La geografia di una luogo, tra confini imposti, identità condivise e immaginazione collettiva: lo strano caso di Asiago, Rigoni Stern e il Quirinale

confini Monti del Cadore (da il Gazzettino)
confini Monti del Cadore (da il Gazzettino)

Chiediamo: Mario Rigoni Stern era (è) dell’Altopiano di Asiago, della provincia di Vicenza, veneto, italiano, europeo, cittadino del mondo? Un po’ tutto questo verrebbe da dire (per uno scrittore e i suoi racconti che entrano nell’immaginario personale e collettivo); fuorché (tra queste derivazioni) una cosa che sembra obsoleta: cioè della “provincia di Vicenza”. Se, tralasciando il “macro” e limitandoci al contesto geografico “micro”, dobbiamo proprio “decidere geograficamente” dove collocare la “persona Rigoni Stern”, viene da pensare di dire: “di Asiago” (e non certamente vicentino).       Pertanto a noi ci pare un po’ fuori luogo e, con tutto il rispetto, contestabile chi si è scandalizzato (politici vicentini e scrittori veneti e friulani, leggete gli articoli de “il gazzettino” che qui di seguito vi proponiamo) per il fatto che lo scorso anno, ricordando Mario Rigoni Stern appena scomparso, il presidente Napolitano aveva collocato la sua terra, l’Altopiano di Asiago, in Trentino. Dodici mesi dopo, cioè in questi giorni, sempre il Quirinale lo ha definito invece “figlio illustre della terra bellunese”. E giù i vicentini a protestare.          Francamente non è sicuro credere che la montagna si possa distinguere per i confini amministrativi delle provincie, e neanche forse per i confini regionali, dove ci si contende ancora la vetta della Marmolada tra Veneto e Trentino. E l’isolamento e la decadenza della montagna forse è un po’ colpa anche di chi, vivendoci e rappresentando in qualche modo “la classe dirigente” (politici ma anche scrittori famosi viventi e operanti) della montagna, forse si sofferma un po’ troppo su localismi e poca voglia di cambiare.        Facciamo un esempio? Nel bellunese (parliamo della provincia di Belluno e i suoi confini, e tanti suoi elementi identitari e luoghi sono in altre regioni -in Trentino, in Friuli- e provincie diverse -come Asiago appunto nel vicentino…-) nel bellunese dicevamo, terra di montagna che sta vivendo una crisi identitaria, culturale, economica… luogo marginale a servitù del turismo di pianura… con la crisi pure delle produzioni agricole, e dell’allevamento e della trasformazione in prodotti alimentari; oltreché di sistemi industriali specializzati e che la hanno fatta ricca nei decenni passati (come l’occhialeria), ebbene la realtà amministrativa di questa “provincia di montagna”, Belluno, è fatta di 69 realtà amministrative diverse (cioè comuni), su una popolazione totale per niente elevata (poco meno di 214.000 abitanti) e una superficie assai estesa, 3.678 km quadrati (la più estesa di tutte le provincie venete). Pertanto con una densità media di abitanti molto bassa (la più bassa del Veneto): 58 per Km2.         Ebbene, 69 comuni con una media di 3.100 abitanti ciascuno: un contesto del genere richiederebbe una riflessione e riforme concrete: a partire dalla gestione dei servizi alle persone, suddividendo il territorio in aree omogenee sia da un punto di vista amministrativo che politico. Potremmo individuare, anziché 69 comuni, non più di 7 “città”, cioè uniche realtà politico-amministrative (L’Alto e il Basso Cadore, l’Agordino, la Val Zoldana, il Bellunese, l’Alpago, il Feltrino).       E’ solo un esempio di nuova organizzazione della montagna, sulle “cose”, sui “fatti”, sulle “identità riconosciute e condivise”, dove la comunicazione del Bellunese con il vicentino dei sette comuni dell’Altopiano di Asiago, o con aree del Trentino e del Friuli, diverrebbe spontanea, in un unico progetto di rilancio e di autorevolezza della propria identità e del proprio progetto.       

«Rigoni Stern bellunese» in Veneto il Quirinale perde la bussola

(Sergio Frigo, da “il Gazzettino” del 18/6/2009) –   Ma a Roma sanno dove sono le nostre montagne? Lo scorso anno, ricordando Mario Rigoni Stern appena scomparso, il presidente Napolitano aveva collocato la sua terra, l’Altopiano, in Trentino. Dodici mesi dopo lo ha definito invece “figlio illustre della terra bellunese”. Siccome non c’è due senza tre, ci chiediamo dove la prossima volta gli estensori dei messaggi presidenziali collocheranno i Sette Comuni vicentini: in Cadore? In Carnia? In Alto Adige?  Certo chi fa sbaglia, ma per la sua perseveranza nell’errore il “ghost writer” del Quirinale meriterebbe quanto meno di essere obbligato a percorrere a piedi, con un grosso zaino, le alte vie tra Trento, Asiago e il Bellunese, per mandare a memoria i confini. Qui non c’è in ballo, infatti, solo uno sgarbo alla memoria di un grande della letteratura italiana: «Questi episodi solo la cartina di tornasole – come spiega lo scrittore di Erto Mauro Corona – della disinformazione che regna a Roma in merito alla montagna e alle zone periferiche dell’Italia. Capita anche a noi per il Vajont, che di volta in volta viene collocato in Trentino o in Sud Tirolo. Ma quando il Presidente parla, dovrebbe documentarsi meglio, o scegliersi meglio i collaboratori che gli scrivono i messaggi, perché a far brutta figura poi è lui».
Questo è tanto più grave, osserva lo scrittore e scultore di Erto, nei confronti di Mario Rigoni Stern, che era stato addirittura proposto per la carica di senatore a vita. «Non si trattava di un pincopallino qualsiasi, dunque, ma dell’interprete più autentico della cultura della montagna. Poi non stupiamoci se ha tanto successo il messaggio di Bossi contro il centralismo romano, che non conosce nemmeno il territorio che amministra. E ha ragione anche Sgorlon quando dice che gli scrittori del Nordest tendono ad essere penalizzati a livello nazionale».
Hanno qualche responsabilità i montanari, per la loro “invisibilità”?
«I montanari purtroppo hanno le mani monche e la lingua mozzata – risponde Corona – Sono assenti dai media e dai luoghi dove si decide. Ma ricordo una lezione di mio padre, quando ero bambino; un giorno mi portò davanti a un grande ghiaione e mi chiese dove erano i blocchi più grezzi e più grossi. Erano in fondo, perché in alto c’erano soprattutto sassolini sottili: “Così sono i montanari – commentò – Menti sottili, anche se si vedono poco”. Chi vive in montagna deve avere equilibrio, per stare in piedi sui pendii ripidi, e deve avere le radici ben piantate per terra, come i larici nei costoni».
Corona, che sta scrivendo un apologo di taglio fantascientifico su un mondo che si scopre improvvisamente privo di risorse energetiche, si dice anche convinto che «in un caso del genere i montanari riuscirebbero a salvarsi, perché sanno dove trovare le risorse in natura, ma non altrettanto si può dire dei cittadini. Per questo il vecchio Mario sosteneva che la montagna era la sentinella della città e della campagna. Peccato che nelle alte sfere lo ignorino».

Anche un altopianese doc come Diego Dalla Palma, grande conoscitore dei meccanismi mediatici, registra con dispiacere che la sua montagna è finita in un cono d’ombra. «Ma forse un po’ è anche colpa sua – spiega – perché dovrebbe confrontarsi di più con la pianura, e invece spesso è vittima della sua chiusura. Quand’ero piccolo un grande medico di Padova mandava per tre mesi i suoi figli nelle malghe di Enego, a vivere tra le ristrettezze e i disagi. Ma quando mi invitava ad andare per qualche settimana a Padova, nella loro casa, mia madre rispondeva sempre di no. Un’occasione perduta! La gente di città dovrebbe capire come si vive in montagna, e quella di montagna come si vive in città, ma ormai nel nostro paese c’è sempre meno curiosità reciproca. In Italia siamo incuriositi solo dal gossip, dalla Moric e da Belen. É tutto virtuale, la storia, la geografia, la realtà non interessano più a nessuno».
(Sergio Frigo)

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LA GEOGRAFIA VENETA E GLI SPIRITI REVISIONISTI

(di Bepi De Marzi, da “il Gazzettino”, 20 giugno 2009)

“Giacché al mondo siamo tutti paesani”. Termina così “Incontro in Polonia”, una delle narrazioni del secondo libro di Mario Rigoni Stern, “Il bosco degli urogalli”, del 1962. Che l’abbia mai letto, il presidente Napolitano? Forse. Anche le montagne dovrebbero essere “tutte paesane”, senza distinzioni di Province, di Regioni, di Stati. Si può concedere a Napolitano questo desiderio. Che non è solo uno svarione.

Di chi sarà la colpa del disfacimento del ghiacciaio della Marmolada? di Trento? di Belluno? E se fosse colpa anche degli americani e dei cinesi? “Giacché al mondo siamo tutti paesani”. A Pontida, domenica scorsa, i convenuti gridavano che la Padania non è Italia, indossando magliette con la scritta graziosamente in inglese. Così nei manifesti affissi in questi giorni a Verona per la curiosità dei sempre più rarefatti turisti. A Verona! dove si nega l’appartenenza del Veneto all’Italia; naturalmente in inglese. “Le contraddizioni sono la stordita felicità dei forsennati”, ha scritto il nostro Comisso.
Che Asiago sia considerata in provincia di Belluno, di Trento o di Vicenza, conta poco. Gli asiaghesi si considerano padovani per ragioni parrocchiali. Tempo fa, e questo ha fatto tanto soffrire Rigoni Stern, hanno inventato un inutile referendum “per passare al Trentino, avere più vantaggi economici e pagare meno tasse”, come ha scritto desolatamente proprio in quei giorni il grande narratore.

Lo svarione di Napolitano dimostra che in quelle “rarefatte stanze” non si ha tanto tempo per leggere e meditare, e che magari il consigliere dei discorsi ufficiali ha consultato qualche testo revisionista preso dalla riforma scolastica. Ma quando, tra non molto, distrutta la Costituzione, ci sarà il nuovo inquilino con poteri certamente più allargati, quello che parlando di Roma ha ricordato “Romolo e Remolo”, negli immensi saloni, nei cortili e nelle logge ci saranno cantastorie e saltimbanchi e baiadere coordinati dai cortigiani. La statura dei corazzieri verrà abbassata per non turbare il sultano.

Negli anniversari, più nessuno ricorderà Mario Rigoni Stern, nemmeno confondendo l’appartenenza delle montagne. Asiago, dove si parlava il cimbro, verrà finalmente annessa alla Danimarca e tornerà a chiamarsi Sleghe. E non saremo più “tutti paesani”.

Altopiano di Asiago
Altopiano di Asiago

6 risposte a "La geografia di una luogo, tra confini imposti, identità condivise e immaginazione collettiva: lo strano caso di Asiago, Rigoni Stern e il Quirinale"

  1. paolomonegato martedì 23 giugno 2009 / 10:25

    Non sono d’accordo. Scandalizzarsi è più che giusto! Come dice giustamente Mauro Corona si tratta dell’ennesima dimostrazione di disinteresse per le zone periferiche.
    Probabilmente se Napolitano avesse detto “figlio illustre della terra vicentina” non ci sarebbero stati articoli di giornale… Ma questa definizione, anche se corretta dal punto di vista amministrativo, sarebbe comunque scandalosa. Rigoni Stern era da Asiago (Slege).

  2. Luca Piccin mercoledì 24 giugno 2009 / 12:58

    Fare anziché votare!
    Chi vuole essere sottomesso a sultani che si’interessano di culi e tette anziché dei montanari?

    Non certo io!
    Andiamo a vedere il documentario di Paolo Paganin…
    Firmate l’appello per il Monte Pizzoc (o almeno leggete di che si tratta)…
    Impediamo la svendita delle Dolomiti!!!
    http://www.carta.org/campagne/ambiente/17863

    • paolomonegato lunedì 29 giugno 2009 / 11:40

      Secondo te i sultani precedenti si interessavano di montagna?
      E il tuo attuale sultano (Sarkozy) se ne occupa?

      Il futuro della montagna deve essere deciso dai montanari. Serve il federalismo, quello vero (vedi “Del principio federativo“, P. J. Proudhon 1863), e una costante applicazione del principio di sussidiarietà…

  3. Luca Piccin lunedì 29 giugno 2009 / 19:22

    Ma certo che i sultani precedenti se ne infischiavano della montagna!
    Anche se a titolo esemplificativo è le recente ondata neoliberale che ha portato alla chiusura di strutture essenziali come l’ospedale di Auronzo di Cadore; ora le genti di Comelico e Cadore devono scendere fino a Belluno…
    Per quel che riguarda il “mio” sultano nano, sembra che impari tutto dal “nostro” porno nano; qualcuno li ha pure visti di recente ridacchiare mentre stringevano accordi per la fornitura di 4 reattori nucleari. Che ne è del referendum che ha detto no a questa discutibile fonte di energia?
    Lui non frequenta le minorenni, in compenso mostra un certo buongusto scegliendo donne nostrane!
    Per quel che rigurda la montagna, la situazione non è migliore che da noi, ma sembra che il meglio verrà con i prossimi anni del mandato…
    Per quel che mi riguarda, occupandomi di agricultura e vivendo in città cerco di avvicinare il borgo al contado. Cerco anche di interessarmi alla vita del quartiere, ma la distanza con le istituzioni è abissale.
    Resto sempre in contatto con voi e posso affermare che tutto quello che viene discusso e/o fatto è un passo avanti verso una presa di coscienza della realtà che ci circonda, senza la quale nessuna iniziativa concreta sarà attuabile.

  4. Paolo Paganin martedì 30 giugno 2009 / 9:00

    Non c’è da soprpendersi se ancora una volta la cultura del “centro” si dimostra insensibile nei riguardi della “sotto-cultura” della montagna (anche se sarebbe più appropiato parlare di “sopra-cultura”, evidentemente…).

    E’ sempre stato così: la cultura della montagna rimarrà sempre una cultura di serei B, l’espressione della disomogeneità delle trame che caratterizza ogni forma di localismo… In opposizione all’omogeneità del centro per l’appunto.

    La disinformazione del Presidente Napolitano (che comunque non giustifico) è sì, sinonimo di disinteresse e di un superficiale generalismo, come sostiene Corona, ma lo è perché ad opporsi sono due modelli di esistenza sociale, e territoriale, completamente differenti e incompatibili:

    da una parte, l’orrizontalità del piano, la città, e la democrazia delle regole universali (espressioni degli interessi del centro), dall’altra, la veriticalità del villaggio (il pagus), e la democrazia della tradizione storica su base consuetudinaria.

    Non c’é quindi da sorprendersi neanche sulla questione del referendum “TRENTINO SI’ O NO?”… Un asiaghese potrà sì, essersi affezionato all’idea di una appartenenza amministrativa storica, vicentina e italiana, ma dovrebbe restare prima di tutto un altopianese: l’abitante della sua Montagna (nome proprio)… Il più possibile autonomo…

    • paolomonegato mercoledì 1 luglio 2009 / 22:11

      Ringrazio Paolo per il suo interessante intervento che ci riporta ad una discussione più consona al nostro blog (io e Luca stavamo partendo per la tangente…). Concordo con la tua analisi.

      Per quanto riguarda il referendum per il passaggio al Trentino non ho mai compreso la posizione assunta da Rigoni Stern (e qui ribadita da De Marzi). Nella sua storia la Federazione dei Sette Comuni (la più antica federazione europea, dopo la Svizzera) ha sempre deciso autonomamente l’entità amministrativa con cui allearsi (mantenendo sempre una certa autonomia): dagli Ezzelini alla Serenissima, passando per Scaligeri e Visconti. In quest’ottica un referendum per passare con una regione a statuto speciale mi sembra più che ovvio.

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