marietta Parpaiola, qualche coperta. Mio padre purtroppo non era con noi, la sua assenza in quel momento sembrava un macigno a tutti noi, ma stava lavorando a Milano.

   E io? Anche io avevo ricevuto un compito, allora pensai di essere grande, qualunque cosa volesse dire quella frase, essere grande. Io avrei dovuto prendere per mano mio fratello Rossano di sei anni e tenerlo stretto. Avevo la responsabilità di un altro essere umano, credo di essere cresciuto in quel momento, con quella consapevolezza.
   Dunque ci avviammo correndo verso il palazzone, un condominio alto tre piani, che svettava nella nostra campagna fatta di case isolate, basse e tutte uguali. Si trovava a circa un chilometro da casa nostra e noi corremmo lungo quella strada buia, facendo attenzione a non cadere nel fosso. Non c’era nemmeno più il tempo di avere paura, dovevamo essere più veloci del fiume per salvarci.

   Sentivo la voce dei nonni che gridavano: «’tenti putei, a no cascare!», poi sentivi che si offrivano di dare il cambio a mia madre che teneva in braccio il piccolo Luigino, ma lei no, non voleva lasciare il suo cucciolo nemmeno un attimo.

   In lontananza si udiva il ruggire delle onde, sempre più vicino. Arrivammo in prossimità del palazzone e iniziammo a gridare che eravamo noi, i Fusaro, che ci aprissero, per l’amor di Dio! Allora vedemmo due uomini venirci incontro, furono molto buoni, aiutarono mia madre con Luigino, presero per mano anche noi bambini e via, su per le scale dell’alto edificio, fino al terzo piano, l’ultimo. Ora il pensiero di quel che stava accadendo tornò prepotente: eravamo protagonisti di una disgrazia.

   Il rumore delle onde si faceva sempre più forte e sempre più vicino, con esso cresceva anche la paura. Ci sdraiammo su giacigli di fortuna insieme ad altri sfollati, grazie agli abitanti di quel terzo piano che ci avevano accolto, provammo a riprenderci dalla fatica della corsa, ma non avemmo nemmeno il tempo di riposare: ecco il boato, ecco l’acqua e il fango che colpirono il palazzone, che per fortuna resse. L’edificio tremò, noi pregammo che resistesse alla furia del fiume, e Dio ce la mandò buona: quel mostro di cemento fu più forte della natura a rimase in piedi, per il momento eravamo salvi, ma l’acqua arrivò a quattro metri e mezzo. (Enzo Fusaro, testo raccolto da Monica Fusaro) 

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POLESINE, NOVEMBRE 1951: LA TRAGEDIA DEL “CAMION DELLA MORTE”. IL POLESINE SCOMPARE SOTT’ACQUA

di Nicola Cappello, da https://www.ilgiornaledelpo.it/

   La mattina di quel mercoledì 14 novembre 1951, le scuole di Occhiobello, in provincia di Rovigo, rimasero chiuse. La piena del Po si stava avvicinando, la popolazione era nervosa e nessuno si sentiva al sicuro. Quel giorno tutti lo passarono a sistemare bestie e averi, portandoli ai piani superiori degli edifici. Aveva piovuto tanto in quel periodo e in tutto il Nord Italia, aumentando il livello dell’acqua degli affluenti e dell’asta principale del fiume, mentre un vento di scirocco impediva al mare di ricevere, creando una miscela che da lì a poco avrebbe scatenato la forza del fiume sulla popolazione.

   Già nel primo pomeriggio intere famiglie si industriavano, chi per proteggere le cose, chi per cercare riparo, mentre Continua a leggere

SABATO 9 MAGGIO – GIORNATA DELL’EUROPA: eventi online in tutta Italia per celebrare i 70 ANNI DELLA “DICHIARAZIONE SCHUMAN” all’insegna della solidarietà europea – Le prove che l’Europa deve affrontare (in questo duro momento) ne possono fare un esempio globale di pace, sviluppo, solidarietà

Il 9 maggio 1950, 70 anni fa, il ministro degli Esteri francese ROBERT SCHUMAN (nella foto) tiene uno storico discorso che è considerato IL PRIMO DISCORSO POLITICO UFFICIALE in cui compare il concetto CHE PORTERÀ ALLA FORMAZIONE DELLA COMUNITÀ EUROPEA. La dichiarazione propone il superamento delle rivalità storiche tra Francia e Germania, grazie alla realizzazione di un’Alta Autorità per la messa in comune ed il controllo delle riserve europee di carbone ed acciaio. Poco meno di un anno dopo verrà creata la Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio. (da https://www.mandelaforum.it/)

 

IL SIGNIFICATO STORICO DELLA DICHIARAZIONE SCHUMAN

da http://www.treccani.it/

   La dichiarazione Schuman, rilasciata dal ministro degli Esteri francese Robert Schuman il 9 maggio 1950, che proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio (la CECA, nata poi il 18 aprile dell’anno successivo con il trattato firmato a Parigi), fu il primo atto concreto della nascita di un’unione europea. Può forse oggi apparire un passo di carattere troppo limitatamente burocratico, e probabilmente anche allora il suo senso non raggiunse a pieno la maggioranza dei cittadini i cui Paesi (Italia, Germania, Francia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) avrebbero aderito all’accordo, ma ebbe invece in quel contesto storico una grande importanza anche ideale; e neppure è un caso che tra i primi aderenti vi fossero, oltre ai due maggiori responsabili del conflitto (Germania e Italia), i Paesi che erano stati il principale teatro della guerra.

   Mentre idee europeiste avevano cominciato a diffondersi e a essere approfondite già nel corso del conflitto (elaborate da pensatori lucidi come Altiero Spinelli o Luigi Einaudi), e benché nell’immediato dopoguerra termini quali “federazione” o “unione” ricorressero negli ambienti diplomatici con insistenza, magari usati indistintamente, ancora nulla di pratico era stato fino ad allora realizzato. In quell’epoca, infatti, più interessati alla nascita di una federazione europea, a un rafforzamento e alla stabilità del blocco occidentale del continente, erano gli Stati Uniti, in funzione antisovietica, ma le sollecitazioni in quel senso venivano raccolte più a parole che nei fatti.

   Nel 1946 Churchill aveva pronunciato un discorso filoeuropeista in cui auspicava il superamento della rivalità franco-tedesca, e tra il 1946 e il 1947 erano sorti diversi movimenti “europeisti” (l’Unione europea dei federalisti a Parigi, lo United Europe movement per volontà dello stesso Churchill, il Mouvement socialiste pour les États-Unis d’Europe, il Movimento federalista europeo italiano di Spinelli ecc.), ma tutti di orientamento molto diverso, e senza che a questo diffuso richiamo a una qualche forma di unione seguisse poi il discorso sulle modalità istituzionali in cui si sarebbe dovuta concretizzare. La maggiore entità creata era fino a quel momento, nel 1949, il Consiglio d’Europa, organo consultivo che non metteva minimamente in dubbio la piena sovranità nazionale dei suoi membri. Materialmente, invece, si stava riproponendo la questione del controllo della Ruhr, posta sotto l’Autorité internationale de la Ruhr, organo che aveva il compito di ripartire tra i Paesi, per la ricostruzione postbellica, le materie prime tedesche, che finivano perlopiù in Francia.

   La dichiarazione Schuman, e la creazione della CECA che ne seguì, fu una presa d’atto che un settore così decisivo per lo sviluppo economico come quello della produzione e del commercio delle materie prime non poteva essere abbandonato nuovamente alla conflittualità egoistica degli Stati e ai loro atteggiamenti predatori e che dovesse essere delegato a un’autorità superiore. Si trattava dunque di un passo decisivo per il superamento di una concezione assolutistica della sovranità alla base degli antichi conflitti europei e, benché limitato a un’area specifica, rappresentava una scelta radicale in quella direzione, tanto che la Gran Bretagna rifiutò di firmare i trattati dichiarando che mai avrebbe permesso tale intrusione nella sua sfera sovrana. Il suo principale ideatore fu Jean Monnet, che pensava così – con una politica graduale – di superare il problema della resistenza degli Stati a cedere una porzione del loro potere.

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Per il 70° anniversario della dichiarazione Schuman EVENTI TRASMESSI ONLINE VE NE SONO TANTISSIMI (vedi su internet “eventi 70° anniversario Schuman”): VE NE PROPONIAMO ALCUNI QUI DI SEGUITO:

https://www.facebook.com/MovimentoFederalistaEuropeo/

LA NUOVA SFIDA PER L’EUROPA – Sabato 9 maggio, dalle 14.30 alle 16.30

Live sulla pagina del Movimento Federalista Europeo (MFE)

– 9 maggio, dalle ore 10.00, “Gli anticorpi del futuro“, evento online organizzato dal quotidiano Il Fogliointerviene la Commissaria europea Mariya Gabriel.

– 8-10 maggio, Associazione Civetta  Milano –  “Europe City Project” – Canali social Instagram e facebook. In particolare il 9 maggio alle ore 10.45 si terrà un Dialogo on-line con la Vicepresidente della Commissione europea Dubravka Šuica.

– 9 maggio 2020 ore 11.00, Comune di Ravenna – “9 maggio 1950 – 9 maggio 2020: da Schuman al tempo della pandemia. Rilanciare il processo di integrazione europea” – Diretta streaming sulla pagina Facebook e sul canale YouTube EuRoPe Romagna. Alle ore 11.00 interviene il Capo della Rappresentanza a Milano della Commissione europea Massimo Gaudina.

Molti altri eventi online e webinar saranno organizzati dalla rete Europe Direct.

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European-map_it E LA SUA STORIA vedi: https://europa.eu/european-union/about-eu/easy-to-read_it

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La ZONA EURO (nella mappa i 19 Paesi in BLU) o, altrettanto frequentemente chiamata, EUROZONA, AREA EURO o EUROLANDIA) indica informalmente l’INSIEME DEGLI STATI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA CHE ADOTTANO L’EURO COME VALUTA UFFICIALE ovvero formano l’UNIONE ECONOMICA E MONETARIA DELL’UNIONE EUROPEA. Attualmente l’euro è la moneta ufficiale di 19 dei 27 paesi membri dell’UE. (mappa da Wikipedia)

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La DICHIARAZIONE SCHUMAN, rilasciata dall’allora ministro degli Esteri francese il 9 maggio 1950, giusto 70 anni fa,, proponeva la creazione di una Comunità europea del carbone e dell’acciaio, i cui membri avrebbero messo in comune le produzioni di carbone e acciaio.

La CECA (paesi fondatori: Francia, Germania occidentale, Italia, Paesi Bassi, Belgio e Lussemburgo) è stata la prima di una serie di istituzioni europee sovranazionali che avrebbero condotto a quella che si chiama oggi “Unione europea”.

Il contesto storico

Nel 1950, le nazioni europee cercavano ancora di risollevarsi dalle conseguenze devastanti della Seconda guerra mondiale, conclusasi cinque anni prima.

   Determinati ad impedire il ripetersi di un simile terribile conflitto, i governi europei giunsero alla conclusione che la fusione delle produzioni di carbone e acciaio avrebbe fatto sì che una guerra tra Francia e Germania, storicamente rivali, diventasse – per citare Robert Schuman – “non solo impensabile, ma materialmente impossibile”.

   Si pensava, giustamente, che mettere in comune gli interessi economici avrebbe contribuito ad innalzare i livelli di vita e sarebbe stato il primo passo verso un’Europa più unita. L’adesione alla CECA era aperta ad altri paesi.

La principali citazioni

“La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.”

“L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto.”

“La fusione delle produzioni di carbone e di acciaio… cambierà il destino di queste regioni che per lungo tempo si sono dedicate alla fabbricazione di strumenti bellici di cui più costantemente sono state le vittime.”

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In occasione dell’anniversario della dichiarazione Schuman, il presidente del Parlamento europeo, DAVID SASSOLI (nella foto) aprirà l’evento: «IL CORAGGIO DI AGIRE: LA LEZIONE DI SCHUMAN 70 ANNI DOPO».
Il presidente dell’Europarlamento ha voluto riunire simbolicamente, nell’Emiciclo e in videoconferenza, le realtà europee che con le loro azioni quotidiane contribuiscono a cambiare e migliorare concretamente le condizioni di vita delle persone più svantaggiate e vulnerabili.
«L’Europa del dopo Covid-19 – ha dichiarato David Sassoli – non potrà essere la stessa. Ci sarà sempre più bisogno di una Conferenza sul Futuro della UE, che non potrà che essere costruita dal basso verso l’alto e che avrà bisogno di ascoltare tutti coloro che, già ora, lavorano per cambiare le cose.»
In Video conferenza interverranno*:
1. Pierre Rabhi, fondatore del movimento Colibrì
2. Luca Casarini, capo Missione in mare di Mediterranea Saving Humans
3. Yayo Herrera, presidente del think tank ecologico Transitions Forum
Interverranno in emiciclo le organizzazioni che stanno collaborando con l’Europarlamento nella solidarietà ai più vulnerabili a Bruxelles:
•    Chez nous – Bij Ons
•    EMMAÜS – LA POUDRIÈRE
•    Samusocial
•    DoucheFLOUX
•    Jamais Sans Toit
•    Croix rouge
L’Inizio è previsto alle ore 10.00 del 9 maggio 2020

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dal sito del Movimento Federalista Europeo

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In occasione del 70° anniversario della dichiarazione di Robert Schuman, il Consiglio italiano del MOVIMENTO EUROPEO, il MOVIMENTO FEDERALISTA EUROPEO, la GIOVENTÙ FEDERALISTA EUROPEA e l’ASSOCIAZIONE ITALIANA PER IL CONSIGLIO DEI COMUNI E DELLE REGIONI D’EUROPA, hanno adottato la seguente Dichiarazione comune sul futuro dell’Unione europea.

   “Il 9 maggio di 70 anni fa ha segnato l’avvio di un processo rivoluzionario, destinato ad incidere profondamente nella storia dell’umanità. Con la sua Dichiarazione, Robert Schuman annunciava all’Europa e al mondo la nascita di una Comunità radicalmente nuova nei principi che la ispiravano e la guidavano. Era l’avvio del primo processo democratico di unificazione di Stati sovrani; Stati che si erano combattuti ferocemente fino a pochi anni prima, e che sceglievano di unirsi non perché costretti da una minaccia esterna, ma perché consapevoli di dover costruire una comunità di destino, rendendo “non solo impensabile, ma materialmente impossibile” la guerra sul continente europeo. Si trattava del “primo nucleo concreto di una Federazione europea indispensabile al mantenimento della pace”.

   Settanta anni dopo l’Europa celebra questo anniversario minacciata da un pericolo diverso, ma la cui drammaticità non mette meno a rischio la sua coesione e il suo futuro. Anche se l’Europa non è in guerra, le conseguenze della pandemia che sta provocando tanti lutti e situazioni dolorose saranno egualmente devastanti per l’insieme della società europea, soprattutto sul sistema produttivo, fra le lavoratrici e i lavoratori, e sulle categorie più deboli nelle nostre comunità.

   Oggi, settanta anni di progressiva integrazione hanno reso tuttavia i cittadini europei molto più consapevoli della necessità di dover fronteggiare uniti la sfida della crisi pandemica. Per questo guardano con rinnovata attenzione alle istituzioni sovranazionali costruite nel corso dei decenni.

   Spetta dunque innanzitutto a loro, al Parlamento europeo e alla Commissione europea, avere l’ambizione e il coraggio di elaborare e di proporre un nuovo grande “Progetto per l’Europa“, condividendo una roadmap che permetta di usare la pandemia come una opportunità per una nuova fase dell’integrazione europea, centrata sui valori comuni a tutti gli Europei nel quadro di una più ampia condivisione della sovranità a livello europeo.

   Le trasformazioni necessarie riguardano la capacità dell’Europa di competere nel mondo globalizzato e di perseguire al tempo stesso con coerenza un nuovo modello di economia verde che sappia coniugare l’uguaglianza delle opportunità, la lotta alle diseguaglianze e alla povertà, la politica di inclusione e promuovere un nuovo eco-sistema fondato sull’obiettivo della piena occupazione e sul contrasto alla precarietà. Tutto questo passa attraverso una rinnovata strategia industriale, che comprenda le PMI e il sistema cooperativo, lo sviluppo della ricerca e di un adeguato sistema di formazione scolastica e permanente, il rafforzamento del Mercato unico. Inoltre richiede una diversa pianificazione dello spazio e del ruolo delle città, l’organizzazione della mobilità, la redistribuzione del tempo, il ricambio generazionale e la parità di genere, le forme della partecipazione civile, la democrazia economica, lo sviluppo della comunicazione e del pluralismo dell’informazione.

   Sono tutte trasformazioni che non possono prescindere dal quadro geo-politico internazionale in un mondo globalizzato dove l’Unione europea deve essere protagonista di un’azione a sostegno della pace e del multilateralismo, promuovendo la riforma delle Nazioni Unite e rafforzando le relazioni speciali con il Mediterraneo e con il continente africano.

   Per fare tutto questo è necessario e urgente far uscire l’Unione europea dai riti paralizzanti dei meccanismi intergovernativi, che hanno indebolito la sua unità e lasciato crescere egoismi e incomprensioni. Oggi, come nel 1950, è giunto il momento di far emergere l’interesse comune europeo invertendo la logica che vincola l’Unione europea ad una negoziazione condotta da ogni Stato con l’obiettivo di trarne dei vantaggi per sé.
Per questa ragione ci appelliamo innanzitutto al Parlamento europeo perché colga l’occasione del 70° anniversario della Dichiarazione Schuman per rivendicare – a nome delle cittadine e dei cittadini che lo hanno eletto – quel potere costituente che possa aprire la strada ad una costituzione federale per l’Europa.

   E’ arrivato il momento di aprire il dibattito e di fare proposte concrete per vedere chi fra gli Stati e i popoli europei sia disposto a dar vita ad un “patto rifondativo” come risposta alla interdipendenza nella dimensione planetaria tragicamente evidenziata dalla pandemia. E’ tempo di una nuova rinascita per l’Europa. E’ tempo di riprendere il cammino verso l’obiettivo delineato da Schuman di una Federazione europea.

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Vedi anche: 

https://www.facebook.com/MovimentoFederalistaEuropeo/videos/948896992213765/

http://www.mfe.it/sito39/index.php/4603-la-nuova-sfida-per-l-europa-70-anniversario-dichiarazione-schuman

MANIFESTO MFE EVENTI

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Robert Schuman

Il testo integrale della dichiarazione di Robert Schuman del 9 maggio 1950

La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano.

Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. La Francia, facendosi da oltre vent’anni antesignana di un’Europa unita, ha sempre avuto per obiettivo essenziale di servire la pace. L’Europa non è stata fatta : abbiamo avuto la guerra.

L’Europa non potrà farsi in una sola volta, né sarà costruita tutta insieme; essa sorgerà da realizzazioni concrete che creino anzitutto una solidarietà di fatto. L’unione delle nazioni esige Continua a leggere

Notte Europea della Geografia 2019

Venerdì 5 aprile si terrà in tutta Europa la Notte Europea della Geografia 2019. L’evento geografico, ideato nel 2017 dal Comitato Nazionale Francese di Geografia e promossa da EUGEO, consiste in una costellazione di eventi sincroni che coinvolgono team di ricerca, laboratori, associazioni e appassionati. Per un giorno geografe e geografi di tutta Europa mostreranno al grande pubblico alcune delle attività di ricerca e didattiche, in cui sono quotidianamente impegnati.
La Notte mira a migliorare la visibilità e l’incisività della geografia e dei geografi nei confronti del grande pubblico e dei media, comunicando meglio il sapere geografico e la valenza della Geografia per la formazione a “tutto tondo” dei cittadini.

A livello nazionale la Notte è coordinata dall’Associazione dei Geografi italiani (AGEI) in collaborazione con altri enti e associazioni. Gli eventi e le attività proposte dai gruppi di ricerca e dalle associazioni italiane sono oltre 50 e si svolgono in tutta Italia. È stata inoltre redatta una mappa online dove è possibile consultare tutti gli eventi.

 

Il Master in GIScience e Sistemi a Pilotaggio Remoto in collaborazione con il progetto UniPadova Sostenibile dell’Università di Padova, il Dipartimento di Ingegneria Civile Edile ed Ambientale (DICEA), il Museo di Geografia del Dipartimento DiSSGeA, il Dipartimento DSEA, il Dipartimento di Geoscienze, il Dipartimento DAFNAE, le Associazioni Geograficamente e GIShub (Padova), l’Associazione AIIG Veneto, il progetto Spedizione A.M.A.Z.O.N.Y.A. (in collaborazione con National Geographic), l’iniziativa culturale degli studenti GIS and Science, i progetti innovativi Walls and Rivers e Unipedala e i progetti Europei Map4youth e MyGeo, propongono per tutta la giornata diversi laboratori, attività, dibattiti ed eventi totalmente gratuiti, aperti a grandi e piccoli e a tutti gli studenti universitari.

Durante la giornata non potrà mancare il volo con un drone che, alle 15.00, si alzerà su Porta Portello per ammirare dall’alto uno dei quartieri che ospitano alcune sedi dell’Università di Padova. Quest’anno la Notte della Geografia padovana darà spazio anche ai diritti delle persone diversamente abili: l’Associazione Geograficamente accompagnerà tutti coloro che vorranno partecipare nella mappatura, tramite smartphone, dei luoghi accessibili in sedia a rotelle.L’obiettivo è quello di aggiornare la cartografia opensource OpenstreetMap, prestando attenzione a chi si muove in sedia a rotelle.

Dalle 16.00 spazio anche ai più giovani, con il Mini Geo-Lab aperto a tutti i bambini e ragazzi dai 4 ai 12 anni, per avvicinarsi al mondo della geografia giocando! Con “Padova underground” si andrà in esplorazione della Padova sotterranea e a camminare sul mound di origine antropica, costituito da depositi archeologici di età compresa tra l’età del Ferro e il Medioevo e spessi fino a 5-7 metri. La serata vedrà la presentazione del progetto Spedizione A.M.A.Z.O.N.Y.A. (“A.M.A.Z.O.N.Y.A. – Monitoring gas flaring impacts in the Yasuní Biosfere Reserve”), progetto   selezionato dalla National Geographic con cui il gruppo di ricerca Territori delle diversi ecologiche e culturali del Dipartimento ICEA accompagnerà tre studenti di Scienze Naturali, ora laureati, partire per l’Amazzonia ecuadoriana a mappare vecchi e nuovi siti industriali di gas flaring. L’esplorazione mira alla mappatura dei siti di gas flaring nell’area di influenza della Riserva della Biosfera Yasuní utilizzando immagini satellitari, analisi con i Sistemi Informativi Geografici, mappatura sul campo e misure ambientali. Contemporaneamente, presso il Museo di Geografia, si svolgerà l’evento IN VINO VARIETAS, dove sarà offerta ai partecipanti una degustazione ragionata di vini che introduca alla lettura geografica del prodotto attraverso delle riflessioni che approfondiscano i metodi di vinificazione, le zone di produzione e le proprietà dei vini. Alle 20.00, sempre dal Museo di Geografia, partirà la passeggiata per le vie del centro con l’evento Camminando per Padova ho incontrato il mondo, alla scoperta di luoghi o simboli che testimoniano la presenza di altre culture provenienti da varie parti del mondo con le quali siamo in continua relazione o che caratterizzano una parte di città. L’evento, promosso da AIIG Veneto e dall’associazione culturale Play, sarà accompagnato dal sound della Funk Fara Street Band. Durante la giornata spazio anche alla sostenibilità urbana presso il Laboratorio Drones for Good. Nel pomeriggio con il progetto innovativo degli studenti Unipedala (DSEA) si realizzerà un’escursione organizzata in bicicletta, dove, attraverso l’uso di geoapp, si prenderà traccia del percorso e di altri elementi di interesse per caratterizzare lo stato della ciclabile. A partire dalle 21.00 spazio agli eventi “Quanto verde c’è a Padova?”, in collaborazione con il progetto innovativo Walls and Rivers (DAFNAE) e l’evento Maphaton Map4youth. Quest’ultimo evento fa parte del progetto europeo Map4youth che si pone l’obiettivo di favorire la cittadinanza attiva tra giovani cittadini ed i decisori politici della città di Padova, con particolare attenzione al ripensamento e riqualificazione degli aree degradate nel Comune di Padova.

A questo link è possibile visualizzare nel dettaglio tutti gli eventi della Notte della Geografia di Padova e iscriversi agli eventi (si ricorda che gli eventi sono gratuiti ma è necessaria l’iscrizione). Per rimanere aggiornati è possibile inoltre collegarsi all’evento facebook della #GeoNight.

 

 

 

A MILANO l’evento STATE OF THE MAP 2018 dal 28 al 30 luglio – L’appuntamento mondiale sulle MAPPE LIBERE, promosso da WIKIMEDIA, OPENSTREETMAP, e dal POLITECNICO DI MILANO (luogo dell’evento) – Una conoscenza dei dati geografici per renderli liberi, gratuiti, partecipati

 

A MILANO RADUNO WIKIPEDIA DELLE MAPPE – Dal 28 luglio. E il Comune di Milano rilascia 60mila numeri civici ‘OPEN DATA’ – (ANSA) – MILANO CAPITALE DELLE MAPPE LIBERE: dal 28 luglio e per due giorni al via STATE OF THE MAP il raduno mondiale organizzato da OPENSTREETMAP, progetto di mappatura libera e collaborativa noto come la Wikipedia delle mappe. L’evento è organizzato in collaborazione con WIKIMEDIA ITALIA ed è patrocinato dal COMUNE DI MILANO che per l’occasione rilascia oltre 60.000 numeri civici come OPEN DATA. Nella due giorni ci saranno OLTRE 400 MAPPATORI DA TUTTO IL MONDO, RICERCATORI, aziende, amministrazioni, istituzioni e associazioni non governative. Saranno spiegate le OPPORTUNITÀ CONNESSE A OPENSTREETMAP E I DIVERSI AMBITI DI APPLICAZIONE E USO DEI DATI GEOGRAFICI APERTI: dai trasporti alla gestione delle misure di soccorso, dalla logistica al turismo. Protagonisti non solo gli appassionati (i ‘mappers’) o ricercatori ma anche dipendenti di grandi aziende hi-tech come Apple, Facebook, Google e Microsoft

da http://www.impresedilinews_it

Da https://www.rivistageomedia.it/:
L’evento STATE OF THE MAP 2018 coinvolgerà oltre 400 partecipanti provenienti da tutto il mondo. Il più importante appuntamento dedicato alle mappe libere è promosso da Wikimedia Italia, OpenStreetMap Foundation e dal Politecnico di Milano, luogo dove si svolgerà l’evento dal 28 al 30 Luglio 2018.
Grazie al programma di scholarship attivato da OpenStreetMap Foundation sarà inoltre garantita la partecipazione al più importante evento per la comunità OSM a livello globale a un ampio numero di mappers, anche provenienti da Paesi in via di sviluppo.
Il programma della tre giorni si presenta già oggi ricco di workshop e interventi a cura di mappatori, ricercatori e aziende che hanno saputo riconoscere le opportunità connesse a OpenStreetMap. Molto spazio sarà dato anche a uno dei settori in cui OpenStreetMap sta facendo la differenza nel mondo: la mappatura per scopi umanitari (Humanitarian OpenStreetMap Team).
PROGRAMMA Conferenza (https://2018.stateofthemap.org/program/ )
Sito web ufficiale Conferenza (https://2018.stateofthemap.org/ )
Humanitarian OpenStreetMap Team (https://join.osmfoundation.org/state-of-the-map-2018/ )

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“OPEN DATA”, COS’È – (da Wikipedia) I DATI APERTI, comunemente chiamati con il termine inglese OPEN DATA, sono dati liberamente accessibili a tutti le cui eventuali restrizioni sono l’obbligo di citare la fonte o di mantenere la banca dati sempre aperta. L’OPEN DATA si richiama alla più ampia disciplina dell’OPEN GOVERNMENT, cioè una dottrina in base alla quale la pubblica amministrazione dovrebbe essere aperta ai cittadini, tanto in termini di trasparenza quanto di partecipazione diretta al processo decisionale, anche attraverso il ricorso alle nuove tecnologie dell’informazione e della comunicazione; e ha alla base un’etica simile ad altri movimenti e comunità di sviluppo “open”, come l’open source, l’open access e l’open content.(…)(Wikipedia)(immagine tratta da http://www.welfarenetwork.it/ )

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COS’È OPENSTREETMAP

OpenStreetMap è un progetto mondiale per la raccolta collaborativa di dati geografici da cui si possono derivare innumerevoli lavori e servizi. I risultati più evidenti sono le mappe online che però rappresentano solo la punta dell’iceberg di quel che si può ottenere da questi dati. La caratteristica fondamentale è che i dati di OpenStreetMap possiedono una licenza libera. (…) Infatti è possibile usare i dati OpenStreetMap liberamente per qualsiasi scopo, anche quelli commerciali, con il solo vincolo di citare il progetto e usare la stessa licenza per eventuali dati derivati. L’altra caratteristica molto importante è che tutti possono contribuire arricchendo o correggendo i dati e, come i progetti simili (Wikipedia e mondo del software libero ad esempio) la comunità è l’elemento fondamentale perché oltre a essere quella che inserisce i dati e arricchisce il progetto, ne controlla anche la qualità.

COSA NON È OPENSTREETMAP

OpenStreetMap non è una raccolta di tracce GPS tra loro slegate. Le tracce GPS sono solo utili per capire come tracciare il reticolo delle strade e per inserire i punti di interesse. OpenStreetMap non è una copia di Google Maps e non è quello il suo scopo, è molto di piu` …

PERCHÉ OPENSTREETMAP

OpenStreetMap come abbiamo detto è un progetto che vuole creare una banca dati geografica libera, uno dei punti di forza è la possibilità di utilizzarla per le più svariate necessità e su dispositivi differenti. I dati sono disponibili in moltissimi formati, possono essere caricati su GPS, navigatori o cellulari per sapere sempre la vostra posizione o per calcolare il percorso più breve per raggiungere una certa località; potete utilizzarli sul vostro sito per segnalare dove si trova la vostra azienda o per mostrare le vostre immagini georiferite; potete stampare mappe cartacee a diverse scale e con diversi stili; possono essere usati come base di videogiochi; esistono in diversi formati vettoriali per essere analizzati con software GIS; per ultimo, ma forse uno dei motivi più importanti, anche se è quello per il quale si spera non debbano mai essere utilizzate, per salvare vite…

openstreetmap: immagine da Foss4g2017 slide

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MILANO CAPITALE DELLE MAPPE LIBERE

da http://www.thatsmilan.it/

20 luglio 2018 – da http://viveremilano.info/eventi/milano-capitale-delle-mappe-libere.html
AL VIA “STATE OF THE MAP”, IL RADUNO GLOBALE DI OPENSTREETMAP
Disponibili e scaricabili dal Geoportale del Comune i dati geografici relativi a oltre 60.000 numeri civici della città. Oltre 400 mappatori di cinquanta nazionalità diverse, ricercatori, aziende, pubbliche amministrazioni, istituzioni e associazioni non governative giungeranno dal 28 al 30 luglio a Milano per partecipare all’edizione 2018 di “State of the Map”, il grande raduno internazionale della comunità OpenStreetMap, progetto di mappatura libera e collaborativa noto anche come la “Wikipedia delle mappe”.
L’evento, che sarà ospitato presso gli spazi del POLITECNICO DI MILANO in PIAZZA LEONARDO DA VINCI, prevede numerose sessioni e workshop (2018.stateofthemap.org/it) in cui saranno illustrate le opportunità connesse a OPENSTREETMAP e i molteplici ambiti di applicazione e utilizzo dei dati geografici aperti: dal settore dei trasporti alla gestione delle misure di soccorso, dalla logistica al turismo, dalla mappatura dell’accessibilità fino ad arrivare al campo dell’innovazione e della ricerca scientifica.

Protagonisti non saranno solo appassionati (i mappers) o ricercatori, ma anche dipendenti di grandi aziende di rilevanza come Apple, Facebook, Google e Microsoft che racconteranno come contribuiscono e usano il patrimonio informatico che il progetto mette e disposizione di tutti.
“OpenStreetMap è, ad oggi, il più grande e aggiornato database globale geospaziale, utilizzato nella stragrande maggioranza delle applicazioni per le quali la contestualizzazione geografica è rilevante – ha dichiarato Maria Antonia Brovelli, professore di Sistemi Informativi Geografici al Politecnico di Milano. – Come Politecnico siamo attivi da anni su questo tema, principalmente sul fronte della validazione, per dimostrare come un dato collaborativo possa essere anche un dato di qualità.
Anche i nostri giovani mappatori (i PoliMappers) partecipano con entusiasmo e competenza a questo progetto, portando il loro prezioso contributo soprattutto nel caso di crisi ambientali e umanitarie”.
“Organizzare la conferenza internazionale di OpenStreetMap in Italia – ha aggiunto Maurizio Napolitano, membro del direttivo di Wikimedia Italia – è anche frutto della scelta della comunità italiana di mappatori che ha voluto farsi riconoscere all’interno di Wikimedia Italia. Contribuire alla creazione e diffusione dei beni comuni è un’opera che richiede un grande lavoro; la parcellizzazione degli sforzi è deleteria, l’unione porta a grandi risultati”.

Città Metropolitana di Milano (da http://www.google.it/ )

In occasione della conferenza stampa di lancio di STATE OF THE MAP, l’assessore alla Partecipazione, Cittadinanza attiva e Open data Lorenzo Lipparini – che sarà presente all’appuntamento il 30 luglio, alle ore 15, all’interno del panel “OpenStreetMap and future of transport” – ha annunciato un nuovo, importante rilascio disponibile sul Geoportale del Comune di Milano: “Da oggi sono finalmente disponibili e scaricabili i dati geografici relativi ai numeri civici e alle vie (centroidi) della toponomastica milanese. Parliamo di oltre 60.000 civici in diverse proiezioni del sistema geografico e in svariati formati, prodotti e costantemente aggiornati grazie al lavoro dell’Unità SIT centrale e Toponomastica della Direzione Sistemi Informativi. Si tratta di un rilascio importante che mettiamo a disposizione di tutti in versione open e che costituisce un tassello importante anche per quanto riguarda il percorso partecipativo intrapreso da questa Amministrazione: la condivisione di questi dati, infatti, ci consentirà di accrescere il costante e continuo confronto con le community e le associazioni di riferimento, che avranno anche il compito di mantenere il dato aggiornato. Con OpenStreetMap si avvia una collaborazione con Wikimedia Italia che ci porterà, a partire dal mese di settembre, a condividere sempre più esperienze”.
Fino a oggi OpenStreetMap offriva la mappatura di circa 21.000 civici di Milano, poco più di un terzo del totale. Grazie a questo importante rilascio tutti i dati diventeranno accessibili potranno essere utilizzati dai cittadini, dalle aziende di promozione turistica, dagli enti di ricerca e dalle stesse pubbliche amministrazioni.Che cos’è OpenStreetMap?
OPENSTREETMAP, IN BREVE OSM, È UN PROGETTO COLLABORATIVO VOLTO A CREARE UNA BANCA DI DATI GEOGRAFICI aperti che siano utilizzabili per qualsiasi scopo, in primis generare mappe. Il progetto è totalmente ispirato all’enciclopedia libera e ne replica lo spirito collaborativo e di creazione di un bene comune, per questo è noto anche come la “Wikipedia delle mappe”.
Il progetto, NATO NEL 2004 A LONDRA e coordinato dalla OPENSTREETMAP FOUNDATION – fondazione non profit con sede nel Regno Unito – si presenta come la più importante piattaforma di open data geografici al mondo.
OpenStreetMap si fonda principalmente su lavoro svolto da volontari, il cui numero a livello globale è in continua crescita: oltre un milione di utenti è iscritto al sito e ha attivamente contribuito all’arricchimento di questo enorme patrimonio di dati, accessibili gratuitamente da chiunque e riutilizzabili a qualsiasi scopo, anche commerciale.

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COS’È UN MAPPING PARTY

da https://wiki.openstreetmap.org/wiki/IT:Mapping_parties del 17/1/2018
PERCHÈ DOVREI ORGANIZZARE UN MAPPING PARTY?
I mapper più esperti, prima di cominciare, insegnano ai nuovi arrivati come usare i GPS.
OpenStreetMap è un progetto che migliora quanto più esperte sono le persone che vi partecipano, per questo i momenti di condivisione e trasmissione dell’esperienza sono fondamentali. I mapping party sono eventi in cui gli utenti esperti si riuniscono con utenti meno esperti, cittadini e chiunque voglia partecipare, per diffondere lo spirito di condivisione della mappa e ottenere una conoscenza condivisa e ampia del territorio in cui si vive o che si sta visitando.

ESEMPIO DI VOLANTINO BEN ESPLICATIVO DI UN MAPPING PARTY DEL 2017 – da http://www.opengeodataschool.it/

I mapping party possono avere qualsiasi forma: possono essere una passeggiata, una biciclettata, un viaggio in auto quando piove, o anche essere fatti totalmente in ambienti chiusi, se si vogliono mappare zone visibili dalle fotografie satellitari.
COME SI SVOLGE UN MAPPING PARTY
Per sommi capi, un estremo riassunto:
PREPARAZIONE: si contattano persone, gruppi o associazioni che potrebbero essere interessate. In alcuni casi può servire avere UN ‘TEMA’ (mappare le piste ciclabili, ristoranti o negozi, mappare completamente un parco ..) così le persone possono vedere il raggiungimento di uno scopo anziché vedere un generico miglioramento della mappatura. A chi possiede solo uno smartphone si consigliano un paio di App utili a mappare.
MOMENTO INTRODUTTIVO: specialmente se partecipano persone per la prima volta, è utile avere un proiettore e fermarsi almeno 5 minuti a spiegare cos’è OSM, come funziona e perché si dovrebbe aiutare la crescita di una mappa libera. In questa fase può essere utile aiutarsi con slide, immagini, video, ecc. La presentazione deve essere veloce e divertente.
MOMENTO SOCIALE: è utile che tutti si conoscano, al fine di creare una comunità coesa e — soprattutto — al fine di far conoscere persone che mappano lo stesso territorio.
USCITA, MAPPING: dopo aver diviso in gruppi gli utenti, ad ognuno viene distribuita una mappa con la zona da mappare assegnata a quel gruppo; è utile darsi una scadenza e fissare un orario al quale tutti i gruppi devono trovarsi al punto finale stabilito. Ai nuovi arrivati dare compiti di mappatura semplici senza voler far loro mappare tutto il mappabile: poche cose ma chiare.

da http://www.wiki.openstreetmap.org/

POST-ELABORAZIONE DEI DATI: i mapper si ritrovano nella sede di un volontario, di un’associazione, di un’azienda, di un pub o un caffè per accendere i propri PC e disegnare le strade sulla base delle tracce registrate con i ricevitori GPS. Gli utenti esperti insegnano ai nuovi arrivati come usare i programmi per la modifica delle mappe. Se possibile, al termine della giornata lasciare una paginetta con alcuni link alla wiki, alle map feature e a qualche mappa tematica. Se organizzato con un minimo di anticipo e non sapete cosa o come stampare materiale informativo Wikimedia potrebbe spedire un pò di materiale cartaceo.
MOMENTO GASTRONOMICO: i mapping party sono attività conviviali e comunitarie, per questo dopo la fine del party spesso i partecipanti si spostano in un ristorante, caffè o pub per bere un drink, una birra o consumare una cena insieme.
COME ORGANIZZARE UN MAPPING PARTY
La percentuale delle persone che continuano a mappare dopo aver conosciuto OSM ad un mapping party è statisticamente basso, per non vanificare gli sforzi dei volontari che organizzano la giornata diamo qui alcuni CONSIGLI PER FA SÌ CHE QUESTA PERCENTUALE AUMENTI.
Tra i possibili motivi c’è la RELATIVA COMPLESSITÀ DELL’INTERO PROCESSO. In una giornata occorre assimilare molte informazioni di svariato tipo; gli utenti non riescono a prendere confidenza con i vari passaggi e potrebbero aver paura di fare danni.
Per quanto possibile cercare di FAR VEDERE IL RISULTATO DELLA MAPPATURA o almeno una possibile elaborazione dei dati OSM, ad esempio una semplice mappa di umap, in questo modo saranno più invogliati a proseguire nella mappatura.
ASSICURARSI CHE LA ZONA DA MAPPARE (comune, quartiere, parco naturale, ecc) ESISTA ALL’INTERNO DI UNA QUALCHE PAGINA SUL WIKI; se non esiste, crearla.
CREARE UNA PAGINA APPOSITAMENTE PER IL MAPPING PARTY; se c’è già stato un mapping party in quella zona, riutilizzare la vecchia pagina per non crearne una nuova.
Aggiungere il mapping party sia all’elenco degli eventi italiani che in quello internazionale.
Mandare una mail in mailing list italiana; se la zona da mappare si trova al confine con altre nazioni, segnalare l’evento anche nella mailing list estera. Segnalare l’evento anche sui social network, come il gruppo OpenStreetMap Italy su Facebook o Twitter; pubblicare la notizia sul proprio blog, che allo scopo può essere inserito nel planet italiano dei blog di OSM.
Via messaggio personale, avvisare tutti gli utenti del wiki e del portale di OSM che risultano nel comune o nell’area interessata.
Si può fare altrettanto dal www con gli utenti che risultano presenti nei dintorni, con i quali si sono avuti contatti nei precedenti mapping party.
MANDARE UNA MAIL ALLE MAILING LIST DI GRUPPI E ASSOCIAZIONI che si pensa possano essere interessate (LUG della zona, associazioni di ciclisti, attivisti, ecc).
Cercare di dare un seguito alla giornata: terminare la giornata dando già l’appuntamento ad un ulteriore incontro ad una o due settimane di distanza, senza mapping party, in cui rivedere la parte di editing e togliere i dubbi ai nuovi mappatori.
Nei giorni precedenti cercare di far girare informazioni sul tipo di App da installare e sulla necessità di registrarsi come utenti a OSM; sarebbe consigliabile che gli utenti provassero a seguire il tutorial dell’editor ID; questo allo scopo di evitare tempi morti.
Contattare la stampa: risulta molto utile diffondere la notizia sui giornali cittadini, televisioni, ecc; è possibile utilizzare un comunicato stampa già pronto per l’uso – e modificarlo secondo le esigenze, riportato nella pagina Marketing. Se si contattano quotidiani è bene avere un primo contatto diversi giorni prima e il ‘reminder’ il giorno prima dell’evento.
Preparare materiale cartaceo da distribuire durante gli eventi e locandine per pubblicizzarlo
CREARE MATERIALE CARTACEO
È molto importante che durante il mapping party vengano distribuiti VOLANTINI, GUIDE e che lo stesso party venga preventivamente pubblicizzato e segnalato con poster, striscioni, ecc. Nella pagina Marketing sono presenti materiali pronti per l’uso.
STRUMENTI UTILI per i mapping parties:
– Walking Papers. (https://wiki.openstreetmap.org/wiki/IT:Walking_Papers )
– MapCraft. Zonizzazione di Londra per un mapping party. (https://mapcraft.nanodesu.ru/pie/50 )
– Field Papers facilita la raccolta dei dati di campo senza GPS, solo scrivendo note su un foglio di carta. (http://www.fieldpapers.org/ )
– MapCraft è uno strumento per creare una zonizzazione dell’area da mappare, assegnare le zone ai diversi utenti e seguire il progresso della mappatura. (https://wiki.openstreetmap.org/wiki/IT:MapCraft )

VOLANTINO DI UN MAPPING PARTY DI GEOGRAFICAMENTE TENUTO QUALCHE ANNO FA

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…le “città stato”, una riflessione sul possibile “domani”….

La geografia delle nuove città-Stato
LA GEOGRAFIA DELLE NUOVE CITTÀ-STATO

di Danilo Taino, da “LA LETTURA” supplemento domenicale de “il Corriere della Sera” Continua a leggere

APPUNTAMENTI GIS a PADOVA, per STUDENTI e per TUTTI GLI INTERESSATI – 1) OCCHI SULL’AMAZZONIA: deforestazione ed estrazione petrolifera nell’Amazzonia ecuadoregna; 2) Il VALORE DEL SUOLO: con mappatura degli edifici e degli spazi abbandonati o dismessi di Padova

LABORATORI GIS dei Progetti AMAZONEYES e MUES-MAPPING URBAN EMPTY SPACES in collaborazione con il MASTER DI II LIVELLO IN GISCIENCE e SISTEMI A PILOTAGGIO REMOTO DELL’UNIVERSITÀ DI PADOVA e l’ASSOCIAZIONE GISHUB

MERCOLEDÌ 18 APRILE iniziano i LABORATORI GIS dei Progetti Innovativi degli Studenti AMAZONEYES e MUES-MAPPING URBAN EMPTY SPACES (Mappatura Urbana degli spazi abbandonati).
I laboratori sono aperti sia agli studenti sia a tutti gli interessati.
I primi due mercoledì (18 aprile e 2 maggio) saranno in comune ad entrambi i progetti, dove tutti i partecipanti potranno apprendere le basi del software opensource QGIS e avvicinarsi all’uso delle immagini raster e dei dati vettoriali.
I quattro mercoledì successivi (9/16/23/30 maggio) saranno relativi solo al Progetto MUES.
Amazon Eyes torna il 5 giugno con la conferenza “I costi socio-ambientali dell’estrattivismo in America latina” in occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente!
Alla fine di ogni laboratorio verrà offerto ai partecipanti un gradito aperiGIS!

Nella FOTO (collegati a Via Ognissanti 39 a Padova dall’ECUADOR in occasione dell’iniziativa “LA NOTTE DELLA GEOGRAFIA” tenutasi il 6 aprile scorso) il GRUPPO DI RICERCATORI LOCALI che assieme a DOTTORANDI DEL MASTER DI II LIVELLO IN GISCIENCE e Sistemi a Pilotaggio Remoto dell’UNIVERSITÀ DI PADOVA, stanno analizzando l’IMPATTO della DEFORESTAZIONE e dell’ESTRAZIONE PETROLIFERA nella RISERVA DELLA BIOSFERA YASUNÌ (ECUADOR), uno degli ecosistemi più biodiversi del pianeta e casa ancestrale di una delle ultime popolazioni indigene non contattate al mondo

Ecco spiegati brevemente i due progetti:
Progetto Innovativo degli Studenti AmazonEyes – sguardi sull’ Amazzonia
Il progetto vuole sviluppare un percorso di ricerca e formazione partecipata degli impatti della deforestazione e dell’estrazione petrolifera nella Riserva della Biosfera Yasunì (Ecuador), uno degli ecosistemi più biodiversi del pianeta e casa ancestrale di una delle ultime popolazioni indigene non contattate al mondo.
I partecipanti saranno coinvolti nella mappatura da satellite delle infrastrutture petrolifere (strade, campi, pozzi) che culminerà nella creazione di un geodatabase consultabile online.

GIS (Geographic Information System) è un sistema progettato per ricevere, immagazzinare, elaborare, analizzare, gestire e rappresentare dati di tipo geografico

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Progetto Innovativo degli Studenti MUES.Mapping Urban Empty Spaces (Il valore del suolo).

Il progetto MUES, prosecuzione del Progetto Innovativo 2016 “Il Valore del Suolo”, si pone l’obiettivo di svolgere una mappatura accurata, in ambiente GIS opensource, degli edifici e degli spazi abbandonati o dismessi della città di Padova, attraverso lo studio comparato di diverse fonti cartografiche (mappe catastali, CTR, elaborati del PAT/PI…) e aerofotografiche (serie storiche dei voli a partire dal volo GAI 1954). La mappatura sarà validata dalla verifica sul campo della corrispondenza tra indicazioni delle mappe e realtà (ground truth).
Attraverso una selezione delle aree e dei complessi edilizi più significativi, per estensione e rappresentatività delle cause dell’abbandono, verranno operati approfondimenti attraverso:
i) ricerche diacroniche su documenti testuali e visivi;
ii) analisi del contesto;
iii) campagne di documentazione fotografica
Tali approfondimenti verranno poi inseriti come link nel webgis illustrativo del progetto, che farà così da base per un’operazione di storytelling urbano.

CITTA’ DI PADOVA – MUES-MAPPING URBAN EMPTY SPACES: l’obiettivo è svolgere una mappatura accurata, in ambiente GIS OPENSOURCE, degli edifici e degli spazi abbandonati o dismessi della città di PADOVA, attraverso lo STUDIO COMPARATO DI DIVERSE FONTI CARTOGRAFICHE (mappe catastali, CTR, elaborati del PAT/PI…) e AEROFOTOGRAFICHE

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Ecco in breve un riepilogo degli appuntamenti:
18/04 – Soil Connection: Strumenti di monitoraggio e valutazione del Consumo di suolo e dei Servizi Ecosistemici tra Padova e Amazzonia
Nozioni di GIS base: sistemi di riferimento e gestione dati vettoriali e raster

2/05 – Soil Connection: Strumenti di monitoraggio e valutazione del Consumo di suolo e dei Servizi Ecosistemici tra Padova e Amazzonia
Nozioni di GIS base: esercitazione su immagini aeree e satellitari: Padova VS Amazzonia

9/05 – MUES – Mapping Urban Empty Spaces
presentazione dei siti dismessi prescelti;
introduzione alle banche dati per compilare la tabella con le caratteristiche

16/05 – MUES – Mapping Urban Empty Spaces
urbanwalks in zona Stanga/Fiera per conoscenza diretta di alcuni siti dismessi mappati e campagna fotografica

23/05 – MUES – Mapping Urban Empty Spaces
introduzione al webGIS e inserimento dati della urbanwalk;
mappatura areale e popolamento tabella informativa di tutti i siti

30/05 – MUES – Mapping Urban Empty Spaces
scenari di riqualificazione con analisi GIS del contesto di reinserimento (prossimità dei siti dismessi ai sistemi di mura, acque, aree verdi, aree agricole, piste ciclabili…) e individuazione ostacoli (infrastrutture, fabbriche, impianti…)

5/06 – Amazoneyes: I costi socio-ambientali dell’ estrattivismo in America Latina
In occasione della Giornata Mondiale dell’Ambiente cercheremo di farci un’idea di quanto gli impatti dell’estrazione petrolifera e la deforestazione stiano minacciando sia gli ecosistemi che le persone!

Si consiglia a tutti i partecipanti di portare il proprio PC e di installare il software opensource QGIS e di registrarsi ai progetti inviando una mail a:
– geoamazoneyes@gmail.com
– progettomues@gmail.com
I laboratori si svolgeranno presso il Laboratorio di GIScience e Drones for Good – D4G dell’Università degli Studi di Padova, in via Ognissanti 39 a Padova.

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COS’È UN GIS
Il G.I.S. (Geographical Information System) o sistema informativo geografico è uno strumento che permette di analizzare, rappresentare, interrogare entità o eventi che si verificano sul territorio. Nella tecnologia presente all’interno dei software geografici si integrano alle comuni operazioni che si possono svolgere sui data base, quali ricerche, analisi statistiche, grafici, le funzionalità proprie di un G.I.S. come la memorizzazione di dati territoriali, il loro trattamento e soprattutto la loro rappresentazione sotto forma di cartogrammi o tabelle ritagliati su porzioni di territorio più o meno estese.
Tali capacità distinguono i sistemi geografici da qualsiasi altro sistema informatico consentedo agli utenti di avere uno strumento che consenta loro di visualizzare e analizzare le informazioni per spiegare eventi, pianificare strategie o progettare infrastrutture territoriali.
Si può ad esempio localizzare qualsiasi oggetto presente sul terreno oppure si può studiare l’evoluzione del paesaggio agricolo o ancora studiare i percorsi dei fiumi attraverso il tempo.
Per tutti i problemi che hanno una componente geografica il G.I.S permette di creare mappe, integrare informazioni, visualizzare scenari anche tridimensionalmente, risolvere complicati problemi di mobilità ed elaborare le soluzioni più efficaci .Operazioni complicate se non impossibili da effettuarsi in mancanza di tale strumento.

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PER I TOTALI NEOFITI: MA COS’E’ IL GIS??

GIS è una sigla che sta per “Geographic Information Sistem” (in Italia si parla di SIT, Sistema Informativo Territoriale).
Come definire il GIS
GIS non è altro che un software per la gestione di dati geografici. Un GIS è un potente strumento per raccogliere, archiviare, recuperare, trasformare e rappresentare dati georeferenziati derivati dal mondo reale per particolari scopi.
Possibili applicazioni di un GIS
Geografia
Ingegneria civile
Geodesia
Rilievi catastali
Fotogrammetria
Telerilevamento
Cartografia numerica
Cartografia tematica
Studi matematici su variazioni spaziali
Pianificazione territoriale
Reti tecnologiche (tra le prime ad avvalersi…..)
Marketing
Valutazione di Impatto Ambientale
….e tutto ciò che è esprimibile in materia spaziale
Vantaggi rispetto alla produzione tradizionale
Il GIS ha maggiore:
Efficienza (enorme quantità di dati gestiti e migliore qualità di trattamento dati)
Possibilità di calcolo (enorme possibilità di elaborazione modellistica)
Iterazione (aggiornamento continuo dei database. Cartografia aggiornabile)
Versatilità
Se il GIS è un software, di quale Hardware si avvale?
Hardware: dal supporto cartaceo a quello elettronico….
Per la raccolta (sorgenti di) dati ci si avvale di:
Telerilevamento
Rilievi sul campo
Cartografia
Banche dati
Per l’inserimento dati (input dati), nel GPS (Global Position Sistem), ci si avvale di:
Terminali
Digitizer
Supporti magnetici e ottici
Scanner
Files
Ma cos’è un “Database geografico”??
Se la definizione di “database” può essere “una combinazione di hardware e software che permette di gestire una notevole quantità di dati”, DATABASE GEOGRAFICO è “una collezione di oggetti cartografici e di informazioni ad essi associate in forma digitale“
… avremo così un database grafico (gli oggetti, il disegno) e un database valori (il foglio di calcolo)…
… e il database grafico avrà 2 forme:
Vettoriale (gli oggetti e le rappresentazioni sono espresse, all’interno del grafico –nelle coppie di coordinate- in Punti, Linee, Aree cioè Poligoni)
Raster (gli oggetti e le rappresentazioni sono espresse, appunto, in “raster”, un foglio a quadretti, formato da celle (pixel) definito dal numero di righe
… il vettoriale è più preciso, ma il raster è migliore su operazioni matematiche (molti sorgenti di dati, come i satelliti, forniscono i loro dati in modo Raster). I due sistemi sono interscambiabili (è comunque più problematico passare da raster a vettoriale)
… il database valori si basa su una serie di informazioni quantitative e qualitative associate agli oggetti grafici:
è continuamente aggiornabile
consente “query” (ricerche) tra “layers” (strati) diversi
un layer è uno strato informativo (esempio le curve di livello)… i “punti quotati” sono organizzati su un layer
Organizzazione dei database grafici
Gli oggetti grafici sono organizzati in “strati” diversi (layers), a seconda del tipo di informazione o dell’origine della stessa:
ogni layer (strato) può avere un proprio “database valori”
si possono eseguire “query” (ricerche) sia in senso orizzontale (sullo stesso layer) che in senso verticale
….Allora, per concludere, ma cos’è veramente un GIS??
Il GIS è uno strumento
“Garbage in……………………….. garbage out!” ……. Cioè:
“Se entra spazzatura…………. esce spazzatura!”………………
Ai NEOFITI: avete capito qualcosa su cos’è un GIS??
LA SPIEGAZIONE QUI SOPRA PROPOSTAVI E’ STATA TRATTA DA APPUNTI DI UN CORSO GIS DEL PROF. FRANCESCO FERRARESE, DEL DIPARTIMENTO DI GEOGRAFIA DI PADOVA.

da Wikipedia

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EVENTI PASSATI (DA POCO):

 

EVENTI GEOGRAFICI – 6 APRILE 2018: LA NOTTE EUROPEA DELLA GEOGRAFIA

NOTTE DELLA GEOGRAFIA A PADOVA (IL 6 APRILE)
Venerdì 6 aprile, nell’ambito della Notte Europea della Geografia, iniziativa che coinvolge 30 città europee e 22 città italiane, il Master GIScience e Sistemi a Pilotaggio Remoto dell’Università degli Studi di Padova in collaborazione con i Dipartimenti ICEA e DiSSGeA, l’Associazione AIIG Veneto, l’Associazione GIShub e l’Associazione Geograficamente, organizza 7 eventi a Padova che spaziano dal rilievo con drone, alla degustazione geo-ragionata di vini, dal maphaton dei territori dell’Amazzonia allo studio e visualizzazione di immagini satellitari per l’agricoltura.
Sarà un’occasione per toccare dal vivo i nuovi strumenti tecnologici ed interdisciplinari di cui la Geografia dispone e i diversi ambiti di ricerca e applicazione che la disciplina affronta.
Tutti gli eventi sono gratuiti e si concentreranno dal tardo pomeriggio fino a notte inoltrata.

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EVENTI IN PROGRAMMA a Padova il 6 aprile:
GLI EVENTI
PORTI E ONDE IN MINIATURA: visita tecnica al laboratorio Marittimo dell’Università degli Studi di Padova. Sarà possibile osservare un breve esperimento che studia l’interazione fra le onde e un pontile in scala ridotta
H 17.00 – 19.00 | Vasca Marittima, via Ognissanti 39 (PD)

MAPDRONE PD: rilievo fotogrammetrico di Porta Portello con drone DJI SPARK e successiva creazione del modello digitale dalla nuvola di punti
H 18.00 – 20.00 | Porta Portello (PD)

IN VINO VARIETAS. DEGUSTAZIONE GEO-RAGIONATA: sapori di vini e storie di vignaioli che tutelano e danno valore alla diversità ambientale e culturale del paesaggio italiano.
In collaborazione con 1901 – Enoteca Severino
h 18.30 – 20.30 | Museo di Geografia – Università di Padova, salone Palazzo Wollemborg, via del Santo 26 (PD)
Partecipazione gratuita limitata a 40 posti
Iscrizioni entro il 4 aprile all’indirizzo geografia.dissgea@unipd.it

GEODATA E IMMAGINI SATELLITARI PER L’AGRICOLTURA: attraverso una postazione interattiva saranno proiettati i risultati del progetto FSE Droni e Agroecosistemi 4.0 per visualizzare i #satelliti in orbita e scaricare immagini satellitari per le principali applicazioni in agricoltura e non solo
H 21.00 – 23.00 | #LaboratorioD4G, via Ognissanti 39 (PD)

IL PETROLIO, NOSTRO VICINO DI CASA. Scopriamo le attività di estrazione di idrocarburi attorno a noi con #GoogleEarthPro: attraverso l’uso avanzato di strumenti di Google Earth Pro, i partecipanti potranno esplorare la “geografia del petrolio” in Italia visualizzando e prendendo coscienza delle relazioni spaziali tra aree ad alta sensibilità ecologica e culturale e la produzione di idrocarburi H 21.00 – 23.00 | #LaboratorioD4G, via Ognissanti 39 (PD)

PROJECT(ion)S FOR PADOVA: attraverso l’uso di tecniche di video mapping, saranno proiettate sulle superfici di alcuni edifici e luoghi di Padova, visioni e proposte progettuali per quello stesso sito, rappresentando così su architetture reali alcune ipotesi di trasformazione
H 21.00 – 23.00 | Piazzetta Portello, via Marzolo 17 (PD)

AMAZONEYES | #MAPHATON: mappatura della #deforestazione e degli impatti ambientali della produzione di combustibili fossili nell’#Amazzonia ecuadoriana, una delle aree più biodiverse del pianeta
H 22.00 – 02.00 | #LaboratorioD4G, via Ognissanti 39 (PD)
Prenotazioni: geoamazoneyes@gmail.com

MUSEO DELLA GEOGRAFIA A PADOVA(nella foto: Salone del primo piano della Sezione di Geografia di via del Santo 26)

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CARTA DEGLI EVENTI IN TUTTA EUROPA:

http://www.ageiweb.it/eventi-e-info-per-newsletter/carta-degli-eventi-della-notte-europea-della-geografia/

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GLI EVENTI DEL 6 APRILE IN ITALIA:

http://www.ageiweb.it/notte-della-geografia/eventi-proposti-per-la-notte-della-geografia/

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NOTTE EUROPEA DELLA GEOGRAFIA: LE FINALITA’
La Geografia italiana, con il Comitato Italiano UGI e in rete con comunità e comitati nazionali in Europa, partecipa alla Notte Europea della Geografia: ideata dal Comitato Nazionale Francese di Geografia e promossa da EUGEO, con una costellazione di eventi sincroni che coinvolgeranno team, laboratori, associazioni e appassionati nella serata/nottata del 6 Aprile 2018.
Da spazi più classicamente accademici a quelli più sociali e aperti alla città, vogliamo impegnarci, con il concorso di idee e iniziative gestite localmente, a rendere possibile un’affascinante edizione italiana distribuita in tutta Italia!
Questo evento mira a migliorare la visibilità e l’incisività della geografia e dei geografi nei confronti del grande pubblico e dei media, comunicando meglio il sapere geografico e la valenza della Geografia per la formazione a “tutto tondo” dei cittadini. Un evento che ci aiuti a rendere la ricerca geografica più accessibile, contribuendo a valorizzare il nostro lavoro scientifico e didattico.
Gli eventi proposti saranno per questo liberi e aperti a tutti i cittadini.

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THE BLUE MARBLE, NASA 1972, MISSIONE APOLLO 17 – BLUE MARBLE è una famosa fotografia della Terra scattata il 7 dicembre 1972 dall’equipaggio dell’APOLLO 17 (l’ultima missione del Programma Apollo) ad una distanza di circa 45 000 Km. È una delle immagini più distribuite nella storia della fotografia perché è una delle poche che ritraggono la terra completamente illuminata, in quanto al momento dello scatto il Sole era alle spalle degli osservatori. Da quella distanza, la Terra appariva agli astronauti come UNA BIGLIA (blue marble è traducibile dall’inglese come “biglia blu”). Questa foto è utilizzata dal mondo ambientalista come immagine della fragilità della Terra, e del pericolo della sua distruzione ambientale e della limitatezza delle sue risorse naturali

“(…) Lungi dall’essere un inventario polveroso di monti, confini e capitali, LA GEOGRAFIA SERVE A LEGGERE I PAESAGGI: «Vedere i negozi che chiudono e i centri commerciali, le fabbriche abbandonate, i poveri nelle metropolitane quando fa freddo: questa è geografia», dice Carlo Brusa, docente di geografia all’Università del Piemonte Orientale. Materia principe per comprendere RAGIONI E MOVIMENTI DELLE MASSE CHE MIGRANO. O per disegnare le trasformazioni del territorio, definire i piani paesaggistici, aiutare nella COMPRENSIONE E nella PREVENZIONE DEI DISSESTI IDROGEOLOGICI. Per capire e intervenire non bastano Google Maps e gps. Possono servire, non far conoscere. «Non danno i fondamenti disciplinari», dice Brusa. Quelli, però, non li dà più neanche la scuola, dove alla riduzione delle ore si è sommata la trasformazione della materia, la sua «espropriazione» da parte di altre discipline”. (da “il Corriere della Sera” del 21/10/2017)

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FIRENZE: La notte europea della geografia a Firenze

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LA STORIA SI FA ANCHE A COLPI DI MAPPE

di Massimo Rossi, da “La Stampa” del 22/10/2016
Solitamente pensiamo a una carta geografica come a una rappresentazione esatta dei territori raffigurati, disattivando qualsiasi ulteriore riflessione in merito a possibili altre considerazioni. La mappa che non passa inosservata (o quantomeno incuriosisce) è intitolata “VEDUTA D’ITALIA” e risale al 1853, quasi un decennio prima dell’unità politica nazionale.

VEDUTA D’ITALIA (1853, anonimo cartografo)

Il gesto rivoluzionario dell’anonimo cartografo arriva, ancora oggi, dritto nel segno prefissato. Ponendo il Sud in alto si innesca nel lettore un’altra visione, un altro punto di vista da cui guardare il mondo, ed è proprio questa una delle peculiarità della geografia, quella di organizzare e facilitare la comprensione del mondo, il rapporto tra i luoghi, le comunità insediate e gli ambienti geofisici.
La Veduta d’Italia, così come ogni mappa, è una macchina narrativa, un dispositivo tecnico e culturale in grado di comunicare e addirittura reificare, vale a dire rendere concreti concetti astratti come l’idea di nazione.
Il nostro cartografo confeziona un’immagine apparentemente neutra della penisola, protetta dalle Alpi e protesa nel Mediterraneo così come è “oggettivamente” leggibile nella geografia fisica, senza alcun riferimento a suddivisioni politiche come se la natura avesse “naturalmente” disegnato i confini.
Ma la natura non può essere consapevole di determinare un limes, una demarcazione; in natura non esiste discontinuità ed è sempre e solo l’uomo a decidere, arbitrariamente, di dividere un fiume longitudinalmente, o di usare lo spartiacque alpino per differenziare un “noi” sa un “loro”.
Lo storico Gaetano Salvemini e i geografo Carlo Maranelli dibattendo sulla questione adriatica nel 1918 sentenziarono: “Non esistono confini politici naturali, perché tutti i confini politici sono artificiali, cioè creati dalla coscienza e dalla volontà dell’uomo”.

   Tuttavia la Veduta d’Italia proclama esattamente il contrario e delinea non solo il “confine naturale” alpino, ma accoglie i desiderata dell’establishment politico-militare sabaudo: i territori alto atesini, giuliani, istriani e dàlmati, la Corsica e Nizza, fino a rivendicare, laggiù in fondo, con due toponimi, Malta e Tunisi.
Vittorio Emanuele III nel proclama diramato il 24 maggio 1915 si indirizzò ai soldati con queste parole: “A voi la gloria di piantare il tricolore d’Italia sui termini sacri che la natura pose ai confini della Patria nostra”, convocando l’elemento naturale a testimone delle irrinunciabili pretese nazionali.(…..) (Massimo Rossi)

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NON SAPERE DOVE SIAMO: LA GEOGRAFIA DIMENTICATA

di Antonella De Gregorio, da “il Corriere della Sera” del 21/10/2017
«La capitale dell’Africa? L’Egitto!». Non era una battuta, è successo davvero, nella casa più spiata d’Italia, quando una concorrente del Grande Fratello Vip ha voluto mostrare le sue conoscenze geografiche. Non è sola, la ragazza, ad avere una gran confusione in testa: tra gli studenti che hanno fatto la maturità 2017, qualcuno, per dire, ha asserito che Ginevra è una città della Francia. E un’indagine condotta da libreriamo.it su 2.500 italiani tra i 18 e i 65 anni ha rivelato che per uno su tre la capitale dell’Austria è Berlino, la Mole Antonelliana si trova a Firenze e Zagabria è una città della Romania. Non solo nella casa del Grande Fratello, insomma, si affronta il mondo senza conoscerne forma e dimensioni, ma la malattia sembra essere ben diffusa e drammatica. Perché di un malessere si tratta: senza conoscenze di geografia, «viene a mancare una cornice culturale entro cui fondare i nostri giudizi», sostiene CARLO BRUSA, docente della materia all’Università del Piemonte Orientale.
Lungi dall’essere un inventario polveroso di monti, confini e capitali, la geografia serve a leggere i paesaggi: «Vedere i negozi che chiudono e i centri commerciali, le fabbriche abbandonate, i poveri nelle metropolitane quando fa freddo: questa è geografia», dice Brusa. Materia principe per comprendere ragioni e movimenti delle masse che migrano. O per disegnare le trasformazioni del territorio, definire i piani paesaggistici, aiutare nella comprensione e nella prevenzione dei dissesti idrogeologici. Per capire e intervenire non bastano Google Maps e gps. Possono servire, non far conoscere. «Non danno i fondamenti disciplinari», dice Brusa. Quelli, però, non li dà più neanche la scuola, dove alla riduzione delle ore si è sommata la trasformazione della materia, la sua «espropriazione» da parte di altre discipline.
«Di geografia parlano (malamente) gli storici, i filosofi, i sociologi. Mentre chi sarebbe più autorizzato, non è all’altezza», dice FRANCO FARINELLI, docente a Bologna e a lungo presidente dell’Associazione Geografi. Come si è arrivati a questo punto? «L’insipienza viene da lontano: l’ultimo colpo di scure è stato dato cinque anni fa dalla razionalizzazione prevista dalla legge Tremonti-Gelmini. La geografia è diventata la cenerentola della scuola, soprattutto nei licei e negli istituti tecnici. In alcuni professionali è addirittura scomparsa — spiega il docente —. Anche se le ore decuplicassero, però, pochi insegnanti saprebbero scalzare la banalità apparente del discorso cartografico».
Peraltro, i docenti con preparazione specifica sono una piccola comunità: 350 tra ricercatori e ordinari. Un manipolo di coraggiosi, che hanno studiato secondo cliché desueti nei pochi atenei dove il corso è attivo. Inutile dire che i più bravi trovano lavoro all’estero. Se li contendono le rinnovate accademie cinesi e i campus anglosassoni. Come Oxford, dove si è laureata, in Geografia, la premier May.
È ottimista, però, CESARE EMANUEL, rettore dell’ateneo di Novara, che ha di recente ospitato un convegno nazionale sulla disciplina: «Lo studio della geografia è in rimonta nei giovani. Perché ha teoria, metodi, un’osservazione spaziale che consente di mettere in luce problematiche che altri ambiti scientifici non hanno». Certo «bisogna imparare ad appassionare gli studenti», dice Brusa. Serve «una didattica nuova, che parta da escursioni e studi sul campo per arrivare a educare al mondo». Ed ecco che il problema, forse, non è più di tempo, ma di qualità. (Antonella De Gregorio)

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LA GEOGRAFIA SERVE ANCORA? (di Luca Piccin)

(…) la negazione finale e fatale dell’homo geographicus, non è altro che la negazione del RAPPORTO UOMO/NATURA o natura/uomo.
Ed è proprio questo rapporto che mi ha spinto ad iscrivermi al corso di laurea in geografia dei processi territoriali all’università di Padova. Correva l’anno 2004-2005. Io venivo da un anno in falegnameria dopo aver abbandonato gli studi sociologici in quel di Trento. Fu durante il bellissimo corso di epistemologia della geografia tenuto dall’indimenticato Prof. Mauro Varotto, che scoprii le difficoltà che avrei dovuto affrontare, ovvero la presenza di una lobby di architetti che aveva da tempo preso in mano (in Italia) le tematiche geografiche, in particolare quelle di applicazione pratica come la pianificazione. D’altronde, molti di noi, non hanno avuto altra scelta che iscriversi allo IUAV di Venezia per proseguire gli studi oltre la laurea triennale ; l’alternativa era di andare via, lasciare la regione. Io ho scelto quest’ultima strada, complice la fortuna di aver ottenuto la borsa Erasmus per l’isola de La Réunion. Come Laura infatti, è stato un viaggio in un’isola lontana che mi ha fatto capire dell’utilità della Geografia; si potrebbe dire che questo viaggio per noi è stato come un’utopia che diventa realtà.
Al ritorno in patria, supero gli ultimi quattro esami con il massimo punteggio e senza troppi sacrifici, ottenendo persino la lode in ecologia. Neanche il tempo di ottenere il diploma, un venerdì di settembre, e il lunedì successivo sono già occupato! A quattro anni di distanza questa è pura fantascienza…
In realtà, un’agenzia fotografica a 9 km da casa mi aveva accolto per svolgere un lavoro di foto editing, ovvero verificare la corrispondenza tra la didascalia e le immagini dei cataloghi che svariati reporter fornivano per poi essere pubblicati su riviste e siti web di diversi paesi. Questo fu possibile grazie a un annuncio posto al dipartimento Morandini, in cui si cercava qualcuno con competenze in geografia del paesaggio… Complice il fresco ritorno da un viaggio esotico e il relativo gusto per l’avventura, in un contesto di relativo benessere (ancora non si parlava di crisi), decisi dopo sole tre settimane di rimettere a data ulteriore la vita in ufficio, preferendo sbarcare il lunario coi lavori campestri durante i periodi vuoti.
Dopo due anni di avventura in terra transalpina (uno di vacanza-studio in famiglia e l’altro di lavoro in seguito a disguidi burocratici) approdo finalmente al master di Geografia a Montpellier : tra le otto opzioni disponibili è la ricerca che suscita il mio interesse. Mai scelta fu più riuscita : il mio lavoro sul ruolo di Slow Food nella valorizzazione dei prodotti tipici e le dinamiche territoriali in Francia e in Italia mi ha permesso infatti di ottenere nel dicembre 2010 il premio Louis Malassis per i giovani ricercatori, rimesso dal Centro Internazionale di Alti Studi Agronomici del Mediterraneo.
Nel 2010-2011, io e la mia compagna di sempre, decidiamo di tornare sull’isola dove lei era nata e dove io ero sbarcato quattro anni prima. Contrariamente all’anno precedente, il corso di “Genio Urbano e Ambiente” non è stato all’altezza delle aspettative, malgrado il carattere multidisciplinare e uno stage al CIRAD, centro di ricerca in agronomia e sviluppo con cui ancor oggi collaboro saltuariamente. In effetti, vivere su un’isola come la Réunion puo’ sembrare idilliaco, e per certi versi lo è veramente… Ma non più che in qualunque altro luogo del pianeta, perché abitare significa prendersi cura del nostro ambiente di vita… E queste sono tematiche che interessano senz’altro i geografi, ma anche e soprattuto tutti gli esseri umani.
Oggi io continuo a lottare quotidianamente per vivere, cosi come lotto per ottenere una borsa di dottorato, senza troppo mercanteggiare gli argomenti che voglio difendere, cosa che mi espone a rischi innumerevoli. Nessuno può dirmi quale sarà l’esito di queste lotte, ma il sapere che possiedo e che ho attivamente ricercato e affinato con il tempo, costituisce il bagaglio più importante che mi porto dietro. Questo sapere geografico (ma non solo) trova applicazione quotidiana, perché quel rapporto di cui parlavo sopra è una sorgente di riflessione per chiunque, anche per coloro che non consultano enciclopedie o cartografie. Noi geografi siamo allora in posizione privilegiata, benché in un contesto storico che spinge a svilire il rapporto tra l’uomo e la terra, cosi come tutte le altre dimensioni del vivere, ad una tutt’altro che nobile compravendita. Non è dunque la sola Geografia ad essere minacciata.
La crisi che viviamo non è unicamente finanziaria o economica, è anche crisi ambientale, identitaria, legata al collasso della catena dei significati di fronte allo svolazzare folle delle immagini nelle geografie reticolari della comunicazione globale. La nostra reazione a questo imbarbarimento, a questa perdita di civiltà, ha tutto da guadagnare se associata alla Geografia, in quanto sapere capace di incitare al ragionamento e al voler riappropriarsi di questo rapporto che si vorrebbe cancellare attualmente.
In quanto geografo, concludo allora affermando che: sappiano i nostri nemici che non si potranno ancora a lungo trattare in separata sede l’Umanità e la Natura. La presa di coscienza che l’Umanità è essa stessa parte della Natura è già in atto. In quanto geografo non posso che lavorare quotidianamente per favorire questo nobile processo. (Luca Piccin –

da https://geograficamente.wordpress.com/2012/04/26/a-cosa-serve-la-geografia/ )