DEMOGRAFIA: l’IMPETUOSA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE in Africa, India, nei Paesi in via di sviluppo, e le CULLE VUOTE dei Paesi ricchi – La NECESSITÀ di UN RIEQUILIBRIO MONDIALE per rimediare ai mutamenti climatici, alle tensioni sociali e allo squilibrio e sovrautilizzo delle risorse naturali

750 milioni di abitanti eravamo al mondo all’inizio della rivoluzione industriale (a fine ‘700); poi siamo saliti da 1 a 2 miliardi tra 1800 e 1927; 47 anni dopo (nel 1974) siamo raddoppiati (cioè 4 miliardi); e un ulteriore raddoppio ci sarà (cioè 8 miliardi) entro il 2023. Adesso siamo 7,3 miliardi: con la cifra di proiezione di 10 miliardi prevista dai demografi nel 2100. (immagine tratta da www.forex.info)
750 milioni di abitanti eravamo al mondo all’inizio della rivoluzione industriale (a fine ‘700); poi siamo saliti da 1 a 2 miliardi tra 1800 e 1927; 47 anni dopo (nel 1974) siamo raddoppiati (cioè 4 miliardi); e un ulteriore raddoppio ci sarà (cioè 8 miliardi) entro il 2023. Adesso siamo 7,3 miliardi: con la cifra di proiezione di 10 miliardi prevista dai demografi nel 2100. (immagine tratta da http://www.forex.info)

   Il mondo, noi, cresciamo come popolazione o no? O diminuiamo? Lo spettro dell’invecchiamo che si allarga sempre più nei paesi ricchi è cosa reale? E se sì che fare?

   Partiamo da un dato (secondo una ricostruzione del demografo dell’università Bicocca di Milano Gian Carlo Blangiardi) reso noto lo scorso mese di gennaio: nel 2015 l’Italia ha perso centocinquantamila abitanti, numero (considerevole) che si ottiene sommando il CROLLO DELLE NASCITE, l’AUMENTO DELLA MORTALITÀ, il CALO DELL’IMMIGRAZIONE, ma anche la FUGA DEGLI ITALIANI stessi, giovani e non solo, CHE SCELGONO ALTRE NAZIONI e altre realtà come dimora di vita.    Partendo da un dato nazionale di forte calo della popolazione, ci sembra che in effetti la questione demografica (mondiale, europea, nazionale, locale…) sia un argomento, un tema, un po’ rimosso, che interessa poco.

ANNUAL WORKING POPULATION GROWTH RATE 2015_2020 - In nero la popolazione che più cresce, in rosso quella in diminuzione (MAPPA creata da Hsbc e pubblicata da "Business Insider" - da noi ripresa dal sito de LINKIESTA, WWW.LINKIESTA.IT/-)
ANNUAL WORKING POPULATION GROWTH RATE 2015_2020 – Nei colori grigio-scuri la popolazione che più cresce, in rosa-rosso quella in diminuzione (MAPPA creata da Hsbc e pubblicata da “Business Insider” – da noi ripresa dal sito de LINKIESTA, WWW.LINKIESTA.IT/-)

   Ci si dimentica che il trend ascendente della popolazione mondiale è cosa invece preoccupante (pur compensato – cinicamente parlando – da guerre, shock climatici, epidemie): 750 milioni di abitanti eravamo al mondo all’inizio della rivoluzione industriale (a fine ‘700); poi siamo saliti da 1 a 2 miliardi tra 1800 e 1927; 47 anni dopo (nel 1974) siamo raddoppiati (cioè 4 miliardi); e un ulteriore raddoppio ci sarà (cioè 8 miliardi) entro il 2023. Adesso siamo 7,3 miliardi: con la cifra di proiezione di 10 miliardi prevista dai demografi nel 2100.

   Alcuni degli effetti negativi di questa forte crescita della popolazione può aver portato al MUTAMENTO CLIMATICO odierno (l’aumento dell’80% di gas serra, tra 1970 e 2010, è dovuto, secondo gli studiosi, per il 50% proprio all’incremento di abitanti), o all’UTILIZZO ESPONENZIALE DELLE RISORSE naturali, alimentari ed energetiche (ma qui il discorso si fa delicato, potremmo dire “pericoloso”: ad esempio, un americano, nel senso di statunitense, consuma energia come due europei, una decina di cinesi, una quindicina di indiani od una trentina di africani…).

QUESTIONE DEMOGRAFICA – “…E’ in atto UN’INVASIONE ANTROPICA DELLA TERRA (incipit del NUOVO LIBRO del demografo MASSIMO LIVI BACCI, IL PIANETA STRETTO) che non sembra risparmiarne una sola molecola: se oltre metà dei suoi 134 milioni di chilometri quadrati erano occupati, già nel 1990, soprattutto da coltivazioni e pascoli (ma anche da strade, ferrovie e porti), la percentuale restante (boschi e foreste, ghiacci e deserti) risente ormai comunque, sul piano climatico e della biodiversità, della nostra presenza. Il punto è che la chiave interpretativa di quest’invasione e delle sue conseguenze per il pianeta e per noi stessi — di tanti disagi economici, sociali, sanitari, psicologici — consiste proprio nella QUESTIONE DEMOGRAFICA (…)” (da Sandro Modeo, “il Corriere della Sera – La Lettura” del 22/11/2015)
QUESTIONE DEMOGRAFICA – “…E’ in atto UN’INVASIONE ANTROPICA DELLA TERRA (incipit del NUOVO LIBRO del demografo MASSIMO LIVI BACCI, IL PIANETA STRETTO) che non sembra risparmiarne una sola molecola: se oltre metà dei suoi 134 milioni di chilometri quadrati erano occupati, già nel 1990, soprattutto da coltivazioni e pascoli (ma anche da strade, ferrovie e porti), la percentuale restante (boschi e foreste, ghiacci e deserti) risente ormai comunque, sul piano climatico e della biodiversità, della nostra presenza. Il punto è che la chiave interpretativa di quest’invasione e delle sue conseguenze per il pianeta e per noi stessi — di tanti disagi economici, sociali, sanitari, psicologici — consiste proprio nella QUESTIONE DEMOGRAFICA (…)” (da Sandro Modeo, “il Corriere della Sera – La Lettura” del 22/11/2015)

  Ma un altro effetto demografico non da poco, è sicuramente l’incidere (con la crescita della popolazione) sugli assetti socio-economici delle popolazioni, con la DEFINITIVA E CRESCENTE PREVALENZA DI ADDENSAMENTI URBANI RISPETTO ALLE CAMPAGNE. Ora nel mondo ci sono sempre più metropoli (cioè città con almeno un milione di abitanti), e ci sono almeno 20 MEGALOPOLI (città con almeno dieci milioni di abitanti).   FENOMENO NEGATIVO? Sì, se pensiamo a bidonville, periferie popolose e povere, criminalità e mafie, miseria…COSA POSITIVA? Anche, a volte: quando lo sviluppo della “città” significa maggiori opportunità per la persona, migliori servizi, più inserimento nel mondo…. I sociologi dicono che nei posti dove si concentrano molte persone e molte attività produttive la creatività cresce esponenzialmente, perché le idee innovative circolano con maggior velocità e si fecondano reciprocamente…

   Fin qui alcuni degli EFFETTI dell’aumento demografico….

“PIÙ DI METÀ DELLA POPOLAZIONE MONDIALE VIVE IN CITTÀ, IN AREE URBANE IN CONTINUA ESPANSIONE che molto spesso danno vita a megalopoli da decine di milioni di abitanti, come Tokyo, Shanghai e Città del Messico. MA QUESTA PROPORZIONE, GIÀ IMPRESSIONANTE, POTREBBE CRESCERE ULTERIORMENTE IN FAVORE DELLE METROPOLI E A SCAPITO DELLE AREE RURALI, con più di sei miliardi di persone che saranno “cittadini” nel 2045 secondo l’ultimo World urbanization prospects, il documento del dipartimento Economico e degli Affari sociali delle Nazioni Unite sull’urbanizzazione…”( Tommaso Perrone, testo e MAPPA ripresi da www.lifegate.it/)
“PIÙ DI METÀ DELLA POPOLAZIONE MONDIALE VIVE IN CITTÀ, IN AREE URBANE IN CONTINUA ESPANSIONE che molto spesso danno vita a megalopoli da decine di milioni di abitanti, come Tokyo, Shanghai e Città del Messico. MA QUESTA PROPORZIONE, GIÀ IMPRESSIONANTE, POTREBBE CRESCERE ULTERIORMENTE IN FAVORE DELLE METROPOLI E A SCAPITO DELLE AREE RURALI, con più di sei miliardi di persone che saranno “cittadini” nel 2045 secondo l’ultimo World urbanization prospects, il documento del dipartimento Economico e degli Affari sociali delle Nazioni Unite sull’urbanizzazione…”( Tommaso Perrone, testo e MAPPA ripresi da http://www.lifegate.it/)

   …Difficile invece trovare le tante CAUSE, i fattori, che orientano la demografia di un’area geografica, di un Paese (epidemie, guerre, caos politico, abitudini culturali, povertà in alcune aree, ricchezza in altre…). Anche la visione che i popoli hanno di loro stessi influisce sui numeri. In alcune epoche, imperava il timore della sovrappopolazione, mentre altre erano ossessionate da quello dello spopolamento.

   In RUSSIA (come potete vedere nella prima mappa che qui sopra vi proponiamo delle tendenze demografiche nel pianeta) il calo della popolazione è iniziato prima dell’implosione dell’Urss ma ha subìto ancor più un’accelerazione in questi ultimi anni caotici, difficili (socialmente, politicamente) per quel Paese. Nei PAESI ARABI il peso delle giovani generazioni ha contribuito alle rivolte delle “primavere del 2011”. In CINA, ora, dopo l’epoca dell’imposizione alle coppie del figlio unico, a provocare l’inquietudine è l’aumento degli anziani. Ma IL NUMERO DEGLI ANZIANI sta crescendo dappertutto e costituisce una delle principali problematiche del nostro tempo.

LA MONTAGNA PERDUTA - SPOPOLAMENTO: negli ultimi sessant’anni la “montagna” ha perso 900mila persone - Dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. A mettere in luce questo fenomeno è il rapporto “LA MONTAGNA PERDUTA. COME LA PIANURA HA CONDIZIONATO LO SVILUPPO ITALIANO” realizzato da CER (Centro Europa Ricerche) e TSM-Trentino School of Management, presentato il 9 febbraio scorso al Senato. - NELLA FOTO, ROGHUDI VECCHIO, borgo dell’ASPROMONTE abitato sin dal 1050 e facente parte di un'AREA GRECANICA, a seguito delle due fortissime alluvioni avvenute nell'ottobre 1971 e nel gennaio 1973 fu dichiarato totalmente inagibile e ABBANDONATO DALLA POPOLAZIONE
LA MONTAGNA PERDUTA – SPOPOLAMENTO: negli ultimi sessant’anni la “montagna” ha perso 900mila persone – Dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. A mettere in luce questo fenomeno è il rapporto “LA MONTAGNA PERDUTA. COME LA PIANURA HA CONDIZIONATO LO SVILUPPO ITALIANO” realizzato da CER (Centro Europa Ricerche) e TSM-Trentino School of Management, presentato il 9 febbraio scorso al Senato. – NELLA FOTO, ROGHUDI VECCHIO, borgo dell’ASPROMONTE abitato sin dal 1050 e facente parte di un’AREA GRECANICA, a seguito delle due fortissime alluvioni avvenute nell’ottobre 1971 e nel gennaio 1973 fu dichiarato totalmente inagibile e ABBANDONATO DALLA POPOLAZIONE

   Ora si necessita, a livello globale, di un riequilibrio; TANTI PAESI OCCIDENTALI DOVRANNO RILANCIARE LA NATALITÀ: se non altro per motivi economici (per pagare le pensioni agli anziani, affrontare i costi di vecchiaie prolungate e non delegare il rimpiazzo generazionale solo ai migranti); TANTI PAESI AFRICANI E ASIATICI DOVRANNO INVECE RIDURLA d’urgenza. Oppure c’è la necessità di un “travaso”: bruttissimo termine per dire che la mobilità della popolazione verso aree dove “serve ripopolamento” (come nella “vecchia” Europa), assume quasi la caratteristica di quel processo storico dove i pionieri del “vecchio West” andavano (emigravano) dalla costa orientale degli Stati Uniti a quella occidentale (o più drammaticamente si spostavano verso nuove terre per sopravvivere alla disoccupazione, alla miseria, come accade nel periodo dalla crisi del ’29 del secolo scorso).

   E come trattare l’elemento demografico? …la crescita abnorme della popolazione? …imponendo restrizioni autoritarie (come il figlio unico in Cina, ora derogato a due figli), oppure lasciando in definitiva crescere la popolazione liberamente come in India.

SHENZHEN, CINA, dalla rivista INTERNAZIONALE. SHENZHEN è nata come città solo 30 anni fa: aveva allora 25.000 abitanti, ora ne ha 15 milioni. - METROPOLI E MEGALOPOLI…. Per convenzione, UNA CITTÀ DIVENTA METROPOLI QUANDO SUPERA IL MILIONE DI ABITANTI, e UNA METROPOLI DIVENTA MEGALOPOLI QUANDO SORPASSA I DIECI MILIONI. New York è stata la prima, nel 1940. OGGI ESISTONO VENTI MEGALOPOLI: DIECI NEGLI STATI UNITI, LE ALTRE SPARSE NEL RESTO DEL MONDO. Due sono IN AFRICA: LAGOS E IL CAIRO. TRE SONO IN INDIA, DUE IN CINA. Per inciso, secondo le previsioni dell’americano Census Bureau, NEL 2034 L’INDIA SORPASSERÀ LA POPOLAZIONE DELLA CINA: si profila un colosso – potremmo chiamarlo “CINDIA” – che da solo ospiterà circa la metà della popolazione mondiale. - NELLE VENTI REGIONI DELLE MEGALOPOLI SI CONCENTRANO 660 MILIONI DI PERSONE, UN DECIMO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE. (tratto da: Edoardo Brosio, “Metropoli, Megalopoli, Ecumenopoli” - http://www.bpp.it/Apulia/ )
SHENZHEN, CINA, dalla rivista INTERNAZIONALE. SHENZHEN è nata come città solo 30 anni fa: aveva allora 25.000 abitanti, ora ne ha 15 milioni. – METROPOLI E MEGALOPOLI…. Per convenzione, UNA CITTÀ DIVENTA METROPOLI QUANDO SUPERA IL MILIONE DI ABITANTI, e UNA METROPOLI DIVENTA MEGALOPOLI QUANDO SORPASSA I DIECI MILIONI. New York è stata la prima, nel 1940. OGGI ESISTONO VENTI MEGALOPOLI: DIECI NEGLI STATI UNITI, LE ALTRE SPARSE NEL RESTO DEL MONDO. Due sono IN AFRICA: LAGOS E IL CAIRO. TRE SONO IN INDIA, DUE IN CINA. Per inciso, secondo le previsioni dell’americano Census Bureau, NEL 2034 L’INDIA SORPASSERÀ LA POPOLAZIONE DELLA CINA: si profila un colosso – potremmo chiamarlo “CINDIA” – che da solo ospiterà circa la metà della popolazione mondiale. – NELLE VENTI REGIONI DELLE MEGALOPOLI SI CONCENTRANO 660 MILIONI DI PERSONE, UN DECIMO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE. (tratto da: Edoardo Brosio, “Metropoli, Megalopoli, Ecumenopoli” – http://www.bpp.it/Apulia/ )

GUARDA IL VIDEO DA “INTERNAZIONALE”:    www.internazionale.it/video/2015/06/05/cina-metropoli-cemento-campagne

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   Sta di fatto che in un caso (la Cina) abbiamo avuto una dispotica e crudele limitazione della libertà individuale. Nell’altro caso (di libertà assoluta nella procreazione) arriveremo a una regolazione “naturale” della popolazione, “selettiva” (in India, in Africa, in Brasile…) fatta di sofferenza, appunto di “selezione naturale”, tra bidonville mostruose popolate per lo più di bambini spesso abbandonati a se stessi, sfruttamento degli stessi, violenze, miseria, vita nella sporcizia, malattie…

   La richiesta di limitazione della crescita demografica fatta dai paesi ricchi occidentali (il Nord del mondo) verso i paesi poveri, siano essi in via di sviluppo o di non sviluppo permanente (poveri e basta), è sicuramente un po’ sospetta se chi la chiede ha (più o meno) raggiunto un suo equilibrio economico, e non vuole perdere i privilegi acquisiti nei consumi, nel welfare, nello sfruttamento delle risorse energetiche del pianeta.

   Come allora regolare dignitosamente (e civilmente) il processo demografico, e dissuadere popolazioni povere a non fare troppi figli?….. certo anche diminuendo la mortalità infantile, diffondendo istruzione, salute e consapevolezza, chiavi per un contenimento demografico non più legato a pratiche come l’aborto selettivo sulle donne, o mere pratiche contraccettive (che pur ci vogliono, se volontariamente accettate, senza imposizioni).

densita_popolazione_da www.forexinfo.it/ - LE 20 MEGALOPOLI AL MONDO con popolazione di almeno 10milioni di abitanti - La megalopoli più abitata del mondo è quella della grande TOKYO (Tokyo-to - ku-bu, che comprende più di 87 città satellite, incluse Yokohama, Kawasaki e Chiba) che ha raggiunto i 35,7 milioni di abitanti, seguita da GIACARTA, in Indonesia, con quasi 30 milioni. Poi abbiamo NEW YORK-Newark, Usa, CITTÀ DEL MESSICO e Mumbai (BOMBAY), India (tutte e tre con 19 milioni di abitanti); SÃO PAULO, Brasile (18,8); DELHI, India (15,9); SHANGHAI, Cina (15,0); Kolkata (CALCUTTA), India (14,8); DACCA, Bangladesh (13,5); BUENOS AIRES, Argentina (12,8); LOS ANGELES-Long Beach-Santa Ana, Usa (12,5); KARACHI, Pakistan (12,1); Al-Qahirah (IL CAIRO), Egitto (11,9); RIO DE JANEIRO, Brasile (11,7); OSAKA-Kobe, Giappone (11,3); PECHINO, Cina e MANILA, Filippine (11,1); MOSCA, Russia (10,5); ISTAMBUL, Turchia (10,1)
densita_popolazione_da http://www.forexinfo.it/ – LE 20 MEGALOPOLI AL MONDO con popolazione di almeno 10milioni di abitanti – La megalopoli più abitata del mondo è quella della grande TOKYO (Tokyo-to – ku-bu, che comprende più di 87 città satellite, incluse Yokohama, Kawasaki e Chiba) che ha raggiunto i 35,7 milioni di abitanti, seguita da GIACARTA, in Indonesia, con quasi 30 milioni. Poi abbiamo NEW YORK-Newark, Usa, CITTÀ DEL MESSICO e Mumbai (BOMBAY), India (tutte e tre con 19 milioni di abitanti); SÃO PAULO, Brasile (18,8); DELHI, India (15,9); SHANGHAI, Cina (15,0); Kolkata (CALCUTTA), India (14,8); DACCA, Bangladesh (13,5); BUENOS AIRES, Argentina (12,8); LOS ANGELES-Long Beach-Santa Ana, Usa (12,5); KARACHI, Pakistan (12,1); Al-Qahirah (IL CAIRO), Egitto (11,9); RIO DE JANEIRO, Brasile (11,7); OSAKA-Kobe, Giappone (11,3); PECHINO, Cina e MANILA, Filippine (11,1); MOSCA, Russia (10,5); ISTAMBUL, Turchia (10,1)

   La PROPOSTA potrebbe anche essere che nei paesi ricchi, pur se è auspicabile che si aumenti la natalità, si potrebbe appunto praticare il “rimpiazzo generazionale” (il calo demografi attuale) con i migranti (l’esempio di quest’estate del milione di profughi siriani accettati dalla Merkel in Germania è stata una misura nuova, innovativa, controcorrente…): servirebbe questo anche per un’integrazione e confronto di culture che inesorabilmente va avanti (piaccia o no)

   E’ sicuramente vero che esiste un impatto problematico delle migrazioni, dei processi di assestamento demografico fatti con popolazioni che si spostano da un luogo all’altro (da sud a nord del mondo….), ma sicuramente sono processi difficilmente frenabili… li si può forse rallentare un po’ (con il filo spinato alle frontiere, cosa vergognosa di questi mesi…. oppure con processi burocratici farraginosi per permessi di soggiorno e cittadinanza; con la non accoglienza e nessun aiuto di chi arriva da fuori, da lontano…

   Però alla fine è un processo cui si deve farsene una ragione: e per questo attrezzarsi. Pertanto l’idea di una nuova economia di rilancio dei paesi sì ricchi ma ora in crisi (come i paesi europei), che passi anche con un nuovo assetto demografico virtuoso di accoglienza di persone che vengono “da fuori”, sembra una cosa concreta, fattibile, necessaria. (s.m.)

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LETTERA DALL’EUROPA

L’AFRICA DELLE OPPORTUNITÀ

di Maurizio Ricci, da “la Repubblica” del 19/6/2017

   LA MINACCIA sociale è quella di un fiume in piena, che si ingrossa sempre più, dietro una diga via via più fragile e precaria. Ci sono un miliardo di persone in Africa, che diventeranno 2,4 miliardi nel 2050, per lo più giovani e adolescenti. L’Onu prevede che almeno mezzo milione l’anno cercheranno di sbarcare in Europa, nei prossimi decenni.

   Dall’altra parte, ci sono 700 milioni di europei, destinati a ridursi più o meno a 600 milioni nel 2050. Da qui a là non c’è possibilità di paragone nei redditi. L’occasione economica, clamorosa, è, invece, già subito, quella di un mercato di un miliardo di persone, alle porte di casa, di cui 600 milioni non hanno l’elettricità.

   Se riusciamo a fargliela arrivare a portata di mano, magari con un pannello solare, quanti frigoriferi possiamo vendergli noi europei, prima che lo facciano i cinesi? Sventare la minaccia e cogliere l’occasione presuppone galleggiare sulla piena e incanalare il fiume. Capire come è la sfida di questo secolo per l’Europa.

   Il punto di partenza è accettare l’idea che noi europei abbiamo bisogno degli immigrati. Oggi, in Europa, ci sono 4 persone in età lavorativa, che pagano i contributi necessari a finanziare l’assegno mensile di un pensionato. Con le tendenze demografiche attuali, nel 2050, in molti paesi ce ne saranno solo due: 38 milioni di lavoratori per 20 milioni di pensionati in Italia, 41 milioni per 24 milioni di pensioni in Germania, 24,4 milioni contro 15 milioni di pensionati in Spagna.

   O si rovescia la demografia, aumentando i lavoratori, o si raddoppiano i contributi, o si tagliano le pensioni. Questa constatazione dovrebbe rendere più facile un esercizio di realismo. L’ondata migratoria è un fenomeno epocale e non la fermeremo sulle spiagge greche o italiane e nemmeno su quelle libiche. Neanche in nome della sicurezza.

   Del resto, l’esperienza fatta in questi mesi in Francia, in Belgio, in Inghilterra mostra che la sicurezza è, per lo più, un problema delle seconde generazioni. Quindi, un problema di integrazione piuttosto che di accoglienza, dove, oggi, è concentrata una emergenza, in larga misura inedita. La fase due di questo esercizio di realismo è mettersi in testa che, se il fenomeno è epocale, ci vuole una risposta a lungo termine, in grado di immaginare Europa e Africa dopo il 2025.

   Anzitutto, dunque, coglierne le differenze. Nella Germania investita, nel 2015, da un’ondata migratoria senza precedenti, il numero di aziende che ha dato un’occupazione ai rifugiati è triplicato nel giro di dodici mesi. Nel primo trimestre del 2016, solo il 7% delle aziende dichiarava di occupare rifugiati, all’inizio del 2017 sono diventate il 22%. Sono soprattutto contratti da apprendista, ma l’importante è cominciare.

   Merito delle aperture di Angela Merkel? No, la chiave è nei rifugiati. Il flusso verso la Germania proveniva soprattutto dal Medio Oriente e, in particolare, dalle classi medie siriane: ingegneri, architetti, tecnici, professionisti, in fuga dalla guerra e da Assad. Migranti spesso ad alta qualifica professionale. In Africa, invece, le classi medie, privilegiate, restano in patria: a rovesciarsi sulle spiagge siciliane sono gli ex contadini della Nigeria, della Guinea, dell’Eritrea.

   C’è, insomma, un problema di quantità, ma anche di qualità dell’immigrazione. E una strategia a lungo termine per gestirla dovrebbe agire su entrambi i pedali. Sotto più di un punto di vista, il panorama è favorevole: rispetto al passato, il continente è in una fase in cui la pace prevale sulla guerra e si avvertono segnali robusti di un decollo economico spontaneo.

   È lo scenario adatto per lanciare una sorta di Piano Marshall, con cui l’Europa si garantisca, anzitutto, il suo futuro. L’idea è stata evocata, nei giorni scorsi, a Berlino, nel corso del G20. Ma quello che ne è uscita è solo una intelaiatura. O, forse, solo la promessa di una intelaiatura.

   Oggi, l’Africa è il destinatario principale degli aiuti allo sviluppo concessi dai paesi dell’Unione europea: oltre 140 miliardi di euro fra il 2013 e il 2017, circa il 40% del totale degli aiuti. Prima ancora di stabilire se sono pochi o tanti, bisognerebbe capire a cosa servono. Se il problema è riuscire sempre più a filtrare non solo quanti, ma chi emigra al di là del Mediterraneo, allora non è impossibile pensare a programmi, finanziati dall’Europa, di formazione. Se nei nostri paesi mancheranno, nei prossimi anni, idraulici e infermiere, prepararli sul posto può anche voler dire offrire un percorso alternativo di migrazione, più attraente del salto disperato su un gommone sgonfio.

   Più decisivo è il fronte degli investimenti privati. Nel 2012, le aziende europee investivano in Africa 11,6 miliardi di dollari, triplicati a 30,9 miliardi nel 2015. Ma è una illusione ottica. Sia perché, in questi investimenti, sono conteggiati quelli per le esplorazioni petrolifere, sia perché, a guardare bene, 25 miliardi su 30, nel 2015 sono andati in Sud Africa, una sorta di Svizzera del continente.

   Una delusione, perché la leva è qui, più che negli aiuti pubblici. Gli investimenti privati non passano attraverso bilanci statali, spesso opachi, e sono l’innesco più diretto di uno sviluppo economico che non sembra più così sfuggente. Per i prossimi anni, il Fmi prevede tassi di sviluppo del 3,5-4% e investimenti per il 20% del Pil. L’economia africana non è destinata a restare per sempre un gigante addormentato e il suo risveglio è la scommessa su cui l’Europa dovrebbe puntare con coraggio. (Maurizio Ricci)

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DEMOGRAFIA

L’UOMO VA A PIÙ VELOCITÀ, IL MONDO NO

di Sandro Modeo, da “il Corriere della Sera – La Lettura” del 22/11/2015

– Analisi senza catastrofismi della crescita della popolazione: impetuosa in Africa, ferma in Europa –

   Rispetto al «tempo profondo» dell’evoluzione (miliardi di anni), tutto è avvenuto in una sequenza relativamente breve: 10-12 mila anni, il periodo intercorso fra la prima transizione dell’ Homo sapiens (il passaggio neolitico dalla caccia-raccolta all’agricoltura-allevamento, dal nomadismo alla stanzialità) e quella attuale, innescata dalla rivoluzione industriale.

   In quello scarto, noi umani siamo aumentati di mille volte (da 10 milioni ai probabili 10 miliardi del 2100); sempre di mille volte abbiamo visto contrarsi lo spazio pro-capite (da un quarto dell’isola di Manhattan alla superficie di un campo da calcio); mentre abbiamo aumentato «solo» di cento volte — dal traino animale alle fibre ottiche — il consumo individuale di energia.

   È UN’INVASIONE ANTROPICA DELLA TERRA (incipit del nuovo libro del demografo MASSIMO LIVI BACCI, Il pianeta stretto) che non sembra risparmiarne una sola molecola: se oltre metà dei suoi 134 milioni di chilometri quadrati erano occupati, già nel 1990, soprattutto da coltivazioni e pascoli (ma anche da strade, ferrovie e porti), la percentuale restante (boschi e foreste, ghiacci e deserti) risente ormai comunque, sul piano climatico e della biodiversità, della nostra presenza.

   Il punto è che la chiave interpretativa di quest’invasione e delle sue conseguenze per il pianeta e per noi stessi — di tanti disagi economici, sociali, sanitari, psicologici — consiste proprio nella QUESTIONE DEMOGRAFICA; UNA QUESTIONE ORMAI RIMOSSA o ridotta da tanti analisti a fantasma latente, quando invece potrebbe essere la spiegazione che vanno cercando e che hanno sotto gli occhi, un po’ come la «lettera rubata» del racconto di Poe.

   Riprendendo e integrando, col Pianeta stretto, la ricognizione svolta nell’ormai classica Storia minima della popolazione mondiale, Livi Bacci ha quindi il merito primario di riportare dallo sfondo al primo piano i processi demografici.

   Processi che hanno a lungo registrato a livello globale un sostanziale «equilibrio» tra nascite e morti, nonostante un trend ascendente a sua volta compensato da GUERRE, SHOCK CLIMATICI e EPIDEMIE: 100 milioni di abitanti nell’età del bronzo, 250 allo scoccare dell’era cristiana, 750 all’inizio della rivoluzione industriale.

   È proprio qui che subentra il break con le sue enormi implicazioni, dato che a un primo raddoppio (da 1 a 2 miliardi tra 1800 e 1927) ne seguono un secondo (da 2 a 4 tra 1927 e 1974) e un terzo (da 4 a 8 entro il 2023), con la cifra di proiezione (i citati 10 miliardi del 2100) che vede in ogni caso nel secolo in corso un incremento assoluto più o meno pari a quello novecentesco.

   Nella cornice di questo squilibrio, Livi Bacci ricostruisce l’asincronia-asimmetria decisiva: quella tra I TEMPI DEI PAESI OCCIDENTALI (dove il salto demografico è cominciato a inizio Ottocento e si è concluso con la generazione baby-boom del Novecento) E QUELLI DELL’AFRICA (specie SUB-SAHARIANA) o di certe AREE ASIATICHE, dove invece il processo è cominciato nella seconda metà del Novecento e si concluderà nei prossimi decenni.

   A sintesi-emblema, bastino, tra i tanti, un paio di dati: quello che vedrà LA STESSA AFRICA SUBSAHARIANA passare NEI PROSSIMI 35 ANNI DA 962 A 2.123 MILIONI DI ABITANTI (un largo raddoppio) e quello che vedrà il rapporto Russia-Pakistan capovolgersi simmetricamente (nel 1950 i russi erano il triplo dei pakistani, nel 2050 saranno un terzo).

   È UNA DIFFRAZIONE che si traduce in UN OPPOSTO QUADRO PROGNOSTICO-DIAGNOSTICO: TANTI PAESI OCCIDENTALI DOVRANNO RILANCIARE LA NATALITÀ per pagare le pensioni, affrontare i costi di vecchiaie prolungate e non delegare il rimpiazzo generazionale solo ai migranti; TANTI PAESI AFRICANI E ASIATICI DOVRANNO INVECE RIDURLA D’URGENZA, eleggendo le pratiche contraccettive a timone operativo, ma anche diminuendo la mortalità infantile (dissuasione a fare tanti figli) e diffondendo istruzione e consapevolezza, chiavi per un contenimento demografico non più legato a pratiche come l’aborto selettivo sulle donne.

   Riconducendo alla pressione demografica anche IL MUTAMENTO CLIMATICO (VEDI L’AUMENTO DI 80% DI GAS SERRA, TRA 1970 E 2010, DOVUTO PER IL 50% PROPRIO ALL’INCREMENTO DI ABITANTI), i flussi migratori (compensazioni redistributive tra Paesi ricchi e invecchiati e altri poveri e giovani) e gli ASSETTI SOCIO-ECONOMICI (CON LA DEFINITIVA E CRESCENTE PREVALENZA DI ADDENSAMENTI URBANI RISPETTO ALLE CAMPAGNE), Livi Bacci, pur non condividendo posizioni apocalittiche, sembra distanziarsi anche dai teorici della «fine della demografia».

   Da chi, cioè, intravede all’orizzonte una sorta di assestamento che porterà le popolazioni a stabilizzarsi di numero e le migrazioni ad azzerarsi. E questo suo sguardo oggettivo — intrinseco alla disciplina demografica — ci aiuta a considerare i dati senza ombre ideologiche: per esempio, quelli su certi flussi migratori (il +83% di musulmani nell’Ue «a 27» tra 1990 e 2010), di cui nessuna retorica dell’accoglienza può velare l’impatto problematico; o quelli su certi deficit di volontà politica (i 7-9 miliardi di dollari utili contro Aids, malaria e Tbc in Africa ammontano a metà fra un terzo e un quarto delle esportazioni mondiali di armi 2013), che nessuna retorica può far digerire.

   Non tutto, nel percorso di Livi Bacci, ha la giusta messa a fuoco: le categorie di Eros e Thanatos come equivalenti dell’«istinto riproduttivo» e dell’«istinto di sopravvivenza» suonano quanto meno ambigue. In compenso, circola nel libro un costante contrappunto ironico, come nell’evocazione di Simeone lo Stilita, il monaco siriano del IV-V secolo d.C. vissuto per 37 anni in cima a una colonna nutrendosi al minimo, e quindi eletto a «modello per l’ambientalismo più estremo». È un utile esorcismo verso visioni meno lievi: non tanto o non solo quelle di futuri sovrappopolamenti distopici, quanto quelle — in cui siamo già immersi — di tante megalopoli-mondo e delle loro disagiate periferie. (Sandro Modeo)

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CULLE VUOTE E CERVELLI IN FUGA: L’ITALIA PERDE 150MILA PERSONE

di Maria Novella De Luca, da “la Repubblica” del 16/1/2016

– Nel 2015 residenti in calo per la prima volta dai tempi della Grande Guerra – Nascite sotto quota 500mila e morti record. E anche l’immigrazione frena – Blangiardo: “Si calcola che ogni anno oltre 130mila abitanti si cancellino dalle anagrafi” –

   All’appello ne mancano centocinquantamila. Scomparsi dalle anagrafi, dalle statistiche, e dunque dalla nostra vita. Nel 2015 l’Italia ha perso centocinquantamila abitanti, numero (enorme) che si ottiene sommando il crollo delle nascite, l’aumento della mortalità, il calo dell’immigrazione, ma anche la fuga degli italiani stessi, giovani e non solo, che scelgono altre nazioni e altre realtà come dimore di vita.

   Non accadeva dal 1917, dalla Grande Guerra e dall’epidemia di Spagnola, quando il nostro Paese e il resto d’Europa si trasformarono in un unico grande cimitero, con assai più tombe che culle. Nel 2015, secondo una ricostruzione del demografo dell’università Bicocca, Gian Carlo Blangiardo, il nostro “saldo naturale”, cioè la differenza tra le nascite e le morti, è stato così negativo da riportarci a uno scenario simile a quello della prima guerra mondiale, dove la morte di centinaia di migliaia di uomini fece crollare la demografia spopolando l’Italia.

   Proiettando i dati dei primi otto mesi del 2015 sull’intero anno, Blangiardo dimostra che facendo la differenza tra i bambini nati, 490mila, e le persone morte, 660mila, i decessi superano le culle di 170mila unità. È quello che si chiama “saldo naturale negativo”, ossia più morti che nati.

«Uno scenario drammatico — spiega Blangiardo — non soltanto perché per la prima volta le nascite sono state meno di cinquecentomila, ma abbiamo avuto un’impennata di decessi di cui ancora non sappiamo spiegarci le cause, e questi numeri sono stati soltanto in parte mitigati dagli arrivi degli immigrati, il cui flusso però ha avuto un crollo drastico nel 2015».

   Alla fine infatti il nostro “saldo naturale” non è di 170mila italiani in meno, ma di 150mila, grazie a un residuale gruppo di 20mila immigrati che si è iscritto alle anagrafi italiane nel 2015. Potrebbe sembrare, quasi, un gioco statistico, ma in realtà lo studio di Blangiardo pubblicato sul sito di “Neodemos” (rivista online di demografia) è la fotografia di un malessere profondo. Una crisi dove la rinuncia endemica alla maternità di moltissime coppie giovani, che ripiegano, spesso tardivamente, sul figlio unico, si somma a una nuova dinamica dei flussi migratori.

   «Da una parte ci sono i mancati arrivi degli immigrati, che arricchivano il nostro tasso di fecondità. Dall’altro la fuga degli italiani stessi. Si calcola che ogni anno oltre 130mila abitanti si cancellino dalle anagrafi italiane per mettere la propria residenza altrove». E gran parte di questi nuovi migranti sono giovani laureati, aggiunge Blangiardo, « altrove metteranno radici, formeranno famiglie, contribuendo a migliorare la demografia di quei Paesi….

   Insomma l’anticamera di una “desertificazione” soprattutto giovanile che in molte zone del Mezzogiorno è già una realtà. «Dieci anni fa avevamo flussi migratori di 200mila persone all’anno — ricorda Blangiardo — Oggi siamo soltanto un Paese di transito, visto che nel 2015 gli iscritti stranieri alle nostre anagrafi non sono stati più di 30mila». Resta il mistero dei tanti decessi in più del 2015, mai così numerosi, appunto, in un anno non caratterizzato da eventi bellici. «Soltanto a distanza capiremo se tutto questo è dovuto a un collasso del sistema sanitario, ormai incapace di dare cure adeguate a una popolazione sempre più anziana». (Maria Novella De Luca)

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POPOLAZIONE MONDIALE: QUANTI SIAMO NEL MONDO E QUANTO IN FRETTA CRESCIAMO?

da FOREXINFO.IT www.forexinfo.it/ del 22/10/2015

– Popolazione mondiale: secondo l’Onu entro la fine del secolo cresceremo del 32%. Ecco quanti siamo nel mondo e le cause della sovrappopolazione –

   Da qualche anno ormai si parla del problema della popolazione mondiale, in quanto il suo valore è continuamente in crescita. Secondo alcuni esperti, tutte le grandi emergenze ambientali sono legate al problema della sovrappopolazione mondiale e se il numero della popolazione continuasse a salire, il nostro Pianeta non sarebbe più in grado di sopportare una tale quantità.

   Per scoprire se questi timori sono fondati, abbiamo deciso di approfondire vari aspetti concernenti alla popolazione mondiale. Quanti siamo nel mondo? Quanto in fretta cresce la popolazione mondiale? Cercheremo di dare una risposta chiara a queste domande, per poi soffermarci sugli effetti ambientali della sovrappopolazione mondiale e sulle possibili soluzioni a questo problema.

Popolazione mondiale: quanti siamo nel mondo?

Al momento sulla Terra ci sono circa 7,3 miliardi di abitanti, mentre un secolo fa erano solamente 1,6 miliardi. Tra i Paesi con il maggior numero di abitanti il primo è la Cina, con i suoi 1,4 miliardi di cittadini, seguita dall’India (1,2 miliardi) e dagli Stati Uniti D’America (324 milioni).

Nelle prime dieci posizioni non troviamo nessun Paese europeo, poiché il primo della lista è la Germania (quindicesima) con i suoi 82 milioni di abitanti, mentre l’Italia (63 milioni) occupa la 23esima posizione.

Come si può facilmente immaginare, l’Asia è il continente più abitato nel mondo (4,2 miliardi) e più della metà della popolazione mondiale è asiatica. Il secondo continente più popolato è l’Africa (1,1 miliardi), seguito dalle Americhe del Nord e del Sud (949 milioni), dall’Europa (716 milioni) e dall’Oceania (38 milioni).

Popolazione mondiale: quanto cresce in fretta?

Secondo gli esperti, il tasso di crescita della popolazione mondiale ha già raggiunto il suo punto più alto e nel corso degli anni sta rallentando. Tuttavia, le stime dell’Onu prevedono che con il tasso di crescita attuale la popolazione mondiale raggiungerà gli 8,5 miliardi di abitanti entro il 2030, i 9,7 miliardi nel 2050 e gli 11,2 miliardi nel 2100. Quindi, entro 85 anni la popolazione mondiale crescerà di oltre il 32%.

   I Paesi in cui la popolazione crescerà di più sono quelli in via di sviluppo. Basta considerare che nella classifica delle nazioni mondiali con il tasso di natalità più alto, le prime nove posizioni sono occupate tutte da Paesi africani (Niger, Mali, Uganda, Zambia, Burkina Faso, Burundi, Malawi, Somalia e Angola). In questi paesi il tasso di natalità (nascite/1.000 abitanti) è compreso tra 41 e 46, mentre il tasso di mortalità è compreso tra il 10 e il 15.

   Analizzando questi dati è facile capire come in questi Paesi la popolazione cresca in fretta, poiché ogni anno le nascite sono più del doppio rispetto alle morti. Nella classifica delle popolazioni con il tasso di natalità più alto, l’Italia ricopre la 175esima posizione con un valore pari a 9, mentre il tasso di mortalità è addirittura superiore (10 abitanti su 1000).

   L’Africa quindi è il continente in cui è atteso un incremento della popolazione maggiore e la nazione più coinvolta sarà la Nigeria. Nel dettaglio, entro il 2100 la popolazione africana aumenterà del 270%, e passerà dagli 1,1 miliardi ai 4,2 miliardi (quanto la popolazione asiatica del 2015). Gli altri Paesi in cui si attende un incremento molto alto sono l’India e gli Stati Uniti, con questi ultimi che entro il 2100 passeranno da 316 milioni di abitanti a 462 milioni (+42%).

   In alcune nazioni europee, tra cui l’Italia, ci saranno dei cali della popolazione. Il calo della popolazione colpirà anche la nazione più popolata al mondo, la Cina, che entro il 2100 vedrà i suoi abitanti ridursi dagli 1,4 miliardi agli 1,1 miliardi.

Sovrappopolazione mondiale, quali sono i rischi?

Il problema principale del sovrappopolamento non è la mancanza di spazio sul pianeta, bensì la mancanza di risorse. La popolazione mondiale, in questo momento, consuma le sue intere disponibilità annuali in poco meno di sei mesi, per questo in caso di passaggio dai 7 agli 11 miliardi di abitanti sarà molto difficile trovare le risorse necessarie per il sostentamento di tutti.

   Secondo la FAO, ad esempio, entro il 2050 la quantità di acqua potabile disponibile pro capite scenderà del 73%. Considerando che adesso ogni anno 5 milioni di persone muoiono per la scarsità di acqua e per la mancanza di servizi igienico-sanitari di base, possiamo facilmente prevedere che in un futuro ormai prossimo il numero dei morti è destinato a salire.

   Oltre alla mancanza di risorse, un altro problema legato alla sovrappopolazione mondiale sono gli effetti sull’ambiente. In una recente statistica dell’OMS è stato rilevato che, a causa dei cambiamenti climatici e dei fenomeni a esso collegati, ogni anno muoiono circa 300mila persone, il 50% in più rispetto al 2000. I cambiamenti climatici sono quasi tutti imputabili all’uomo, in quanto l’innalzamento delle temperature è stato causato dall’abuso dei combustibili fossili come petrolio, carbone e metano.

   Un altro dei problemi riguarda la deforestazione che entro pochi anni non sarà più sostenibile. A causa dell’alto livello di deforestazione, Greenpeace ha affermato che il livello di anidride carbonica presente nell’atmosfera ha superato le 400 parti per milione, un record che non avveniva da almeno 3 milioni di anni. Se questi valori non si riducono, le conseguenze sul clima potrebbero essere devastanti e nel giro di pochi anni il numero dei morti a causa dei fenomeni climatici potrebbe aumentare ulteriormente.

Come risolvere il problema della sovrappopolazione mondiale?

Per risolvere il problema della sovrappopolazione mondiale bisogna ridurre il numero delle nascite in quei Paesi, come la Nigeria, in cui la popolazione cresce con ritmi elevatissimi. Per farlo, bisognerà informare le giovani donne africane riguardo al controllo delle nascite e ai rischi della sovrappopolazione.

   Per questo l’Onu ha messo in cima alle proprie priorità la diminuzione della fertilità nei Paesi in via di sviluppo: “Sarà molto importante continuare e anzi aumentare i finanziamenti, diminuiti nell’ultimo periodo, destinati alla pianificazione familiare, altrimenti le nostre proiezioni potrebbero essere ancora peggiori”.

   Oltre al controllo demografico, bisognerà migliorare la gestione delle risorse del Pianeta, modificando gli stili di vita per renderli più ecocompatibili. Infatti, come dichiarato dal Forum internazionale promosso dal Barilla Center Food and Nutrition, se non si cambia l’attuale stile di vita e la popolazione aumenterà con questo tasso di crescita, entro il 2050 saranno necessari tre pianeti come il nostro per soddisfare il fabbisogno alimentare mondiale.

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QUANTE PERSONE VIVRANNO IN CITTÀ FRA 30 ANNI?

di Tommaso Perrone, da www.lifegate.it/ del 11/7/2014

– Come saranno le città nel 2045? Una rete di insediamenti urbani in espansione, a rischio caos. A meno che non si cominci oggi a fare piani per la gestione sostenibile. –

   Più di metà della popolazione mondiale vive in città, in aree urbane in continua espansione che molto spesso danno vita a megalopoli da decine di milioni di abitanti, come Tokyo, Shanghai e Città del Messico. Ma questa proporzione, già impressionante, potrebbe crescere ulteriormente in favore delle metropoli e a scapito delle aree rurali, con più di sei miliardi di persone che saranno “cittadini” nel 2045 secondo l’ultimo World urbanization prospects, il documento del dipartimento Economico e degli Affari sociali delle Nazioni Unite sull’urbanizzazione.

   L’impennata sarà dovuta a due fattori. Da una parte c’è la crescita della popolazione mondiale che passerà dagli oltre sette miliardi di oggi ai nove miliardi previsti per il 2050. Dall’altra c’è la volontà delle persone di spostarsi nelle città per cercare uno stile di vita più agiato economicamente e più sicuro dal punto dei servizi offerti. La combinazione delle due cose farà aumentare il numero di abitanti delle città di altri 2,5 miliardi rispetto a oggi nei prossimi 30 anni. L’incremento maggiore si registrerà in paesi quali India, Cina e Nigeria che catalizzeranno il 37 per cento della crescita totale. Solo in India, ad esempio, i cittadini aumenteranno di oltre 400 milioni.

   Questa espansione metterà gli amministratori di queste città-stato davanti a diverse sfide, come garantire a tutti l’accesso all’istruzione, ai servizi sanitari e all’energia, ai trasporti e a un cibo sano e sostenibile dal punto di vista della produzione. “La cosa di cui bisogna avere paura per questa situazione è che i governi non facciano piani adeguati per far fronte alla crescita, che è già in atto” ha detto John Wilmoth, direttore della divisione Popolazione del dipartimento. “La gestione delle aree urbane è diventata una delle sfide più importanti per lo sviluppo sostenibile del 21esimo secolo”.

   Negli anni Novanta c’erano solo dieci megalopoli al mondo. Oggi sono 28 di cui 16 in Asia, 4 in America del Sud, 3 in Africa, 3 in Europa e 2 in America del Nord. La più grande rimane Tokyo, capitale del Giappone, con quasi 38 milioni di abitanti, seguita da Giacarta, in Indonesia, con quasi 30 milioni e Nuova Delhi (India) con 24 milioni.

   Sorte inversa toccherà invece alle aree rurali. Oggi sono 3,4 miliardi le persone che vivono in campagna, ma nel 2050 non saranno più di 3 miliardi e saranno concentrate quasi tutte (90 per cento) in Asia e Africa. (Tommaso Perrone)

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Per saperne di più

METROPOLI E MEGALOPOLI

   Per convenzione, UNA CITTÀ DIVENTA METROPOLI QUANDO SUPERA IL MILIONE DI ABITANTI, e UNA METROPOLI DIVENTA MEGALOPOLI QUANDO SORPASSA I DIECI MILIONI. New York è stata la prima, nel 1940. OGGI ESISTONO VENTI MEGALOPOLI: DIECI NEGLI STATI UNITI, LE ALTRE SPARSE NEL RESTO DEL MONDO. Due sono IN AFRICA: LAGOS E IL CAIRO. TRE SONO IN INDIA, DUE IN CINA.

   Per inciso, secondo le previsioni dell’americano Census Bureau, NEL 2034 L’INDIA SORPASSERÀ LA POPOLAZIONE DELLA CINA: si profila un colosso – potremmo chiamarlo “CINDIA” – che da solo ospiterà circa la metà della popolazione mondiale.

   NELLE VENTI REGIONI DELLE MEGALOPOLI SI CONCENTRANO 660 MILIONI DI PERSONE, UN DECIMO DELLA POPOLAZIONE MONDIALE.

   Ma questo 10 per cento produce la metà dei beni economici complessivi, ospita i due terzi di tutte le attività di ricerca scientifica e genera i tre quarti di tutte le innovazioni tecnologiche. I sociologi spiegano questa impressionante asimmetria ricordandoci che nei posti dove si concentrano molte persone e molte attività produttive la creatività cresce esponenzialmente, perché le idee innovative circolano con maggior velocità e si fecondano reciprocamente.

   Cosa in parte vera, che chiarisce come mai il provincialismo sia dannoso. Ma Robert Lucas, premio Nobel per l’Economia, ha fatto notare che l’alta produttività di queste regioni in beni, scienza e cultura dipende anche dal fatto che non mettiamo nel conto la “esternalità”, cioè ci dimentichiamo dei costi sommersi che vengono a gravare sul resto del territorio in termini di danni ecologici.

   In altre parole: New York, Tokyo e Pechino si sviluppano perché da qualche altra parte i pozzi di petrolio vengono spremuti fino all’esaurimento e l’aria dell’intero pianeta si riempie di anidride carbonica e altri inquinanti.

   E infatti le venti megalopoli occupano solo il 2 per cento della terraferma, ma consumano i due terzi delle risorse globali e producono la metà di tutti i rifiuti solidi e gassosi. Per far fronte ai consumi di Londra (che occupa 1.580 chilometri quadrati), occorre un territorio 125 volte più esteso, pari a 198 mila chilometri quadrati, quasi uguale alla superficie del Regno Unito (210 mila chilometri quadrati), due terzi dell’Italia. Solo per sfamare i londinesi servirebbero 84 mila chilometri quadrati di terreni agricoli. (tratto da: Edoardo Brosio, “Metropoli, Megalopoli, Ecumenopoli” http://www.bpp.it/Apulia/ )

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“NESSUNO IN ITALIA PENSA AL FUTURO, TRA 40 ANNI SARÀ UN DISASTRO”

di Lidia Baratta, da LINKIESTA http://www.linkiesta.it/, 5/12/2015

– Parla ALESSANDRO ROSINA, demografo dell’Università Cattolica di Milano: «La politica pensa all’immediato. E i giovani hanno sospeso il giudizio sul futuro. La popolazione inattiva aumenta, mentre la fascia più produttiva si riduce» –

   Pensare al futuro non è lo sport più amato dagli italiani. Siamo puntualmente travolti dalle “emergenze”, dall’immigrazione al dissesto idrogeologico alla precarietà. Che vuol dire che non siamo in grado (o non vogliamo) prevederle, anche quando i sintomi sono sotto gli occhi di tutti. Ogni annuncio o decisione sono fatti per avere effetti elettorali immediati. Qui e ora. Che ce ne frega dell’Italia tra dieci anni. Altrimenti non si spiegherebbe perché diamo 500 euro ora a una mandria di 18enni, dei quali quattro su dieci non troveranno un lavoro.

   Guardare le dinamiche demografiche in corso, però, aiuta a capire dove stiamo andando. E l’immagine dell’Italia che ci arriva dal futuro è quella di un Paese dominato dai capelli grigi. Entro il 2030 ci sarà una regione in più, grande quanto la Toscana, composta solo da over 65. Che saranno ancora al lavoro, mentre i 40enni manderanno ancora curriculum.

   «La popolazione italiana diventa anziana. E anche l’immigrazione, che finora ha in parte bilanciato l’invecchiamento, va via via diminuendo per via della crisi economica», dice ALESSANDRO ROSINA, DEMOGRAFO DELL’UNIVERSITÀ CATTOLICA DI MILANO. «Qui nessuno pensa al futuro. Non ci pensano i politici, e i giovani per forza di cose hanno sospeso il giudizio. Ma tra quarant’anni sarà un disastro».

Professore, quali sono le principali tendenze demografiche in corso in Italia?

«La popolazione italiana invecchia. Questo è il frutto di due fattori. Da un lato, viviamo sempre più a lungo: insieme al Giappone siamo tra i più longevi al mondo. Dall’altro, assistiamo a un declino costante delle nascite (1,39 bambini per donna nel 2014, ndr)».

E in Europa?

«Nel panorama europeo siamo i più vecchi insieme alla Germania. I Paesi più giovani sono quelli scandinavi e la Francia, dove la fecondità è vicina ai due figli. Questo significa che c’è un equilibrio generazionale: due figli ogni due genitori. In Italia invece si fa meno di un figlio e mezzo. Così la popolazione tende non solo a ridursi, ma soprattutto a sbilanciarsi sui più vecchi, che per giunta vivono più a lungo».

Perché invecchiano tanto anche in Germania, dove stanno meglio di noi?

«Il numero di figli desiderato in Italia è elevato. Si vorrebbero avere due figli o più, ma poi ci si accontenta di averne uno o nessuno perché si riesce a costruire una famiglia troppo tardi, o perché ci si stabilizza con il lavoro troppo avanti con l’età. In Germania, al contrario, non si fanno figli perché sono poco interessati a farli, non c’è un alto numero di figli desiderati. Ma ora anche in Germania ci si sta accorgendo della pericolosità dell’invecchiamento della popolazione. Da un lato si sta puntando sulla immigrazione di qualità, non solo aprendo ai rifugiati ma anche attraendo talenti da ogni parte del mondo. Inclusi quelli italiani. E poi si stanno creando maggiori servizi per la famiglia e la conciliazione tra vita privata e lavoro per incentivare le nuove nascite».

E in Italia stiamo pensando a come far fronte all’invecchiamento della popolazione?

«L’unica cosa che abbiamo fatto in Italia è stato far andare le persone in pensione più tardi, senza pensare a diversi ruoli per i lavoratori anziani in azienda. Li abbiamo lasciati lì dove sono, senza alcuna forma di age management, senza investire nella produttività. Il risultato è che aumenta la popolazione in età lavorativa over 50 nei luoghi di lavoro, mentre mancano i 30-40enni più produttivi. In questa fascia l’occupazione cresce pochissimo».

Questo cosa comporterà?

«Aumenterà la popolazione inattiva, i giovani saranno sempre meno. Negli Stati Uniti i millennial sono una delle generazioni più consistenti, quindi hanno un peso politico ed elettorale. In Italia i giovani sono pochi, quindi non hanno peso elettorale. Di conseguenza non ci sono politiche forti che siano indirizzate a loro. Se ci sono meno politiche giovanili e più politiche rivolte agli anziani, ci sarà meno innovazione e minori investimenti per contare nel sistema produttivo alla pari con altri Paesi. Questo genererà un impoverimento del Paese, producendo grossi sprechi nella fascia più produttiva della società. Non a caso abbiamo il numero di Neet più alto d’Europa: 2,4 milioni. E il 47% dei giovani dichiara di fare un lavoro per il quale servirebbe un titolo di studio più basso. Meno forza lavoro produttiva significa meno crescita».

Quale sarà il futuro da vecchi di questi giovani? Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, ha già detto che si rischia la povertà dilagante…

«Sarà un disastro. Le riforme pensionistiche hanno posticipato l’età pensionabile, legando la pensione ai contributi versati. Ma la crisi economica, la precarietà del lavoro e i redditi bassi fanno prospettare un futuro economico tutt’altro che roseo per i più giovani, con pensioni molto basse. I lavoratori precari del presente saranno precari anche nel futuro. Finora l’assicurazione sono state le famiglie, e del futuro dei 30enni non se ne è occupato nessuno. Tra 40 anni, quando non ci saranno neanche più le famiglie, sarà un disastro. La politica italiana non pensa al futuro dei giovani, perché quello che importa è sempre solo la prossima tornata elettorale. Intanto i giovani sul futuro sospendono il giudizio perché non hanno gli strumenti per farlo. Tutti dicono che dovrebbero farsi una pensione integrativa. Ma come fanno, se già fanno fatica a pagare l’affitto di casa con gli stipendi bassi che si ritrovano?».

E l’immigrazione? Quale può essere l’apporto dei nuovi cittadini?

«I nuovi arrivi per lavoro in Italia stanno diminuendo per via della crisi economica. Non abbiamo investito in politiche di integrazione. E l’immigrazione più preparata si sta spostando verso altre mete. Noi prendiamo un po’ quello che ci capita, che di solito sono lavoratori destinati a fare lavori poco qualificati. E anche gli immigrati più istruiti li mettiamo a fare lavori scarsamente qualificati. Chi ha ambizioni andrà in Paesi che offrono maggiori opportunità. Ci prendiamo la peggiore immigrazione e non attraiamo talenti».

Come si sposterà la popolazione nel prossimo futuro?

«La parte Nord del Mediterraneo sarà composta da Paesi vecchi, la parte Sud da Paesi molto giovani in forte crescita. Nell’Africa subsahariana si registra una grande espansione demografica. Il che genererà sia spostamenti all’interno dei Paesi stessi dalle campagne alle città, sia al di fuori di questi Paesi. Secondo le ultime previsioni delle Nazioni Unite, in quest’area nella fascia 20-39 anni ci saranno oltre 200 milioni di individui in più nei prossimi vent’anni. Tutti giovani alla ricerca di lavoro. Se i governi non creeranno occasioni di lavoro in questi luoghi, gli spostamenti si dirigeranno verso l’Italia e verso l’Europa. A questo si aggiunge l’instabilità politica che renderà tutto più complicato».

   Siamo avvisati.

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CINA, FINISCE L’ERA DEL FIGLIO UNICO: ‘DAL 2016 LE COPPIE POTRANNO AVERE DUE BIMBI’

– La riforma, già annunciata il 29 ottobre scorso dall’Assemblea Nazionale del popolo cinese, entrerà in vigore all’inizio del nuovo anno. La decisione è stata presa per far fronte all’invecchiamento della popolazione –

di F. Q. | 27/12/2015, da IL FATTO QUOTIDIANO

   Le coppie cinesi che desiderano un secondo figlio dal primo gennaio 2016 potranno averlo. Il governo cinese ha approvato la legge che autorizza a concepire più di un bambino, chiudendo così l’era dell’obbligo del figlio unico durata 35 anni.

   Il via libera dei deputati all’emendamento arriva dopo l’annuncio fatto dal Partito Comunista Cinese lo scorso 29 ottobre ed entrerà in vigore all’inizio del nuovo anno. La norma rappresenta un passo avanti nella distensione della rigorosa politica demografica, che segue i primi cambiamenti messi in atto nel 2013 quando venne ampliato il numero di eccezioni per cui una coppia poteva avere un secondo figlio.

   La politica del figlio unico è stata lanciata nel 1979 per ridurre i problemi della sovrappopolazione in Cina e, secondo gli esperti, è servita ad evitare che la popolazione attuale del Paese arrivasse a 1,7 miliardi (ora supera 1,3 miliardi). Il governo cinese ha sempre sostenuto che la limitazione a un solo figlio, soprattutto nelle aree urbane, ha contribuito allo sviluppo del Paese e all’uscita dalla povertà per 400 milioni di persone negli ultimi tre decenni.

   Allo stesso tempo, però, Pechino ha anche ammesso che il tempo dei divieti è ormai finito. La norma ha infatti prodotto numerosi effetti collaterali: tra i più dannosi gli esperti mettono in evidenza il rapido invecchiamento della popolazione. L’obbligo inoltre ha provocato, soprattutto nelle province, l’abuso da parte delle autorità portando a diversi aborti forzati, licenziamenti e pestaggi che in alcuni casi ha portato alla morte delle vittime. Tra le altre conseguenze, secondo quanto denunciato da coloro che hanno violato la legge, anche la privazione di istruzione e sanità per i secondi o terzi figli, nonché l’incarcerazione dei genitori “fuorilegge” in prigioni non ufficiali. Elementi a cui si aggiunge uno squilibrio demografico di genere causato dagli aborti selettivi compiuti da chi preferiva un figlio maschio, che hanno portato a 20-30 milioni di giovani uomini che non riusciranno a trovare moglie.

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IL PAESE PIÙ POPOLOSO DEL MONDO: ORA È LA CINA, TRA SETTE ANNI NO

16/8/2015, da IL POST.IT

   Per gran parte della storia umana la Cina è stata il paese più popoloso del mondo. Ai tempi della dinastia Han, duecento anni prima della nascita di Cristo, in Cina abitavano circa 60 milioni di persone cioè il 25 per cento di tutti gli esseri umani che esistevano all’epoca. Nel corso dei secoli questa percentuale è rimasta più o meno invariata: oggi, con 1,38 miliardi di abitanti, la Cina ospita circa il 20 per cento di tutta la popolazione mondiale.

   È un primato plurimillenario che non durerà ancora a lungo: tra sette anni, per la prima volta nella storia, la Cina sarà sorpassata e L’INDIA DIVENTERÀ IL PAESE PIÙ ABITATO DEL MONDO.

   Da anni gli studiosi di demografia sanno che il sorpasso dell’India sulla Cina è soltanto una questione di tempo. La fertilità in Cina è in declino da decenni a causa delle politiche di controllo delle nascite imposte dal Partito Comunista Cinese e dell’AUMENTO DEL REDDITO PRO CAPITE, uno dei fattori che si correlano in maniera più stretta alla diminuzione dei nuovi nati.

   La popolazione della Cina sta invecchiando in fretta, mentre l’India è un paese ancora molto giovane e che quindi, in proporzione, ha una natalità molto più alta. La novità è che IL SORPASSO AVVERRÀ SEI ANNI PRIMA DEL PREVISTO: nel 2022 invece che nel 2028.

   Le nuove stime sulla data del sorpasso sono state pubblicate poche settimane fa nell’ultimo rapporto delle Nazioni Unite sulla popolazione mondiale. Secondo l’ONU, la popolazione indiana è destinata a crescere per i prossimi 50 anni, raggiungendo un picco di 1,75 miliardi di abitanti nel 2100.

   In Cina invece la popolazione ha oramai sostanzialmente smesso di crescere. Secondo le stime più probabili, la sua popolazione aumenterà leggermente fino al 2022, resterà stabile per circa una decina di anni e poi inizierà a declinare – e ad invecchiare. Nel 2050 quasi la metà dei cinesi, circa 500 milioni di persone, avranno più di 60 anni, mentre in India saranno soltanto 300 milioni.

   L’ultimo rapporto fu pubblicato nel 2013 e in soli due anni i demografi hanno cambiato parecchio le loro stime. Il declino delle nascite cinesi è aumentato più delle previsioni, mentre in India il tasso di fertilità è stato più alto di quanto era stato previsto. Una discrepanza simile in un lasso di tempo così breve è tipica della demografia, una scienza che ha il difficile compito di fare stime di lungo periodo quando anche una differenza dello “zero virgola” può cambiare completamente le stime nel giro di pochi anni. In genere i demografi pubblicano infatti stime probabilistiche. Qui ad esempio si può provare a giocare con le varie stime utilizzando un grafico interattivo: dando un’occhiata alla pagina della Cina, si scopre che il sorpasso dell’India non è una certezza, ma soltanto lo scenario più probabile, con circa l’80 per cento di possibilità che succeda.

   Più si cerca di prevedere un futuro lontano, più le stime diventano complicate. Ad esempio, secondo il rapporto ci sono il 95 per cento di possibilità che nel 2100 la popolazione mondiale sia tra i 9,5 e i 13,3 miliardi: una differenza tra un valore e l’altro di più del 30 per cento. Quello che è abbastanza sicuro è che i tassi di fertilità continueranno ad abbassarsi in tutto il mondo nel corso dei prossimi decenni. In altre parole, nasceranno sempre meno esseri umani e la popolazione continuerà ad invecchiare. C’è addirittura il 23 per cento di possibilità che la crescita si fermi o che la popolazione mondiale cominci a calare di numero prima del 2100.

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Italia

LA MONTAGNA PERDUTA – Spopolamento: negli ultimi sessant’anni la “montagna” ha perso 900mila persone –

Posted by Agostino Nicolò,  4 febbraio 2016,

da http://www.lostivalepensante.it/

   Dal 1951 a oggi, la montagna è stata vittima di spopolamento e abbandono. A mettere in luce questo fenomeno è il rapporto “LA MONTAGNA PERDUTA. COME LA PIANURA HA CONDIZIONATO LO SVILUPPO ITALIANO” realizzato da CER (Centro Europa Ricerche) e TSM-Trentino School of Management, presentato il 9 febbraio scorso al Senato.

Spopolamento: negli ultimi sessant’anni la montagna ha perso 900mila persone. Se la popolazione italiana negli ultimi 60 anni è cresciuta di circa 12 milioni di persone infatti, la montagna ne ha perse circa 900mila. Secondo il rapporto tutta la crescita, in pratica, si è concentrata su pianura (8,8 milioni di residenti) e collina (circa 4 milioni). Lo spopolamento della montagna ha però un’eccezione in due regioni: in Trentino-Alto Adige e in Valle d’Aosta, dove lo spopolamento non c’è stato e la popolazione ha registrato una forte crescita negli ultimi 60 anni.

Il rapporto raccoglie le statistiche dal 1951 agli anni più recenti sull’andamento della popolazione, dell’economia e delle infrastrutture, nelle varie regioni italiane, con uno speciale riferimento alla montagna. La ricerca, dedicata alla cosiddetta “questione montana”, è stata realizzata da un gruppo di lavoro composto da Gianfranco Cerea, Stefano Fantacone, Petya Garalova, Mauro Marcantoni e Antonio Preiti. (ADNKRONOS)

BELLOTTI, frazione all’estremo nord i LAMON, paese del bellunese confinante con il Trentino – a BELLOTTI vivevano circa duecento persone fino agli anni sessanta: ora solo una
BELLOTTI, frazione all’estremo nord i LAMON, paese del bellunese confinante con il Trentino – a BELLOTTI vivevano circa duecento persone fino agli anni sessanta: ora solo una

21 risposte a "DEMOGRAFIA: l’IMPETUOSA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE in Africa, India, nei Paesi in via di sviluppo, e le CULLE VUOTE dei Paesi ricchi – La NECESSITÀ di UN RIEQUILIBRIO MONDIALE per rimediare ai mutamenti climatici, alle tensioni sociali e allo squilibrio e sovrautilizzo delle risorse naturali"

  1. Pier Francesco Delsignore venerdì 12 agosto 2016 / 14:02

    Sono d’accordissimo sulla prima parte sul problema del sovraffollamento e la crescita smisurata della popolazione africana in primis e di alcuni paesi asiatici vedi India e Pakistan, su come la battaglia di svolgere sia sulla consapevolezza sulla diffusione volontaria dei metodi di contraccezione; sono d’accordo sull’immigrazione di larga scala invece, già avremo milioni di profughi da accogliere in tutta Europa cercarla pure ed aumentarla con tutti i problemi di integrazione che ne comporta perché a differenza degli USA dove erano popolazioni dello stesso paese che si spostavano qui sono popoli e culture diverse e questo genera alla lunga sempre grossissimi problemi, senza contare inoltre che come tutti quelli che vorrebbero rilanciare a tutti i costi la natalità a 3-4 figli in Europa quando invece va solo di poco aumentata verso un calo lento e graduale della popolazione, un nuovo nato o immigrato è una risorsa se c’è una economia in sviluppo che ha bisogno del suo lavoro. Il nostro sistema aumenterà magari la produttività ed anche il reddito dei lavoratori che diventeranno sempre più lavoratori specializzati ma proprio per questo non avrà bisogno di masse poco preparate; i lavori di puro sforzo fisico e ripetitività verranno al 70-80% coperti dai sistemi robotizzati e dalle macchine sempre più “intelligenti”. Dove prima c’era bisogno di 40 braccianti dopo ci saranno 9 operai agricoli che dovranno sapere usare trattori e macchinari sempre più complessi dotati di touch screen, gps, telecamere per vedere dove e quanto concime spargere, quanto innaffiare e a che ora quindi anche aumentare la popolazione da noi magari con il travaso non solo ha problemi sociali ma dannoso perché attireremmo persone a cui a breve 5-10 anni non avremmo una occupazione da dare meglio razionalizzare le risorse evitando sprechi e rivedere anche il territorio cementificato selvaggiamente distruggendo i casermoni per favorire il recupero dei palazzi di maggior pregio ed una serie di iniziative anche di formazione dei giovani mirate a creare professionalità per la cura degli anziani che in futuro sarà uno degli elementi trainanti dell’economia.

    • Nicola martedì 28 febbraio 2017 / 21:27

      Si, però tieni presente che in India ormai sono sotto i 2,5 figli per donna, più o meno il tasso di ricambio della popolazione visto che hanno una mortalità superiore rispetto alla nostra , mantenendo lo stesso numero di figli per donna nel giro di 20 anni la popolazione non crescerà più

  2. Nicola sabato 21 gennaio 2017 / 14:09

    Ormai solo l’Africa subsahariana continua a fare tanti figli, pur essendo in calo, per il resto sono ben pochi i paesi in cui si fanno tanti figli, si va verso una convergenza nel numero di figli dei vari paesi al mondo … non credo che bisogna travasare migranti da una zona ad un’altra

  3. PAOLO CAMILLO ZANNI giovedì 24 gennaio 2019 / 6:36

    Tutto molto giusto salvo le previsioni che non tengono conto di alcuni fattori utilizzati dalla natura per punire gli eccessi e, cioè, guerre, catastrofi naturali ed epidemie. Mi pare comunque che si ponga più attenzione sulla crescita degli esseri umani che su quello di come sfruttare meglio le risorse naturali del pianeta in un ottica più razionale e meno localistica dell’attuale. Solo sprecando meno energia, meno cibo, meno acqua, suolo coltivabile ed aria potremo arrivare a sostentare una popolazione così vasta…in pace, altrimenti ci penseranno le guerre e le malattie a ridurla. Poi, l’idea di trasferire intere popolazioni da zone a bassa densità di popolazione tipo l’Africa verso zone già oggi sovrappopolate tipo Europa e USA porterebbe soltanto a mandare totalmente in crisi tutti i servizi pubblici di queste ultime senza avere alcun beneficio dall’inserimento di mano d’opera di basso livello sia tecnico che culturale, creando oltretutto conflitti razziali ed instabilità politica.

  4. Arancia Pennestri sabato 20 aprile 2019 / 19:56

    Tutto quello che ho letto mi sembra assolutamente preoccupante .

    Spero che ci siano persone capaci di convincere tutti ad affrontare il problema, magari prendendo spunto dai consigli dati.

    • Armand martedì 23 aprile 2019 / 16:37

      I post qui sopra mostrano la situazione demografica mondiale, si può affermare che solo i paesi in via di sviluppo come l’Africa,cioè i paesi poveri fanno più figli dei paesi più ricchi; tutto questo secondo me è preoccupante perché i paesi ricchi trattino meglio i loro figli di una decina di figli dei paesi poveri

  5. Pietro lunedì 22 aprile 2019 / 13:22

    La sovrappopolazione nel mondo è pericolosa anche perché non c’è un equilibrio tra i diversi popoli. Nei paesi in via di sviluppo ci sono molti più culle (bambini nati) che nei paesi più ricchi. Tutto ciò perché… Secondo me i paesi più poveri oltre ad avere problemi economici, sono anche poco consapevoli di ciò che fanno. In Italia l’ invecchiamento della popolazione sta aumentando, ecco i motivi :
    -molti giovani se ne vanno via dal proprio paese
    -meno figli
    -più vita grazie alle medicine
    Mentre in Africa ci sono molti giovani a causa :
    -più figli
    -meno morti
    Quindi c’è uno sbilanciamento pazzesco che attraverso l’ immigrazione si potrebbe in parte risolvere.
    È preoccupante che nel 2015 la differenza tra la mortalità e natalità sia di 170.000 persone che grazie ai 20.000 migranti ne sono diventati 150.000.
    Parlando dei mutamenti climatici è inaccettabile che USA contribuisce negativamente il doppio dell’ Italia e addirittura trenta volte di più dell’ Africa.

    • Junseong Park mercoledì 24 aprile 2019 / 18:49

      Leggendo questo articolo si possono solamente confermare che non c’è assolutamente nessun equilibrio tra tutti i paesi del mondo. Nei paesi non sviluppati hanno alto tasso di natalità che potrebbero migrano nei paesi più sviluppati. Inoltre nei paesi in via di sviluppo, i giovani potrebbero migrare per motivi economici, quindi c’è meno popolazione.
      Ci vorrebbe una soluzione per non solo dello sbilanciamento della popolazione ma anche del fatto che c’è tanta immigrazione.

      • PAOLO CAMILLO ZANNI giovedì 25 aprile 2019 / 12:48

        Mi pare che il mondo abbia bisogno di ridurre la popolazione umana e, quindi, il consumo di risorse. Pertanto, a mio parere, è indispensabile un controllo delle nascite laddove questo non viene posto in essere autonomamente dai cittadini, come peraltro ha fatto la Cina con risultati positivi. Quindi, oltre agli aiuti alimentari, bisogna rendere obbligatorio un numero massimo di figli che la famiglia può adeguatamente mantenere.

  6. Filippo Borsato martedì 23 aprile 2019 / 16:48

    Leggendo l’articolo mi ha colpito molto il concetto che noi europei abbiamo bisogno degli immigrati. Non si tratta di una questione solamente etica o morale, ma è anche un discorso economico. Le persone non pensano agli effetti di questo fenomeno a lungo termine ma sono solo concentrati a riversare odio e frustrazione personale contro una potenziale risposta a problemi che da soli (italiani ed europei in generale) non potremmo mai risolvere.

  7. Ilaria Poles giovedì 25 aprile 2019 / 16:21

    Questo articolo apre gli occhi su più problematiche che causano lo squilbrio di popolazione tra paesi. Possiamo prendere come esempio l’Italia stessa che ogni anno calcola circa 130mila abitanti che si cancellano dalle anagrafi italiane per trovare residenza in altri paesi, dove contribuiranno a migliorare la demografia. Questo articolo scrive di “travasare” la popolazione…cioè portare la popolazione da un paese all’altro, anche se penso che sia una soluzione inconcludente come il fatto del controllo delle nascite. Semplicemente si può affrontare tutto con più razionalità ottimizzando le risorse.
    Se un’economia in sviluppo ha bisogno di lavoro, la natalità in crescita o l’immigrazione risulta necessaria. È per questo che per quanto abbia degli aspetti preoccupanti, la sovrappopolazione può essere governata ed usufruita al meglio.

  8. Giulia Colecchia venerdì 26 aprile 2019 / 15:28

    Questo articolo è stato molto interessante, mi ha fatto riflettere su molte cose:
    nel mondo occidentale le nascite calano ma in Asia e in Africa la natalità cresce con effetti preoccupanti.
    Gli americani consumano molto di più degli abitanti del Africa sub-sahariana ed io mi chiedo che cosa ne sarebbe del nostro pianeta se tutti avessero lo stile di vita occidentale!?!
    Qualcuno deve rimanere povero per permettere agli altri di vivere bene ma questo è un assioma o ci può essere un’altra soluzione?!?
    Un’ altra cosa che mi ha colpito è la situazione Europea e in particolare l’Italia dove non si fanno più figli e le città sono sempre più popolate da“capelli grigi”mancano giovani e molti laureati fuggono all’estero dove vengono “premiati” quindi non ci sono risorse produttive che paghino le pensioni. La nostra classe politica non si preoccupa di questo ma solo del loro tornaconto elettorale e non fa niente per il nostro futuro contrariamente a quello che è stato fatto in altri paesi ad esempio in Germania dove è stata fatta una selezione di immigrati rifugiati con alte qualifiche professionali che non sono un peso per l’economia tedesca ma una risorsa. Sono un po’ preoccupata per il nostro futuro ma voglio pensare che si trovi una soluzione per tutti pensando al progresso sociale che abbia al centro la persona e non particolari interessi economici.

  9. Marco lunedì 29 aprile 2019 / 17:43

    Questo articolo che sviluppa in maniera dettagliata e preoccupante il problema dell’invecchiamento della popolazione europea e in particolare quella italiana, ben spiega che è importante far arrivare la forza lavoro da altri Paesi. Questo per coprire le necessità portate dall’invecchiamento della popolazione come il pagamento delle pensioni.
    Quello che però mi ha colpito di più è l’aumento esponenziale del numero degli abitanti della Terra, in particolare si nota che le risorse sono distribuite in maniera disomogenea tra paesi ricchi e poveri. Se consideriamo i consumi naturali, alimentari ed energetici degli statunitensi e li confrontiamo con quelli delle popolazioni africane, che spesso non hanno nemmeno energia elettrica, notiamo una forte differenza. Allora mi chiedo, cosa succederà quando tutte le popolazioni della Terra vorranno poter accedere alle stesse risorse? Per me il problema più importante è quello del sovrautilizzo delle risorse naturali. Sappiamo che nei paesi ricchi è forte l’uso oltre che delle materie prime anche quello dell’acqua, ma queste sono limitate. Dovremmo tutti, perciò, imparare a utilizzare le risorse naturali in maniera consapevole e controllata e cercare di utilizzare fonti di energia rinnovabili. È comunque importante contenere il numero degli abitanti della Terra visto che alcune risorse (acqua e territorio) non saranno sufficienti per tutti e mi pare evidente che se continua ad aumentare la popolazione della Terra, questa diventi alla fine un po’ stretta per tutti.

  10. Matteo Penzo martedì 30 aprile 2019 / 12:13

    Purtroppo qui in Italia, a gli italiani non si da la possibilità, anche a livello economico, di farsi una ” famiglia” e di avere un posto di lavoro, quindi alcuni non fanno figli, altri si trasferiscono in altri Stati. Anche la montagna si spopola per questo motivo, lì c’è poco lavoro e quindi devono andare in pianura. Una volta non era così ognuno stava nel proprio territorio e non c’ era motivo di spostarsi. Purtroppo al giorno d’ oggi non ci si accontenta di quello che si ha, ma si cerca di avere sempre di più. D’ altro canto non mi sembra giusto neanche la mentalità della Cina negli anni precedenti al 2016, anche se la legge è stata fatta per ridurre il sovrappopolamento demografico, perché non mi puoi togliere la libertà di fare le mie scelte.

  11. luigi martedì 30 aprile 2019 / 15:02

    Questo articolo parla della crescita enorme della popolazione in Africa, India e nei Paesi in via di sviluppo. Invece nei paesi ricchi la popolazione non cresce ma addirittura diminuisce, questo frase vuol dire che si è creato uno squilibrio di popolazione mondiale.
    Le conseguenze che tutt’ora iniziano ad esserci sono i mutamenti climatici, tensioni sociali e
    sovrautilizzo delle risorse naturali.
    La situazione è molto complicata e drammatica e richiede un intervento pianificato e studiato da persone capaci che devono tener presente non solo i problemi di queste popolazioni numerose e povere ma anche di chi li deve ospitare con tutti i problemi connessi

  12. Giuliano Antonucci martedì 30 aprile 2019 / 21:11

    Articolo molto interessante. grazie al quale ho capito molte cause della sovrappopolazione. Penso che per migliorare la situazione demografica ad oggi (2019) i governi dei Paesi debbano attuare misure di controllo delle nascite nei paesi più poveri, mentre per quanto riguarda quelli ricchi credo si debba incentivare la popolazione a generare più figli. In Italia le risorse economiche non sono sufficienti per pagare le pensioni agli anziani a causa di più problematiche (disoccupazione. evasione fiscale, la “fuga di cervelli”); in questo caso l’immigrazione deve essere d’aiuto, esattamente come la Germania aveva intuito quando la Merkel avviò un vero e proprio processo di “selezione” degli immigrati dal Medio Oriente provenienti da classi medie dei quali la maggior parte possedeva un titolo di studio alto. Qui in Italia gli immigrati provengono perlopiù dal continente africano e non hanno tutti un titolo di studio, perciò l’immigrazione non aiuta. Sono necessari percorsi di formazione in maggior quantità nei paesi poveri per garantire un’immigrazione benefica a tutti. Le aziende europee hanno investito molto in Africa proprio per garantire scuole e istituti mirati ad aumentare la formazione, ma l’ottanta percento del capitale è stato investito in Sudafrica.
    L’Africa in particolare si sta popolando sempre di più, insieme all’India e alla Cina. In questi casi sarebbe necessario ridurre le nascite o controllarle (come nel caso del solo figlio in Cina, misura a mio parere molto giusta).
    Spero che in futuro la popolazione possa stabilizzarsi, sono confidente che l’Italia sia in grado di aumentare le proprie risorse economiche in modo tale da poter ospitare una quantità maggiore di persone e mi auguro che i paesi poveri riducano le nascite in grandi quantità. Sono favorevole ad un’immigrazione utile al Paese ospitante (ultimamente in Italia alcuni immigrati non lavorano o contribuiscono alla criminalità) e ad una selezione di immigranti con almeno un diploma di scuola superiore.

  13. Linda Gerussi mercoledì 1 Maggio 2019 / 18:49

    Leggendo questo articolo ho riflettuto molto sul fatto che la popolazione sta aumentando molto,la tecnologia ci permette oggi di visitare in modo virtuale luoghi lontanissimi come ad esempio( africa, india,america latina…)nei quali lo stile di vita é completamente diverso dal nostro. Sono rimasta molto colpita dalle condizioni delle strade,case, di cittá molto lontane e ho visto che rispetto alle nostre sono molto piú sporche e mal tenute. Spesso ci sono zone centrali con negozi,bei palazzi, strade pulite,giardini,ma basta spostarsi un po’ in periferia per trovare vere e proprie bidonville.solamemte conoscendo le condizioni di vita in tutti i paesi del mondo si possono affrontare i problemi della sovrappopolazione e discuterne in modo serio e responsabile.purtroppo questi argomenti vengono trattati molto poco da televisione e altri mezzi di informazione. É vero che le persone cosiddette ricche preferiscono non affrontare l’argomento per paura di perdere parte dei loro privilegi.

  14. Anna Onorato mercoledì 1 Maggio 2019 / 21:50

    Sono pienamente d’accordo con quello che ho appena letto. C’è una necessità molto grande che la popolazione abbia un riequilibrio a livello mondiale. Oltre alla diminuzione delle nascite, l’aumento della mortalità e il calo dell’immigrazione un altro grande problema si trova nell’ambito economico dei paesi ricchi. La diminuzione della popolazione dei paesi sviluppati e la crescita invece della popolazione nei paesi in via di sviluppo dimostra che la crescita economica e la ricerca costante del guadagno,entrambe caratteristiche del mondo occidentale, portano con se un aumento dell’egoismo che di conseguenza riduce la volontà delle coppie di fare figli. I figli sono infatti visti in questa visione distorta come una diminuzione della propria libertà personale e della propria capacità di spesa. I nostri nonni e i nostri bisnonni procreavano e le famiglie erano composte in alcuni casi da più di 10 fratelli. I valori erano diversi, i fratelli si aiutavano e si viveva felicemente con poche cose materiali ma con tanto amore. Oggi invece si guarda di più il superfluo e si rinuncia spesso all’affetto.

    • Olga Maria martedì 21 settembre 2021 / 22:39

      Stai scambiando i paesi occidentali poveri e miseri per paesi ricchi. La povertà e la misera sono la causa dell’impossibilità di creare la famiglia e di avere figli, non l’egoismo. La fascia dei ricchi prolifera intensivamente, i benestanti proliferano poco, i poveri e i miseri si astengono – tra di loro proliferano solo ritardati e malati mentali.

  15. Caterina venerdì 12 giugno 2020 / 7:43

    Interessantissimo NO COMMENT spettacolare, fantastico.

  16. Caterina venerdì 18 settembre 2020 / 9:23

    seconda volta che lo leggo sempre più interessante NON HO PAROLE sono d’accordissimo

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