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PONTE SULLO STRETTO: LA GRANDE INCOMPIUTA D’ITALIA
di IVAN TORNEO, 16/3/2023, da https://masterx.iulm.it/
Via libera al Decreto per il Ponte sullo Stretto di Messina. Il Consiglio dei Ministri del 16 marzo ha approvato un testo che consente il riavvio del percorso di progettazione e realizzazione del collegamento tra la Sicilia e il resto del Continente. Non è la prima volta che si avviano progetti per la realizzazione dell’opera italiana più attesa di sempre. Si spera che sia l’ultima.
Ecco cosa c’è da sapere sulla travagliata storia del Ponte sullo Stretto.
NASCE IL NUOVO PROGETTO
Rinasce la Società Stretto di Messina, stavolta con una nuova e più moderna governance. È prevista una cospicua partecipazione del Mef e del Mit, a conferma dell’importanza che il governo attribuisce alla possibilità di un collegamento tra Calabria e Sicilia.
Si ricomincia dal progetto definitivo approvato nel 2011. Esso verrà aggiornato ai nuovi standard tecnici, di sicurezza e ambientali. Con i suoi 3,2 chilometri, si tratterà del ponte strallato più lungo al mondo.
«È una giornata storica non solo per la Sicilia e la Calabria ma per tutta l’Italia», ha dichiarato il ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini. «Dopo 50 anni di chiacchiere questo Consiglio dei ministri approva il Ponte che unisce la Sicilia al resto dell’Italia e all’Europa», ha aggiunto Salvini in un messaggio video al termine del Consiglio dei Ministri. Si tratta di uno dei tanti ambiziosi piani del governo per il Paese. (IVAN TORNEO, 16/3/2023, da https://masterx.iulm.it/)
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IL PONTE SULLO STRETTO NELLA STORIA
Sembra quasi assurdo, ma l’unico Ponte sullo Stretto mai realizzato risale all’epoca dei romani. Si trattava di un ponte di barche e botti, secondo la testimonianza di Plinio il Vecchio e Strabone. Il console Lucio Cecilio Metello nel 251 a.C. lo fece costruire per trasportare dalla Sicilia i 140 elefanti da guerra sottratti ai cartaginesi nella battaglia di Palermo.
Nel 1840 anche il sovrano del Regno delle Due Sicilie, Ferdinando II di Borbone, immaginò la realizzazione del ponte. Il re incaricò un gruppo di architetti e ingegneri dell’epoca di fornirgli idee e progetti concreti per l’edificazione dell’opera. Dopo averne constatata la fattibilità – ben due secoli fa – si racconta che il sovrano preferì rinunciare a causa dei costi dell’opera, insostenibili per le casse del Regno. (IVAN TORNEO, 16/3/2023, da https://masterx.iulm.it/)
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REGNO D’ITALIA E PROGETTI MODERNI
Il primo ad esplorare la fattibilità di un collegamento per l’isola nel Regno d’Italia fu il ministro dei Lavori pubblici del governo La Marmora, Stefano Jacini, nel 1866, pochi anni dopo l’unificazione. Da lì inizia la storia infinita di progetti, idee e tentativi di costruzione mai realizzati.
Ma i primi progetti davvero contemporanei nascono nel 1968. In quell’anno l’Anas indice un concorso d’idee internazionale, il cosiddetto Progetto 80. Tra i vincitori c’è l’ingegnere Sergio Musmeci, che ipotizza un ponte con due piloni alti 600 metri sulla terraferma, per evitare di dover lavorare sul peculiare fondo marino dello stretto: instabile e a forma di “V”. La più grande difficoltà logistica per la realizzazione del ponte. Lo stesso Musmeci non lo considera fattibile. All’epoca non esistevano ancora materiali adatti a garantire la sicurezza per sostenere quei 3 km. Troppe vibrazioni legate al vento, troppa instabilità sul fondale. (IVAN TORNEO, 16/3/2023, da https://masterx.iulm.it/)
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(Attraversiamo lo Stretto di Messina – Reportage sul traghettamento – GeoMagazine.it – YouTube )
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QUANTO È COSTATO “NON FARE” IL PONTE
Tra il 1981 e il 1997 l’Italia investe 135 miliardi di lire per ulteriori studi sulla fattibilità. Su progetto a campata unica con Pietro Lunardi ministro delle Infrastrutture, nel 2003, viene aperto un primo cantiere in cui si fa un buco grande come un campo da calcio e profondo 60 metri, utile all’ancoraggio dei cavi. Secondo la Corte dei Conti, Il conto in euro a questo punto è già salito a oltre 130 milioni.
La Società Stretto di Messina – oggi ricostituita – finisce per essere controllata nel 2007 all’81,84% da Anas e partecipata da Rete ferroviaria italiana (Rfi), Regione Calabria e Sicilia. Con il ritorno a Palazzo Chigi di Prodi il progetto frena, per ripartire due anni dopo con il Berlusconi IV. La questione continua ad animare il dibattito pubblico, tra chi la considera un’opera essenziale e simbolica, e chi parla di altre priorità per la Sicilia. Nel mezzo tutti coloro che temono la struttura sia ancora logisticamente infattibile.
Nel bilancio del 2013 emerge un debito per gli impianti pari a 1,3 miliardi. Finora di questa somma lo Stato ha versato solo 20 milioni, ma c’è una causa ancora in corso che dovrebbe arrivare a sentenza nel 2023. Ma la cifra è rimasta il simbolo di quanto possa costare sul serio il Ponte: 1,3 miliardi per i soli impianti preparatori.
Tirando le somme, il conto complessivo di tutti i progetti d’avviamento per l’edificazione del Ponte sullo Stretto di Messina dovrebbe essere di circa 1,2 miliardi. Il costo del Ponte per questo nuovo progetto, invece, si aggira intorno ai 6-7 miliardi di euro. (IVAN TORNEO, 16/3/2023, da https://masterx.iulm.it/)
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QUALI SONO GLI OSTACOLI DEL PONTE SULLO STRETTO?
di Giuseppe Cutano, da https://www.geomagazine.it/, 19/3/2023
Come un ritornello si torna a parlare di Ponte sullo Stretto. Già i romani si posero il problema di collegare la Sicilia al resto del Continente e loro lo fecero unendo tante barche per fare spostare degli elefanti catturati durante le guerre puniche. Successivamente furono i Borbone a metà ‘800 e si proseguì con l’Unità d’Italia in questa impresa di progettare un collegamento stabile sullo Stretto di Messina.
Le soluzioni proposte furono tantissime, ma negli ultimi due secoli non si è mai concretizzato nulla. Il sisma del 1908, uno dei più forti della storia d’Italia che causò anche un grande maremoto con 80.000 vittime, fu un elemento che raffreddò gli entusiasmi.
Di certo l’importante faglia che attraversa lo Stretto fa sì che le due coste si allontanino di qualche mm ogni anno e non è problema da poco. A causa di questa faglia, ne avevamo già parlato su GeoMagazine.it, c’è l’impossibilità di una soluzione via tunnel. La geologia della Manica, al quale spesso si fa erroneamente riferimento, non è minimamente paragonabile alla nostra. Fra tutte le soluzioni quello di un ponte a campata unica sembra quella più realisticamente realizzabile. Piloni dentro le acque dello Stretto non possono essere costruiti per ovvie questioni di profondità (circa 250 m). Ovviamente per fare il progetto si è scelto il tratto più corto dello stretto e la campata sarebbe pari a 3,3 km fra Cannitello, vicino a Villa San Giovanni in Calabria, e i Laghi Ganzirri a punta Peloro sul lato di Messina.
Del progetto ponte ne abbiamo parlato in più occasioni e abbiamo anche provato a percorrere lo Stretto con le condizioni attuali e ne abbiamo fatto un reportage.
Andiamo ora ad analizzare quali ad oggi sono le condizioni oggettivamente ostative per la realizzazione di un attraversamento stabile dello Stretto.
DIFFICOLTA’ TECNICHE
Stando al progetto definitivo, la soluzione a campata unica, è comunque non semplice perché sarebbe comunque il ponte a campata unico più lungo al mondo. Non esistono ponti con tali estensioni. Sentiamo poi anche spesso dire “Ma all’estero fanno anche cose più complesse“, ma dobbiamo rispondere che lo Stretto è una unicità al mondo e dal punto di vista tecnico non è mai stata realizzata nessuna opera simile. Nemmeno in Giappone o nel Nord Europa. Per reggere tutto questo peso e questa “sospensione” sono necessarie due notevoli torri in calcestruzzo alte quasi 400 m (382 m per la precisione).
Il ponte sarà corredato di cavi d’acciaio per reggere l’impalcato. Dunque le torri terranno i cavi dove verrà appoggiato il piano di transito (doppio binario + 6 corsie stradali). Questo ponte, in gergo tecnico, viene chiamato “ponte strallato”. Queste importanti dimensioni dovranno garantire stabilità durante sismi importanti e anche con il vento.
I miti dell’Odissea di Scilla e Cariddi ci possono far immaginare le condizioni dello Stretto. Il vento qui è spesso presente e sostenuto anche perché lo stretto stesso crea l’”effetto Venturi”. La sezione orografica, stringendosi, fa si che il vento aumenti la sua velocità. Dunque dal punto di vista tecnico è una vera e propria scommessa. I tecnici hanno testato i modellini in scala nelle gallerie del vento con risultati positivi, ma il collaudo definitivo si avrà solo a lavori finiti.
Anche dal punto di vista realizzativo l’opera non è semplice per la costruzione di queste alte torri e per l’ampia profondità delle fondamenta che devono essere scavate in una geologia molto complessa come quella dell’area dello Stretto. Inoltre gli accessi andranno modificati e ingenti lavori sono previsti per km all’interno dei due lati soprattutto, sul lato siciliano.
In Calabria l’ammodernamento della autostrada A3, oggi A2, aveva già previsto dei lavori propedeutici. Lato ferroviario è ancora tutto da pensare a da fare e le modifiche dei tracciati, visto che i treni non possono affrontare cambi di pendenza immediati come le rampe di accesso stradale, saranno importanti e si propagheranno all’interno per molti km.
Dunque i tempi per realizzare il ponte e le opere accessorie, nel progetto del 2003 erano pari a 11 anni, oggi si legge di 7, ma saranno con molta probabilità molto più lunghi anche per la realizzazione di tutte le opere propedeutiche agli accessi soprattutto ferroviari. Per onestà intellettuale basti pensare che per pochi km di Metro a Roma sono trascorsi anche decenni.
DIFFICOLTA’ AMBIENTALI
Forse non tutti sanno che lo Stretto di Messina è una area protetta riconosciuta a livello europeo. E tutte le opere realizzate all’interno delle aree protette denominate SIC e ZPS della Rete Natura 2000 devono essere approvate a seguito di una Valutazione di Incidenza Ambientale.
Questa valutazione si preoccupa di analizzare tutti gli effetti in ogni fase del progetto sulla flora e sulla fauna. Nel 2013 la commissione del Ministero diede parere negativo. Spesso, dal punto di vista ambientale, viene però detto che il ponte sarebbe migliorativo in termini di emissioni, perché toglierebbe le navi dallo Stretto che ad oggi sono a combustione.
Certo che se oggi pensiamo a navi completamente elettriche e ricaricate con rinnovabili questo beneficio in termini di emissioni verrebbe meno. Dunque con degli scenari odierni una valutazione di impatto ambientale andrebbe certamente rivista. Della soluzione di elettrificazione delle navi ne abbiamo parlato in un articolo recentemente.
Ci sono strumenti però che ha in mano l’esecutivo che come nel caso dell’Aeroporto di Malpensa, ritenuta ai tempi opera strategica, possono andare in deroga a queste analisi ambientali, ma nel 2023 sarebbero certo una forzatura visti i chiari problemi ambientali che stiamo vivendo. Dunque siamo disposti a sacrificare uno dei luoghi di maggior pregio del nostro Paese per questa opera? A voi la risposta.
DIFFICOLTA’ SOCIO-ECONOMICHE
Ad oggi la stima dei costi è pari a 7 miliardi di euro, che in un opera così complessa non è difficile pensare che possa lievitare. La cifra è molto importante, ma non sarà finanziata dall’Unione Europea che non la ritiene una opera prioritaria. Di certo chi si attende che il transito sarà gratuito come l’autostrada A2 oppure a prezzo calmierato si sbaglia.
Già oggi transitare nei tunnel alpini ha dei costi proibitivi, ma lo è in tutti i ponti europei importanti del Nord Europa. Non è utopia pensare che il transito possa costare oltre i 50 euro. Nonostante queste alte tariffe sembra che non sarà facile rendere l’opera profittevole e il grosso dei costi ricadrà sulla collettività. Facciamo due calcoli “della serva”. Oggi transitano all’anno circa 2 milioni di mezzi sullo Stretto.
Con il costo che abbiamo ipotizzato avremmo ricavi per 100 milioni l’anno. Senza contare tasse e costi di gestione, con questi numeri, il ponte si ripagherebbe in 70 anni. Per avere i conti in ordine quale azienda finanzierebbe un progetto con un rientro così lungo? I benefici coprono davvero questa cifra ingente? Lo Stato può permetterselo in tempi di crisi economica?
Nel calcolo precedente abbiamo trascurato i costi di gestione che saranno molto ingenti per via delle notevoli manutenzioni che si dovranno fare. L’ambiente costiero con l’acqua salmastra rende l’aria molto aggressiva per i materiali in acciaio e dunque sarà importante una continua manutenzione e con costi di esercizio annuali importanti.
Dal punto di vista sociale, essendo evidente la precarietà generale che affligge due regioni come la Calabria e la Sicilia, sprovviste di linee ad alta velocità, con infrastrutture fortemente obsolete e carenti, con una sanità in evidente agonia, è lecito porsi diverse domande. La popolazione locale è disposta ad accettare che i soldi vengano dirottati su questa opera a discapito di altri investimenti importanti per il Sud?
L’opera dal punto di vista meramente tecnico è sicuramente affascinante e sfidante, i record affascinano tutti, ma certo è che non si può mettere la testa sotto la sabbia trascurando quale sia il contesto. Un quadro molto delicato dal punto di vista ambientale e unico al mondo, tanto che come dicevamo vi sono state istituite diverse aree protette. Inoltre il contesto sociale è molto fragile e i benefici non sembrerebbero essere giustificati per una opera costosa e complessa.
Viene davvero difficile pensare che questa opera possa spostare le regioni dell’estremo Sud dall’ultime posizioni in Europa per qualità della vita e benessere con un ponte. Qualcuno dirà che non si investe al Sud in favore del Nord e per queste ragioni che il Ponte è mai stato realizzato, ma il Sud invece potrebbe guidare la sua rinascita con progetti più ampi e strutturali.
Non possiamo poi non rimarcare il fatto che in questi anni, in attesa del fantomatico “ponte”, è stato fatto poco per migliorare la situazione degli attraversamenti. Il nostro reportage parla chiaro. Sicuramente con cifre nettamente inferiori e con tempi rapidi il miglioramento dell’attraversamento poteva essere sicuramente ottimizzato in maniera considerevole.
Ovviamente se il ponte diviene uno strumento politico diventa difficile giudicare l’opera di per se che però ha oggettivi problemi di varia natura. Chi oggi è all’esecutivo, visti i tempi di realizzazione, non sarà più responsabile un domani durante la costruzione e la messa in esercizio. Di certo, senza sapere ne leggere ne scrivere, se in tutti questi anni l’opera non è mai stata realizzata le difficoltà forse ci sono davvero. (GIUSEPPE CUTANO, da https://www.geomagazine.it/, 19/3/2023)
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LA STORIA INFINITA DEL PONTE SULLO STRETTO*
di Carlo Scarpa, 17/03/2023, da https://lavoce.info/
*Articolo pubblicato originariamente il 24 gennaio 2023
Quasi a ogni cambio di governo l’idea del Ponte sullo stretto di Messina viene riesumata o accantonata. Andrebbe presa una decisione definitiva. Ed è una decisione politica, perché sotto il profilo economico è difficile valutare se l’opera conviene o meno
“Salvo intese” il Ponte sullo Stretto si farà. Ovvero: se non ci ripensiamo, andiamo avanti. Pur con questa formula bizzarra, il Governo ha comunque deciso di fare un altro passo avanti. Il vero punto interrogativo è se dietro questa formula politicamente tiepida vi sia una volontà politica effettiva. Perché il progetto sembra ormai inarrestabile.
Si tratterà di capire se per aggiornare il progetto basta un anno e mezzo o se servirà una proroga. Ma è un dettaglio. Anche perché si sta lavorando alla Alta Velocità fino a Reggio Calabria, si investono miliardi per le ferrovie siciliane. Il Ponte rischia di essere un dettaglio. Fin quando i soldi non finiscano.
Il tema del Ponte sullo stretto di Messina torna periodicamente alla ribalta e conviene quindi capirne le origini e il senso. L’idea è secolare, il progetto supera i cinquanta anni. Con un dibattito infinito tra chi lo considera un sogno, chi un incubo.
Nel dicembre 1971 viene approvata la legge 1158/1971 “Collegamento viario e ferroviario fra la Sicilia ed il continente”, che prevede la costituzione di una Spa incaricata “dello studio, della progettazione e della costruzione, nonché dell’esercizio del solo collegamento viario” (la ferrovia, era affidata alle ferrovie dello stato). La Stretto di Messina Spa doveva essere istituita a cura di Anas, delle regioni Calabria e Sicilia, ciò che è avvenuto solo nel 1981. Dopo alcuni riassetti, dal 2013 la società è in liquidazione.
La liquidazione di un’impresa non è cosa semplice e spesso ci vogliono anni per chiudere effettivamente tutte le partite in corso (crediti, debiti, contenziosi legali e così via). Ma dieci anni sono comunque tanti e riflettono il fatto che sulla scena politica si sono confrontate diverse posizioni, con il susseguirsi di varie fasi di stop and go. Così la Spa è ancora lì, pronta a riprendere le operazioni alla bisogna.
L’iter del progetto e i costi
Il progetto preliminare del ponte fu approvato dal Cipe il 1° agosto 2003, pur con alcune prescrizioni e raccomandazioni. La stima dei costi al 2006 era di poco meno di 4 miliardi di euro (tra progettazione ed esecuzione), somma determinata dopo regolare gara con un general contractor (un’Ati – associazione temporanea di imprese – capitanata da Impregilo, oggi parte di Webuild).
Il contratto non fu però approvato dal governo Prodi nel 2006, mentre fu invece confermato dal governo Berlusconi nel 2008, con il conseguente aggiornamento del piano economico e finanziario, il rifinanziamento dell’intera operazione e l’introduzione di una serie di condizioni che nel 2016 la Corte dei conti definiva “in favore delle parti private”. Dati i ritardi per i lavori, il contractor cominciò ad avanzare pretese (tecnicamente “riserve”) che condussero a una transazione conclusa nell’ottobre 2009; all’epoca il costo complessivo (inclusi oneri finanziari, a quanto si capisce) risultava pari a 6,3 miliardi. Il progetto definitivo è poi stato approvato nel luglio 2011 da un nuovo governo Berlusconi, sulla base del preliminare del 2003.
Purtroppo (per il ponte), quattro mesi dopo, il governo cambiò e il successivo esecutivo Monti espresse forti dubbi sul progetto, di fatto annunciandone l’affossamento. Per limitare i danni da pagare ai privati nel caso di mancata esecuzione fu approvato uno specifico decreto (il Dl 187 del 2012), che però non ha impedito il successivo contenzioso, né la liquidazione della società.
Cosa abbiamo già pagato? La Corte dei conti al 2013 quantificava i costi già sostenuti in oltre 300 milioni (di allora). Purtroppo, è facile prevedere come le analisi e i progetti effettuati siano ormai obsoleti. Nessuno costruirebbe oggi qualcosa di importante sulla base di analisi di venti anni fa, su una situazione di fatto che potrebbe essere cambiata. Quindi, se anche si ripartisse, è facile pensare che si dovrebbe riiniziare più o meno da zero, come si intuisce anche da quanto scriveva nel 2021 il Gruppo di lavoro del ministero delle Infrastrutture.
Ma non basta. Sono ancora pendenti i pesanti contenziosi con le imprese che si sono aggiudicate il progetto. Qualcuno ha già conteggiato le richieste tra i costi del progetto, anche se la questione sarà definita al termine di un procedimento assai intricato. Se poi si decidesse davvero di costruire il Ponte, è possibile che i contenziosi vengano in qualche modo composti all’interno del nuovo progetto.
Quanto ai costi futuri (ed eventuali) per costruire il Ponte, un conto serio aggiornato non è pubblicamente disponibile, e soprattutto andrebbe rivisto insieme al progetto, considerando i costi attuali delle costruzioni, che sono esplosi. Sul sito di Webuild si parla di un costo complessivo di oltre 7 miliardi; a me pare ottimistico, ma vedremo… Nel frattempo, a gennaio 2022, il ministero ha avviato un nuovo progetto di fattibilità; con quali ulteriori costi, non so dire.
Occorre poi considerare i rischi. Secondo un recente studio congiunto italo-tedesco, quello sismico si conferma elevato. Ovviamente, ci sarebbero anche significativi rischi ambientali, come per qualunque opera di queste dimensioni. Tutti temi da considerare seriamente, ma che difficilmente bloccherebbero il progetto, se i benefici ci fossero davvero.
Servirebbe? E quali sarebbero i benefici?
Quali potrebbero essere, allora, i benefici? Questa è la vera domanda. E la risposta è tutt’altro che semplice. Fin quando un’opera non viene completata, alcuni costi si materializzano, mentre i benefici sono solo aspettative. E anche i costi futuri sono molto più prevedibili dei benefici. Ciò premesso, l’unica analisi costi-benefici proposta (non dai proponenti – sarebbe chiedere troppo?) conduce a risultati negativi, con costi superiori ai benefici attesi, che sono computati considerando il risparmio nei tempi di trasporto.
Basta questo? Con tutta la simpatia per queste analisi, dobbiamo però ammettere che con un progetto che cambierebbe radicalmente e strutturalmente il territorio, per arrivare a una risposta definitiva occorrerebbe poco meno di una sfera magica, e anche l’analisi costi-benefici aiuta fino a un certo punto. Perché molti parametri fatichiamo a valutarli.
È vero che il risparmio di tempo tra un ponte e i traghetti attuali non sarebbe colossale. Ma come valutiamo la flessibilità garantita dal non dipendere dai traghetti? Si è al sicuro da mare grosso, guasti, disorganizzazione dei porti, scioperi. Non si dipende dagli orari dei traghetti. Sotto questo profilo, la Sicilia quasi cesserebbe di essere un’isola. Qual è il valore di questo e a quanto traffico condurrebbe? Francamente, non lo so, e temo nessuno riesca veramente a prevederlo.
I sostenitori del progetto sottolineano poi come connettere un’isola al continente abbia una valenza politica importantissima di tutela della continuità territoriale. Se si concorda che la vicinanza non la si misura in chilometri, ma in tempi di percorrenza e nella loro prevedibilità, allora il ponte avvicina. Quanto pesa questo fattore? È evidente come diverse persone possano avere sensibilità differenti, ma archiviare la questione come irrilevante sarebbe superficiale.
La risposta sulla desiderabilità di questa opera passa quindi attraverso questioni alle quali non credo esistano risposte univoche. È una di quelle opere, in cui si deve riaffermare il primato della Politica (con la “P” maiuscola), sperando che la decisione ultima giunga all’esito di un dibattito aperto, rigoroso, informato e senza pregiudizi.
Cosa succederà? Difficile fare previsioni. Dati i tempi anche solo di approvazione e avvio di opere come questa, se continuiamo ad avere un governo che vuole il Ponte, e quello successivo che lo accantona, continueremo anche ad avere costi di progettazione e di contenzioso senza fine. E nessun ponte. (Carlo Scarpa, 17/03/2023, da https://lavoce.info/)
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“(…) In sostanza, per far viaggiare le merci su distanze superiori a 500 – 700 km (Ragusa e Milano, ad esempio, distano 1.400 km) il trasporto su gomma perde la sua convenienza a favore di altre possibilità come quelle offerte dall’alternativa multimodale. Con le autostrade del mare, come la linea già esistente Messina – Salerno, ad esempio, c’è la possibilità di imbarcare i camion sulle navi facendo riposare l’autista, senza rischio di incidenti e senza inquinamento. Per alcune realtà economiche siciliane, ad esempio il settore delle primizie che vengono prodotte nel ragusano, il ponte non avrebbe alcuna utilità, perché i prodotti ortofrutticoli di pregio devono arrivare sui mercati (come quello di Milano) in tempi rapidi. Per questo a Ragusa si sta trasformando l’ex aeroporto militare di Comiso in uno scalo merci. Discorso simile può valere per il traffico passeggeri: un milanese o un tedesco che decidono di passare le vacanze in Sicilia o devono venirci per lavoro, difficilmente sceglieranno di viaggiare in macchina o in treno se hanno la possibilità – anche grazie all’abbassamento delle tariffe che si è verificato negli ultimi anni – di prendere un aereo. (…)” (da https://ifg.uniurb.it/)
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I POSSIBILISTI (FAVOREVOLI) (con soluzioni tecniche)
“IL PROGETTO DEL PONTE DI MESSINA MODELLO PER ALTRI PONTI. MA SI PUÒ ANCORA MIGLIORARE”
da https://www.tempostretto.it/ 2/1/2023
Il ponte sullo Stretto di Messina quando e se verrà realizzato, sarà un’opera straordinaria, frutto di decenni di ricerche e progetti, man mano modificati e migliorati per raggiungere un elevato standard di servizio e costruzione.
Tutte le soluzioni di attraversamento sono state vagliate, ciascuna con i suoi pro e contro, e alla fine ha prevalso quella di un attraversamento aereo a una singola campata, con le torri disposte a terra sul continente e sull’isola sicula.
Riguardo ai livelli di sicurezza, si è scelto di adottare “periodi di ritorno” estremamente elevati sia per gli stati limite di servizio (deformazione e percorribilità) – portati a duecento anni – sia per le azioni più rilevanti sul ponte (vento e sisma), di cui sono stimati duemila anni come periodo di ritorno.
Il tracciato dell’attraversamento è stato studiato con più varianti possibili nella zona di minor distanza tra la Sicilia e il continente, valutando opzioni diverse tra Continua a leggere