Venezia e “VENICELAND”: trasformare L’ISOLA DI SAN BIAGIO da DISCARICA a POLO DI CULTURA E DIVERTIMENTO – Come uscire dal degrado e i soldi che mancano: i progetti per Venezia diventano occasione di dibattito per capire come potrà essere il futuro di questa città “unica” al mondo

L'ISOLO DI SAN BIAGIO DALL'ALTO (fonte ditta Zamperla, da il Corriiere del Veneto) - L’ISOLA DI SAN BIAGIO è una SACCA CREATA ARTIFICIALMENTE, IN LAGUNA, AMPIA 40MILA METRI QUADRATI, PER ANNI ADIBITA A DISCARICA. Qui l'azienda vicentina Zamperla (creatrice di parchi giochi in tutto l mondo) è pronta a investire oltre 80 milioni di euro: IL PROGETTO PREVEDE UN PARCO DIVERTIMENTI (con la solita ruota), MA ANCHE UNA CINTURA FATTA DI PASSEGGIATE, E DIVERSE AREE TEMATICHE SU TUTTI GLI ASPETTI DI VENEZIA (ambientali e storici), progettate con la collaborazione dell'università Ca' Foscari - CLICCARE SULL'IMMAGINE PER INGRANDIRLA
L’ISOLO DI SAN BIAGIO DALL’ALTO (fonte ditta Zamperla, da il Corriiere del Veneto) – L’ISOLA DI SAN BIAGIO è una SACCA CREATA ARTIFICIALMENTE, IN LAGUNA, AMPIA 40MILA METRI QUADRATI, PER ANNI ADIBITA A DISCARICA. Qui l’azienda vicentina Zamperla (creatrice di parchi giochi in tutto l mondo) è pronta a investire oltre 80 milioni di euro: IL PROGETTO PREVEDE UN PARCO DIVERTIMENTI (con la solita ruota), MA ANCHE UNA CINTURA FATTA DI PASSEGGIATE, E DIVERSE AREE TEMATICHE SU TUTTI GLI ASPETTI DI VENEZIA (ambientali e storici), progettate con la collaborazione dell’università Ca’ Foscari – CLICCARE SULL’IMMAGINE PER INGRANDIRLA

   La proposta di un luogo di divertimento e cultura da farsi all’Isola di San Biagio nella Laguna veneziana, proposta fatta da un gruppo imprenditoriale vicentino, che si sta concretizzando (c’è già la concessione alla società dal Demanio, proprietario dell’isola) divide ancora una volta la città, i veneziani, ma anche tutti quelli che non possono non amare Venezia.

   C’è questa proposta di costruire un polo del divertimento, fatta da un imprenditore di valore (Alberto Zamperla di Villaverla nel vicentino: costruttore di giostre e parchi giochi in tutto il mondo); un polo di divertimento in un’isola artificiale tra il porto turistico della Marittima e il canale della Giudecca. L’isola si chiama appunto Sacca San Biagio, ed è qui che un tempo i veneziani ci portavano i rifiuti (una vera e propria discarica), ed ora è effettivamente abbandonata, avrebbe realmente bisogno di un intervento di recupero, e dei soldi che necessariamente servono.

RENDERING DEL PROGETTO ISOLA DI SAN BIAGIO - Fonte Ditta Zamperla - da "Il Corriere del Veneto"
RENDERING DEL PROGETTO ISOLA DI SAN BIAGIO – Fonte Ditta Zamperla – da “Il Corriere del Veneto”

   E qui viene in mente il progetto dello scorso anno del “Palais Lumière” di Pierre Cardin a Marghera, decaduto, scioltosi, chi dice per l’opposizione del “partito del no” (che a nostro avviso non esiste) ma più semplicemente perché il progetto non si reggeva in piedi (tra operazione immobiliare e commerciale che voleva essere), in un momento in cui tanti altri troppi progetti (approvati), a pochi chilometri di distanza dovrebbero sorgere (il Quadrante di Tessera, Veneto City…). Viene in mente il Palais Lumiere perché la proposta ora fatta per l’isola di San Biagio (non solo divertimentificio con giostre e cose simili: i proponenti ribadiscono che non sarà solo questo, ma anche una rivisitazione culturale moderna, innovativa nell’esposizione, per tutti, piacevole, della storia di Venezia, del Carnevale, degli ambienti lagunari…), questa nuova operazione proposta sembra avere le gambe più solide, maggiore convinzione, di quella che si voleva fare con il grattacielo di Pierre Cardin a Marghera.

sulla sinistra la SACCA DI SAN BIAGIO (da Wikipedia)
sulla sinistra la SACCA DI SAN BIAGIO (da Wikipedia)

   L’isola di San Biagio è una sacca creata artificial- mente in laguna, ampia 40mila metri quadrati, rimasta di fatto discarica abbandonata; e la ditta Zamperla si impegna ad investire 80 milioni di euro. Il progetto prevede una cintura fatta di passeggiate, con diverse aree tematiche, anche con la collaborazione dell’università Ca’ Foscari. Non solo giostre e divertimentificio puro e semplice allora: tra i vari temi progettati ci dovrà essere la riproduzione dell’ambiente delle barene, con la sua vegetazione e i tipici casoni. Poi si tratterà della storia di Venezia dagli inizio alla sua fine come repubblica marinara indipendente, sempre con strumenti e metodi nuovi per far avvicinare il “grande pubblico” alla storia secolare della città. Ci sarà anche un’area riservata ai fasti del Carnevale, e ampio spazio a fini ludici e didattici è stato pensato per i bambini e i gruppi di scolaresche, che potranno prendere confidenza anche con mini pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Nel piano si dice “un progetto ad alta tecnologia, fra realtà aumentata e soluzioni innovative, ma sostenibile e che nasce rispettando le norme urbanistiche e i vincoli esistenti”.

   Pertanto è una cosa seria che si avvicina ai modi nuovi, innovativi, di rappresentazione di una città, di un ambiente, che stanno sperimentando musei e luoghi di attrazione di tutto il mondo. MUSEI APPUNTO. Da un lato non resta che il riconoscere il valore della proposta, dall’altro il ribadire che ambiente, architettura straordinari di una città come Venezia non avrebbero bisogno di trasposizioni mediatiche: la laguna unica al mondo, ogni elemento architettonico, micro e macro, le pietre, i legni, i palazzi, le calli, i rii… sono lì “reali”, da guardare, ammirare, studiare, toccare con mano, interpretare, forse senza alcun bisogno di rappresentazioni virtuali. Almeno così si vorrebbe, si vuole…

   E’ mai possibile allora che VENEZIA IMITI SÈ STESSA? …come accade in centinaia di luoghi e città del mondo dove ci sono grandi e piccole imitazioni di questa incredibile città..? …che il turista necessiti di qualcuno che faccia a lui vedere quello che lo stesso turista è in contato “fisico”, visivo, in quel momento, a pochi metri da Sacca San Biagio?  … Nel pensare globale, del turista che arriva da ogni dove, forse c’è bisogno di queste rappresentazione, forse no (come noi vorremmo)…

RENDERING DEL PROGETTO ISOLA DI SAN BIAGIO . Fonte Ditta Zamperla - da "Il Corriere del Veneto"
RENDERING DEL PROGETTO ISOLA DI SAN BIAGIO . Fonte Ditta Zamperla – da “Il Corriere del Veneto”

   Sta di fatto che il dibattito sulla proposta di un centro di divertimento ma anche di rappresentazione multimediale di Venezia diventa una scelta urbanistica strategica, nella quale accettare o non accettare forme di modernità che in altre parti del mondo non si pongono nemmeno il pensiero di porsi il problema se farle o no (andate a Parigi a vedere la magnifica “Defense”, ed è difficile dire che è “slegata” al senso della città…..).

…E se è vero che Sacca San Biagio “divertimentificio” “rischia” di attrarre nuovi turisti a Venezia (che ne ha fin troppi, e non riesce a produrre economie, idee, aspetti di vita oltre a quello turistico) è pur vero che Venezia così com’è ha già purtroppo le caratteristiche del museo, della “città spenta” a forme di vita altre, superiori a quella eminentemente turistica (nel paragone Parigi, ultra-turistica, dimostra di vivere l’economia, i trasporti cittadini, la politica, la cultura oltre la presenza o meno dei forestieri…).

   Pertanto il recupero ambientale di Sacca San Biagio con questo progetto, diventa una decisione “seria” e importante per tutti quelli che hanno dei dubbi (come noi) sulla bontà del progetto, ma anche per quelli che, con senso pratico, ne vedono solo gli aspetti positivi immediati (il recupero di un’isola, soldi che arrivano, posti di lavoro…). (s.m.)

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QUANDO IL FINTO INSIDIA IL VERO

di CLAUDIA FORNASIER, da “il Corriere del Veneto” del 31/10/2013

– Venezia e l’incubo di diventare la Disneyland della laguna –

   Sull’isola del divertimento, proposta dal re delle giostre Zamperla, si specchia l’incubo trentennale di Venezia: diventare la Disneyland della laguna, con pochi abitanti-comparse (nel video del progetto si vedono camminare tra le barene con le ceste al collo) e 23 milioni di turisti l’anno che pagano il biglietto per entrare a visitarla.

   Difficile non evocarlo davanti al progetto delle barene «finte» e dei casoni ricostruiti dove i visitatori potranno navigare su barchette elettriche, quando le barene e i casoni veri sono a meno di un chilometro da Sacca San Biagio e inseriti in tutti i progetti del Parco regionale della laguna.

   E difficile non pensarlo vedendo il trenino su cui saliranno i turisti per vedere la storia di Venezia, quando quella storia si può «toccare» a Palazzo Ducale, 200 metri in linea d’aria da Sacca San Biagio. I parchi divertimento ci sono in tutto il mondo e il recupero di un’isola abbandonata e inquinata è troppo importante per non essere valutato.

   Ma un luna park che riproduce Venezia dentro Venezia, per attirare altri 11 mila turisti al giorno, con le crociere che sfilano davanti e sfidano in altezza la ruota panoramica, ha il sapore della resa rispetto a decenni di dibattito sul futuro sostenibile della città. Il primo commento sul progetto dell’isola dei divertimenti è stato quello, via twitter, di Nicoletta Zago, la pasionaria dei chimici della Vinyls, azienda fallita di Marghera.

   «Vorrà dire che da chimici diventeremo comici, basta che si lavori no?». Come darle torto. Non a caso il re delle giostre ha parlato di 500 posti. Come Cardin parlava di 10 mila posti con il Palais Lumière. Il problema sta tutto qui: la mancanza di progetti alternativi (e complementari) al turismo che producano lavoro, che convincano a restare a vivere in città le migliaia di persone che ci arrivano per studio, ricerca, cultura, attività provvisorie e che ne attirino altri. E non per venire al doppio luna park di Venezia, quello vero e quello finto. (Claudia Formasier)

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VENEZIA, L’ISOLA DI SAN BIAGIO DA DISCARICA A POLO DI CULTURA E DIVERTIMENTO

di Barbara Ganz, da “il Sole 24ore” del 30/10/2013

   Non sarà Venezialand. Il progetto del polo culturale e ricreativo che Zamperla – multinazionale vicentina che ha firmato tra l’altro il rinnovo di Gorky park, a Mosca, nel 2009 e la riqualificazione dell’area della centrale nucleare dismessa di Kalkar, in Germania – intende realizzare nell’isola veneziana di San Biagio è stato svelato nei dettagli, con tanto di animazioni delle attività previste.

   A iniziare dal recupero ambientale, premessa di ogni possibilità di riutilizzo della sacca creata artificialmente, in laguna, ampia 40mila metri quadrati, per anni adibita a discarica. Qui l’azienda è pronta a investire oltre 80 milioni: il progetto prevede una cintura fatta di passeggiata e zattere a disposizione della città, e diverse aree tematiche, progettate con la collaborazione dell’università Ca’ Foscari.

   La prima riprodurrà l’ambiente delle barene, con la sua vegetazione e i tipici casoni, «nel rispetto della varietà di questo ecosistema» spiega Patrizia Torricelli, biologa marina. Lo spazio adibito alla storia della Serenissima vedrà fra l’altro una dettagliata ricostruzione degli eventi più significativi – dal crollo del campanile di Piazza San Marco ai numerosi incendi – fino alla battaglia di Lepanto, alla quale sembrerà di assistere davanti a maxischermi larghi sette metri mentre si sta seduti su poltrone che si muovono a seconda della scena. Una Venezia «credibile e affidabile dal punto di vista storico, che non asseconda i tanti stereotipi su questa città», assicura Sauro Gelichi, archeologo dell’ateneo.

   Ci sarà anche un’area riservata ai fasti del Carnevale, e ampio spazio a fini ludici e didattici è stato pensato per i bambini e i gruppi di scolaresche, che potranno prendere confidenza anche con mini pale eoliche e pannelli fotovoltaici. Un progetto ad alta tecnologia, fra realtà aumentata e soluzioni innovative, ma sostenibile e che nasce rispettando le norme urbanistiche e i vincoli esistenti.

   La società ha avuto la concessione dal Demanio, proprietario dell’isola, per quattro anni: il tempo necessario a completare le analisi sui terreni e sull’inquinamento pregresso, fare i necessari passaggi con le istituzioni e avviare i lavori, per i quali serviranno due anni. A regime l’isola multimediale potrebbe dare occupazione a 500 addetti diretti (più l’indotto): fra loro potrebbero trovare spazio anche i laureati in discipline umanistiche di Ca’ Foscari.
Il modello al quale guarda San Biagio è quello dei giardini di Tivoli, a Copenhagen: «Uno spazio a disposizione dei cittadini, oltre che dei turisti, ma che a nessuno verrebbe in mente di definire Luna Park – sottolinea il rettore di Ca’ Foscari Carlo Carraro – L’università ha messo a disposizione dell’azienda le competenze che possiede perché i contenuti ambientali e storici fossero garantiti».

   E le giostre che hanno reso Zamperla un colosso che esporta il 95% del proprio fatturato? «Le attrazioni ci saranno, perché se avessimo in mente di creare un museo l’operazione non sarebbe economicamente sostenibile – spiega Alberto Zamperla – Nemmeno il Louvre può vivere senza contributi pubblici. Detto questo, la nostra priorità è la massima attenzione alla città, ai suoi bisogni. Non ci saranno vaporetto congestionati o problemi nella gestione dei flussi. In questo senso non c’è paragone con il Palais Lumiere che avrebbe dovuto nascere a Marghera: quella era una pura operazione immobiliare, noi vogliamo ripulire e restituire a Venezia un’area risanata, inutilizzata da anni, che possa dialogare con le altre istituzioni e anche essere una vetrina delle eccellenze del Veneto».

RENDERING DEL PROGETTO DELL'ISOA DI SAN BIAGIO - fonte Ditta Zamperla - da "il Corriere del Veneto"
RENDERING DEL PROGETTO DELL’ISOA DI SAN BIAGIO – fonte Ditta Zamperla – da “il Corriere del Veneto”

per visualizzare il progetto:

http://www.lastampa.it/2013/10/30/multimedia/italia/ecco-come-sar-la-coney-island-di-venezia-iZGYHiVO7RZHDEpe6N1NfP/pagina.html

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SE A VENEZIA ARRIVA IL RE DELLE GIOSTRE

di Luciano Ferraro, dal blog http://divini.corriere.it/, 30/10/2013

   Nella Venezia che non riesce ad allontanare dal suo cuore le grandi navi, sta per nascere un parco dei divertimenti per turisti. Il progetto è stato presentato oggi (come scrive il Corriere del Veneto). Da decenni si discute se la città serenissima dai vaporetti strapieni e dalle case deserte (58.606 abitanti nell’ultima rilevazione disponibile), sia ormai ridotta a un parco dei divertimenti disneyano per turisti.

   L’economista Francesco Giavazzi ha lanciato per due volte una provocazione dalle colonne del Corriere: affidiamo la città alla Disney Corporation per 30 anni, in modo da garantire una gestione oculata e la salvaguardia a beneficio dei visitatori.

   La provocazione comincia a diventare realtà: l’uomo che fornisce le mega giostre per i parchi Disney costruirà un polo del divertimento proprio dove sfilano le grandi navi, in un’isola artificiale tra il porto turistico della Marittima e il canale della Giudecca. L’isola si chiama Sacca San Biagio, un tempo i veneziani ci portavano i rifiuti. Una discarica, insomma. L’imprenditore si chiama Alberto Zamperla, è il vice presidente di Finmeccanica. L’azienda che ha sedi da Vicenza alla Cina porta il suo nome. Lo chiamano il re delle giostre. L’ultimo colpo grosso è di tre anni fa, la vincita dell’appalto per gestire Coney Island, il luna park di New York che compare in mille film.

   Nell’isola di San Biagio Zamperla vuole costruire, come ha reso noto il Sole 24 ore di oggi, un parco dei divertimenti da 80 milioni di euro, basato sulle storia di Venezia. Prevede una capienza di 11mila visitatori al giorno. Un’onda umana per la Giudecca e per il già stressato sistema del trasporto pubblico lagunare. Tra i dati positivi, l’annuncio di 500 nuovi posti di lavoro. Tempo di realizzazione, 2 anni.

   Un parco tematico che non avrà l’impatto sul paesaggio di un’altra grande opera progettata ma finita in un cassetto, come il Palais Lumiere di Pierre Cardin che doveva svettare su Venezia da Porto Marghera. Ma il grande investimento di Zamperla farà comunque crescere il numero dei turisti che ogni giorno arrivano a Venezia (ora sono 63mila, circa 23 milioni l’anno). Sarebbe utile che la città (e non solo, tutta l’Italia) si interrogasse sul futuro di Venezia: è davvero quello di aumentare ancora e senza limite i flussi turistici? E’ senza speranze l’idea cacciariana di un centro storico che diventi crocevia di idee e di merci e non solo di persone?

   Di  sicuro l’isola di San Biagio sembra distantissima da altre due isole come Mazzorbo e Sant’Erasmo, dove due imprenditori (Gianluca Bisol e Michel Thoulouze, il fondatore della pay tv in Europa)  hanno investito i loro soldi in progetti di rinascita dell’agricoltura locale, recuperando gli antichi vitigni della laguna. Un modello di sviluppo diverso, certamente più sostenibile. (Luciano Ferraro)

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31 Ottobre 2013

SAN BIAGIO: NO AL LUNA PARK, SÌ AL FONTEGO DI VENEZIA

di Giorgio Malavasi

   Basta non chiamarlo parco divertimenti. Basta alzare un po’ l’asticella e farlo assomigliare un po’ di più a un giocoso Fontego della Conoscenza di Venezia.
Non mi strapperei i capelli se l’isola di San Biagio, oggi in abbandono, diventasse il luogo in cui si fa un piacevole assaggio di che cos’è Venezia. Un “magazzino” – un Fontego, cioè – in cui sono raccolte le informazioni sulla città, da fruire in forma di esperienza gradevole. Si cambia il nome, che suona meglio, e si può migliorare anche la sostanza.
D’altronde, si impara giocando, divertendosi. E anche la conoscenza di Venezia diventa migliore se ci si diverte, se la curiosità è stimolata dal piacere che nasce dal gioco.
Semmai, si potrebbe discutere dei contenuti di questo Fontego. La battaglia di Lepanto sa un po’ di stereotipo della Serenissima storia. Forse si potrebbe giocare un po’ di più su archeologia e ambiente, ma anche sulla recente storia industriale.
Con la realtà virtuale e i videogiochi non si potrebbe vivere un giorno da marinaio in una galea o al Molino Stucky o ancora alle Conterie a lavorare vetri e perle? Si potrebbe anche manovrare virtualmente il Mose e salvare Venezia dall’acqua alta. O magari ripopolare la città…
Insomma, è apprezzabile che un imprenditore proponga di investire 80 milioni di euro e creare un tot di posti di lavoro. Ed è apprezzabile che un’isola possa risorgere dal nulla che è oggi.
Il paletto, crediamo, va posto sulla qualità dell’offerta: deve divertire, ma anche aggiungere conoscenza e passione per la città.

Giorgio Malavasi – Tratto da GENTE VENETA, n.41/2013

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IL PROGETTO

ISOLA LUNA PARK, VENEZIA DIVISA

– Zaia: «Aspettiamo i soliti Nobel» – E Zamperla: «Serve un sindaco coraggioso come Bloomberg» –

di Alice D’Este, da “il Corriere del Veneto” del 1/11/2013

VENEZIA – «È un’idea innovativa, degna di valutazione. Quella, va ricordato, è un’area degradata che aspetta di essere bonificata da tempo. Non è certo un paradiso naturalistico. Per tutti i veneziani si chiama “Isola dee scoasse”. Avendo visto l’epilogo della torre di Cardin, sono più che altro curioso di vedere quanti premi Nobel nei prossimi giorni costituiranno associazioni e comitati per fermare tutto. Perché la ruota panoramica di Parigi, ma anche costruzioni come la Torre Eiffel e il Louvre temo che qui non si faranno mai a causa delle solite forze che scendono in campo contro qualunque cosa».

   Alla fine il marchio ce l’ha messo. Ma solo ieri, in tarda serata. Il Presidente della Regione Veneto Luca Zaia ha fatto arrivare il suo sì ufficiale al progetto di Zamperla. Il parco dell’Isola di San Biagio, che aveva incassato nel giorno della presentazione il sì dell’università di Ca’ Foscari e dell’assessore al lavoro della Regione Veneto, Elena Donazzan, e un dubbioso «vedremo» dal sindaco di Venezia, Giorgio Orsoni, giovedì ha riacceso il dibattito.

La città è divisa, tra associazioni, comitati e albergatori dell’Ava a favore del progetto.

   «Alle scolaresche, in futuro, cosa si offrirà? Una Venezia migliore di quella vera, più comoda, più divertente. Perché andare a vedere le ultime barene a pochi chilometri di distanza, in via di scomparsa per erosione che nessuno frena, o inseguire le tracce di Lepanto a Santa Maria Formosa, a San Iseppo, o a Palazzo Ducale?» ironizza Lidia Fersuoch di Italia Nostra.

   «Il recupero di un’isola non può che far piacere – dice invece Claudio Scarpa, direttore dell’Ava di Venezia – dipenderà ovviamente dalla qualità dell’opera. Se servirà a far capire di più Venezia l’apprezzeremo».

   Ieri ad aspettare un segnale dalla politica era lo stesso Alberto Zamperla, presidente della «Antonio Zamperla spa». «I nostri politici non hanno il coraggio dei loro predecessori – aveva detto nel pomeriggio – per far funzionare le cose in città ci vuole coraggio. Lo stesso che ha avuto Bloomberg per Coney Island. Anche lì alcuni cittadini non erano d’accordo, ma lui ci credeva ed è andato avanti lo stesso. Sappiamo bene che Venezia è un negozio di cristalli in cui muoversi con attenzione. Ma vorrei far presente a tutti i cittadini che costruiremo in un’area attualmente non usata…».

E, a proposito di adattarsi, una chicca. Che riguarda l’oggetto del contendere al centro del mirino: la ruota panoramica.

   «Capiamoci, il progetto culturale da solo non era sostenibile – spiega Zamperla – se non ci fossero state le attrazioni, che sono comunque una sola parte di tutto il parco, non sarebbe stato un progetto sostenibile economicamente. È per quello che, accanto alla ruota, che per noi ha una valenza anche di significato, abbiamo chiesto all’università di affiancarci per le competenze tecniche».

   Intanto, per mitigare l’impatto, la ruota sarà in vernici cangianti. «Cambiano colore a seconda del cielo – dice Zamperla – si vedrà poco». Nelle «gondole» – si chiamano così le navicelle sospese – verrà proiettato un video che racconterà sui monitor l’espansione di Venezia in 20 minuti. Da definire, nei prossimi mesi rimane un po’ tutto. Per Zamperla, innanzitutto, la portata delle bonifiche: «Faremo quello che c’è da fare, per noi la sicurezza viene prima di tutto».

   Ora rimane da capire quali saranno i tempi degli iter burocratici. Per l’azienda la proposta «scade» tra due anni. «Se non andrà bene amici come prima – dice Zamperla – volevo trovare un modo per far conoscere la storia di Venezia e della Serenissima nel mondo. Se ne sa così poco. Se diranno di no? Continueremo con i nostri progetti». (Alice D’Este)

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LA STORIA DI VENEZIA RIVIVE A SAN BIAGIO

di Barbara Ganz, da “il Sole 24ore” del 31/10/2013

VENEZIA – Hanno pensato a tutto: la valutazione dei flussi turistici – oltre 24 milioni di persone all’anno arrivano a Venezia – che non aumenteranno, ma si limiteranno a redistribuirsi rendendo zone centrali come piazza San Marco meno congestionate; i trasporti, in collaborazione con la municipalizzata ma senza intasare le linee di vaporetti già esistenti; i contenuti delle aree tematiche dedicate alla storia della Serenissima e all’ambiente, della cui serietà si fanno garanti archeologi e biologi dell’università Ca’ Foscari.

   Se si farà, il progetto pensato per l’isola di San Biagio da Zamperla – multinazionale vicentina che ha firmato fra l’altro il rinnovo di Gorky park, a Mosca, nel 2009 e la riqualificazione della centrale nucleare dismessa di Kalkar, in Germania, con tanto di montagne innevate riprodotte sulle pareti del reattore – sarà condiviso con la città.

   I contenuti sono stati svelati ieri, nella sede dell’ateneo veneziano: una cintura esterna fatta di passeggiate e spazi per l’incontro, di libero accesso; aree tematiche dedicate all’ambiente della laguna, nella quale si potrà letteralmente immergersi, e alla storia della Serenissima, con una riproduzione della battaglia di Lepanto storicamente documentata. Le giostre, quelle che hanno reso famosa l’azienda di Villaverla, ci saranno, «perché realizzare un museo non sarebbe un’operazione economicamente sostenibile: nemmeno il Louvre si regge senza contributi pubblici.  Le risorse legate al divertimento sono quelle che consentono di progettare spazi per la cultura, per i bambini e le scolaresche, il grande teatro indipendente che potrà essere a disposizione di eventi organizzati da altri soggetti come il Comune o la Biennale», spiega Antonio Zamperla, presidente della Spa.

   Rimane quel “se” sottinteso: «Arriviamo in punta dei piedi, cerchiamo la sintonia con la città, ne conosciamo la fragilità. Perché Venezia? Perché dobbiamo essere orgogliosi della nostra storia, qui è nata anche l’industria veneta», sottolinea Zamperla.

   La concessione con il demanio dura quattro anni, periodo in cui si dovrà capire l’importo esatto delle bonifiche necessarie – interamente a carico dell’azienda – su un’area di 40mila metri quadri che in passato ospitava l’inceneritore e dove ancora si svolge lo smistamento delle immondizie, e procedere poi alla realizzazione dell’opera. Prelievi e carotaggi sono in corso, e richiederanno qualche mese. Poi potrà iniziare l’iter amministrativo: il Comune è già stato informato, la Sovrintendenza ha dato le prime indicazioni, con la richiesta di progettare gli spazi sul modello di quelli della Venezia produttiva, dall’Arsenale ai Magazzini del sale. Per la realizzazione i tempi non dovrebbero superare i due anni. Ottenuto il via libera, si potrà ragionare sulla durata della concessione.
«Il progetto nasce rispettando gli strumenti urbanistici già in vigore, il Prg e il Pat (piano d’assetto del territorio, ndr) – spiega l’architetto Lorella Bressanello – sia per quanto riguarda le funzioni che le volumetrie. Con la massima attenzione alla vivibilità della città, ma anche al suo coinvolgimento».

   Il modello citato – i giardini Tivoli di Copenhagen – sono un esempio di inclusione nel centro urbano di una struttura capace di richiamare turisti, ma vissuta anche dai residenti. Qualcosa che nessuno definirebbe un “luna park”. Eppure le polemiche dei prossimi giorni sono date quasi per scontate: troppo sentito, anche negli anni passati, il rischio di una Venezialand che svuotasse il centro storico di ogni storia.

   «Qui il punto di partenza è un’area degradata e inutilizzabile per i veneziani» osserva Zamperla, che respinge ogni paragone con il Palais Lumiere, l’ultima grande occasione – perduta – di investimento privato su un’area da riqualificare: «Quella era un’operazione immobiliare, destinata a dare profitto solo ai suoi promotori».

   L’investimento, superiore agli 80 milioni, non prevede contributi pubblici, ma l’allargamento ad altri soggetti privati già individuati: «Aspettano il via libera ufficiale prima di aderire, si sa che in Italia non sempre si arriva alla fase finale. Questa cifra è destinata a ricadere sul territorio e sulle aziende che collaboreranno alla costruzione del polo San Biagio, se si farà», conclude Zamperla che da domani sarà in Kazakhstan per un progetto in partenza. Il messaggio è chiaro: il lavoro non manca, a prescindere dalle scelte che si faranno a Venezia. (Barbara Ganz)

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GRANDI NAVI, PROPOSTA DI DOCENTI IUAV

da www.italianostra-venezia.org/ del 28/10/2013

   In un documento diffuso alle autorità competenti e ai media, tre professori dello Iuav molto noti per il loro impegno in favore dell’ambiente e di politiche ecologicamente sostenibili presentano la bozza di un progetto che ritengono in grado di risolvere il dilemma davanti al quale la città si trova per quanto riguarda le grandi navi da crociera.

La supernave Queen Victoria della Cunard mentre transita davanti piazza San Marco, ANSA/ANDREA MEROLA
La supernave Queen Victoria della Cunard mentre transita davanti piazza San Marco, ANSA/ANDREA MEROLA

   Si tratta dei professori Stefano Boato (Urbanistica), Maria Rosa Vittadini (Urbanistica) e Carlo Giacomini (Trasporti).
Il progetto consiste nell’installazione provvisoria di banchine galleggianti e rimovibili alla bocca di porto del Lido, fuori dalle paratoie del Mose, in grado di ospitare quattro grandi navi contemporaneamente (le navi dovrebbero comunque essere inferiori alle 80 – 90 mila tonnellate), con la possibilità di ospitarne alcune provvisoriamente anche a Marghera.

   Le banchine, operative entro 18 mesi, sarebbero il nucleo di una soluzione più articolata e consentirebbero di studiare nel frattempo quelle strutture realmente reversibili che fossero in grado di accogliere le grandi navi senza danni per l’ambiente, valutando “gli aspetti positivi e negativi sia nella realizzazione che nella gestione delle diverse ipotesi (correnti, fondali, manovre delle navi, sistemi di approvvigionamento)”.
La soluzione (che appare molto vicina a quella proposta dall’ex parlamentare Cesare De Piccoli, di cui abbiamo riferito su questo sito) manterrebbe dunque le grandi navi fuori della laguna, permettendo di scartare tutte le proposte che comportassero “comunque scavi per approfondimenti e allargamenti di canali vecchi e nuovi, bacini di evoluzione, argini, ulteriori erosioni e sconvolgimenti idraulici, morfologici ed ecologici”.

   Un aspetto certamente rilevante del progetto è il fatto che esso comporterebbe “non una riduzione ma un aumento dei posti di lavoro e un maggior reddito complessivo per la città”.
Riportiamo qui sotto il testo del documento (come pubblicato integralmente dalla Nuova Venezia) e un’illustrazione che lo accompagna.  corredato da un’immagine esplicativa.
Leggi il documento dei tre docenti sulla Nuova Venezia.

Apri l’illustrazione relativa .

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MARGHERA, PALAIS LUMIERE NON SI FA PIÙ. IL NIPOTE DELLO STILISTA: MANCA L’ACCORDO

copertina dell’articolo di “le Monde” del 31 luglio 2012, quando il progetto sembrava andasse a concretizzarsi.
copertina dell’articolo di “le Monde” del 31 luglio 2012, quando il progetto sembrava andasse a concretizzarsi.

– Basilicati: «Troppi ostacoli». E così sono scaduti i termini massimi di efficacia dei contratti per le aree. Zaia: «Se ne va una grande opera». Orsoni: «Spiace» –

(da “il Corriere del Veneto” del 28/6/2013)

PARIGI – Il Palais Lumiere di Pierre Cardin non si farà a Marghera: lo ha annunciato all’Ansa l’ingegnere Rodrigo Basilicati, nipote dello stilista italo-francese, amministratore delegato della società Concept Creatif Pierre Cardin SpA, che ha realizzato il progetto molto contestato di una torre alta oltre 300 metri nei pressi di Venezia.

   «Abbiamo dovuto recedere dalla Bozza di Accordo di Programma del 21 dicembre 2012 sottoscritta con le Autorità locali per la realizzazione a Marghera del Palais Lumiere – spiega Basilicati -. La scelta si è resa inevitabile dopo che, a oltre due anni e mezzo dalla presentazione dell’iniziativa, non è stato possibile concludere la procedura con l’approvazione formale di un accordo con tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte».

   Per Basilicati sono aumentati col tempo gli ostacoli procedurali, «fino alla recente presa di posizione del Ministero dei beni culturali circa la presunta esistenza in zona di un vincolo paesaggistico finora mai fatto valere nè applicato a tutti coloro che hanno edificato nella zona».

   Il nipote di Cardin lamenta che nel frattempo sono scaduti i termini massimi di efficacia dei contratti già conclusi per avere la disponibilità delle aree necessarie e sufficienti per la conclusione dell’iter amministrativo.

   «Abbiamo già investito nel territorio somme ingentissime per realizzare un sogno e contribuire così alla rigenerazione di Marghera – prosegue Basilicati -: a tutt’oggi non si sono verificate le condizioni minime di certezza di consensi e tempi per proseguire l’attività e continuare a investire le somme ancora più cospicue richiesteci da ogni parte sia per le aree che per le procedure».

   E conclude: « A questo punto non ci resta che augurare alle amministrazioni locali e ai proprietari delle aree di riuscire presto a riqualificare Marghera anche senza l’apporto del nostro entusiasmo».

   «Le opere si possono condividere o non condividere, il dibattito e il confronto civile sono il sale della democrazia – sottolinea Zaia, rimarcando che «quello che potevamo fare lo abbiamo fatto fin dall’inizio» – ma purtroppo in questo caso è l’ennesima dimostrazione che ci troviamo in un Paese nel quale il partito del no a prescindere blocca tutto o peggio ancora come in questo caso riesce a farlo ancora prima delle autorizzazioni».

   Tutto questo, rileva, «avendo come risultato non solo la perdita dell’opera e quella economica, ma soprattutto l’invio di un messaggio devastante alla comunità internazionale, che avrà una ulteriore riprova di quanto sia difficile, se non impossibile, fare impresa o realizzare un’opera in Italia, come in questo caso».

   Il Palais Lumiere, aggiunge Zaia, «rappresentava infatti sotto questo profilo un’opera simbolo a favore di tutti quei capitali stranieri che potrebbero essere investiti in Italia e che anche grazie a queste notizie se ne andranno altrove».

«Il conservatorismo e la visione per il no all’innovazione a Venezia di certi ambienti romani hanno avuto il loro peso». È duro il commento del sindaco Giorgio Orsoni. Il sindaco ha detto di aver appreso la notizia due ore fa direttamente dal nipote dello stilista Rodrigo Basilicati. «Da un lato effettivamente sembrava ci fossero problemi di reperimento dei finanziamenti, come più volte sottolineato anche da noi – aggiunge – dall’altra ha pesato la diffidenza degli stranieri nei confronti della nostra burocrazia». Secondo Basilicati, la Regione – riferisce il sindaco – l’ha tirata molto per le lunghe nell’ultimo mese, non muovendo alcuna carta«. Il Comune, sottolinea, «ha sempre fatto tutto quello che doveva: francamente mi dispiace che questa cosa finisca così».

(Ansa)

28 giugno 2013 (modifica il 29 giugno 2013)

Vedi il precedente post di geograficamente:

https://geograficamente.wordpress.com/2012/08/03/venezia-marghera-e-il-palais-lumiere-fotografia-di-un-veneto-che-non-sa-piu-quale-sia-il-suo-futuro-e-allora-va-bene-anche-il-grattacielo-a-tre-torri-di-pierre-cardin/

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IL CAPOLAVORO COPIATO

di FEDERICA GERVASONI, dal sito  www.reyerzine.it/

– Sono quasi cento le Venezie censite nel mondo in un’imitazione che è divenuta una vera e propria industria planetaria –
   Altre città italiane hanno avuto la stessa sorte, come Roma, Napoli, Firenze, ma nessuna ha avuto la stessa “fortuna”. Spesso il richiamo alla città lagunare ha poco o niente a che vedere con il Bel Paese,ma il suo è un nome che suona bene, che evoca un luogo in bilico tra la realtà e la fantasia per la sua architettura originale e per la sensazione che il tempo possa essersi fermato.

   La nostra Venezia è un tripudio di associazioni, soprattutto per i bambini. E forse è per questo che spesso viene paragonata a Disneyland o ad un posto fuori dal tempo, perché pare caratterizzata dalla bellezza equivoca dell’avventura.

   Solo il fatto di viaggiare in barca la rende unica, e proprio la gondola è uno di quei simboli che hanno varcato i confini lagunari per essere copiati altrove. Non importa se le gondole non siano fatte per la voga, progettate in fibra di vetro e spinte da un motore elettrico in grado di trasportare fino a dodici passeggeri.

   Si tratta del simbolo più popolare di Venezia che ha conosciuto una grande fortuna da Sydney ad Amsterdam, da Newport Beach ad Amburgo, dal Nebraska al Massachusetts, tutti luoghi che hanno una parentela con la nostra città unicamente per il loro contatto con l’acqua e che tentano per spirito di emulazione di eguagliarne il fascino fornendo ai loro turisti innumerevoli i “servizi gondola”.

   A Las Vegas uno dei più grandi hotel del mondo, costruito dal magnate dell’industria alberghiera Sheldon Andelson, porta come nome “Venetian”. Si tratta di un resort a 5 stelle, una riproduzione fedele, e al tempo stesso cervellotica, del cuore di Venezia con una bella porzione di San Marco, il campanile, il Palazzo Ducale, un paio di canali. E poi Rialto e la Ca’ d’Oro, il Ponte dei Sospiri, gondole e gondolieri. Lo scopo pensato nel 1999, anno della sua inaugurazione, era quello di trasmettere il lusso e la decadenza dei palazzi veneziani ed il loro romanticismo, coniugati al lusso di Beverly Hills e al divertimento di Las Vegas, in pieno stile architainment , cioè di architettura intrattenimento.

   Ma c’è un altro The Venetian a Macao che sta soppiantando quello di Las Vegas per grandezza. Il Venetian Macao Resort Hotel occupa un’area estesa equivalente a sessanta campi da calcio, 3.000 camere,un teatro e uno stadio da 15.000 posti. Attorno sorge un’area commerciale che occupa 90.000 metri quadrati, con una sala congressi e 350 boutique, attraversata da 3 canali con gondole. Una replica della replica di Venezia, dunque, e perfino più impressionante. Così anche la città originale e meravigliosa è entrata nella serialità del consumo e nella globalizzazione.

   Non finisce qui certamente la lunga carrellata di Venezia nel mondo, se si pensa che Venezuela significa “Piccola Venezia”e perfino a Londra c’è una Little Venice con una sua variopinta festa legata alle long boat, le imbarcazioni tirate a lucido che affluiscono da tutta la rete idrica londinese verso il centro della città. Nova Veneza invece è una cittadina nello stato di Santa Caterina, nel sud del Brasile, dove l’attaccamento alla città d’acqua è molto forte, soprattutto all’interno delle comunità di italiani emigrati dopo la guerra che con fierezza raccontano le tradizioni delle diverse regioni italiane.

IL LIBRO DI GUIDO MOLTEDO (consorzio Venezia Nuova ed.) sulle TANTE "VENEZIE" RIPRODOTTE NEL MONDO
IL LIBRO DI GUIDO MOLTEDO (consorzio Venezia Nuova ed.) sulle TANTE “VENEZIE” RIPRODOTTE NEL MONDO

   L’ultima Venezia nata nel mondo si trova a Wuqing, un’amena località di appena 800mila abitanti poco lontano da Pechino. Qui le gondole a motore sono arrivate da Macao, ma fortunatamente non il Canal Grande e nemmeno il Ponte dei Sospiri che sono stati costruiti sul posto. Si tratta di un centro del lusso con 180 negozi, da Prada a Bulgari, Gucci, Versace, Fendi, Armani e via dicendo, in un processo replicativo e seriale che trova ulteriore spinta nel successo dell’Italia come cultura, paesaggio, cibo, stile di vita, noto come fenomeno del made in Italy.

   Altri sono gli esempi di città, anche meravigliose, che accostano il loro nome a quello di Venezia, pur avendo solo qualcosa che può vagamente somigliare ad essa, dal canale al gruppo di isole, come per esempio Copenaghen, Stoccolma, Bruges, San Pietroburgo, Aveiro, oppure Xochimilco in Messico e Recife in Brasile, Bangkok in Thailandia e tutte le città d’acqua giapponesi nonché le già citate Amsterdam, Amburgo, Sydney.

   Questo perché Venezia è una citazione che rende poetica ogni realtà e la sua fedele ricostruzione nelle più improbabili location del mondo rende possibile ai cittadini che la sognano, ma che non potranno permettersi di vederla, di beneficiare un po’ della sua particolarità.

   Il viaggio tra le varie città che si accostano alla nostra sono anche il tema di un libro “Welcome to Venice” di Guido Moltedo, all’interno del quale una serie eclatante di esempi permette a chi lo legge di vivere appieno quella magia che si vive di fronte ad un’opera così famosa da venir copiata.

   Già, la nostra Venezia, il capolavoro che il mondo ci invidia e che cerca di riprodurre creando in realtà delle impensabili vetrine sul nostro territorio. Venezia, un vero e proprio patrimonio da salvaguardare e valorizzare per poterne mantenere sempre vivo il fascino dell’originale. (FEDERICA GERVASON

Una risposta a "Venezia e “VENICELAND”: trasformare L’ISOLA DI SAN BIAGIO da DISCARICA a POLO DI CULTURA E DIVERTIMENTO – Come uscire dal degrado e i soldi che mancano: i progetti per Venezia diventano occasione di dibattito per capire come potrà essere il futuro di questa città “unica” al mondo"

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