
KIM JONG-UN il leader nord-coreano (che abbiamo imparato a conoscere in questi mesi per le minacce nucleari al mondo con i missili sperimentali lanciati) è andato a PANMUNJOM, sul versante sudista della frontiera, per aprire una nuova era di pace. Siamo a cavallo della frontiera originaria del secondo dopoguerra che da allora divide le due Coree data dal 38° Parallelo. E c’è stato calore nell’incontro tra lui leader del nord, con MOON JAE-IN, leader della Corea del Sud. La pace non c’è ancora e scriverla in pochi mesi non sarà facile, perché sotto il Trattato sarà necessaria anche la firma di CINA e STATI UNITI, avversari sul campo nella guerra 1950-1953.

La Guerra di Corea, è stata, molto più del Vietnam, un mattatoio specialmente crudele; e dopo, nei 65 anni successivi al 1953, fino ad adesso, ci son stati un milione di morti. Il conflitto coreano è stato “la guerra dimenticata”, quella che gli americani hanno per decenni preferito ignorare (e sono morti decine di migliaia di soldati americani).
La vera e propria guerra tra il 1950 e il 1953 tra le due Coree divise, portò a una carneficina indicibile. Quando fu firmato l’armistizio, il 27 luglio 1953, le perdite erano enormi: oltre due milioni di soldati morti, e circa tre milioni di civili uccisi. All’armistizio, non è mai seguito un trattato di pace: tant’è che adesso la pacificazione tra le due Coree in corso, e poi anche l’apposizione della firma di Stati uniti e Cina partecipante al massacro del 50-53, dovrebbe sancire (dovrà… si spera) la fine del conflitto dato da un armistizio mai tramutatosi in trattato di pace.

C’è chi prospetta che questo nuovo atteggiamento di pacificazione di Kim è dato dal fatto che è angosciato dalla crisi devastante dell’economia nordcoreana. Non tanto per il suo popolo ma per la classe dirigente, per la sua famiglia… Sembra che la Cina, che ha sopperito sempre sottobanco alle sanzioni proposte dal mondo al regime nordcoreano, adesso sta facendo sul serio: cioè ha chiuso i rubinetti dei beni di prima necessità, mettendo appunto in crisi pure l’approvvigionamento della nomenclatura.

Qualcuno pensa anche che il regime nordcoreano rappresentato da Kim Jong-Un stia solo cercando di prendere tempo, ottenere qualche concessione immediata e dividere gli Stati Uniti dall’alleato sudcoreano. Anche perché, nella possibile riunificazione, la sua vita, di Kim Jong-U, e della sua famiglia, potrebbe essere a rischio, senza prospettive chiare. Il regno di Kim sopravvive se resta il regime chiuso, militarista e illiberale che è…
Comunque vedremo. Adesso è da apprezzare la storica svolta di una delle problematiche rimaste in sospeso dalla seconda guerra mondiale (cioè la separazione Nord-Sud coreana al 38° parallelo che pare risolversi).

Una Corea “denuclearizzata” (ma accadrà?) significa anche l’esclusione di ordigni americani, e comporterebbe la fine della Maginot Usa sul 38° parallelo e, in prospettiva, il tramonto del protettorato di Washigton sul Pacifico occidentale, imperniato sull’irrisolto nodo coreano. E questa possibile denuclearizzazione della Penisola Coreana, con gli americani che se ne vanno, è sicuramente un aumento dell’influenza, del potere della vicina Repubblica Popolare Cinese, la potenza emergente. L’affermazione dell’egemonia cinese sull’Asia orientale…
E altri scenari possibili (probabili) nei vari equilibri globali tra le superpotenze si stanno delineando (costruendo) in questi mesi, settimane, giorni… Come il caso del Medio Oriente, in Siria in particolare, ma anche altri contesti geopolitici si prospettano, ci sono; cercheremo di andare a vederli, capire cosa sta accadendo… (s.m.)

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UNA STRETTA DI MANO AL 38° PARALLELO: LE DUE COREE SI PROMETTONO LA PACE
di Guido Santevecchi, da “il Corriere della Sera” del 28/4/2018
– Per la prima volta, un leader del Nord arriva al Sud – Le parole nuove sul tavolo di Trump (e Xi); Kim e Moon: guerra finita – Il dilemma delle armi nucleari di Pyongyang – “Le Nazioni Unite salutano il coraggio e la leadership che hanno portato a importanti impegni e fa affidamento sulle parti perché li mettano in pratica” Antonio Guterres Segretario Generale dell’Onu – Molte incognite però: iI nodo nucleare rimane tutto da chiarire, e bisognerà evitare una trattativa infinita –
E’ un personaggio teatrale, oltre che brutale, KIM JONG-UN. Ma forse non recita e non esagera quando dice di essere venuto a PANMUNJOM, sul versante sudista della frontiera, per aprire una nuova era di pace. Bisogna guardare bene le immagini arrivate in una straordinaria diretta televisiva dal 38° Parallelo.

C’è stato calore nell’incontro tra i due nemici, Kim sembrava sincero quando ha preso per mano MOON JAE-IN, invitandolo a mettere piede sul territorio del Nord.
Tenendo le loro mani unite e strette i due uomini dell’Asia hanno riportato alla memoria il tedesco Kohl e il francese Mitterrand che seppellirono un’era di guerre nel cuore dell’Europa. E’ giusto avere speranza. E sicuramente bisogna credere all’onestà intellettuale di Moon Jae-in, il presidente sudcoreano che da ragazzo è stato in carcere nella battaglia per i diritti civili e la democrazia a Seul e ora ha messo in gioco il suo futuro politico cercando il dialogo con il regime nemico.
Moon non si è rassegnato nemmeno nei momenti della massima minacciosità nordcoreana, a costo di sentirsi accusare da Trump di «appeasement», la bolla di disonore politico che pesa sulla memoria occidentale fin dal 1938 quando con il Patto di Monaco le democrazie europee si piegarono a Hitler.

Ora arriva la DICHIARAZIONE DI PANMUNJOM. I leader dei Paesi separati, assurdamente fermi all’armistizio del 1953, quindi da 65 anni ancora tecnicamente in guerra, hanno promesso di trovare un accordo di pace entro la fine dell’anno e di lavorare verso l’obiettivo comune di «DENUCLEARIZZARE LA PENISOLA».
La pace non c’è ancora e scriverla in pochi mesi non sarà facile, perché sotto il Trattato sarà necessaria anche la firma di CINA e STATI UNITI, avversari sul campo nella guerra 1950-1953 che portò gli americani a considerare l’uso dell’atomica per fermare le masse di «volontari» cinesi.
E 65 anni dopo, l’arsenale nucleare nordcoreano è ancora al centro della sfida. Che non è finita ieri. Il secondo tempo di questa partita si giocherà tra poche settimane, nel vertice tra Kim e Donald Trump, che diversamente da Moon non ha nessun motivo sentimentale per fraternizzare con il Maresciallo. Gli Stati Uniti vorrebbero la denuclearizzazione completa, verificata e irreversibile.

Non bisogna dimenticare che ancora a gennaio Kim giurava con un ghigno da Dottor Stranamore di avere «il bottone di lancio sulla scrivania». Sono passati meno di quattro mesi e Kim è venuto al Sud, primo leader nordcoreano a varcare la linea terribile del 38° Parallelo. Le parole concordate con Moon nel documento del vertice suonano anche ispirate e commoventi, quando i due leader si rivolgono «ai nostri ottanta milioni di coreani», per dire che «la nostra urgente missione storica è di mettere fine allo stato abnorme di cessate-il-fuoco e di stabilire la pace, entro la fine dell’anno».
Ma è l’impegno al ritiro delle armi nucleari dalla Penisola l’obiettivo più importante e difficile da mantenere e potrebbe far saltare tutto il progetto dei due coreani. La parola denuclearizzazione può avere diversi significati, a Seul, Pyongyang e Washington. Kim, nei sette anni da quando è al potere, ha fatto sviluppare missili intercontinentali capaci di colpire le città americane e ha ordinato di costruire ordigni nucleari come polizza di assicurazione contro attacchi al suo regime (e alla sua vita). Ha costretto il suo popolo a vivere sotto sanzioni internazionali sempre più strette per completare il piano di «sopravvivenza». E ora non vuole fare la fine di Gheddafi, che aveva rinunciato alle armi proibite e poi è stato bombardato e ucciso.
Resta ancora un alto grado di incertezza sulla bella Dichiarazione di Panmunjom. Vista dalla Casa Bianca è la cornice di un quadro che bisogna riempire con linee chiare e colori non sfumati e opachi. C’è il sospetto che Kim fosse disperato per la crisi devastante dell’economia nordcoreana e stia solo cercando di prendere tempo, ottenere qualche concessione immediata e dividere gli Stati Uniti dall’alleato sudcoreano.
Denuclearizzazione della Penisola, come afferma l’impegno generico di Kim e Moon, può presumere come contropartita la chiusura dell’ombrello protettivo americano su Sud Corea e Giappone, il ritiro dei 28.500 militari del contingente Usa schierato dietro il 38° Parallelo. POTREBBE LASCIARE LA PENISOLA PACIFICATA NELLA SFERA D’INFLUENZA ESCLUSIVA DELLA CINA, LA POTENZA EMERGENTE.
Tutto andrà discusso e chiarito. Però senza ricadere in trattative estenuanti e inconcludenti com’è stato in passato. In questo senso, l’impetuosità di Trump può essere vantaggio. E anche se Trump ha cattiva stampa in patria e all’estero (e non senza ragione) bisogna dargli atto che la sua linea della «massima pressione» ha sicuramente aperto la via a questa svolta di Kim. Ed è stato abile quando alternava «fuoco e furia» a sorprendenti elogi per «quel tipo sveglio», non ha mai chiuso la porta a un accordo dell’ultima ora. Ha mostrato cautela e comprensione ieri nella sua prima reazione su Twitter: «La Guerra di Corea finisce, succedono buone cose, solo il tempo dirà».
E la Corea aspetta una pace stabile da troppo tempo, ha sofferto sotto il dominio coloniale giapponese dal 1910 al 1945; è stata divisa tra sovietici e americani «provvisoriamente»; è stata insanguinata dalla guerra d’aggressione ordinata dal nonno di Kim Jong-un nel 1950; dopo l’armistizio del 1953 ha vissuto in un clima di paura, segnato da minacce, attentati, cannonate sui villaggi di frontiera. Ora è giusto che le Due Coree dicano che la guerra è finita. (Guido Santevecchi)

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QUEI 65 ANNI D’ATTESA: ORA LA II GUERRA MONDIALE È FINITA ANCHE SUL 38° PARALLELO
di Vittorio Zucconi, da “la Repubblica” del 28/4/2018
– È stato il grande conflitto dimenticato. Fin dall’origine è stato spesso a un passo dal diventare uno scontro nucleare. Ora si avvia alla conclusione ma resta un non detto tra Cina e Stati Uniti –
WASHINGTON – Piccolo passo per due uomini in guerra che si tenevano per mano come fidanzatini, grande balzo per l’umanità che chiude l’ultima piaga rimasta aperta dalla Guerra mondiale e poi dalla Guerra fredda, la promessa di pace dei leader delle due mezze Coree è un viaggio lungo 65 anni e un milione di morti. Continua a leggere