L’ENIGMA VENEZIA – tra TANTO CEMENTO (al LIDO, all’ombra della Mostra del Cinema) e nuove APERTURE ECONOMICHE VERSO ORIENTE (ma la portualità adriatica è ancora troppo debole)

il LIDO e sullo sfondo Venezia e poi la terraferma

   Un episodio significativo del saccheggio dei beni pubblici in corso a Venezia è dato dal progetto di nuovo Palazzo del Cinema da costruirsi al Lido dal costo di 100 milioni di euro, per rilanciare (con una nuova infrastruttura…) la storica mostra del cinema (superata in Europa da Cannes, Berlino, e adesso con la concorrenza di Roma…). E per trovare i soldi (lo Stato, nell’ambito dei finanziamenti per il 150esimo anno dall’Unità) finanzia per circa 45 milioni, mettendoli però di fatto a carico di Regione Veneto e Comune.

   E allora viene messa in atto una complessa operazione immobiliare con la vendita del vecchio ospedale del Lido, con anomalie e procedure poco
trasparenti, nomina di un commissario governativo e aste vinte dalle aziende che già costruiscono le dighe del Mose. Alla fine, in un crescendo dei costi e cambi di progetto, verrà cementificata l’intera isola del Lido. SENZA CHE SIA COSTRUITO ALCUN PALAZZO DEL CINEMA. Ve ne diamo conto in questo post in due articoli (che sfaccettano il contesto, che merita di essere analizzato come un’opera nuova possa diventare un costo per la collettività fuori di ogni limite).

   Dimostrazione di una Venezia dove ogni cosa relativa a costi pubblici diventa difficile da controllare: e così la speculazione edilizia approfitta della bellezza della città e sulla sua fama mondiale.

ecco come avrebbe dovuto essere il nuovo palazzo del cinema al Lido (resta solo il cemento delle aree vendute per trovare i soldi)

   Una Venezia molto cara: non intendiamo per i turista (quello si sa) ma per le casse pubbliche, per il contribuente (anche di questo diamo conto con un’inchiesta fatta da “il Giornale”). Un dedalo di società, consulenti, piani idraulici e magistrature, fa sì che una città che dovrebbe essere ricchissima (proprio per l’enorme quantità di turisti dal tutto il mondo che vengono a visitarla) necessita invece di finanziamenti, non riesce a “ripagarsi” della sua vita urbana e della sua conservazione (tempo fa abbiamo parlato dei contestati cartelloni pubblicitari sui monumenti in restauro, necessità del Comune e della Sovrintenza per realizzare opere di ripristino conservativo che sennò non sarebbero possibili).

   Ma parlare di Venezia, tra speculazioni edilizie, gruppi di potere economico che fanno grandi affari, non può bastare a tracciare la complessità di una realtà lo stesso straordinaria (nonostante gli aspetti negativi) data anche di nuove opportunità di apertura culturale, politica ed economica nel Mediterraneo, verso il vicino oriente, la Turchia in particolare (paese questo in straordinaria crescita e che guarda con interesse al sistema delle medie e piccole imprese del nordest…). Oppure di una portualità ancora debolissima, non certo in grado di affrontare i grandi porti mondiali (anche se tenta di associarsi agli altri scali marittimi dell’Alto Adriatico) ma che vanta la potenzialità di esser in un luogo (appunto il Mediterraneo) ancora considerato il centro degli scambi mondiali.

   E in questo post tentiamo di abbozzare qualche idea in questa complessità (impossibile fare sintesi di quel che accade ed è Venezia), nell’intravedere limiti e grandi sviluppi possibili di Venezia, ma anche la Venezia dello scempio ambientale del Lido. Convinti che “città-museo”, come sembra a volte destino ultimo della città, non lo diventerà mai.

   Fernand Braudel (1902–1985), storico francese, uno dei massimi studiosi e ricercatori dell’evolversi dell’area geopolitica Mediterraneo e dei suoi popoli, individuava, nella storia di Venezia, il fatto che la città lagunare era il punto di incontro fondamentale tra vie marittime e continentali, questo almeno fino al 1489 (da lì il centro marittimo degli scambi si sposta nel Nord Europa, sul Baltico). Un’ “articolazione segreta”: normalmente siamo portati a dividere l’Italia tra Nord e Sud. Invece secondo Braudel c’è una divisione tra la parte occidentale e quella orientale, che poi, oltre la penisola italica sembra essere propria di tutto il bacino del Mediterraneo. Nell’occidentale la cultura iberica spagnola italica, nell’altra orientale quella balcanica e del Medio Oriente e, appunto, di Venezia (parliamo dei secoli dal ‘300 al ‘700).

   E recentemente si è tornati a parlare della assoluta diversità (che noi condividiamo) dell’Italia orientale (Nordest, Marche, Puglia) da quella occidentale, ora più in crisi (Genova e tutto il bacino Tirrenico). Ebbene Venezia, nella sua collocazione potrebbe tornare a fare finalmente sintesi tra “il mare”, il Mediterraneo (e le sue sponde, balcaniche, nordafricane, mediorientali…), con l’area continentale europea. Venezia polo attrattivo della cultura e dell’arte, anche per questo lo può diventare per l’economia e gli scambi, integrata in un Nordest ricco di opportunità per lo sviluppo di idee innovative, formazione, e volontà di uscire da ogni crisi economica, mondiale o locale (pensiamo al ruolo di Padova, vero centro direzionale, “capitale” del Veneto, ma anche a tutte le aree provinciali del nordest).

   Per questo spiace la Venezia quando si “addormenta” sull’unico ruolo di “città-museo”, e sulla speculazione edilizia che sta ora colpendo pesantemente il Lido.

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COME DISTRUGGERE UN’ISOLA: IL CASO DEL LIDO DI VENEZIA

dal blog http://lidodivenezia.wordpress.com/  del 7/7/2011

   “Un progetto che non andava bene fin dall’inizio”. Questo è ciò che ripetono tutti gli abitanti del Lido di Venezia, dai più giovani ai più anziani. Tutti si chiedono se c’era davvero bisogno di un nuovo Palazzo del cinema per ospitare il rinomato Festival.

   Il progetto originale, bandito nel 2004 con la pretesa d’essere portato a termine per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, prevedeva la realizzazione di una struttura a conchiglia lunga 90 metri tra mare e terra contenente una sala da 2400 posti, nonché una grande vetrata a forma d’ala di libellula in onore ai maestri vetrai di Murano.

   Alla modica cifra di 150 milioni di euro. Queste le speranze. Come prevedibile, nessun privato vuole investire una tale cifra, e i soldi non arrivano. Si cerca di ridimensionare l’opera, tagliando i parcheggi sotterranei e 200 posti in sala. Viene abbattuta una pineta di 130 alberi, cosa a cui si erano opposti perfino i progettisti. Viene venduto – a ribasso – l’ex Ospedale al mare, gioiello architettonico del Lido e unica struttura sanitaria vicina in grado di aiutare in caso di emergenze, che diventerà l’ennesimo residence. Si pensa pure di distruggere un vecchio fortino austriaco ottocentesco situato nello stesso punto.

   Infine, nel 2009, viene ritrovato dell’amianto sepolto a 3 metri di profondità, ma nonostante tutto si crede di poter portare a termine la costruzione. Il come, rimane un grande mistero. Le manifestazioni e le proteste si susseguono una dietro l’altra, ma non sono politicizzate, perciò non ottengono nessun risultato. Nessuno si preoccupa di questo caso. Qualche sporadico articolo compare sulla Repubblica e su Il Fatto Quotidiano. Nasce un sito (www.unaltrolido.com). Niente cambia.

   Per recuperare i fondi vengono lanciate le proposte più ridicole, come la vendita di una porzione del territorio di S. Nicolò per la realizzazione di una darsena grande quanto l’isola della Giudecca (più o meno come 100 campi da calcio). 22 sacchi di amianto provenienti dal Lido vengono sequestrati in Toscana. Roba da far rivoltare nella tomba il povero Thomas Mann, grande amante dell’isola.

   La prima pietra, posata nel 2008 dal Ministro per i Beni culturali Bondi, il Governatore del Veneto Galan, il Sindaco di Venezia Cacciari e il Presidente della Biennale Baratta, è ancora lì, da sola, in mezzo allo spaventoso cratere che prima era il Piazzale del Casinò. I lavori sono fermi già da un po’.

   Ma di soldi ne sono stati spesi tanti, troppi, per un grande buco: più di 30 milioni di euro. Nessuno riesce a capire quali saranno le prossime mosse al riguardo. Un’addetta alla sicurezza del cantiere dice: “Tutto tace. Le cose che so me le han dette i miei parenti e gli altri abitanti del Lido”.

   I lavori sono coperti, non si può vedere quello che stanno facendo e se qualcuno fa delle domande, nessuno è in grado di rispondere. Nemmeno Giulio Saoner, 17 anni, figlio del custode del Palazzo del cinema, che lì dentro ci vive. Ci hanno perso tutti. Il comune, un sacco di soldi. Gli hotel vicino, che dicono che i clienti sono diminuiti drasticamente. Il Festival del cinema, visto che molte persone quest’anno hanno preferito andare a quello di Roma.

   Il Lido, sempre più svenduto dai politici e dalle imprese. C’è una grande indignazione e, purtroppo, anche molta rassegnazione. Il coordinamento delle associazioni ambientaliste del Lido è l’unico che non molla e qualche giorno fa, il 24 giugno, manda un ultimo, disperato appello al Presidente del Consiglio, chiedendo la fine di questo scempio. Ma per ora nessuna risposta.

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VENEZIA, IL MEDITERRANEO, LA TURCHIA

VENEZIA E IL TURCO

Anatolia guarda Nordest – Come ai tempi d’oro si ricomincia dagli affari

di Nicolò Menniti-Ippolito, da “la Nuova Venezia” del 30/6/2011

   Forse non è più il «mare nostrum», ma certo è il nostro mare. Per questo continua ad avere senso porre, come avvenuto quest’anno, il Mediteranno al centro delle «Summer Ethics Conference» del Marcianum (svoltosi a fine giugno, ndr)(…). Lo storico polo pedagogico-accademico del Patriarcato di Venezia ha chiamato a raccolta economisti, industriali, banchieri per fare il punto su «Il Mediterraneo ed i suoi paesi del Sud e del Nord. Lo sviluppo, i rapporti, i cambiamenti e la ricerca del dialogo nell’odierno mare nostrum».

   E tra i protagonisti di questi incontri c’è anche un veneziano doc, Gianpaolo Scarante, che però da circa un anno sta guardando il Mediterraneo dalla parte opposta, visto che è diventato l’Ambasciatore italiano in Turchia. E la distanza aiuta qualche volta capire meglio.
«La prima cosa che rileverò nel mio intervento – dice l’Ambasciatore Scarante – è che il Mediterraneo è tornato ad essere il centro del mondo e non un’area marginale come troppo spesso si è soliti pensare. E’ in atto in questi mesi un mutamento radicale, sta nascendo un mondo diverso, cui bisogna guardare senza i pregiudizi del passato». Per l’Ambasciatore la crisi economica e politica che ha colpito molto paesi mediterranei non ha nulla di ciclico, è invece l’inizio di una trasformazione globale che l’Europa deve saper cogliere.
«Il Mediterraneo è il nostro mare, è uno dei luoghi in cui transitano più merci al mondo, dal Mediterraneo dipende molto del nostro futuro, in termini economici, energetici, nelle strategie di sicurezza – dice Scarante – e quindi bisogna guardare a questa realtà dimenticandoci delle logiche da guerra fredda o da guerra di civiltà».

   E del resto il punto da cui l’Ambasciatore Scarante guarda il mondo mediterraneo è fondamentale. «La Turchia – continua – è un attore imprescindibile e per due motivi. Il primo è che è un paese che sta conoscendo uno sviluppo economico straordinario. Lo scorso anno il Pil pro capite è salito dell’8,9%, il miglior risultato dopo la Cina. Il secondo è che la Turchia sta ricoprendo un ruolo di stabilizzazione indispensabile nel Mediterraneo e lo si è visto anche nelle vicende di questi mesi».

   Questo perché la Turchia è cambiata, ed è cambiata radicalmente. «La Turchia del 1995 – ricorda Scarante – era un paese totalmente diverso da quello di oggi. Oggi è uno stato forte, con grande autonomia, che ha saputo uscire con le proprie forze dalla crisi economica ed ha un alto livello di competitività. Anche geograficamente è cambiata. Una volta tutto era concentrato nelle aree costiere della Ionia, ma negli ultimi anni si è sviluppata l’Anatolia. Gli italiani che viaggiano fuori dagli itinerari turistici sono sorpresi dal numero di capannoni industriali che scoprono in aree che credevano abitate solo da pastori».

   E se un tempo lo sviluppo economico dell’area turca e quello veneziano erano strettamente intrecciati, oggi questo contatto torna ad essere fondamentale. «La Turkish Airlines – dice l’Ambasciatore – ha moltiplicato i voli da e per Venezia in questi ultimi mesi, ed a viaggiare non sono i turisti, ma gli operatori economici.

   Lo sviluppo turco è avvenuto grazie ad un tessuto di piccole e medie imprese molto flessibili e dunque da parte turca c’è un grande interesse per il modello economico del Veneto, che è simile al loro ma più avanzato. Vogliono imparare e vogliono avere rapporti economici, ed anche questa è una grande possibilità».
Sì, perché la nuova Turchia continua a guardare all’Europa. «Il 70% dei turchi – dice l’Ambasciatore Scarante – vuole l’entrata in Europa, però anche da questo punto di vista le cose sono cambiate. La Turchia è uscita dalla crisi mentre paesi dell’area dell’Euro ci sono ancora dentro; questo ha reso più forte e consapevole la Turchia di oggi rispetto a quella di soli cinque anni fa. Dall’altra parte l’Europa ha attraversato una crisi di crescita rilevante con l’arrivo di nuovi paesi. Ma la posizione italiana, a favore di una Turchia europea è quella giusta, è una grande opportunità economica ma anche politica, per stabilizzare il Mediterraneo. Certo bisogna rimuovere i luoghi comuni. Continuare a pensare ai turchi come emigranti è sbagliato. Con lo sviluppo economico l’emigrazione è finita ed addirittura comincia a tornare forza lavoro, dunque molti timori sono infondati. C’è un deficit di conoscenza reciproca tra Europa e Turchia che bisogna superare presto». – Nicolò Menniti-Ippolito

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PORTO SNOBBATO, IL VENETO PAGA IL SUO ISOLAMENTO

di Alessio Vianello, da “il Gazzettino” del 18/4/2011

   Dopo averla persa nel 1489 per mano del genovese Cristoforo Colombo, oggi Venezia e il Mediterraneo hanno riconquistato la stessa centralità strategica nei traffici internazionali che aveva fatto la fortuna della Serenissima.

   Ma la capacità di portare sulle coste venete, strappandole agli altri sistemi portuali europei, i milioni di contenitori in arrivo dal far east nei prossimi anni sta nella capacità del sistema dell’alto Adriatico di proporsi ai grandi gruppi di shipping (che hanno in mano le rotte) con standard di efficienza internazionale.

   E ciò dipende da alcuni ineludibili fattori: unità operativa dei porti dell’alto Adriatico, sistema ferroviario efficiente per trasportare le merci oltralpe, fondali accessibili alle navi portacontainer, una piattaforma logistica per le ultime lavorazioni delle merci, servizi a bordo banchina di standard internazionale, sistema produttivo retrostante capace di alimentare il traffico in uscita dai porti.

   Sul business della logistica i porti del nord Europa, da Rotterdam a Anversa, hanno costruito un nuovo sistema economico che oggi è in Germania il secondo datore di lavoro dopo l’automotive. Oggi il sistema economico veneto, e in particolare l’area metropolitana Venezia Padova Treviso, che l’Ocse indica come una delle aree più ricche al mondo, mancano non solo di uno sbocco a mare ma sopratutto di un sistema logistico che le possa interconnettere, con risparmio di costi, certezza di tempi ed efficienza, alle grandi rotte internazionali dove oggi, come seicento anni fa, transita la possibile ricchezza delle nostre future generazioni.

   Porto Marghera à naturalmente il perno di una piattaforma logistica dell’alto Adriatico, che vada da Ravenna a Capodistria, ma per diventarlo occorre che la Regione Veneto faccia di questo progetto la priorità assoluta del proprio piano infrastrutturale ed economico. Il che, all’evidenza, è non solo di là da venire ma impossibile da realizzare. Perché la Lega No-global che oggi governa in Veneto ha per le merci e i capitali stranieri la stessa sindrome che ha per gli esseri umani che chiedono aiuto dalle coste africane.  Semplicemente li respinge.

   Teme le merci in arrivo dalla Cina, teme i capitali in arrivo dalla Germania che vogliono investire nel nostro sistema logistico, teme la concorrenza delle vicine Slovenia e Croazia (che dovrebbero essere nostri partners) e quindi d’istinto, respinge, come fa con gli esseri umani tunisini, le merci e i capitali stranieri che oggi probabilmente rappresentano la principale fonte futura di ricchezza delle nostre regioni.
E’ notizia di ieri che i nani politici veneti a Roma e italiani a Bruxelles stanno assistendo inerti allo spostamento in Slovenia degli investimenti europei ferroviari, scelta che mette a rischio la naturale centralità di Porto Marghera nella costruzione di questo decisivo disegno strategico di carattere europeo. Se la Lega No-global di (finta) lotta e di (zero) governo che oggi è alla guida del Veneto eleggerà la piattaforma logistica dell’alto Adriatico (con Porto Marghera come baricentro) quale sua priorità politica avrà da noi il totale e incondizionato sostegno. Ma se continuerà il vuoto politico che, grazie alla Lega, isola il Veneto dal contesto internazionale, continueremo a denunciare questa gravissima responsabilità che mette a rischio la futura competitività dell’intero sistema economico veneto. (Alessio Vianello, portavoce di Verso Nord)

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COME È CARA VENEZIA – UN VANTO CHE CI COSTA 386 MILIONI DI EURO

di Gian Maria De Francesco, da “IL GIORNALE” del 6/7/2011

   «Com’è triste Venezia soltanto un anno dopo, com’è triste Venezia se non si ama più», cantava con la sua voce inconfondibile Charles Aznavour. Ma per i contribuenti italiani bisognerebbe cambiare aggettivo e usare «cara». Nel senso di «costosa» perché conservare una delle città più belle del mondo costerà nel 2011, secondo gli stati di previsione dei ministeri interessati (Economia, Infrastrutture, Ambiente e Beni culturali) la bellezza di 386.725.597 euro. E non stiamo parlando del Mose, il sistema di dighe elettromeccaniche per le quali il Cipe stanzia ogni anno una cifra più o meno analoga.
Il discorso è molto diverso e merita un breve prologo. Quasi tutti questi denari – eccettuato lo stanziamento del dicastero guidato da Giancarlo Galan – si riferiscono a una stratificazione di leggi (ben 5 dal 1963 al 1995) che hanno come scopo quello di garantire la salvaguardia del capoluogo veneto. Per mettere in pratica questo corpus sono serviti numerosi decreti ministeriali, quattro leggi regionali del Veneto e varie ordinanze provinciali e comunali.

   Per governare il processo amministrativo occorrono ben due distinti organi. Il primo è il famoso «Comitatone» che riunisce sotto l’egida della presidenza del Consiglio tutte le autorità che si interessano della difesa della laguna (incluso il Comune di Cavallino-Treporti). Il secondo è il concessionario pubblico che per conto del ministero delle Infrastrutture si occupa della realizzazione materiale degli interventi: il Magistrato delle Acque di Venezia, erede di un istituto della Serenissima.
Tale ammasso di burocrazia spiega da solo perché sia stata necessaria la legge Obiettivo per avviare il Mose, un progetto elaborato tra gli anni ’70 e ’80 e avviato dal premier Berlusconi nel 2003. Resta però da comprendere quali processi siano alla base degli interventi di ordinaria e straordinaria manutenzione di Venezia.
E occorre partire dal ministero delle Infrastrutture per comprendere quale crescendo rossiniano di spese si celi dietro questa macchina complessa. Il primo stanziamento che si incontra sono i 34mila euro per il Centro sperimentale di modelli idraulici di Voltabarozzo, in provincia di Padova, che si occupa di elaborare i sistemi di difesa. Seguono i 235mila euro per l’Ufficio di piano del Magistrato delle Acque, cioè l’ufficio tecnico che definisce e calendarizza i progetti. Seguono i 7,97 milioni destinati alle associazioni private che si occupano di difendere Venezia.

   E poi la spesa di maggiore entità: i 135 milioni di annualità quindicennali per l’aggiornamento degli studi sulla Laguna (un campo che spazia dalle procedure anti-inquinamento alla battaglia contro le alghe fino alla realizzazione di interventi vari anti-degrado).
Superata la fase progettuale si passa a quella esecutiva. Che cosa c’è sul piatto della bilancia? Altri soldi. Alla Provincia di Venezia sono destinati 6,5 milioni di euro per il restauro dei beni di pertinenza dell’ente a Venezia e a Chioggia. Al Comune – giustamente – va la fetta di torta più grande: 123,4 milioni che sono destinati alla manutenzione di ponti e canali e alla prosecuzione delle normali attività socio-economiche, ma in gran parte finiscono per essere destinati come contributi in conto interessi e in conto capitale ai privati e agli enti che restaurano i propri immobili. Risulta esaurito – per cancellazione del capitolo di bilancio – il contributo ai mutui per l’acquisto della prima casa a Venezia.
Seguono 1,3 milioni di euro di annualità quindicennali per la conservazione del Comune di Cavallino-Treporti e 6 milioni per gli interventi di competenza del Comune di Venezia e di quello di Chioggia. All’Autorità portuale di Venezia vanno 4,75 milioni per i canali navigabili mentre a quella di Chioggia 805mila euro per le opere portuali. Dal ministero dell’Ambiente arrivano altri 11 milioni.

   Il servizio di polizia lagunare del Magistrato costa 10 milioni. Un altro milione è destinato al Comitato di vigilanza sull’uso delle risorse idriche (Coviri) ed è così suddiviso: 470mila euro di spese di funzionamento del Coviri, 470mila per la segreteria tecnica che si occupa di migliorare gli standard dei processi e 85mila euro per il sistema di coordinamento e controllo degli interventi finalizzati al riequilibrio idrogeologico.
Ultimo ma non meno importante il ministero dell’Economia che per 81,5 milioni finanzia gli interventi della Regione Veneto per la salvaguardia e destina altri 9,2 milioni al governatore Zaia per la manutenzione dei rii. Secondo il Comune, da qui al 2030 servirebbero circa 43 milioni all’anno (38 a carico dello Stato) anche per gli impianti fognari considerato che la legge speciale per Venezia prevedeva oltre 1,2 miliardi in trent’anni, ma Tremonti ha tagliato i fondi. Senza quei 760 milioni circa è a rischio la sopravvivenza stessa della città. Sarebbe a dire che Venezia sarebbe condannata a morte se lo Stato, per un motivo o per un altro, non potesse provvedere al fabbisogno. In quest’ottica sembrano noccioline i 2 milioni che ogni anno il ministero dei Beni culturali destina alla Biennale, l’ente che si occupa di organizzare manifestazioni artistiche inclusa la Mostra del Cinema.
Questi 386,7 milioni sono ben spesi oppure no? Una cosa è certa: finanziano microinterventi e in qualche misura contribuiscono all’economia di Venezia. Ma senza questo «respiratore artificiale» la città sarebbe in grado di vivere o continuerebbe a spopolarsi come negli ultimi anni? E considerato che numerose associazioni internazionali a carattere privato si profondono per salvare il patrimonio culturale di Venezia, non sarebbe il caso di pensare come accaduto di recente per il Colosseo con Diego Della Valle che sia meglio affidare a uno sponsor questi interventi? Ci si potrebbe pensare anche per consentire a Stato, Provincia e Comune di svolgere meglio il loro rispettivo ruolo. (Gian Maria De Francesco)

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LE MANI SULLA CITTÀ: L’INDEGNA STORIA DEL LIDO DI VENEZIA
di Francesco Giavazzi, da “LaVoce.info” del 27.06.2011

   Per finanziare la costruzione a Venezia di un nuovo Palazzo del Cinema da cento milioni (iniziali) è stata concepita una complessa operazione immobiliare con la dismissione di un vecchio ospedale, anomalie e procedure poco trasparenti, nomina di un commissario governativo e aste vinte dalle aziende che già costruiscono le dighe del Mose. Alla fine, in un crescendo dei costi e cambi di progetto, verrà cementificata l’intera isola del Lido. Senza che sia costruito alcun Palazzo del Cinema. Una storia esemplare di sprechi, ma con un probabile utile record per il fondo privato che ha realizzato l’operazione.

   Sette anni fa la Biennale, allora presieduta da Davide Croff, lanciò un concorso internazionale per realizzare il nuovo Palazzo del Cinema al Lido di Venezia. Il progetto vincente sarebbe costato circa cento milioni di euro. L’anno successivo (era il 2006) il Governo si impegnò a cofinanziare l’opera nell’ambito delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia con un contributo di circa 40 milioni. La cifra non finanziata dal Governo sarebbe stata a carico del Comune di Venezia e della Regione Veneto. A gestire tutta l’operazione venne chiamato non il sindaco di Venezia, ma un commissario governativo con poteri inizialmente limitati al nuovo palazzo del cinema e poi via via estesi a tutta l’isola del Lido.

VECCHI OSPEDALI E NUOVI FONDI

Per reperire i fondi necessari, che Comune e Regione certo non avevano, si mise in piedi un’operazione immobiliare. Con la regia del commissario, il Comune (a quel tempo retto dal sindaco Massimo Cacciari) avrebbe acquistato dalla Ulss (Unità locale socio sanitaria) 12 del Veneto (e quindi dalla Regione) il vecchio ospedale del Lido. Una variante del piano regolatore, approvata in anni precedenti, già consentiva un cambio di destinazione di alcuni edifici del complesso ospedaliero. Il Comune avrebbe esteso questo cambio di destinazione a tutta l’area dell’ospedale e lo avrebbe venduto moltiplicandone il valore.
Così avvenne. Per arrivare alla vendita furono necessarie due gare delle quali la prima andò deserta, mentre la seconda -indetta con tempi brevissimi, meno di tre mesi, in modo da rendere pressoché impossibile la partecipazione di grandi gruppi immobiliari esteri – si concluse con un prezzo di circa 72 milioni di euro. L’acquirente è il fondo immobiliare Real Venice gestito dalla società EstCapital del quale sono azionisti alcune delle imprese che stanno costruendo le dighe del Mose: Mantovani e Condotte. Del prezzo di vendita, 32 milioni sarebbero andati alla Ulss, il resto al Comune, una cifra non lontana da quanto necessario per contribuire alla costruzione del nuovo Palazzo del Cinema, sebbene ancora insufficiente.
In base a queste premesse venne fatto l’appalto per la costruzione del Palazzo del Cinema.

ERRORI PROCEDURALI

In questa semplice sequenza vi è già una serie di errori procedurali: (1) un commissario senza che vi sia nessun motivo di emergenza; (2) l’estensione dei poteri del commissario (nel frattempo era stato nominato Vincenzo Spaziante, un funzionario della Protezione civile) cui vengono accordati pieni poteri su tutto il Lido, anche in deroga alla normativa vigente e nonostante l’opposizione del nuovo sindaco di Venezia Giorgio Orsoni; (3) la distrazione di risorse Ulss per fini non sanitari: l’ospedale è stato venduto dall’Ulss al Comune per 32 milioni e da questi rivenduto per 72 – un’incauta vendita da parte dell’Ulss: infatti il piano regolatore già prevedeva, almeno in parte, il cambio di destinazione.

…E ANOMALIE

Comunque, fatto l’appalto, iniziano i lavori per il nuovo Palazzo del Cinema e il commissario, in attesa che il Comune incassi, comincia l’opera utilizzando i fondi destinati dallo Stato. Rapidamente, ma non prima di aver speso 37 milioni, come dichiarato da Spaziante il 16 giugno scorso (nessuno sembra stupirsi di come sia stato possibile spendere 37 milioni di euro per fare un buco, se pur grande) si scoprono, nel sottosuolo dell’area, dei rifiuti in amianto.

   Evidentemente, le cose erano state fatte così in fretta che nessuno aveva pensato di fare delle verifiche. I costi lievitano al di là dei 100 milioni inizialmente previsti. Poiché i soldi nessuno li ha, il commissario abbandona il progetto. “Non c’è altra via, con la sola finanza pubblica non saremmo riusciti ad arrivare alla fine, visti i costi aggiuntivi dovuti alla presenza dell’amianto – spiega all’Ansa il ministro Galan – finora sono stati spesi 37 milioni e quello che è stato realizzato con quei 37 milioni dovrà essere ricompreso nel nuovo progetto”.

   Non mi è ovvio come, dato che verrà costruita una sala cinematografica, invece di un grande Palazzo del Cinema.Sacaim, l’impresa che si vede cancellare i lavori per il Palazzo del Cinema, chiede al commissario un risarcimento di 50 milioni. Come scrive La Nuova Venezia l’impresa “non ci sta a fare da capro espiatorio per il grande pasticcio del PalaCinema”.

IL PROGETTO CAMBIA ANCORA

Le disavventure del progetto non finiscono qui. La cubatura promessa al fondo di EstCapital consentiva la costruzione di due grandi torri: nessuno aveva osservato che dietro all’ospedale c’è un aeroporto, che con quelle torri avrebbe dovuto esser chiuso. Conclusione: le torri non si possono fare. EstCapital chiede di essere compensata.

   Il commissario, interpretando in modo un po’ lato i suoi poteri, acconsente alla costruzione di una darsena per imbarcazioni turistiche, lungo una delle bocche di porto del Lido – proprio là dove si sta costruendo il Mose, con evidenti economie di scala, essendo gli azionisti di EstCapital, e quindi le imprese che presumibilmente costruiranno nell’area del vecchio ospedale, le stesse che stanno costruendo il Mose. Una darsena per un migliaio di barche, la cui dimensione sarebbe analoga all’isola della Giudecca.

   La rinegoziazione del contratto consente al commissario di alzare il prezzo e ottenere una cifra più vicina a quella di cui il Comune avrebbe dovuto disporre se si fosse costruito il Palazzo del Cinema. Dai 72 milioni iniziali il prezzo di vendita dell’area dell’ospedale lievita a 81 milioni: alla Ulss sempre 32, al Comune 49.
Ma agli acquirenti la compensazione non basta: chiedono al commissario di poter acquistare ed edificare anche il bel parco della Favorita, adiacente all’ospedale. Il commissario fissa un prezzo, 20 milioni, che EstCapital ritiene troppo elevato: quell’asta va deserta (per ora).
Conclusione: l’isola del Lido verrà stravolta senza alcun motivo perché non si costruirà alcun palazzo del cinema. Il Comune (se la Corte dei Conti non obietterà) incasserà 49 milioni, dai quali occorre detrarre i 37 pagati dai contribuenti per fare il buco. Potrebbe andare a finire che l’isola del Lido è stata cementificata per un incasso netto di soli 12 milioni – o con una perdita netta di 38 milioni, se il giudice obbligherà il commissario a pagare alla Saicam il risarcimento chiesto dall’impresa.

QUANTO GUADAGNA L’IMMOBILIARISTA PRIVATO?

La cosa straordinaria è che queste cifre sono briciole rispetto all’utile presumibile del fondo che ha fatto l’operazione immobiliare. Azzarderò un calcolo, premettendo che i numeri sono solo stime, ma non credo lontanissime dal vero.

   I metri quadrati realizzabili nell’area dell’ospedale sono, come detto, circa 70mila; il valore atteso della vendita è stimabile intorno ai 7mila euro/mq, il che porta ad un valore lordo complessivo della vendita vicino a 500 milioni di euro; il costo di realizzazione è stimabile in 140 milioni di euro (2mila euro/mq), ai quali si possono aggiungere oneri vari per 20 milioni di euro, per un totale di 160 milioni di euro; il costo di acquisto dell’area, come detto, è stato 81 milioni di euro; il costo complessivo dell’operazione è quindi 240 milioni di euro circa; l’utile atteso dell’ordine di 260 milioni di euro, senza contare la darsena e i profitti delle imprese che costruiranno.
Signor sindaco, non sarebbe opportuno che Lei usasse i poteri autorizzativi in capo al Comune per impedire questa operazione disastrosa per Venezia? (Francesco Giavazzi)

UNA LETTERA DEL COMMISSARIO GOVERNATIVO SUL PALAZZO DEL CINEMA *

di Vincenzo Spaziante (Commissario per la realizzazione del nuovo Palazzo del Cinema di Venezia), 30.06.2011 – da www.lavoce.info

   L’articolo del professor Francesco Giavazzi ospitato su lavoce.info ricostruisce in maniera ampia e dettagliata l’intera vicenda del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi del Lido di Venezia. Purtroppo la ricostruzione è anche viziata da una serie di inesattezze e imprecisioni che impongono qualche replica: non fosse altro che per la riconosciuta autorevolezza dell’autore dell’articolo.

I PUNTI CONTROVERSI

   Per semplicità espositiva, riporto tra virgolette le affermazioni del prof. Giavazzi che ritengo prive di fondamento e a ciascuna associo la mia replica, scusandomi per la pedanteria.

1. “Nel 2006 il Governo si impegnò a cofinanziare l’opera nell’ambito delle celebrazioni per il 150° dell’Unità d’Italia con un contributo di circa 40 milioni”.
La realizzazione del Nuovo Palazzo del Cinema e dei Congressi venne dichiarata “grande evento”, insieme ad un’altra serie di opere, solo con l’emanazione del decreto del presidente del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2007 e il contributo dello Stato venne determinato in 20 milioni.

2. “Il comune di Venezia acquistò il vecchio ospedale del Lido sotto la regìa del commissario”. L’acquisto fu effettuato l’1 dicembre 2008 dal comune in perfetta solitudine e il commissario delegato non ha potuto svolgere alcuna regìa essendo stato nominato successivamente all’acquisto (con ordinanza del presidente del Consiglio n. 3746 del 12 marzo 2009).

3. “La gara per la  vendita dell’ospedale al mare fu indetta con tempi brevissimi, meno di tre mesi, in modo da rendere pressoché impossibile la partecipazione di grandi gruppi immobiliari esteri”.
La gara è stata preceduta da una sollecitazione di manifestazioni di interesse, pubblicata sui principali quotidiani nazionali, alla quale hanno dato risposta 11 soggetti, anche non nazionali.

4. “Del prezzo di vendita 32 milioni sarebbero andati alla Ulss”.
La somma destinata alla Ulss è pari al prezzo d’acquisto dell’Ospedale al mare da parte del comune: 27 milioni.

5. È un “errore procedurale che esista un commissario senza che vi sia nessun motivo di emergenza”.
Non si tratta di un errore procedurale. La dichiarazione di “grande evento” e la conseguente nomina del commissario sono intervenute nel pieno rispetto di una legge dello Stato, vigente allora come ora (comma 5, art. 5 bis, del decreto legge 7 settembre 2001 n. 343 convertito nella legge 9 novembre 2001 n. 401), che consente di fare l’una cosa e l’altra, in analogia a quanto accade per le emergenze di protezione civile.

6. È un “errore procedurale che al commissario vengono accordati pieni poteri su tutto il Lido”.
I poteri del commissario si riferiscono ai soli interventi che abbiano una connessione funzionale, ambientale, urbanistica o territoriale con il programma di riqualificazione dell’isola del Lido, oggetto dell’intesa tra Stato, Regione e Comune intervenuta nel 2007. La connessione è stabilita dalla Conferenza di servizi, alla quale partecipano tulle le amministrazioni pubbliche interessate.

7. È un “errore procedurale la distrazione di risorse Ulss per finalità non sanitarie”. Non c’è stata alcuna distrazione. Le risorse Ulss sono unicamente quelle costituite dai proventi derivanti dalla vendita dell’ex Ospedale al mare al comune (27 milioni) e la Ulss non potrà usarle altro che per i propri scopi istituzionali. Le restanti risorse costituiscono il risultato della mutata destinazione d’uso e della conseguente valorizzazione di un bene ora di proprietà del comune che ne potrà disporre unicamente per la realizzazione del Palazzo del Cinema.

8. “Il sindaco di Venezia si è sempre opposto”.
Tutte le decisioni sono state prese dalla Conferenza di servizi con il voto favorevole di tutte le amministrazioni pubbliche competenti, compreso il comune di Venezia.

9. “Non prima di aver speso 37 milioni si sono scoperti nel sottosuolo dell’area rifiuti in amianto”.
In realtà i rifiuti si sono scoperti prima di aver speso 37 milioni e anzi parte di questa somma (circa 17 milioni) è stata spesa proprio per rimuovere in sicurezza le terre di cantiere contenenti amianto. Le restanti somme sono state spese per il progetto originario.

10. “L’importo inizialmente previsto era di 100 milioni di euro”.
Il costo del progetto esecutivo generale approvato nel 2008 era pari a 136 milioni di euro (ovviamente senza considerare i maggiori costi derivanti dalla presenza dell’amianto). L’intervento commissariale, resosi necessario per l’indisponibilità dell’intera somma prevista, si è rivolto a ridurre il costo dell’opera a circa 100 milioni di euro, compresi 17 milioni per la rimozione dell’amianto, corrispondenti alle somme disponibili.

11. “Invece che un grande palazzo del cinema, verrà costruita una sala cinematografica”.
In realtà l’opera, già nella sua originaria configurazione, non era solo palazzo del cinema ma anche dei congressi, dove per congressi era da intendersi tutto ciò che sarebbe servito a dare all’opera una funzionalità correlata non solo alla mostra d’arte cinematografica ma anche a tutte quelle attività complementari anche per lo sviluppo del Lido che erano alla base dell’intesa di partenza tra lo Stato, la Regione e il Comune e che ora ci si propone di soddisfare in maniera ancora più decisa e proficua. Non sarà quindi una “sala cinematografica” ma un luogo capace di concorrere alla rivitalizzazione dell’intera area, a partire proprio dalla riqualificazione e dallo sviluppo della mostra d’arte cinematografica del Lido e di tutte le attività necessarie a farne un punto di riferimento mondiale di indiscutibile prestigio.

12. “La Sacaim, aggiudicataria dei lavori, ha chiesto al commissario un risarcimento di 50 milioni di euro”.
Dalla Sacaim non è mai pervenuta al commissario alcuna richiesta di risarcimento. Comunque, se mai dovesse pervenire una richiesta, chiedere non significa ottenere: e tra i due termini corre un mare di valutazioni che non mancheranno di essere svolte.

13. “La costruzione di due grandi torri nell’area della Favorita è stata abbandonata per ragioni aeroportuali”.
I vincoli aeroportuali non hanno mai riguardato l’area della Favorita, ma un’altra area del complesso ospedaliero e quest’area è stata venduta.

14. “Per l’acquisto del bel parco della Favorita il commissario ha fissato un prezzo, 20 milioni, che Est Capital ha ritenuto troppo elevato”.
“Il bel parco della Favorita” non è un parco ma un’area di verde spontaneo caratterizzato dalla presenza di strutture fatiscenti e non oggetto di pubblica fruizione. Per la sua vendita sono state espletate ben tre aste, andate tutte deserte per l’assenza di offerte. Una successiva sollecitazione di manifestazione d’interesse ha prodotto tre proposte (rispettivamente di 10 milioni, 8 milioni e 1 euro) ritenute inadeguate.

15. “Non si costruirà alcun Palazzo del Cinema”.
Non si costruirà quel Palazzo del Cinema, la cui realizzazione si è rivelata economicamente insostenibile (per effetto dell’incremento di costi per l’amianto e della mancata vendita dell’area della favorita: 37 milioni in totale). In luogo di quel Palazzo del Cinema se ne farà un altro che dovrà insieme soddisfare le esigenze della mostra del cinema e costituire elemento di forte e nuovo richiamo per il Lido.

16. “L’area dell’ospedale venduta è di circa 70mila metri quadrati”.
La superficie lorda di pavimento realizzabile è di 49mila metri quadrati. Giuste o sbagliate che siano sul piano metodologico, tutte le valutazioni costruite sulla base delle dimensioni dell’area risentono di un evidente ed oggettivo limite di fondo e sono quindi inappropriate.
Qui mi fermo, non senza porre io, a mia volta, un interrogativo finale: non era forse il caso di rivolgersi direttamente alla fonte per avere informazioni e dati sicuri, invece di fidarsi di qualche notizia di seconda mano e di ritenerla sufficiente per farsi e per esprimere un’opinione?

* Vincenzo Spaziante è funzionario alla Protezione Civile. È Commissario per la realizzazione del nuovo Palazzo del Cinema di Venezia.

 …

 LA RISPOSTA DELL’AUTORE AL COMMISSARIO GOVERNATIVO

di Francesco Giavazzi, 01.07.2011 – da www.lavoce.info

   Il bel parco della Favorita, come io lo ho definito, sarebbe invece, per il commissario Spaziante, “un’area fatiscente non oggetto di pubblica fruizione”. Mi sembra che questo basti a segnare la distanza fra le nostre visioni di un bene pubblico e della necessità di preservarlo. Le nostre opinioni sono tuttavia irrilevanti. Ciò che conta è quello che pensano i cittadini del Lido di questi 19mila metri quadri di verde pubblico, luogo purtroppo male utilizzato per feste e attività sportive che andrebbe invece riqualificato.
Tutte le decisioni sono state prese con il voto favorevole di tutte le amministrazioni competenti (…) compreso il comune di Venezia”. Forse ai tempi della giunta Cacciari: mi pare che il sindaco Giorgio Orsoni abbia un’opinione diversa sull’opportunità che i poteri del commissario siano tanto ampi: «Sono rimasto sbalordito dalla notizia dell’allargamento delle competenze del commissario anche sull’isola della Certosa (…) si continua in questo modo a percorrere una linea di delegittimazione dell’amministrazione comunale: questa operazione è esattamente il contrario di quello che penso debba essere fatto. Una buona gestione amministrativa del territorio non ha bisogno di commissari».

Il professor Giavazzi avrebbe fatto meglio a rivolgersi direttamente alla fonte per avere informazioni e dati sicuri, invece di fidarsi di qualche notizia di seconda mano”. Ritengo che i funzionari il cui compito specifico è amministrare i denari dei contribuenti debbano loro informare i cittadini del loro operato, e non siano i cittadini a dover chiedere.

Quanto alle “notizie di seconda mano:

– “Non vi è stata alcuna distrazione di fondi della Ulss”: che cosa dirà la Corte dei conti di un edificio venduto per 27 milioni e rivenduto pochi mesi dopo per 70, senza che vi sia stato nessun cambio sostanziale di destinazione d’uso?

– “La dichiarazione di grande evento e la conseguente nomina del commissario sono intervenute nel pieno rispetto di una legge dello Stato (…) che consente di fare l’una cosa e l’altra, in analogia a quanto accade per le emergenze di protezione civile”. Forse è anche peggio di un errore procedurale; come ha scritto la Corte dei conti nell’agosto scorso valutando l’operato dei Commissari preposti al sito di Pompei;

– il bando per la vendita dell’ospedale è stato pubblicato in novembre e la gara scadeva il 22 dicembre. Ma non è solo un problema di date: nella Conferenza dei servizi svoltasi il 31 dicembre 2010 il commissario informava i partecipanti che “la procedura di gara indetta per l’affidamento degli interventi in questione è andata deserta e che avendo egli avviato per le medesime finalità una procedura di carattere negoziale con EstCapital sgr, quest’ultima ha sottoposto un’offerta (…)”. L’offerta appunto che sarà accettata. Nella conferenza non si cita il volume edificabile. Il bando (disponibile sul sito del commissario – nonostante egli si cauteli con la nota “Sito in fase di allestimento”: evidentemente tale è la considerazione del dovere di informazione verso i cittadini che in tanti anni non si è trovato il tempo per allestire un sito che li informi) prevedeva la possibilità di chiedere due lotti. Nel primo la superficie lorda di pavimento edificabile è indicata in 65mila mq, la cifra da me indicata era 70mila, nel secondo in 49mila mq. Poiché l’assegnazione è avvenuta attraverso “una procedura di carattere negoziale” non è dato sapere quale cubatura sia stata concordata, o almeno questa informazione non esiste su quel sito “in allestimento”. Se i metri quadri negoziati fossero 50mila, anziché 70mila, l’utile atteso per EstCapital sarebbe dell’ordine di 150 milioni, sempre senza contare la darsena e i profitti delle imprese di costruzione azioniste di EstCapital: non mi sembra un cattivo affare;

– “la rimozione dell’amianto è costata (sino al momento in cui il progetto Palazzo del Cinema è stato abbandonato) 17 milioni”. Forse, se anziché a un commissario governativo si fossero affidate le opere a un cittadino del Lido, questi avrebbe saputo che i quel luogo trent’anni fa si interravano i tetti delle capanne dell’Excelsior piene di amianto. Sono stati spesi 37 milioni: 20 milioni per fare un buco, 17 per iniziare a bonificare un terreno di poche migliaia di metri quadri. Sono cifre ragionevoli?

– “Dalla Sacaim non è mai pervenuta al commissario alcuna richiesta di risarcimento”. Arriverà, come a scritto La Nuova Venezia il 4 giugno, in un articolo che la società non ha contestato: pare chiedano circa 50 milioni di euro: 20 come risarcimento danni, 17 di pagamenti residui come da contratto firmato, 15 come «costi e riserve» a seguito dei rallentamenti dei lavori. Certo, chiedere non significa ottenere, ma il bel risultato sarà un lungo contenzioso e la messa in difficoltà di una delle più solide imprese veneziane. (FRANCESCO GIAVAZZI)

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Lido di Venezia

Una risposta a "L’ENIGMA VENEZIA – tra TANTO CEMENTO (al LIDO, all’ombra della Mostra del Cinema) e nuove APERTURE ECONOMICHE VERSO ORIENTE (ma la portualità adriatica è ancora troppo debole)"

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