CAOS SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA (SPV) – Come uscirne? (e bene) – All’impasse nella realizzazione, tra piano finanziario- economico insostenibile, con costi pubblici sempre più consistenti, LA PROPOSTA DI RIVEDERE IL PROGETTO in senso più funzionale, meno costoso, subito realizzabile

SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA: IL PROGETTO ALTERNATIVO, REALIZZABILE DA SUBITO – La drastica RIDUZIONE DEI COSTI È POSSIBILE STRALCIANDO DAL PROGETTO DELLA SUPERSTRADA L’INUTILE TRATTO OVEST, che si trova tra due autostrade, la A31 e la A4, già ben collegate tra loro: si otterrebbe così una notevole riduzione della lunghezza – 30 km su 95 complessivi – e dunque dei costi dell’opera. Altrettanto necessaria una più generale revisione del progetto attuale, perché i caselli attuali non sono funzionali per il suo obiettivo prioritario, che è servire il traffico dell’area pedemontana veneta, sia locale e sia di collegamento alla viabilità extra-regionale. PROPONIAMO DUNQUE L’ELIMINAZIONE DEGLI 11 CASELLI CHE SI TROVANO NEI 65 KM DA THIENE/DUEVILLE A SPRESIANO, PER REALIZZARE AL LORO POSTO 28 ACCESSI APERTI DI FORMA COMPATTA e con eventuale pedaggio totalmente automatico, collegando così in entrata-uscita le 28 principali strade della viabilità pedemontana locale nord-sud. Sarebbero così sostanzialmente ridotte le opere come bretelle, cavalcavia, circonvallazioni, eliminando le vene di asfalto di collegamento ai caselli: il risultato, UNA PEDEMONTANA PIÙ “LEGGERA”, ESSA STESSA CIRCONVALLAZIONE DI CIASCUN COMUNE, ambientalmente meno impattante e al servizio delle realtà locali

   La Superstrada Pedemontana Veneta (SPV) è il cantiere di “opere pubbliche” in questo momento il più grande in Italia: 95 chilometri di percorso, con altri 57 chilometri previsti di opere cosiddette “di adduzione” per raggiungere e inserire nei territori (della pedemontana veneta vicentina e trevigiana) l’opera che si vuole realizzare.

Cantieri della Pedemontana veneta

   Per scongiurare un catastrofico blocco dei cantieri, il governatore veneto Luca Zaia ha deciso nel marzo scorso di iniettare, nella realizzazione della SPV, 300 milioni di euro (in aggiunta ai 615 finora erogati dallo Stato) contraendo un mutuo bancario e reintroducendo a partire dall’anno prossimo l’addizionale regionale sull’Irpef (l’opera, in project financing, non doveva costare all’origine niente al “pubblico”: il concessionario la doveva costruire a sue spese, per poi ripagarsi nei 39 anni di gestione della superstrada a pagamento).

LA NOSTRA PROPOSTA

   Con la nuova convenzione firmata tra Regione e concessionario (il Consorzio di costruttori Sis), la Regione verserà al privato un canone annuo (si parte da 153 milioni, poi salirà fino a 400) e incasserà i pedaggi: che si spera siano superiori al canone (ma è più probabile che eventi ordinari e straordinari che possono accadere negli anni, portino a far sì che la Regione Veneto si indebiti ulteriormente per pagare il canone non coperto dai pedaggi). Da quanto detto, pare chiaro che l’operazione è ad esclusivo beneficio del soggetto privato: come dicevamo, la Regione percepirà i pedaggi e verserà a Sis un canone di disponibilità per 39 anni; cosicché l’intero rischio dell’impresa è nelle mani dell’Ente pubblico (cioè il privato non rischia niente, prende il canone di affitto e gestione in ogni caso).

TABELLA (da “IL Corriere del Veneto” del 12/3/2017) – Il dato (A DESTRA) mostra che LA NUOVA SUPERSTRADA AVRÀ PREZZI AL CHILOMETRO NOTEVOLMENTE PIÙ CARI DELLE AUTOSTRADE GIÀ IN ESERCIZIO IN VENETO. – A SINISTRA, IL CONTRIBUTO PUBBLICO. Nell’anno della stipula della prima convenzione, il 2009, era previsto un contributo in conto capitale di 245 milioni, a carico dello Stato, su un’opera che all’epoca doveva costare all’incirca 1,6 miliardi. Con il ritocco del 2013 si aggiunse un nuovo contributo, sempre a carico dello Stato, di 370 milioni. Ora se ne somma un terzo, da 300 milioni, da liquidare entro gennaio 2018, e stavolta paga la Regione reintroducendo l’addizionale Irpef. TOTALE CONTRIBUTO PUBBLICO FINALE: 914 MILIONI. Dunque se nel 2009 il pubblico copriva il 15% dei costi complessivi di costruzione, oggi siamo saliti fino al 40%. (MA E’ FINITO QUI IL CONTRIBUTO PUBBLICO??) – SOTTO A SINISTRA: il CANONE DI DISPONIBILITÀ, cioè «L’AFFITTO» che la Regione dovrà pagare al Consorzio di costruttori Sis dal 2020, anno annunciato per l’apertura al traffico, al 2059, ultimo anno della concessione: SI PARTE DA 153 MILIONI, POI SALIRÀ FINO A 400. In base al nuovo accordo, i pedaggi verranno versati in un conto e trattenuti da Sis per l’importo pari al canone concordato, ogni mese. Se l’incasso sarà superiore al canone, la Regione potrà chiedere di introitare il surplus; viceversa dovrà essere l’ente a pagare la differenza a beneficio di Sis (Sis conta di incassare nei 39 anni della concessione 12,3 miliardi)

   Come dicevamo, finora su 2,25 miliardi di costo, lo Stato ha già dato 615 milioni, altri 300 ora li da la Regione e ci sono pure 74,5 milioni di ricavo per la vendita dei materiali ghiaiosi. E poi i costi non comprendono (sui 2,25 miliardi) altre quote di spesa che porteranno l’opera a costare un miliardo di euro in più, cioè non meno di 3,2 miliardi. Il miliardo di spesa aggiuntiva emerge dalla lettura della adesso terza convenzione (dopo quelle, superate del 2009 e del 2013), che parla di “oneri finanziari e servizi del debito” (per 278 milioni), dell’Iva (per 428 milioni), di 32 milioni da mettere in conto riserva, e 250 milioni come deposito di garanzia in grado di sopperire ad eventuali indebitamenti durante l’esercizio dell’attività. Insomma i costi sono ben maggiori dei previsti (per non parlare della realizzazione delle cosiddette “opere di adduzione” in ogni comune, in ogni casello, per rendere praticabile un’opera “chiusa” che funziona solo con i caselli di tipo autostradale (sicuramente ci vorranno altri soldi).

PROGETTO DEL CASELLO DI MONTEBELLUNA EST – IL SISTEMA DEI CASELLI AUTOSTRADALI E’ ASSAI IMPATTANTE, ASSAI COSTOSO, PER NIENTE FUNZIONALE AL TRAFFICO LOCALE, E RICHIEDE ULTERIORI OPERE (BRETELLE, CIRCONVALLAZIONI, ETC.)

   In questa impasse che si è creata, il problema è solo di trovare i finanziamenti necessari (e ne serviranno ancora ora non prevedibili…). E finora nessuno ha presentato una seria analisi dei costi e dei benefici, e prevale sempre un approccio fortemente ideologico, secondo cui la Superstrada si deve costruire perché sicuramente “è un bene”, e i benefici supereranno i costi, e quindi la sua costruzione è vantaggiosa a prescindere da qualsiasi altra considerazione.

INTERSEZIONE A DIAMANTE – Proponiamo, al posto dei caselli, 28 accessi a INTERSEZIONE A DIAMANTE, che non sono impattanti, per ciascuna strada di una certa importanza di collegamento nord-sud della pedemontana (con l’eventuale presenza di portali di lettura automatica per i pedaggi): Favoriscono il traffico locale, costano molto meno,, e non c’è più bisogni di opere di adduzione alla SPV

   Tra l’altro il problema di base è che il costruttore non mostra di avere la forza finanziaria necessaria a portare avanti (finire) l’opera, di mettere i soldi che ancora mancano (il consorzio Sis, titolare della Pedemontana, ora, con la nuova terza convenzione, dovrebbe mettere di tasca propria in tutto 1,4 miliardi di euro; e questo già da subito: “il concessionario privato deve impegnarsi a versare subito risorse proprie pari a complessivi 780 milioni…”. Ma i dubbi sono molti che tutto questo si realizzi. In particolare perché nessun gruppo finanziario è disponibile a dare soldi (al Consorzio Sis) per un’impresa che si rivela assai ardua economicamente (a nostro avviso fallimentare, con il rischio di non vedere più rientrare i propri finanziamenti).

ESEMPIO DI PORTALI DI ESAZIONE AUTOMATICA (applicabili ai 28 accessi, senza più caselli)

   Pertanto l’attuazione dell’opera versa in una situazione di incertezza, e legittime appaiono dunque le perplessità sulla disponibilità di futuri finanziamenti: le difficoltà di realizzazione non finiranno infatti con l’ulteriore prelievo dalle tasche dei cittadini veneti dovuto all’aumento dell’Irpef da parte della Regione Veneto.

   E’ NECESSARIO DUNQUE (anche secondo noi) REALIZZARE L’OPERA (visto che è stata iniziata ed ora il territorio interessato è in uno stato di degrado totale, con cantieri aperti dappertutto e “lasciati lì”…); e REALIZZARLA IN TEMPI SOSTENIBILI RIDUCENDO DRASTICAMENTE I COSTI, RENDENDOLA PIÙ FUNZIONALE (e anche ambientalmente più rispettosa dell’ecosistema pedemontano), RIVEDENDO COSÌ CORAGGIOSAMENTE IL PROGETTO ATTUALE.

L’intervento sulla NUOVA GASPARONA, a nostro avviso, dev’essere migliorativo dell’attuale strada (NON SOSTITUTIVO) (ora, a lavori interrotti, questa strada che finora era stata adeguata alle esigenze di traffico, è di assai difficile praticabilità)

   Come abbiamo detto, con un minor impatto ambientale, economico e sociale, e una maggiore funzionalità di questa infrastruttura.

   LA PROPOSTA A CUI QUI ADERIAMO è quella di STRALCIARE DAL PROGETTO DELLA SUPERSTRADA L’INUTILE TRATTO OVEST, che si trova tra due autostrade, la A31 e la A4, già ben collegate tra loro: si otterrebbe così una notevole riduzione della lunghezza – 30 km su 95 complessivi – e dunque dei costi dell’opera. E poi ELIMINARE I CASELLI (autostradali, impattanti nello spazio che richiedono, e assai costosi), SOSTITUENDOLI CON ACCESSI APERTI su tutte le strade, le direttrici nord-sud, che intersecano la superstrada pedemontana: ne verrebbero 28 di accessi anziché 11 caselli autostradali (accessi alle strade comunali, provinciali, regionali), più funzionali, assai meno costosi e poco impattati. Passerà questa proposta? (speriamo proprio di sì) (s.m.)

L’ATTUALE PROGETTO DI SPV: PERTANTO, PROPONIAMO DI STRALCIARE DAL PROGETTO L’INUTILE TRATTO OVEST, che si trova tra due autostrade, la A31 e la A4, già ben collegate tra loro: si otterrebbe così una notevole riduzione della lunghezza – 30 km su 95 complessivi – e dunque dei costi dell’opera (OLTRE ALL’ELIMINAZIONE DELLA GALLERIA DI PRIABONA DI 6 CHILOMETRI). E POI L’ELIMINAZIONE DEGLI 11 CASELLI CHE SI TROVANO NEI 65 KM DA THIENE/DUEVILLE A SPRESIANO, PER REALIZZARE AL LORO POSTO 28 ACCESSI APERTI DI FORMA COMPATTA e con eventuale pedaggio totalmente automatico, collegando così in entrata-uscita le 28 principali strade della viabilità pedemontana locale nord-sud

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CRISI DELLA PEDEMONTANA: SI RIVEDA IL PROGETTO, UN MINOR IMPATTO E’ POSSIBILE

30/3/2017, da ecopolisnewsletter

   Legambiente Veneto e CoVePa (coord.to Veneto Pedemontana Alternativa) presentano un appello sulle vicende della realizzazione della superstrada pedemontana veneta: si riveda coraggiosamente il progetto attuale per ottenere un minor impatto ambientale, economico e sociale.

   L’attuazione dell’opera versa in una situazione di incertezza e legittime appaiono dunque le perplessità sulla disponibilità di futuri finanziamenti: le difficoltà di realizzazione dell’opera non finiranno infatti con l’ulteriore prelievo dalle tasche dei cittadini veneti dovuto all’aumento dell’Irpef da parte della Regione Veneto.

   (…..) La Pedemontana non può rimanere un’opera incompiuta come una ferita aperta nel nostro territorio, come una rediviva “Salerno Reggio-Calabria”, perché si tratta di una autostrada che apre uno squarcio di centinaia di ettari asfaltati in una delle campagne più fertili d’Italia e che deve ancora realizzare tutte le compensazioni ambientali previste.

   Necessario dunque realizzarla in tempi sostenibili riducendo drasticamente i costi e rivedendo coraggiosamente il progetto attuale: solo così si potrà ottenere minor impatto ambientale, economico e sociale e una maggiore funzionalità di questa infrastruttura.

   L’imprescindibile riduzione dei costi spesa è possibile, a nostro avviso, stralciando dal progetto della superstrada l’inutile tratto ovest, che si trova tra due autostrade, la A31 e la A4, già ben collegate tra loro: si otterrebbe così una notevole riduzione della lunghezza – 30 km su 95 complessivi – e dunque dei costi dell’opera.

   Altrettanto necessaria una più generale revisione del progetto attuale, perché i caselli attuali non sono funzionali per il suo obiettivo prioritario, che è servire il traffico dell’area pedemontana veneta, sia locale e sia di collegamento alla viabilità extra-regionale.

   Proponiamo dunque l’eliminazione degli 11 caselli che si trovano nei 65 km da Thiene/Dueville a Spresiano, per realizzare al loro posto 28 accessi aperti di forma compatta e con eventuale pedaggio totalmente automatico, collegando così in entrata-uscita le 28 principali strade della viabilità pedemontana locale nord-sud; sarebbero così sostanzialmente ridotte le opere come bretelle, cavalcavia, circonvallazioni, eliminando le vene di asfalto di collegamento ai caselli: il risultato, una Pedemontana più “leggera”, essa stessa circonvallazione di ciascun Comune, ambientalmente meno impattante e al servizio delle realtà locali.

   Infine, è necessario progettare l’infrastruttura secondo i principi di sostenibilità, con l’applicazione del principio del Green Infrastructures Public Procurement, che obbliga le gare di appalto pubbliche con modifiche rilevanti sul territorio a prevedere un rilevante utilizzo di materiali riciclati. Indispensabile, infine, per una pianificazione urbana che serva al mantenimento ed al recupero della permeabilità dei suoli, realizzare una “Pedemontana verde”, al fine di valorizzare il territorio e fermare il degrado dell’infrastruttura. 

   Chiediamo alle autorità locali, regionali e nazionali l’impegno di realizzare quest’opera in modo compatibile e funzionale,  affinché sia terminata con costi inferiori e veri benefici per l’ambiente e i cittadini dell’area pedemontana. (Legambiente Veneto e CoVePa)

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MAINARDI: “PEDEMONTANA, MEGLIO DIRE ALT AL CONTRATTO”

di Piero Erle, da “Il Giornale di Vicenza”

– “Venezia non tratti se il privato non versa il capitale o rischia di ritrovarsi in guai peggiori tra un anno” – “Traffico, i rischi sono del pubblico: ma come si fa ad avere dati certi se è ipotetica perfino la velocità futura?”-

   «Il nodo essenziale di ogni “project financing” è l’equity, cioè il capitale che ci mette il privato per realizzare un’opera di interesse pubblico. Ebbene, la Regione Veneto prima di qualsiasi atto o avvio di trattativa col concessionario della Pedemontana deve pretendere che venga depositata-versata la quota di capitale privato, che era a 500 milioni ed è stata ridotta a 430».

   È deciso l’architetto bellunese Bortolo Mainardi, già noto come commissario per la Tav Venezia-Trieste e per ben sei anni, fino al 2016, membro del Comitato tecnico-scientifico (su indicazione del Ministero dell’ambiente, quindi con compiti strettamente “ambientali”) che affiancava la struttura del Commissario di governo per la Pedemontana.

   Mainardi, lo sa anche se non lo dice, dà di fatto voce a quelle critiche sotterranee che continuano a girare attorno al consorzio Sis titolare della Pedemontana, secondo le quali il problema di base è che il costruttore non avrebbe la forza finanziaria necessaria a portare avanti l’opera. L’occasione di verifica peraltro ci sarà presto: non appena concluso il nuovo accordo con la Regione, è previsto che Sis si doti immediatamente di un finanziamento-ponte di 250 milioni per pagare lavori ed espropri. E poi entro 8 mesi dovrà trovare 1,15 miliardi sempre sul mercato finanziario. Solo a fine gennaio, invece, incasserà i 300 milioni promessi dalla Regione. Insomma, si vedrà subito se ha le forze proprie o no.

IPOTESI STOP CONTRATTO

Ma Mainardi indica altri dubbi: quei 300 milioni in più potrebbero non risolvere una situazione che secondo lui è dovuta più a «una incapacità del concessionario a far fronte ai propri obblighi contrattuali». E quindi si potrebbe delineare «una rescissione contrattuale proprio sulla scorta di quei tanti elementi emersi come il ritardo sui lavori, i quali non procedono per mancanza del closing finanziario e che ancora non è certo».

Mainardi sottolinea che, su 2,25 miliardi di costo, lo Stato ha già dato 615 milioni, altri 300 li darà la Regione e «poi ci sono 74,5 milioni di ricavo per la vendita dei materiali ghiaiosi», mentre «a oggi sono stati eseguiti lavori per circa 700 milioni e il nuovo piano Pef prevede che ne serviranno ancora 500 l’anno fino al 2020».

   La Regione verserà al privato un canone annuo (si parte da 153 milioni, poi salirà fino a 400) e incasserà i pedaggi (che si spera siano superiori al canone): «Basta una lieve alterazione dei parametri assunti a base delle ipotesi di traffico (velocità, traffico, tariffe) perché la Regione si indebiti ulteriormente.

   Per capire quanto le sia conveniente tutto ciò, credo sia necessario chiedere una analisi value for money» (che calcola se il guadagno pubblico è congruo).

STRANEZZE E STORTURE

Mainardi sottolinea anche che ci sono particolari preoccupanti come il fatto che i pedaggi previsti sono doppi di quelli lungo l’A4. E “stranezze” come il fatto che si mira ad attrarre più traffico PORTANDO LA VELOCITÀ SULLA PEDEMONTANA DA 110 A 130 CHILOMETRI ORARI: si alza il “valore tempo” ma si alimentano i rischi sul traffico, tutti a carico della Regione.

   Mainardi sottolinea anche il Cipe sulla Pedemontana «metteva come condizione l’aumento di capitale della società di progetto a 500 milioni: non è mai avvenuto».

   Eco perché «con cognizione di causa – conclude – la rescissione del contratto non è da scartare a priori ma da analizzare in tutti gli elementi e con argomenti forti, magari cercando un accordo tra le parti e provare a chiudere una situazione che, se stiracchiata, tra un anno potrebbe «diventare riproporsi in peggio».

   La Regione per lui dovrebbe cercare di finanziare il resto dei lavori (circa 1,2 miliardi) con tassa di scopo o mutuo, fare una nuova gara, sfruttare il ribasso d’asta, «finire l’opera e passarne la gestione alla società Cav». (Piero Erle)

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LA NOVITA’ EMERGE DALLA NUOVA CONVENZIONE TRA REGIONE E SIS

PEDEMONTANA, GLI ONERI FINANZIARI FARANNO SALIRE I COSTI A 3,2 MILIARDI

di Filippo Tosatto, da “Il Mattino di Padova” del 7/4/2017

– Un miliardo in più: il Consorzio dovrà farsi carico di servizi del debito Iva, depositi e garanzie – Ecco l’equity: Dogliani si impegna a investire risorse proprie nei cantieri pari a 78 milioni –

   Il compleanno di Pedemontana Veneta richiederà investimenti netti valutati in 2.258 miliardi ma il costo reale della superstrada a pedaggio (94 chilometri a scorrimento veloce più 58 di viabilità di viabilità accessoria) è destinato a lievitare a 3.240.

   Non si tratta di un’illazione né di un’ipotesi ragionata: il miliardo di spesa aggiuntiva emerge dalla lettura comparata del “Terzo atto convenzionale” (discusso e approvato nei giorni scorsi in commissione) che rimodula i rapporti tra la Regione e il costruttore Sis.

   Come si spiega un divario così ingente? Il conto economico di partenza rileva solo costi e ricavi, al netto di una serie di voci quali oneri finanziari e servizi del debito (278 milioni), linee Iva (428 milioni), immobilizzazioni di materiali, che compaiono invece nello stato patrimoniale di un bilancio.

   Inoltre, il Consorzio Sis – capitanato dal Gruppo Dogliani – dovrà farsi carico del “Dsra” (32 milioni in conto di riserva) e dell’”Escrow” (250 milioni deposito di garanzia affidata a un soggetto terzo) in grado di sopperire ad eventuali indebitamenti durante l’esercizio dell’attività e di rassicurare il partner pubblico circa il rispetto degli impegni.

   Sottigliezze finanziarie? Non proprio. L’emersione del costo effettivo del nastro d’asfalto esteso da Spresiano a Montecchio Maggiore, consente di cogliere appieno la portata delle incognite che gravano sull’opera, attenuate – ma non completamente dissolte – dal contributo a fondo perduto di 300 milioni deciso dal governatore Luca Zaia e dalla revisione al ribasso delle originarie stime di traffico accompagnata dalla riduzione dei pedaggi per veicoli leggeri e pesanti nell’ordine del 26 e 13%.

   Si comprende così l’allarme rosso scattato a Venezia un anno fa, allorché all’insufficienza di risorse da parte di Sis (scandita dall’arretrato crescente nei pagamenti ad espropriati e imprese di sub-appalto e dalla stagnazione dei cantieri) seguì la dichiarazione di “non bancabilità” dell’opera da parte di Cassa Depositi e Prestiti, sollecitata invano a sottoscrivere i bond per un miliardo e 400 milioni necessari a ultimare i lavori.

   Un rischio di paralisi concreto e devastante, scongiurato (almeno si spera) dopo dieci mesi di trattative estenuanti con altrettanti interlocutori privati e istituzionali condotte dal segretario generale del Balbi, l’economista Ilaria Bramezza.

   Un’altra novità fornita dallo schema di convenzione riguarda il dettaglio delle fonti e degli impieghi. Dove si apprende che il concessionario privato si impegna a versare risorse proprie pari a complessivi 780 milioni tra “equity” propriamente detta e “mezzanino” (la sua versione ibrida); circostanza assente dagli accordi precedenti.

   Detto ciò, l’opposizione alimentata da Pd e 5 Stelle contesta i termini dell’operazione, giudicata squilibrata ad esclusivo beneficio del soggetto privato e tale da addossare all’amministrazione (che percepirà i pedaggi e verserà a Sis un canone di disponibilità per 39 anni) l’intero rischio dell’impresa.

   Obiezione alla quale la Regione ribatte sottolineando che, a parità di rischio sostenuto (la convenzione 2009 già prevedeva il ripiano pubblico dei mancati introiti da traffico) il negoziato ha consentito “una riduzione del rendimento atteso dalla società concessionaria tra il 14,5% al 12,95% pari a circa 7 milioni di euro all’anno e di quasi 260 milioni per l’intera vita del progetto”. (Filippo Tosatto)

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PEDEMONTANA, ORA VA STUDIATA L’ALTERNATIVA PIÙ VANTAGGIOSA

di TIZIANO TEMPESTA (Dipartimento TESAF – Territorio e Sistemi Agro-Forestali) – dell’Università di Padova, da “Il Mattino di Padova” del 23/3/2017

– Anche senza sospendere i lavori si dovrebbe avviare al più presto un ripensamento complessivo sulla strategia da adottare per risolvere il problema del traffico –

   La scelta del Presidente della Giunta Regionale Luca Zaia di imporre un’addizionale IRPEF per finanziare il completamento della Superstrada Pedemontana Veneta a pagamento ha avuto sicuramente il pregio di rendere esplicito il fatto che i residenti nel Veneto dovranno pagare di tasca propria la sua realizzazione.

   Fino a questo momento sembra che nessuno se ne fosse reso ben conto. Pareva che i 640 milioni di euro messi dallo Stato italiano provenissero da un paese estero e nessuno si rendeva conto che in realtà si tratta né più e né meno che di una partita di giro delle imposte che i residenti del Veneto versano allo Stato.

   Un secondo dato che la proposta formulata dal Presidente della Giunta Regionale ha messo in evidenza è che in realtà nessuno sembra avere un’idea precisa di quanto costerà realmente quest’opera e di quali benefici produrrà per la popolazione.

   Al massimo sino ad ora si è parlato e si continua a parlare di flussi finanziari, oneri a carico della regione e oneri a carico del Consorzio SIS che la deve costruire, ma nessuno ha ancora spiegato chiaramente perché la Superstrada debba essere costruita.

   In altri termini, nessuno ha presentato UNA SERIA ANALISI DEI COSTI E DEI BENEFICI predisposta secondo le indicazioni della Banca Europea degli Investimenti (BEI). Quello che SEMBRA PREVALERE È UN APPROCCIO FORTEMENTE IDEOLOGICO secondo cui la Superstrada si deve costruire perché sicuramente i benefici supereranno i costi e quindi la sua costruzione è vantaggiosa a prescindere da qualsiasi altra considerazione.

   Eppure per sostenere investimenti di portata notevolmente inferiore la BEI richiede lo svolgimento di studi approfonditi volti a dimostrare l’effettiva convenienza sociale di un’opera. Anche se in questo caso la BEI non è coinvolta, correttezza vorrebbe che i nostri amministratori seguissero le sue indicazioni in materia di analisi costi-benefici.

   Al riguardo ci sono alcuni elementi delle linee guida proposte dalla BEI che val la pena di richiamare.

   In primo luogo, la BEI distingue nettamente tra ANALISI FINANZIARIA, che riguarda i profitti privati dell’opera, e ANALISI ECONOMICA, che riguarda i suoi effetti globali compresi quelli che ricadono su altri soggetti economici e sull’ambiente. Nel caso specifico della Superstrada Pedemontana ci si dovrebbe ad esempio chiedere se farà aumentare il reddito dei cittadini, se aumenterà stabilmente l’occupazione, se si ridurranno i danni causati dagli incidenti d’auto.

   RIGUARDO ALL’AMBIENTE si dovrebbe sapere se aumenteranno o si ridurranno le emissioni di anidride carbonica e di particelle sottili e quale potrebbe essere il valore monetario di tali variazioni, oppure si dovrebbero QUANTIFICARE ECONOMICAMENTE I DANNI IRREVERSIBILI CAUSATI DAL CONSUMO DI SUOLO o di quelli conseguenti a POSSIBILI FENOMENI DI INQUINAMENTO DELL’ACQUIFERO che alimenta gli acquedotti di pianura.

   Un secondo elemento posto in evidenza dalla BEI è che perché sia conveniente la realizzazione di un’opera non è sufficiente che i benefici siano superiori ai costi, è necessario che i benefici netti siano superiori anche a quelli di altre SOLUZIONI ALTERNATIVE (O CONTROFATTUALI).

   I controfattuali da considerare devono essere di TRE TIPI: NON FARE NULLA, FARE IL MINIMO, FARE QUALCOS’ALTRO cioè migliorare la realizzazione dell’opera.

   Secondo la BEI bisogna perciò sempre dimostrare che il progetto che si intende realizzare comporta un miglioramento del benessere con riferimento allo status quo o a soluzioni di minor impatto territoriale.

Purtroppo a leggere il dibattito attuale sulla Superstrada Pedemontana Veneta pare che il problema che assilla la nostra classe dirigente non sia di stabilire se migliorerà il benessere della popolazione, ma solo di individuare quale sia la strategia finanziaria migliore per portarla a termine.

   Cosa dovrebbe fare la classe politica del Veneto se volesse realmente migliorare il benessere dei cittadini? Invece di arroccarsi dietro prese di posizione volte a giustificare evidenti errori di valutazione fatti nel passato, dovrebbe avviare al più presto una seria e scientifica valutazione dei costi e dei benefici economici e sociali e individuare l’alternativa più vantaggiosa per il Veneto e per i suoi residenti attuali e futuri che potrebbe anche non coincidere con la sua integrale realizzazione.

   Anche senza sospendere i lavori, ma semplicemente cercando di portare a termine i tratti di strada già prossimi al completamento, si dovrebbe avviare al più presto UN RIPENSAMENTO COMPLESSIVO SULLA STRATEGIA DA ADOTTARE PER RISOLVERE IL PROBLEMA DEL TRAFFICO NELL’ALTA PIANURA VENETA. Il costo di una tale operazione sarebbe infinitamente più basso dei danni che potrebbero derivare da scelte errate che potrebbero gravare pesantemente sul futuro della nostra regione. (Tiziano Tempesta)

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SLIDE-FUGURA 14 presentata da Zaia al CONSIGLIO REGIONALE VENETO il 7/3/2017 SULLA SUPERSTRADA PEDEMONTANA E LA TASSA DI 300 MILIONI:

NUOVO STUDIO DI TRAFFICO

della REGIONE (febbraio 2017)

Il confronto con gli altri studi di traffico a parità di tariffe contrattuali:

  • Studio Promotore 2003 (in gara) TGM 33.000
  • Studio Concessionario di Leigh Fisher (2016) TGM 28.600
  • Studio MIT (2016) TGM 29.000-32.000
  • Studio CDP (Cassa Depositi e Prestiti) e BEI (Banca Europea Investimenti) di Righetti & Monte (2016): TGM 15.200
  • Studio Regione Veneto di Area Engineering (2017) TGM 18.000-20.000

Applicando uno sconto sulle tariffe contrattuali del 23% per i veicoli leggeri e del 16% per i veicoli pesanti, aumenta il numero di veicoli che percorrono la SPV. Il TGM dello studio di traffico di Area Engineering e Redas aumenta:

TGM= Traffico Giornaliero Medio di veicoli

(Regione del Veneto – Superstrada Pedemontana Veneta)

PERCHE’ I DATI DI QUESTA SLIDE NON CORRISPONDONO ALLA REALTA’

PEDEMONTANA, IL PERCHÉ DELLE PREVISIONI SBAGLIATE

di CARLO GIACOMINI, da “la Nuova Venezia”, 12/3/2017

   Nella figura 14 della presentazione del presidente Zaia al consiglio regionale dell’altro giorno (NDR: vedi qui sopra la “figura 14”), risulta che le previsioni del traffico giornaliero medio “Tgm” sulla Pedemontana sono crollate dagli originari 33.000 veicoli della prima previsione del 2003 (del proponente) agli attuali 15.200 o 18.000 veicoli (previsioni 2016 Cassa Depositi e Prestiti-Banca europea investimenti, o 2017 Area Engineering, regionale). Ne risulta una riduzione di -54% o -45%; in entrambi i casi, in pratica un dimezzamento.

   La presentazione lascia intendere che tale differenza riguardi tutte le concessioni autostradali esaminate e rilasciate a cavallo della crisi, come se sia stato non un errore previsionale ma solo la crisi a ridurre il traffico in generale, e quindi anche quello inizialmente previsto sulle nuove autostrade (con previsioni di traffico, che di per sé, per la situazione di allora, erano comunque attendibili e realistiche).

   Il grande buco finanziario prodotto dal crollo dei ricavi da pedaggio attesi sarebbe quindi effetto della crisi, esogena e non inquadrabile tra i rischi o le responsabilità di impresa del concessionario; di conseguenza quest’ultimo, dalla sua crisi finanziaria a lui non imputabile, merita di essere salvato con intervento pubblico.

   Questa spiegazione non risponde a verità, perché in questo periodo 2003/2016 non c’è stata invece alcuna così drammatica “crisi di traffico”.

   Ecco infatti i DATI UFFICIALI “AISCAT” disponibili ed elaborabili delle autostrade più vicine, nello stesso periodo (veicoli Tgm 2002 e 2015; e la relativa variazione):

1) A4 Padova-Brescia: 82.898, 90.509, +9%;

2) A27 Venezia-Belluno: 19.248, 23.316, +21%;

3) A22 Verona-Brennero: 36.494, 39.483, +8%;

   Allora, se con le più recenti previsioni 2016/17 risultano dimezzate quelle del 2003, allora non è colpa della crisi, perché nel frattempo non c’è stata alcuna reale grave crisi di traffico autostradale: nello stesso periodo, infatti, il traffico delle più vicine autostradali è aumentato; meno del periodo precedente, certo, ma comunque è aumentato ovunque, e non diminuito, e men che meno crollato.

   Non c’è alcuna significativa perdita di traffico da presunta crisi, nemmeno tra il 2008 e il 2010; è infatti falsa anche l’affermazione di una “Crisi 2008” (come afferma un’altra scheda di quella presentazione, la numero16)(vedi qui sotto il PDF delle slide presentate in Consiglio regionale, NDR), perché il calo del traffico medio 2009/2010 sulla Venezia-Padova di quel diagramma è invece unicamente l’effetto statistico dell’apertura del Passante (la statistica proprio in quei due anni risente dell’incremento del numero di chilometri della rete, usato nel calcolo del traffico medio), e non di una invece inesistente Crisi 2008 di traffici.

   Se il traffico previsto nelle recenti previsioni del 2016 e 2017 (redatte dalla Cassa Depositi e Prestiti e da Area Engineering per la Regione) risulta molto diverso da quello previsto nel 2003 non è perché la crisi abbia stravolto le condizioni di contorno delle previsioni iniziali, e quindi l’ammontare del traffico prevedibile sull’autostrada sia per queste crollato, ma senza alcuna responsabilità del proponente. Quello che è successo, invece, è che ANCHE AGLI OCCHI DELLE BANCHE (che adesso, prima di metterci i soldi… rifanno bene i conti e le previsioni!) È RISULTATO ORA QUELLO CHE GIÀ ALL’INIZIO ALCUNI ESPERTI AVEVANO CAPITO E SPIEGATO (ma erano rimasti inascoltati): CIOÈ CHE ERANO CLAMOROSAMENTE INAFFIDABILI, IRREALISTICHE E SBAGLIATE QUELLE ORIGINARIE PREVISIONI e le strategie imprenditoriali e progettuali del proponente, questo per nessuna causa a lui esterna ma solo per suoi errori – se non addirittura, sue CONSAPEVOLI BUGIE PER FARSI APPROVARE L’OPERA – di esclusivo suo rischio e responsabilità.

   Certo, la crescita del traffico realisticamente attendibile e atteso sarà stata un po’ più lenta, dal 2008 in poi, di quanto ci si poteva pur prudentemente attendere nel 2003, ma nel complesso tutto lascia intendere che il traffico che si poteva e doveva correttamente e onestamente prevedere sulla Pedemontana sia da allora pure esso persino cresciuto; e non ha certo subìto alcun crollo, come invece vuol far credere la presentazione recitata dal presidente, se non nelle irrealistiche e bugiarde promesse del proponente (e di chi voleva a tutti i costi questo progetto di autostrada, contro ogni evidenza di corretta valutazione), promesse che già allora non pochi esperti avevano tecnicamente dimostrato essere sbagliate, se non peggio artefatte e falsate.

   I recenti dati statistici, correttamente interpretati, smentiscono qualsiasi ipotesi di una causa oggettiva di grave crisi delle condizioni esterne alla concessione; c’è solo una condizione soggettiva di grave inaffidabilità del proponente e delle sue previsioni. Si deve concludere che i termini di legge per il salvataggio di questo concessionario, dimostratosi inaffidabile e inadempiente, semplicemente non ci sono. Nemmeno mistificando dati o spiegazioni, come ha tentato di fare il redattore (anonimo) di quella presentazione.

   In conclusione, anche nel caso che, dopo una doverosa verifica e discussione pubblica su tutti gli aspetti della vicenda e del progetto (con doverose analisi costi-benefici tra le diverse soluzioni alternative ora possibili), risulti dimostrato che sia effettivo interesse pubblico proseguire tutti quei lavori e tutto quel progetto così come è definito adesso (e non è affatto scontato, perché – ora è chiaro a tutti – è quanto meno sproporzionato rispetto ai veri traffici attendibili), SE SI CAMBIA ANCHE SOLO IL PIANO FINANZIARIO – con maggiori contributi pubblici rispetto a quelli allora richiesti dal proponente/concessionario – allora SI DOVRÀ PER LEGGE AFFIDARLO A UN ALTRO REALIZZATORE.

   Ne risulterà confortato l’Erario pubblico, oltre che il senso della giustizia (e delle buona amministrazione). E se questo riaffidamento permetterà anche qualche (più che opportuna) correzione, riduzione, graduazione di quello sproporzionato progetto, il vantaggio sarà anche per la mobilità e il territorio. (Carlo Giacomini)

ECCO LE SLIDE PRESENTATE AL CONSIGLIO REGIONALE DAL PRESIDENTE ZAIA IL 7/3/2017: SLIDE-ZAIA-PEDEMONTANA-IN-CONSIGLIO

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ZAIA: PIÙ TASSE AI VENETI PER LA PEDEMONTANA

di Filippo Tosatto , 8/3/2017, da “La Nuova Venezia”

– La Regione stanzia 300 milioni per sbloccare i cantieri della superstrada ma nel 2018 sarà reintrodotta l’addizionale regionale Irpef abolita 8 anni fa –

VENEZIA. Se l’inferno è lastricato di buone intenzioni, la Superstrada pedemontana veneta sarà lastricata dai quattrini sborsati dai contribuenti. Per scongiurare un catastrofico blocco dei cantieri, il governatore Luca Zaia ha deciso infine di iniettare nell’opera 300 milioni euro (in aggiunta ai 400 erogati dallo Stato) contraendo un mutuo bancario e reintroducendo a partire dall’anno prossimo l’addizionale regionale sull’Irpef cancellata nel 2009 da Giancarlo Galan.

   A pagare il debito, così, saranno i cittadini il cui reddito annuale lordo superi i 28 mila euro; escluse le categorie “protette” (disabili o persone che li hanno a carico) l’aumento delle tasse risparmierà 2 milioni di contribuenti gravando sui restanti 620 mila di ceto medio-alto.

   L’inasprimento fiscale spazierà così da un minimo di 36 euro annuali per i redditi fino a 30 mila al massimale di 936 euro per chi supera gli 80 mila. Quanto durerà il prelievo? Non è dato di saperlo: Zaia ha definito la misura «temporanea, prudenziale e modificabile alla quale siamo costretti a causa del Fiscal compact voluto dall’Europa e del miliardo di tagli voluti da Roma», senza però specificarne i limiti temporali.

   UN PASSO INDIETRO. Illustrando la manovra in apertura dei lavori dell’assemblea regionale, il governatore leghista ha ricapitolato le tappe di un progetto – la strada veloce a pagamento che corre per 94 km tra Spresiano e Montecchio Maggiore, attraversando 36 comuni – avviato nel remoto 1990 e appaltato nel 2006 in project financing al Consorzio Sis-Dogliani vincitore della gara europea. Con un contratto-capestro per la Regione, impegnata a garantire al privato gli eventuali mancati incassi rispetto al previsto, in barba al principio di rischio d’impresa.

   «Il flusso di 33 mila veicoli giornalieri stimati prima della crisi non regge più, oggi la società specializzata Area Engineering lo valuta intorno ai 27 mila, con conseguente riduzione dei pedaggi, e questo divario ha determinato l’impasse, sancendo la “non bancabilità” di Sis da parte di Cassa depositi e prestiti e Banca europea degli investimenti», ai quali Dogliani si è rivolto invano (attraverso JP Morgan) in vista dell’emissione di bond per 1,6 miliardi, necessari a completare i lavori, giunti a un terzo del cammino.

   Un affanno finanziario che ha esposto la stessa Regione al rischio di default. Ora i termini dell’accordo cambiano drasticamente, rimodellati da mesi di trattative condotte da Ilaria Bramezza (il segretario generale di Palazzo Balbi) con il Governo, le banche ed il Gruppo Dogliani.

   «Le tariffe originarie vengono scontate del 23% per i veicoli leggeri e del 16% per quelli pesanti e ad incassare i pedaggi sarà la Regione e non più Sis che rinuncia così a 6,7 miliardi di introiti nei prossimi vent’anni, assumendosi anche il rischio di qualità, manutenzione e buon funzionamento dell’opera in fase di gestione», ha scandito Zaia «mentre viene eliminato l’originario canone di disponibilità a carico della Regione che ammontava a 532 milioni in 15 anni».

   Brutte notizie per i residenti lungo il tracciato, esclusi dalle esenzioni del pedaggio ventilate fin qui.

L’OBIEZIONE: nel project gli investimenti prevalenti spettano al privato, non certo ai cittadini o alle istituzioni… «L’alternativa sarebbe la paralisi della Pedemontana, il maggior cantiere pubblico attivo in Italia, con ripercussioni a cascata su lavoratori, imprese e cittadini espropriati in attesa di indennizzo. Abbiamo salvaguardato la gran parte dei contribuenti e i vantaggi per la Regione sono cospicui: un risparmio stimato in 9,5 miliardi, la scomparsa definitiva della clausola di riequilibrio finanziario a nostro carico, la certezza del closing finanziario, l’imposizione di termini e penali per il pagamento degli espropri». Parole accompagnate dalla proiezione di un video che esaltava le prospettive della superstrada, accreditata di occupare con l’indotto 32 mila lavoratori, accrescendo il Pil veneto dell’1,5%.

   Tant’è. Smaltita la sorpresa, e in attesa di discutere nel dettaglio la proposta nelle prossime settimane, in aula non sono mancati toni critici, anche vivaci, per l’inatteso ricorso alla leva fiscale. Un clima nervoso, che contagiato lo stesso governatore: «Mi assumo la responsabilità di risolvere un problema che ho ereditato, io non faccio il paraculo», ha esclamato in deroga al consueto aplomb «la Pedemontana incompiuta sarebbe un disastro, quella completata sarà una risorsa formidabile. Se qualcuno vuole speculare sulle disgrazie, faccia pure. La nostra soluzione tiene conto dei pareri dell’Avvocatura regionale e dello Stato, dell’Anticorruzione di Cantone e dei legali più autorevoli. Questo Consiglio è sovrano, valuti e decida». (Filippo Tosatto)

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METÀ PEDEMONTANA PAGATA DAL PUBBLICO. E SARÀ L’AUTOSTRADA PIÙ CARA DEL VENETO

Sinigaglia: arriveremo a sborsare 400 milioni l’anno: alla Regione il rischio traffico, a Sis 12 miliardi

di Marco Bonet, dal “Corriere del Veneto” del 12/3/2017

   Con il passare dei giorni, i consiglieri regionali (quelli di opposizione soprattutto, perché quelli di maggioranza sono costretti per disciplina di partito a fidarsi del governatore Luca Zaia e del suo board tecnico) stanno passando al setaccio il corposo dossier della Pedemontana, i termini del nuovo atto aggiuntivo alla convenzione del 2009 – il secondo dopo quello del 2013 – e le varie perizie che accompagnano l’annunciato accordo «sbloccaclosing».

   Ne stanno emergendo dettagli interessanti.

   Innanzitutto, il contributo pubblico. Nell’anno della stipula della prima convenzione, il 2009, era previsto un contributo in conto capitale di 245 milioni, a carico dello Stato, su un’opera che all’epoca doveva costare all’incirca 1,6 miliardi. Era la famosa «strada costruita dai privati», come per l’appunto dovrebbe essere quando si parla di un project financing.

   Con il ritocco del 2013 si aggiunse un nuovo contributo, sempre a carico dello Stato, di 370 milioni.

   Ora se ne somma un terzo, da 300 milioni, da liquidare entro gennaio 2018, e stavolta paga la Regione reintroducendo l’addizionale Irpef (sarà votata quest’anno così da poter accendere il mutuo entro dicembre, applicata nel 2018 e incassata nel 2019).

   Totale contributo pubblico finale (si spera): 914 milioni, per un opera che dopo le modifiche progettuali chieste in larga parte dai Comuni costerà 2,3 miliardi.

   Dunque se nel 2009 il pubblico copriva il 15% dei costi complessivi di costruzione, oggi siamo saliti fino al 40%. Alla faccia della «strada costruita dai privati» ma pure delle norme che attualmente disciplinano le concessioni, fissando un tetto al 30% (attualmente, e quindi non applicabili retroattivamente).

   Poi c’è l’aspetto, evidenziato dal consigliere dem Claudio Sinigaglia, del CANONE DI DISPONIBILITÀ, ossia «l’affitto» che la Regione dovrà pagare al Consorzio di costruttori Sis dal 2020, anno annunciato per l’apertura al traffico, al 2059, ultimo anno della concessione. In base al nuovo accordo, i pedaggi verranno versati in un conto e trattenuti da Sis per l’importo pari al canone concordato, ogni mese. Se l’incasso sarà superiore al canone, la Regione potrà chiedere di introitare il surplus; viceversa dovrà essere l’ente a pagare la differenza a beneficio di Sis.

   «A questo punto è evidente che il rischio legato al traffico è stato spostato interamente sulla Regione, senza alcun correttivo come invece era previsto nella convenzione del 2013 (con una franchigia del 5%, ndr) – dice Sinigaglia -. Sono state cambiate le carte in tavola e mi chiedo come possa stare in piedi un piano economico finanziario del genere».

   Sis conta di incassare nei 39 anni della concessione 12,3 miliardi (erano 18,8 con la vecchia convenzione), suddivisi nelle rate annuali. La cifra sale di anno in anno per via dell’inflazione e del tasso di incremento del traffico (l’idea sottesa è che col tempo i veneti impareranno ad apprezzare la Pedemontana). Alla voce «entrate», Sis potrà contare anche sulla vendita degli inerti derivanti dagli scavi, da cui si confida di ricavare tra il 2018 e il 2020 la ragguardevole cifra di 74,5 milioni.

   Il capogruppo dem Stefano Fracasso si è invece concentrato sugli studi relativi ai flussi di traffico, che con 27 mila veicoli stimati al giorno, destinati a salire a 41 mila nel 2030 e a 53 mila nel 2040, sono il cardine del piano economico finanziario (da questi, come si è visto, dipende la tenuta dei conti della Regione, che dalla Pedemontana potrebbe guadagnare come perdere).

   Ebbene, il primo dato che salta agli occhi è che se la nuova superstrada ha prezzi al chilometro tutto sommato in linea con le altre autostrade di recente costruzione, come la BreBeMi (che però sconta enormi problemi di traffico, a tutt’oggi irrisolti) è però altrettanto vero che essa risulta notevolmente più cara delle autostrade già in esercizio in Veneto, con punte del 60% nel caso della A4, che corre parallela alla Pedemontana lungo la direttrice Est-Ovest e quindi ne sarà la principale concorrente (peraltro sulla A4 si può correre a 130 chilometri all’ora mentre sulla Pedemontana non si andrà oltre i 110). E questo nonostante il già annunciato sconto del 23% per le auto e del 16% per i tir.

   Lo studio lo scrive chiaramente: la Pedemontana sarà concorrenziale solo sulla tratta Montecchio-Conegliano rispetto alla A4 e la A27 (un vantaggio di tempo, non di costi) mentre esce perdente sia dal confronto con la A28 (direzione Palmanova) che con la A4 (direzione Udine).

   «Insomma, la Pedemontana non sarà affatto conveniente per le lunghe percorrenze conclude Fracasso – si reggerà quasi esclusivamente sui pedaggi che dovranno pagare gli automobilisti che si spostano abitualmente sulla Gasparona, la Postumia, la Sr 53 e la Sp 11, vale a dire i residenti. A cui non a caso sono state tolte le esenzioni». (Marco Bonet)

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QUEL BOND DA UN MILIARDO, UN INCUBO PER LA REGIONE

di RENZO MAZZARO, da “Il Mattino di Padova” del 9/3/2017

– Il governatore perde il braccio di ferro con l’Anas e così cambia il contratto – Addio project, ora è un appalto senza ribasso: il rischio Dogliani senza i pedaggi –

   Cosa sarebbe successo se Giancarlo Galan avesse appioppato ai veneti una tassa fino a 78 euro al mese per un numero indeterminato di anni, per aiutare la Mantovani del suo amico Piergiorgio Baita impelagato nel project della Pedemontana? In un attimo Luca Zaia ha messo in gioco tutto il credito politico che aveva, facendo molto peggio del governo nazionale da lui vituperato, che taglia di qua e di là per far quadrare i bilanci. Non è possibile che non se ne renda conto.

   Ne consegue che a Palazzo Balbi si sta consumando un dramma, ancora in corso, perché mancano caselle troppo importanti. Il dramma personale di un presidente che ha perso il braccio di ferro con l’Anas, la Cassa Depositi e Prestiti e altri “bracci” di uno Stato tentacolare ed è costretto a rimangiarsi uno dei vanti maggiori: non avere applicato alcuna addizionale Irpef, insomma aver lasciato fiscalmente in pace i veneti.  Nei siti va in onda un corso assordante di commenti contrari. Non si è mai visto un plebiscito di queste proporzioni contro Luca Zaia.

   Forse non aveva scampo, perché ingaggiare un contenzioso con il concessionario Sis – del tutto inadempiente e “non bancabile” – equivaleva a bloccare sine die i cantieri, visti i tempi della giustizia italiana. Un disastro sotto tutti i punti di vista (anche di consenso). L’alternativa, dice, era affossare il Veneto sotto il peso di un’opera faraonica che rimarrebbe incompiuta.

   Ma non può essersene accorto solo ora: il primo colpo di ruspa l’ha dato lui, nel 2010. Luca ha sempre detto che la Pedemontana è un’opera simbolo, indispensabile. E’ rimasto prigioniero delle sue parole, del tutto va bene signora marchesa. Adesso deve mantenere la promessa a spese dei veneti. Tutti i veneti, anche quelli che vanno in bicicletta o a piedi.

   C’è il dramma professionale, mettiamola così, del comitato scientifico allestito apposta per trovare una soluzione. Fior di professori, dirigenti e avvocati, al comando di Ilaria Bramezza e Mario Corsini, che hanno lavorato per mesi partorendo un’idea che poteva venire in mente anche al bar: aumentare le tasse. Bel pensatoio.

   Che fine ha fatto il rischio del concessionario, la Sis dei Dogliani, che si era assicurata il project della Pedemontana a patto di assumere il rischio della realizzazione e della gestione, naturalmente incassando i pedaggi? Il privato non è riuscito a chiudere il finanziamento, la Regione ha provato a dargli una mano in tutti i modi, prima gli ha tolto il rischio dei flussi di traffico insufficienti, poi ha chiuso un occhio sul mancato closing finanziario anticipando la quota pubblica, adesso subentra anche nei pedaggi.

   Non è più una concessione, è diventato un appalto. Cambia la natura del contratto. L’imprenditore Dogliani è retrocesso a esecutore ma continua a lavorare con i prezzi da concessionario, giustificati quando esistevano per lui i rischi ora scomparsi.

   La trasformazione non è da poco. Se i veneti devono pagare di tasca loro una quota della Pedemontana, è bene che sappiano che in un appalto normale l’imprenditore Dogliani avrebbe dovuto praticare un ribasso del 30% per assicurarsi l’opera. Questa la percentuale media che gira nel mercato. Nessuno gli chiede di ripristinarla?

   La trasformazione della concessione in un appalto, per quanto mascherato, configura danno erariale, cosa segnalata più volte dalla Corte dei Conti. In questa vicenda e in altre. Per tacere dell’indagine dell’Anac avviata sulla Pedemontana dopo l’atto aggiuntivo del 2013, nei confronti di quel commissario Silvano Vernizzi che non aveva certo azzerato i rischi dei Dogliani. Come sta capitando oggi.

   La Pedemontana costerà 2.258 milioni di euro; 600 ne ha messi di Stato; 300 li metterà ora la Regione con il prelievo Irpef; 1.150 devono arrivare con il bond che finalmente emetterà JP Morgan a carico di Sis; 250 sono la quota di capitale che Sis dovrà integrare.

   Ma chi garantisce la restituzione del bond con gli interessi promessi al mercato? I Dogliani si aspettavano la garanzia della Cassa Depositi e Prestiti ma avrebbero restituito il bond con il ricavato dei pedaggi. Adesso i pedaggi vengono incassati dalla Regione. Dunque la Regione diventa debitrice.

   Ne consegue che sarà la Regione a garantire la restituzione del bond sul mercato internazionale? Se è così, il Veneto non metterà sul piatto solo 300 milioni di euro, ma 300 più 1.150. Con le conseguenze che lasciamo ad altri trarre.

   A quanto si sa finora, la Regione pagherà un canone di disponibilità di 150 milioni di euro all’anno per 9 anni ai Dogliani. Prospettiva senz’altro preferibile per questi ultimi, rispetto al contenzioso che da più parti invece veniva invocato.

   Va da sé che l’intervento adottato per la Pedemontana dovrà essere ripetuto, per continuità amministrativa, anche negli altri project, supposto che scendano dal libro dei sogni dove li ha collocati bontà sua Ilaria Bramezza. In tal caso i concessionari di turno pretenderanno il “trattamento Dogliani”. Sai che prospettiva per l’aliquota Irpef regionale? Sempre che i 300 milioni vengano individuati nel bilancio nel 2017, dove non sono previsti. Servono subito, per sbloccare i cantieri. A qualche capitolo bisognerà toglierli. Siamo alla prima punta di un giallo che andrà avanti. (RENZO MAZZARO)

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«NIENTE DRAMMI, ABBIAMO EVITATO IL PEGGIO»

Lettera di MARCO CORSINI, da “Il Mattino del 11/3/2017

– L’avvocato dello Stato e commissario Corsini nega che la concessione sia stata trasformata in appalto –

   Riceviamo dall’avvocato di Stato e commissario della Superstrada Pedemontana Veneta per la Regione Veneto MARCO CORSINI questa replica all’articolo di RENZO MAZZARO pubblicato il 9 marzo. (vedi l’articolo qui sopra, NDR)

“La concessione di costruzione e gestione  è stata dichiarata di interesse pubblico e così messa a gara dalla Regione nel 2006. Vero è che l’attuale concessionario si è offerto di realizzarla e se l’è aggiudicata, ma non si può sfogare il malcontento addossando tutte le responsabilità a lui.

   Riguardo al rischio, nessuno ha tolto qualcosa a qualcuno, e niente è graziosamente scomparso. Non ci sono favori. Sin dall’inizio il rischio di domanda (ossia il rischio del traffico) non era a carico del concessionario ma della Regione: gli articoli 8 e 15 della convenzione originaria prevedevano che la modifica delle condizioni di mercato derivanti dalla riduzione dei volumi di traffico avrebbero imposto l’obbligo (non la facoltà) per la Regione di ripristinare l’equilibrio del Piano Economico Finanziario.

   E l’atto aggiuntivo del 2013 aveva reso più intenso tale obbligo, prevedendo che oltre una certa soglia la Regione avrebbe dovuto riequilibrare i mancati introiti da pedaggio pagando denaro fresco. In presenza della attuali stime di traffico, molto ridotte rispetto a quelle 2006, le previsioni di esposizione delle finanze regionali erano assai allarmanti.

  Ecco perché si è scelto, non potendolo trasferire, di ridisegnare il rischio di domanda. L’incasso dei ricavi da traffico che la Regione si riserva ha lo scopo di compensare quasi integralmente il canone di disponibilità che si paga al concessionario. Le cifre, e i consistenti risparmi, che ha potuto leggere sono le conseguenze del nuovo impianto concessorio.

 Questo non trasforma affatto la concessione in un appalto. Se vogliamo passare all’appalto, l’opera costa, di sola costruzione, oltre due miliardi di euro: ne manca più di un miliardo (senza parlare della gestione), crede che la finanza pubblica li abbia?

  Quanto al closing, è vero che la convenzione originaria non prevedeva alcun termine; ciò non valeva certo ad autorizzare un suo rinvio sine die, ma con altrettanta certezza non autorizzava alla immediata decadenza dalla concessione; la legge che prevede il termine di conclusione non si può applicare ad una convenzione sottoscritta nel 2009 quando quel termine non c’era. Tuttavia oggi un termine l’abbiamo imposto noi. Ed è un termine cogente.

   Io oggi non mi sento al centro di nessun dramma perché sono convinto che è stato fatto il meglio, nelle condizioni date, per tutelare l’interesse pubblico, che è prima di tutto quello della ripresa e della ultimazione dell’opera.

  La misura fiscale decisa dal governo regionale pare oggi molto penosa e ne sono consapevole, ma ogni altra soluzione sarebbe stata molto più pesante, e in un tempo nemmeno troppo lontano, per le casse regionali e per le sorti dell’economia veneta, come oggi – responsabilmente – ammettono in molti.

   Se la prossima volta, prima di scrivere, vorrà farsi due parole con me sono convinto ne beneficeremo in due.” (MARCO CORSINI)

“Gentile avvocato Corsini, lei è arrivato quando la Pedemontana era già stesa sul letto di morte, per dirla con il presidente Zaia. Se avesse frequentato Palazzo Balbi nel 2013 potrebbe sicuramente spiegarci perché la Regione ha firmato quell’atto aggiuntivo che l’ha messa in croce (stante che il rischio traffico era ripartito fin dall’inizio). Oppure perché ha tollerato che il privato lavorasse soltanto con soldi pubblici. Potremmo discutere della concessione trasformata in appalto mascherato, alla luce delle tante censure della Corte dei Conti. Magari scomodando l’Anac e il tetto del 30% oggi imposto al contributo pubblico nelle concessioni. Potremmo interrogarci sugli espropri, perché non sono stati pagati finora e con quali soldi lo saranno in futuro. Perfino disquisire se si possa usare l’Irpef come tassa di scopo. Giusto per scambiarci simpaticamente informazioni prima di scrivere, come suggerisce lei, se non sapessimo, sia lei che io, dal 1968 almeno, che la tecnica non è neutrale. I professionisti e i consulenti di Palazzo Balbi fanno bene a difendere il loro lavoro: ma se il loro lavoro serve per giustificare l’imposizione di nuove tasse, si devono aspettare la quota parte di reazione dei tartassati, se non altro per un’equa ripartizione del “malcontento”, come lo ribattezza lei”. (RENZO MAZZARO, pubblicato su Il Mattino di Padova)

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ESPROPRI: PAGATI SOLO 50 MILIONI SU 334

di Filippo Tosatto, da “La Nuova venezia” del 17/3/2017

– Mancati indennizzi e ritardo dei pagamenti alle imprese di subappalto: Sis contestata nelle audizioni in Consiglio regionale –

VENEZIA – Gli indennizzi pattuiti con gli espropriati del tracciato Pedemontana Veneta AMMONTANO A 334 MILIONI DI EURO, ad oggi il Consorzio Sis ne ha versati 54, per altri 60 è stata avviata «la procedura di liquidazione», DEI RESTANTI 220 NON SI HA NOTIZIA salvo confidare che il Gruppo piemontese utilizzi i 300 milioni di contributo in arrivo dalla Regione per saldare finalmente i creditori.

   Dopo mesi scanditi da balletti di cifre e ipotesi fantasiose, a calare le carte in tavola è Elisa De Berti, intervenuta alla seduta congiunta delle commissioni chiamate al voto preliminare sulla manovra finanziaria annunciata dal governatore Luca Zaia; «Gli atti di esproprio sono stati 3042 per complessivi 720 ettari e ad oggi gli accordi risarcitori sottoscritti sono 1739», scandisce l’assessore alle infrastrutture «e ad oggi gli accordi risarcitori sottoscritti sono 1739. Il contratto originario tra Regione e Sis non comportava sanzioni al privato in caso di ritardi nell’indennizzo, la nuova convenzione che proponiamo, viceversa, li prevede, includendo anche severe penali sul mancato rispetto del cronoprogramma e obbligo di closing finanziario entro 80 giorni dalla firma del contratto».

   Numeri eloquenti, echeggiati più volte nella giornata di audizioni del ventaglio dei “portatori d’interesse” convocati dal presidente Marino Finozzi in vista del dibattito in aula. I sindaci trevigiani e vicentini, anzitutto; pressoché unanimi (fa eccezione Bassano) nel sollecitare la conclusione dei lavori: «È un’opera strategica, se resterà incompiuta diventerà un “buco nero”, se la completeremo si rileverà un asset fondamentale di crescita» (STEFANO MARCON di Castelfranco); «Tra due mali conviene scegliere il minore, non possiamo lasciare una ferita aperta sul territorio, chi stima 8 mila veicoli al giorno mi fa ridere, ce ne sono di più in una strada interpoderale del mio comune e non capisco perché il Governo neghi un commissario straordinario al Veneto ma lo conceda al Friuli» (MARZIO FAVERO di Montebelluna); «È il grande raccordo anulare del Veneto centrale ma altrettanto importanti sono le opere d’accesso, altrimenti il traffico pesante continuerà a gravare sulla nostra viabilità» (MARCO SERENA di Villorba); «Questa partita va chiusa al più presto ma è ingiusto negare l’esenzione dal pedaggio ai residenti, prima si ipotizzava di limitarlo ai primi 20 km, poi agli ai giovani e agli over 65, adesso più nulla» (MARICA DALLA VALLE di Marostica).

   Un nodo, quello delle esenzioni, che resta irrisolto, scalfito appena dal ribasso tariffario per i veicoli leggeri (23%) e pesanti (16%) che si tradurrà comunque in una media di 15 euro per la percorrenza dei 94,57 km che separano Spresiano da Montecchio Maggiore.

   Convinto il SOSTEGNO DELLE CATEGORIE IMPRENDITORIALI, che pure si riservano una “nota di dettaglio” vista la complessità del dossier e gli stretti tempi a disposizione. Enrico Ramazzina (Ance), Nicola De Gasperi (Confindustria), Mario Borin (Cna), Francesco Giacomin (Confartigianato) e Francesco Meneghetti (Confagricoltura) raccomandano «trasparenza» nella gestione delle risorse, lamentando i ritardi nei pagamenti alle imprese di subappalto che, in qualche caso, rischiano il tracollo.

   E L’ADDIZIONALE IRPEF? «Non è una tassa sui ricchi ma sugli onesti, perché i titolari di redditi superiori ai 28 mila euro sono ben più di quelli censiti dal fisco», afferma Ugo Campagnaro (Confcooperative) «tuttavia, se le risorse eccedenti la rata di mutuo per la Pedemontana saranno destinate alla spesa sociale, io dico sì a questa manovra». «Fate presto e garantite i compensi alle 800 aziende agricole espropriate», fa eco Manuel Benincà di Coldiretti.

   Diverso l’atteggiamento sindacale. «Diamo parere favorevole a condizione che parte dell’addizionale sull’Irpef finanzi in via prioritaria i servizi socio-assistenziali e la salvaguardia dell’ambiente», è la posizione cislina espressa da Anna Orsini. «Progetto insostenibile fin dall’inizio, ora le criticità finanziarie vengono attenuate ma non superate», sostiene la Cgil per voce di Paolo Righetti «sì all’attività dei cantieri ma se Irpef dev’essere, almeno sostenga i ceti sociali più deboli». «In questa fase aumentare le tasse è sbagliato e illogico, non possiamo reclamare l’autonomia e poi imitare le stangate fiscali di Roma», è la conclusione di Bruno Zacchei della Uil.

   E i gruppi politici? Oggi si ritroveranno in commissione per esaminare la manovra. La maggioranza leghista è incline a non forzare i tempi, evitando strappi regolamentari rischiosi: l’approdo in aula, ipotizzato nella prossima settimana, sembra perciò destinato a slittare. (Filippo Tosatto)

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I DANNATI DEGLI ESPROPRI «NESSUNO TOCCHI LA TERRA»

di Enzo Favero e Davide Nordio, da “la Tribuna” del 12/4/2017

VEDELAGO – Nessun blitz di ruspe ieri nei campi di Evelino Signori, comunque sorvegliati a vista: questo in attesa del tentativo di conciliazione che si terrà oggi pomeriggio nel municipio di Vedelago con il sindaco Cristina Andretta a fare da arbitro tra la famiglia Signori, coadiuvata dal consulente Osvaldo Piccolotto, e i responsabili della Sis Giovanni D’Agostino e Pasquale Dolgetta.

   L’obiettivo è trovare il bandolo della matassa in questa vicenda che vede l’odontotecnico di Altivole opporsi ad oltranza contro l’arrivo delle ruspe, fermate nei giorni scorsi da Signori e sorella trasformatisi in scudi umani.

   Il caso di questo terreno tra Vedelago e Altivole coltivato a kamut biologico è solo l’ultimo in ordine di tempo dei contrasti tra chi sta realizzando la Superstrada Pedemontana e chi si ritrova la proprietà occupata e devastata dalla ruspe senza aver mai firmato alcuna cessione.

   Ce ne sono una quarantina di irriducibili tra Vicentino e Trevigiano che hanno detto no all’esproprio e stanno dando battaglia. Complessivamente sono 2.010 i proprietari trevigiani (e 2.285 nel Vicentino) interessati all’esproprio per far spazio alla Superstrada Pedemontana.

   Gli indennizzi valgono complessivamente 340 milioni, di cui 160 circa nella sola provincia di Treviso. Emblematico il caso di Marino Fogal, allevatore tra San Zenone e Spineda: arriva all’onore delle cronache nell’ottobre 2014, lo stesso giorno in cui il governatore Zaia inaugura la testa di ponte dei cantieri Sis nel Trevigiano ad Altivole: Fogal ci va con il suo trattore a protestare contro una strada che gli taglierà a metà la proprietà. Viene fermato dalle forze dell’ordine che lo costringono a spegnere il mezzo.

   Ma una manovra azzardata rischia di travolgere il comandante dei carabinieri Salvatore Gibilisco. Parte una denuncia, Fogal è condannato ed espia la pena facendo i servizi sociali. Prova anche un curioso escamotage per fermare le ruspe: affitta come ufficio parte della sua proprietà ad un senatore M5S, cosa che complica l’esproprio.

   Accade nel 2015 quando, mentre i lavori avanzano inarrestabili scattano le proteste per invasioni indebite di terreno. Pochi giorni dopo la magagna scoppia anche a San Vito di Altivole: Daniela Capovilla a nome della famiglia proprietaria di terreni a pochi metri dalla tomba Brion denuncia che lo spazio concesso per il parcheggio dei mezzi della Sis è di fatto trasformato in una “cava” profonda dodici metri.

   Anche per lei, come per Signori, l’occupazione doveva essere momentanea. Oltre al danno, la beffa: non essendo perfezionata l’occupazione, su quei campi ormai spariti deve pagarci le tasse e pure l’irrigazione. Ma anche chi, volente o nolente, ha ceduto i suoi campi per il passaggio della Spv non sono rose e fiori: «In pochissimi – spiega Osvaldo Piccolotto – hanno ricevuto il denaro pattuito».

   Le ruspe invece sono arrivate puntuali, anzi spesso anche prima che il proprietario dicesse si. Così la battaglia di Gabriele Geremia e Giovanni Scotton, tra i proprietari che hanno partecipato in passato ai presidi. Spesso con loro c’è Elvio Gatto, dentista di Altivole, tra i promotori delle battaglie no-Spv. Non molto diversa la situazione a Montebelluna.

   Qualcuno ha visto un po’ di soldi, ma la maggior parte degli espropriati non ha visto ancora nulla, anche in quei casi in cui c’è stato accordo bonario. Intanto le ruspe, più che avanzare, scavano in profondità lungo i cantieri che punteggiano il Montebellunese. Vicino a dove sarà costruito il casello di Montebelluna Est c’è una coltivazione di ulivi: 4500 metri quadri dove da trent’anni ci sono gli ulivi.

   E’ la proprietà di Giovanni Durante, che di fronte ai confini ha le ruspe della Sis e attende ancora di sapere cosa accadrà. «Si sono fermati e non si sa più cosa succederà -spiega Giovanni Durante- le ruspe scavano in profondità, portano via la ghiaia, ma sono ancora ferme ai confini della mia proprietà. A ottobre abbiamo avuto degli incontri, avevamo detto chiaro e tondo che senza accordo bonario e senza pagamento del valore corrispettivo qui non sarebbero entrati. Avevano detto che ci saremmo risentiti a breve, invece è calato il silenzio, non si sta muovendo nulla. La sensazione è che finché non troveranno i finanziamenti non andranno avanti e finchè non fanno un accordo qui non entrano a distruggere una coltivazione di ulivi che ci dà un discreto reddito».

   Probabilmente lo stop è determinato anche dal fatto che l’ubicazione del casello potrebbe anche cambiare, ma intanto davanti a campi e casa i Durante vedono un paesaggio lunare. «Non riconosco più il luogo dove sono nato e cresciuto – aggiunge con un apunta di amarezza Fabrizio Durante, il figlio – la campagna è stata totalmente stravolta da questi scavi e da queste montagne di ghiaia».

   Chi invece ha visto le ruspe entrare nei suoi terreni e tuttavia non ha visto ancora un euro è Marco Zanatta, via dei Prati, tra Trevignano e Montebelluna. «Hanno fatto l’immissione in possesso, sono entrati, hanno macinato il frumento, hanno fatto una buca, hanno recintato e poi basta». Marco Zanatta non ha fatto l’accordo bonario, ha preparato invece un preventivo sul valore che ritiene di dover avere dalla Sis. «Io non ho visto un euro – spiega – ma neppure quelli che conosco e che hanno fatto l’accordo bonario non hanno visto ancora alcun indennizzo. Erano poi accordi bonari in cui mancava un elemento fondamentale: la data di pagamento. Ha poco il presidente Zaia a dire che la realizzazione della Pedemontana porta lavoro. Lo porta solo temporaneamente a chi opera nei cantieri, ma intanto andranno persi posti di lavoro in agricoltura e eccellenze agricole, perché tanta gente che lavora la terra si troverà poi proprio senza la terra».

   Dove invece i primi soldi sono arrivati è a Sant’Andrea di Montebelluna, dove c’è l’unica casa di Montebelluna che sarà demolita. Lì si è messo anche il sindaco Marzio Favero a fare opera di mediazione perchè la casa si sarebbe trovata su un abisso. E’ stata decisa allora la sua demolizione, fatto l’accordo bonario, dato nei giorni scorsi il primo acconto nei tempi pattuiti. «Non so però quando saranno pagati tutti gli altri vista la situazione che si è venuta a creare – fa notare Gianni Pellizzari, di Legambiente Trevignano – ai proprietari dei terreni sono state fatte tante promesse, ma poi non hanno visto arrivare nulla». (Enzo Favero, Davide Nordio)

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SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA. LEGAMBIENTE VENETO E COVEPA INTERVENGONO CONGIUNTAMENTE

Mar 31st, 2017 www.bellunopress.it/

   “Fermare l’asfalto inutile, avviare soluzioni funzionali e concrete. Un appello alle autorità competenti e a tutti i veneti”.

   Vista la situazione di precarietà nella realizzazione dell’opera (confermata dall’ulteriore prelievo dalle tasche dei cittadini veneti da parte della Regione attraverso l’aumento dell’Irpef), le perplessità rispetto alla disponibilità di ulteriori finanziamenti appaiono oggi legittime. Inoltre, le insufficienze del traffico giornaliero medio previsto sono crollate dagli originari 33.000 veicoli della prima previsione del 2003 (del proponente) agli attuali presumibili 15.000 veicoli: un drastico ridimensionamento che ricalca quanto già accaduto in Lombardia con la Bre.Be.Mi, l’autostrada più inutile e dannosa del Paese che doveva essere a carico di imprese private ed invece, come accade oggi in Veneto, a pagare sono solo i cittadini, e gli utenti.

   Vogliamo essere ricordati per una SPV Superstrada Pedemontana Veneta  “nuova Bre.Be.Mi” o scanzonati per una SPV rediviva “salerno-reggio calabria in salsa nostrana”?

   Da veneti, non ci auguriamo nessuna delle due ipotesi. Crediamo che, se quest’opera deve essere realizzata, non possa rimanere incompiuta, fossilizzata su progetti sbagliati, previsioni sovrastimate e mala gestione finanziaria. Per realizzarla in tempi sostenibili è necessario ridurre drasticamente i costi con una revisione coraggiosa del progetto attuale. Solo così si potrà dare maggiore funzionalità a questa infrastruttura per il traffico dell’area pedemontana ad un minor impatto ambientale, economico e sociale.

   Tutto ciò, ricordiamo, per una autostrada che apre uno squarcio di centinaia di ettari asfaltati in una delle campagne più fertile d’Italia, destinata a un traffico che preferisce ricorrere alla viabilità ordinaria piuttosto che pagare pedaggi esosi, che non ha ancora realizzato tutte le compensazioni ambientali previste, né finito di pagare gli espropri dei terreni sottratti all’agricoltura.

   Per salvare la Superstrada Pedemontana Veneta e far sì che non sia l’ennesima ferita aperta, squarcio sul territorio, chiediamo quindi alle autorità locali, regionali e nazionali, ed alla politica in generale, di fermare l’asfalto inutile e di impegnarsi ad aprire un confronto concreto con i cittadini del Veneto per una realizzazione compatibile e funzionale di quest’opera che si basi su capisaldi che in questi anni cittadini, associazioni e comitati hanno a più riprese sottolineato e che LEGAMBIENTE e COVEPA hanno concretamente esplicitato e depositato ai Consiglieri regionali durante le audizioni dello scorso 16 marzo:

RIDUZIONE DEI COSTI IMPRESCINDIBILE. A nostro avviso i costi si possono ridurre notevolmente stralciando dal progetto l’INUTILE TRATTO OVEST, tra le due autostrade (la a31 e la a4), già ora ben collegate tra loro, riducendo la lunghezza dell’opera (e di conseguenza i costi) di ben 30 chilometri sui 95 ora previsti (in quei 30 Km è prevista una rischiosa galleria di 6km -in un territorio compresso già da altri rischi ambientali- che verrebbe anch’essa stralciata dal progetto). LA REVISIONE DEL PROGETTO ATTUALE (un project review) è necessaria. Se l’opera deve prioritariamente servire il traffico dell’area pedemontana veneta (locale e di collegamento alla viabilità extraregionale), I CASELLI ATTUALI NON RISULTANO FUNZIONALI.

   SI PROPONE, OLTRE ALLO STRALCIO DEL TRATTO OVEST, L’ELIMINAZIONE DEGLI 11 CASELLI SUI SESSANTACINQUE CHILOMETRI DA THIENE/DUEVILLE A SPRESIANO, SOSTITUITI DA 28 ACCESSI APERTI DI FORMA COMPATTA, che colleghino in entrata-uscita le 28 principali strade della viabilità locale nord-sud pedemontana.

   IN QUESTO MODO LA RIDUZIONE SOSTANZIALE DELLE OPERE DI ADDUZIONE LOCALE (bretelle, cavalcavia, circonvallazioni, migliorìe alla viabilità etc.), ELIMINERÀ LA NECESSITÀ DI NUOVE VENE DI ASFALTO DI COLLEGAMENTO AI CASELLI.

   Una SPV più “leggera”, ambientalmente meno impattante, al servizio delle realtà locali, che diventa essa stessa circonvallazione di ciascun Comune. Progettare secondo principi di sostenibilità e legalità, applicando alla realizzazione della SPV il principio del Green Infrastructures Public Procurement (GIPP). Un segnale forte per le gare d’appalto pubbliche che comportano modificazioni rilevanti dell’assetto del territorio, e che dovranno prevedere come obbligatorie soluzioni innovative e rilevante utilizzo di materiali riciclati.

   Risulta inoltre indispensabile per una pianificazione urbana finalizzata al mantenimento ed al recupero della PERMEABILITÀ DEI SUOLI, PROGETTARE E REALIZZARE CONTESTUALMENTE UNA “SPV VERDE”: una necessaria infrastruttura verde complementare alla soluzione “SPV grigia” imposta ai territori, indispensabile per fermarne il degrado oltre che per sviluppare e valorizzare il territorio naturale. Solo così procedendo la SPV potrà diventare una infrastruttura utile e non invisa alle popolazioni, ed essere terminata con costi inferiori e veri benefici per l’area pedemontana veneta, per il suo ambiente e per chi vi abita e lavora. (LEGAMBIENTE e COVEPA)

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PEDEMONTANA VENETA:

ALCUNI UTILI APPROFONDIMENTI su finanza di progetto, stato dell’opera e alternativa. I podcast degli interventi di Erasmo Venosi, Massimo Follesa e Marco Milioni (interventi a un convegno ad Asolo il 4 aprile scorso). Il dibattito attorno alle magagne della Spv e non solo, si allarga… Sul blog di Marco Milioni ci sono un po’ di spunti per chi vuole approndire:

http://marcomilioni.blogspot.it/2017/04/si-parla-di-strade.html

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PEDEMONTANA, IL PRIMO SÌ ALLA MANOVRA FINANZIARIA

di Filippo Tosatto, da “Il Mattino di Padova” del 23/3/2017

– In commissione Lega e centrodestra votano il contributo di 300 milioni a Sis e l’addizionale Irpef per il 2018. Contrario il Pd, i 5 Stelle abbandonano l’aula –

VENEZIA. Dal Consiglio regionale arriva il primo sì nel travagliato percorso politico-amministrativo della Pedemontana Veneta ed è quello espresso, a maggioranza, dalle commissioni Affari istituzionali e bilancio convocate in seduta congiunta dal presidente Marino Finozzi. Il voto favorevole di Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e SiamoVeneto riguarda lo stanziamento di un contributo di 300 milioni ai cantieri della superstrada e la reintroduzione dell’addizionale regionale sull’Irpef nel 2018 (il gettito è stimato in 220 milioni) a copertura del mutuo acceso per finanziare l’opera.

   «Con queste misure assicuriamo continuità ai lavori della Pedemontana, scongiurando i rischi di una paralisi rovinosa», è il commento soddisfatto del leghista Finozzi «rilevante anche l’emendamento che limita ad un unico anno l’aliquota Irpef: un passaggio necessario per garantire ai veneti che quanto chiediamo sarà temporaneo e varrà in modo specifico per questa operazione»; ora la decisione finale spetta all’assemblea: «La discussione in Consiglio avverrà già la settimana prossima, presumibilmente martedì e mercoledì».

   Il via libera dei commissari è stato tutt’altro che indolore, tanto che al momento del voto i 5 Stelle hanno abbandonato l’aula rifiutando «ogni responsabilità» in una manovra giudicata «illegittima e vergognosa». «Le nostre proposte sono state ignorate», lamenta Stefano Fracasso, il capogruppo del Pd «a partire da quella di spalmare in tre anni l’erogazione di 300 milioni, così da evitare il prelievo fiscale. Perciò abbiamo votato contro e daremo battaglia in Consiglio»; «È ingiusto tassare i veneti per mascherare i buchi di un privato inadempiente», rincara il dem Andrea Zanoni «il Consorzio Sis-Dogliani finora non ha sborsato un soldo e Zaia avrebbe dovuto mandarlo a casa». «Nessun favore all’impresa, che anzi è stata costretta a ridurre i margini di ricavo», ribatte Francesco Calzavara (Lega) «ma è nostro dovere completare un’opera che avrà una ricaduta positiva sull’intero sistema produttivo veneto, non soltanto lungo i 94 km che la riguardano». E se Cristina Guarda (Lista Moretti) sollecita «priorità assoluta per gli indennizzi agli espropriati e in particolare ai proprietari di fondi e agli agricoltori», Marino Zorzato (Ap) attacca a fondo l’esecutivo definendo «anomala e ad alto rischio di contenzioso legale la modifica del contratto», dapprima a tariffa e ora a canone «che blinda i profitti del concessionario e addossa tutti i rischi d’impresa alla Regione»; «Quando la convenzione è stata aggiornata tu dov’eri? Mi risulta fossi il vice di Zaia», la frecciata di Antonio Guadagnini di SiamoVeneto, che se la prende con lo Stato: «È immorale che incassi 2,5 miliardi di imposte su un’infrastruttura di interesse strategico nazionale» e auspica che «i pedaggi divengano compatibili con quelli dell’A4 se vogliamo che i volumi di traffico siano rispettati e quindi non sia la Regione a ripianare i mancati introiti di Sis» che, a sua volta, «dovrebbe farci un ulteriore sconto, visti i suoi margini esorbitanti».

   Tant’è. Nel gruppo tosiano Giovanna Negro non lesina critiche al segretario generale di Palazzo Balbi che ha condotto le trattative – «Ilaria Bramezza è colpevole di inerzia, conosceva la criticità del dossier Pedemontana fin dal luglio 2016 ma si è attivata in ritardo»; mentre Andrea Bassi, pur temendo che la superstrada «si ritrovi sepolta da quintali di carte bollate» dopo la diffida legale inviata da Impregilo (il colosso escluso dall’appalto) manda a quel paese «gli sciacalli che cavalcano il disastro».

   Fino al M5S: «Noi veneti siamo un popolo di imprenditori, non ci vengano a prendere in giro, qua il privato senza pagare nulla avrà ricavi per miliardi di euro. Quale business, investendo zero euro e con zero rischi, ti dà il 90% di ricavi lordi?», le parole di Jacopo Berti, Erika Baldin, Manuel Brusco e Simone Scarabel, che hanno disertato il voto mentre l’eretica a 5 Stelle Patrizia Bartelle ha scelto di restare in aula e di esprimere un «no sdegnato». (Filippo Tosatto)

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PER UNA ALTERNATIVA ALLA SUPERSTRADA PEDEMONTANA VENETA (SPV)

(chiediamo un’opera come serve e dove serve, e che non rimanga solo una ferita aperta com’è adesso)

Noi, cittadini abitanti nell’area pedemontana veneta, e che in questi anni in vario modo abbiamo conosciuto le vicende della SPV, qui PRESENTIAMO UN NOSTRO APPELLO alle Autorità competenti e a tutti i veneti.

Vista la situazione di stallo della SPV, e i dubbi che ci sorgono sulla proposta della Giunta Regionale e sulla possibilità che i finanziamenti saranno trovati, noi pensiamo CHE L’OPERA NON PUO’ RIMANERE UN’ “INCOMPIUTA”, e che per realizzarla in tempi e con contenuti sostenibili lo si può fare SOLO RIDUCENDO DRASTICAMENTE I COSTI e con UNA REVISIONE CORRAGGIOSA DEL SUO PROGETTO ATTUALE.

Per la SPV, RIDUZIONE DEI COSTI e REVISIONE DEL PROGETTO sono due cose strettamente collegate, e pure porterebbero a una maggiore funzionalità di questa infrastruttura per il traffico dell’area pedemontana, e a un minor impatto ambientale.

A nostro avviso I COSTI SI RIDUCONO NOTEVOLMENTE STRALCIANDO DAL PROGETTO L’INUTILE TRATTO OVEST, tra le due autostrade (la A31 e la A4), già ora ben collegate tra loro, riducendo la lunghezza dell’opera (e di conseguenza i costi) di ben 30 chilometri sui 95 ora previsti (in quei 30 chilometri c’è anche una galleria di 6 chilometri, che verrebbe anch’essa stralciata dal progetto!).

UNA REVISIONE DEL SUO PROGETTO ATTUALE (un PROJECT REVIEW) E’ NECESSARIO!

Se l’opera deve prioritariamente servire il traffico dell’area pedemontana veneta (locale e di collegamento alla viabilità extraregionale), I CASELLI ATTUALI NON SONO PER NIENTE FUNZIONALI. Vogliamo proporre qui l’ELIMINAZIONE DEGLI 11 CASELLI sui sessantacinque chilometri da Thiene/Dueville a Spresiano, e si realizzino invece 28 ACCESSI APERTI di forma compatta (con eventuale pedaggio totalmente automatico), che colleghino in ENTRATA-USCITA le 28 principali strade della viabilità locale nord-sud pedemontana. Azzereremo così ogni OPERA DI ADDUZIONE locale (bretelle, cavalcavia, circonvallazioni, migliorìe alla viabilità etc… delle quali alcune ora si stanno pure togliendo dal progetto per risparmiare), non essendo più necessarie le arterie di collegamento al casello. Una SPV “leggera”, meno impattante, al servizio delle realtà locali, diventa essa stessa CIRCONVALLAZIONE di ciascun comune.

Chiediamo alle AUTORITA’ LOCALI, REGIONALI, NAZIONALI, di impegnarsi per una REALIZZAZIONE COMPATIBILE E FUNZIONALE di quest’opera, sicuri che solo così potrà essere terminata, costerà molto meno a tutti noi cittadini, e ne verrà un vero beneficio per l’area pedemontana veneta.

16 marzo 2017

7 PUNTI D’ORO PER UN’ALTRA STRADA

Sono passati 15 anni a tentare di costruire una super-autostrada e invece abbiamo una disastro ambientale costruito proprio dal commissario. Ha fatto il velo alle responsabilità politiche che ricadono per primo su Luca Zaia. Dal 2001 voleva un’autostrada ed ora ha un buco per i suoi amici della ghiaia, un buco nel territorio per i suoi amici dei comuni, un buco finanziario per i suoi amici delle banche e un buco economico per il suo bilancio. Va ricordato tutto il dimenarsi di una intera classe politica, che fino a ieri chiedeva il commissario come un bimbo chiede di non fare ciò di cui ha paura: assumersi le proprie responsabilità. Quei politici volevano un’autostrada: un pranzo di gala per le loro cordate e hanno un fallimento.

Ricordiamo bene le questioni per punti:

1) La Pedemontana Veneta ha perso il commissario , ma con lui va allontanato il gruppo di gestione di questo fallimento con tutti i vertici, i collaboratori, gli assistenti e i passa carte;

Lo stop ai cantieri è nei fatti e i Dogliani sanno benissimo che a gennaio non saranno in grado di riprendere i lavori se non immettono i capitali a cui li obbliga il contratto firmato. A meno che non intervenga la Regione Veneto attivando clausole fraudolente nel contratto che potrebbero portare l’esborso pubblico ora previsto a 614 mln di € a oltre 1 mld. Va riviste la gestione dei lavori e riprenderli dove realmente serve cioè in provincia di Treviso e per restituire la mobilità tra Bassano e Thiene.

2) Il tavolo avviato deve essere un tavolo trasparente, permanente e partecipato con i sindaci, le province i cittadini e le organizzazioni del territorio. Vanno chiariti tutti i dettagli sul sistema di finanziamento, degli interessi e del rischio, per riprogettare una SPV dove serve e come serve. Luca Zaia responsabile politico di questo fallimento da i numeri che da noi non ha mai voluto ascoltare: ricordiamo bene le parole del suo assessore appena insediato nell’incontro avuto con noi a settembre 2015, sembrava non capire i numeri, adesso questi sono una realtà e stando a questi numeri non avremo il punto di pareggio neanche con 20mila veicoli in media al giorno.

3) La revisione del sistema dei flussi di traffico, dei pedaggi deve contemplare la riduzione dei costi del progetto con i taglio di tratte inutili a partire dal blocco della galleria Malo-Caselgomberto e del primo lotto. Se si interrompe il tratto ovest, ed è possibile farlo dalla A31 a Castelgomberto, si risparmiano oltre 700mln€, con riduzione dell’esposizione finanziaria. C’è un dato che deve far riflettere ed è quello di AISCAT sulla A31 e sulle due strate provinciali che collegano Thiene e Schio con Vicenza. La prima porta medie giornaliere di 14.000 veicoli, mentre le altre superano tutte le 20mila unità. Vanno tenuto in conto dunque che pochi entrano in strade a pedaggio e soprattutto basta con la tiritera dei flussi alti: sono tutti da nord a sud e non est-ovest.

4) La SPV deve essere superstrada a percorso libero per i residenti, va rivisto il sistema dei caselli, il pedaggiamento e le tariffe devono essere popolari per consentire il reale utilizzo al traffico locale. Va organizzata una mensa popolare per tutti, solo così si riuscirà a recuperare la Pedemontana Veneta alla realtà di un servizio alla mobilità locale. Vanno cancellate le chimere di una infrastruttura interregionale, siamo di fronte a limiti economici che ci consentono di costruire un collegamento tra due realtà periferiche e provinciali dal punto di vista territoriale.

5) La prosecuzione dell’opera con questo contratto di concessione che in realtà finora è stato un contratto di appalto ha risvolti da codice penale. Se si vuole far andare avanti la Pedemontana Veneta lo si può fare cambiando la legge oppure i privati mettono 1,7 mld di € di fondi propri oltre ai costi finanziari e agli oneri fiscali cioè oltre 2 mld totali.

6) Va chiusa la farsa sugli espropri: vanno pagati prima di tutti quale garanzia di ogni eventuale ripresa dei lavori, servono 300 mln di € subito e chiusi in cassa forte ai Dogliani più nessuno crede soprattutto per la macchinetta che hanno creato nel loro ufficio espropri, ma soprattutto per i metodi che usano.

7) La soluzione deve essere pubblica senza nuove tasse o imposte, anche quella che immagina l’intervento di Anas che deve contemplare Applicazione del Codice degli Appalti con il via a un project-review della SPV. C’è da chiedersi se Anas può fare come per A2 intervennedo nel progetto e nel sistema dei finanziamenti riconvertendo così quella che si prospetta come la Salerno-Reggio del Nord-Estil. Va tenuto il timone negli ambiti indicati dalla Corte dei Conti e da ANAC, nel rispetto la direttiva 2014/23/UE sul rischio operativo bancario a carico del concessionario.

Presentare una visione critica e alternativa al disastroso disegno del presidente non cosa semplice in così poco tempo.

Egli invoca i soldi dello stato e finge di non sapere che finora l’unico denaro speso sulla SPV, viene dal Governo, dai cittadini anche veneti. Chi piange per il pesante drenaggio fiscale imposto ai veneti e finge di non capire che lo Stato è pronto a garantire il salvataggio della Montecchio-Spresiano, entrando con il piano industriale di ANAS, ma va contestata alla SIS dei Dogliani l’inadempianza contrattuale proprio sulla base della concessione 2009 e dell’ atto aggiuntivo del 2013 . E’ per lo meno sospetto perché egli si rifiuti di farlo: ha parlato di fallimento del sistema, ma noi sappiamo benissimo che sarebbe il fallimento solo di un sistema di prenditori che sta trascinando a fondo egli stesso. Sono la rete di imprese con il conclamato sistema di sub-appalti leati al contraente generale, e con esso alla rete degli interessi che rischiano il tracollo. Ci domandiamo se la Lega Nord vorrà difendere il presidente in questa visione scellerata del Veneto in questa distopia, in questo incubo a occhi aperti.

CI APPELLIAMO A TUTTI VOI CONSIGLIERI SUL TEMA DELLA LEGALITÀ, della buona amministrazione, della giustizia e della verità, affinchè siate capaci di alzare la vostra voce contro una così scellerata decisione presa spegnendo le voci più attente e critiche. Ritorniamo a mettere le persone al centro della politica.

Nella relazione sul nuovo piano industriale del Presidente di Anas Armani si legge: «Gli Onorevoli Senatori Borioli, Sonego e Puppato hanno chiesto se Anas intende entrare nella società che sta realizzando la Pedemontana Veneta. Al momento non è previsto che Anas partecipi in Pedemontana Veneta e nessuna richiesta è stata in tal senso avanzata. Come noto Anas è presente in Veneto attraverso CAV – Concessioni Autostradali Venete S.p.A. (costituita il 1° marzo 2008 in partecipazione paritetica tra Anas e la Regione), collaborando con soddisfazione operativa ed istituzionale con la Regione in un territorio fortemente industrializzato. Una infrastruttura collocata in quel territorio, con un piano economico finanziario che abbia previsioni di traffico non necessariamente aggressive, si ritiene possa essere profittevole e che quindi non debba patire di problemi di finanziabilità.

Vale in proposito ricordare che Anas è un concessionario sui generis che opera sul territorio ma che non entra nelle aeree dove già esiste competizione tra privati. Si tratta di un concessionario pubblico, sotto la vigilanza del MIT, che ha senso possa entrare in quei contesti in cui il mercato presenta delle difficoltà.

Pedemontana Veneta è certamente un’opera fondamentale, tra le più grandi dal punto di vista autostradale, pertanto è importante che ci sia la massima attenzione da parte delle istituzioni. Anas non ha evidenze in merito alla gestione commissariale o su eventuali inadempienze del concessionario.

Sicuramente CAV potrebbe operare in modo da completare opere in project financing, laddove vi fossero i presupposti di finanziabilità industriale, grazie alla maggiore affidabilità e all’apporto di equity all’interno di una operazione greenfield. Per rendere tutto ciò possibile, tuttavia, è necessario modificare la norma costituita di CAV (Legge Finanziaria per il 2007) affinchè la società possa intervenire sulle infrastrutture di interesse regionale, e non solo sul collegamento tra l’Autostrada A4 – tronco Venezia- Padova, opera per la quale la società era stata originariamente concepita.»

Va in oltre ricordato che l’Anas può impegnarsi interventi di salvataggio ma su il modello preciso indicato dalla Asti-Cuneo dove «».

In conclusione infatti Armani dichiara che sono possibili interventi nel campo della finanza di progetto secondo il seguente schema: «In conclusione, per rispondere in particolare alla domanda dell’Onorevole Senatore Filippi sul futuro prospettico di Anas, desidero illustrare brevemente tre punti chiave della trasformazione operativa di Anas, che si orienterà verso:

1) un nuovo modello di partenariato pubblico privato, mediante contratto di costruzione e gestione della rete autostradale con identificazione di un sistema regolatorio in grado di trasferire il rischio imprenditoriale al Concessionario, prevedere premi/penalità e remunerare il capitale investito;

2) una riorganizzazione e gestione delle partecipazioni societarie Anas in una “Anas Holding di Partecipazioni” così da da sviluppare (tramite acquisizioni o subentro) altre concessioni autostradali nazionali rispetto a quelle già detenute;

3) una focalizzazione attraverso Anas International su commesse e concessioni all’estero per la realizzazione e gestione di nuove infrastrutture.

Con riferimento al punto 1, il nuovo modello di finanziamento prevede l’introduzione di un meccanismo di partenariato pubblico-privato, in sostituzione di quello attuale basato sull’erogazione di contributi, che remuneri Anas sulla base di parametri di mercato tenendo conto del volume di investimenti effettivamente realizzati e di indici di efficienza, sicurezza, di traffico disponibilità.

Il Contratto di programma 2016 in discussione disciplina infatti, ai sensi Convenzione di Concessione ed in attuazione della Legge di stabilità per il 2016, il complesso delle obbligazioni intercorrenti tra il Concedente Ministero delle Infrastrutture e dei trasporti ed Anas S.p.A.

relativamente alle attività di costruzione, manutenzione e gestione della rete stradale e autostradale non a pedaggio in diretta gestione. In particolare il Contratto definisce il corrispettivo a fronte delle opere da realizzare e dei servizi da rendere sulla base del piano pluriennale, nonché gli standard qualitativi e le priorità, il cronoprogramma di realizzazione delle opere, le sanzioni e le modalità di verifica da parte del Ministero. Si individuano in tal senso modo chiaro i reciproci obblighi assunti, responsabilità e benefici con la definizione di un chiaro sistema di regole sul rispetto di tempi e costi mirati ad un chiaro trasferimento del rischio economico finanziario sulla Concessionaria.

Con riferimento al punto 2, Anas ha avviato un processo di riorganizzazione che prevede il

conferimento ad una NewCo dei diritti connessi alle partecipazioni detenute in società concessionarie di autostrade e trafori a pedaggio (Società Italiana per il Traforo del Monte Bianco, Autostrada Asti–Cuneo S.p.A., Concessioni Autostradali Venete – CAV S.p.A., Società Italiana Traforo Autostradale del Fréjus – SITAF S.p.A.) ed in Anas International Enterprise S.p.A. (“AIE”), che offre servizi integrati di ingegneria all’estero. Tali società già oggi operano a regole di mercato e sono estranee al servizio non a pedaggio che Anas svolge come concessionario della rete stradale di interesse nazionale.

Il nuovo veicolo societario, garantendo rendimenti in linea con gli standard di mercato, potrà accedere al mercato dei capitali, per ottimizzare la propria struttura di capitale ed utilizzare le risorse disponibili o di nuova raccolta per poter cogliere eventuali nuove opportunità di business». (link alla relazione completa:

https://drive.google.com/open?id=0B4jsmlFuiwuxdkxIZ1BpT2VVY3c )

Con lo scopo di chiarire meglio le opportunità offerte dall’intervento di Anas si allega il link all’audio video dell’intervento del presidente Armani in 8^ commissione al Senato e del quale se ne suggerisce l’audizione in questa sede –

https://drive.google.com/open?id=0ByxelasYE3myS1RycTlfSjNRYUU

http://webtv.senato.it/4621?video_evento=3172 .

La questione è semplice e mi stupisco che finora nessuno in consiglio l’abbia sottolineata, Zaia dice che dobbiamo fare così perchè lo stato, il governo non ci da i soldi che i veneti lasciano con gli oltre 21 mld di tasse allo stato e che questo si rifiuta di finanziare la spv. Ma non è così finora si sono spesi 614 mln: 244 con leggi del 1998 2000, due finanziarie che hanno stanziato 600 mld di lire e un intervento recente del 2013 per 370 mln di €. Vale a dire che il governo ha investito 614 mln di €. Con quei denari si è stravolto già dal 2013 la convenzione e Zaia poteva sin da allora contestare al concessionario quello che oggi giudica ineluttabile cioè che non riesce a finanziarsi. Ma l’alternativa alla proposta di Zaia esiste e si chiama ANAS. Questa sta già operando in virtù di un piano industriale che sebbene abbia come priorità la gestione delle strade non a pedaggio, la vede coinvolta nei numerosi project in crisi almeno 5 tra cui al nord l’Asti-Cuneo. Il salvataggio dunque di SPV è possibile anche con un intervento risolutore di ANAS e per questo il suo presidente in 8^ commissione ha chiesto specifiche provviste.

Ha poi chiesto di avere il controllo della società concessionaria entrando con un pacchetto di maggioranza nella montecchio.sprsiano. Buttare in canale i Dogliani di fatto insolventi è la condizione di partenza. Chi non fa questo lo fa per salvare la miriadi di ancelle che in spv sono entrate in sub appalto sono tutti appartanenti a gruppi trevigiani e vicentini ma non mancano gli investitori immobiliari e dei grandi gruppi della distribuzione agroalimentare veneta. vi pare dunque una questione solo di IRPEF, solo uno specchietto per le allodole è la SPV.? Chi vuole l’imposta garantisce con il contributo della regione l’insolvenza generale del sistema operativo industriale dei contractor difronte al sistema bancario, e rimodulando in futuro anche il bond.

Questa operazione non è più finanza di progetto ma alterazione delle regole di mercato, contributo in frode alla legge trasfomazione di una concessione in appalto.

«In conformità all’articolo all’articolo 143 del Decreto 163/2006» ovvero il codice dei contratti pubblici, che peraltro è stato modificato, la Regione Veneto e la Sis, concessionario per la Pedemontana Veneta «possono chiedere la revisione del contratto in ragioni di «variazioni apportate… dal concedente… da cause di forza maggiore…». Al verificarsi di tali evenienze sarà possibile rideterminare «il canone di disponibilità…» nonché la ridefinizione degli importi «del contributo in conto costruzione e di altri eventuali contributi pubblici». Sono questi alcuni dei passaggi più delicati della modifica della convenzione per la Pedemontana Veneta che stanno mandando in fibrillazione l’amministrazione regionale.

Sulla base di questo importate testo normativo che regola i rapporti di concessione nella convenzione del 2009 leggiamo all’articolo 8 che: Per altro non modificato dall’aggiunta del 2013, dove all’art. 3 si parla dell’art 8 bis che salvaguardia il comma 2 del precedente.

Tali questioni emergono ancora nella bozza a disposizione dei consiglieri e presentata negli allegati del disegno di legge in questione all’articolo 11 c1 lett.c. Infatti appare evidente che le medesime questioni relative all’inserimento di nuovi dispositivi normativi tesi ad obbligare il concessionario a finanziarsi entro tempi certi erano introducibili non appena le norme in questione fossero emerse e quindi almeno dall’estate del 2013 se non anche in precedenza. Proprio in virtù di «nuove norme legislative e regolamentari che stabiliscano nuovi meccanismi tariffari o nuove condizioni per l’esercizio delle attività previste nella concessione» si deve dichiarare inadempiente verso gli obblighi contrattuali il concessionario poiché ha mancato rispetto al reperimento delle fonti di finanziamento a lui spettanti e delle conseguenti garanzie bancarie conseguenti, ai sensi dell’articolo art. 144 comma 3-quater del Decreto Legislativo 163/2006 che norma la mancanza del finanziamento entro termini di legge. Tale obbligo è stringente sulla base dell’articolato stesso contrattuale e degli obblighi d’ufficio del precedente concedente, il commissario Vernizzi che agiva in sostituzione della Regione Veneto, ed ora tali obblighi d’ufficio sono in capo alla Giunta.

16 marzo 2016 – Matilde Cortese, Massimo Follesa, Elvio Gatto, portavoce CoVePA

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ALTRO ARGOMENTO

CONCORRENZA E MERCATI

QUELLE SPA DI STATO, OPACHE E INEFFICIENTI

di Marco Ponti, da LA VOCE.INFO del 14/4/2017 www.lavoce.info/

– Perché proliferano le società per azioni pubbliche, soprattutto nel settore dei trasporti? La giustificazione ufficiale è sempre la ricerca dell’efficienza. Ma è forte il dubbio che dietro alla loro costituzione ci siano obiettivi più discutibili. –

Definizione di società per azioni

Secondo il codice civile, una società per azioni è un’organizzazione finalizzata al profitto, che va ripartito tra gli azionisti. Già questa constatazione formale giustifica perplessità: come mai lo stato – o altre amministrazioni pubbliche che non hanno certo fini di profitto – dovrebbe costituire Spa? La proprietà pubblica ha poi di per sé natura fortemente anticoncorrenziale: si pensi per esempio all’accesso al credito, ma anche ai “rischi regolatori asimmetrici” per potenziali nuovi entranti nei mercati rilevanti. Quindi gli eventuali profitti di queste imprese sembrano verosimilmente avere natura di rendita di monopolio, con i danni economici che ne conseguono.

   Inoltre, vi sono società per azioni pubbliche pesantemente sussidiate dallo stato o dagli enti locali. Nulla di in sé obiettabile: producono servizi cui si attribuisce utilità sociale. Tuttavia, non vi sono nessi tra socialità e soggetto che produce il servizio, ma solo tra socialità e caratteristiche di prezzo e qualità dei servizi forniti agli utenti.

   Altre società pubbliche gestiscono “monopoli naturali”, cioè infrastrutture, che per loro natura non è efficiente mettere in concorrenza. Ma in alcuni casi il ruolo è affidato a soggetti privati, in altri no, con una logica mai esplicitata.

   Nel recente proliferare di Spa pubbliche, sono poi sorte società che svolgono funzioni di regolatori o di controllori o di stazioni appaltanti, un ruolo squisitamente ed esclusivamente pubblico.

La situazione nei trasporti

Nel settore dei trasporti le società di questo tipo dominano. Ferrovie dello stato (Fsi) è una Spa pubblica, che riceve trasferimenti dall’erario per circa 11 miliardi all’anno sia in conto capitale che in conto esercizio. Dichiara profitti a valle dei trasferimenti, che sono a mio avviso definibili “sussidi” – e non “corrispettivi” come sarebbe auspicato da Fsi – in quanto sostanzialmente arbitrari. Nessuna comparazione quantitativa è stata mai fatta tra risultati sociali conseguiti, anche di tipo ambientale, e fondi pubblici erogati: perché non sono il doppio o la metà?

   Per rimanere nelle infrastrutture, le autostrade sono affidate con contratti di lungo periodo sia a società pubbliche o semipubbliche che a privati (la maggiore, Autostrade per l’Italia), senza che se ne sia mai chiarita la ragione economica. E la natura di Spa anche del soggetto pubblico concedente (Anas) impedisce la divulgazione dei piani finanziari che sono alla base delle concessioni, proprio in quanto contratti tra Spa. Quei contratti risultano ancora sostanzialmente “segretati” e difficilmente ottenibili anche da un parlamentare che ne chiedesse la visione. Eppure, non vi sono dubbi che si tratti di documenti di rilevante interesse pubblico.

   Di tipo privatistico (Spa) sono i regimi aeroportuali, ma non quelli dei porti. E sono per la gran parte Spa pubbliche la moltitudine di aziende

del trasporto locale, possedute da comuni e regioni e sussidiate (definizione sempre “sgradita”) con circa 5 miliardi all’anno dallo stato e

dagli enti locali, in genere con livelli di efficienza molto bassi. Anche per il settore aereo vi sono Spa con funzioni totalmente pubbliche, come Enac per il controllo di aeroporti e compagnie aeree, e Enav per l’assistenza al volo.

   Alcuni anni fa poi in Lombardia è stata costituita una Spa (“Infrastrutture lombarde”) con il compito esclusivo di concedente di autostrade nuove. Notoriamente un modello di grande successo, cui si ispirano molte altre regioni.

   Quali sono gli obiettivi formalmente dichiarati, all’atto della costituzione di Spa pubbliche? Sempre l’efficienza, per potersi liberare di “lacci e lacciuoli” che paralizzano le attività interne alla pubblica amministrazione. La sensazione è che si tratti di un velo che occulta obiettivi assai più discutibili. Innanzitutto, consente discrezionalità sia nelle assunzioni del personale, a tutti i livelli, che nelle retribuzioni, in media nettamente più alte rispetto a quelle nello stato (con la conseguenza di aumentare, non ridurre, fenomeni di “cattura” e di “voto di scambio”, forse addirittura più agevoli che nelle strutture pubbliche tradizionali).

   Ma probabilmente la motivazione più rilevante risiede nella possibilità di aggirare, grazie alla loro (solo formale) natura privatistica, molti vincoli di bilancio o di trasparenza richiesti dall’Europa.

   Tra l’altro, non risultano essere mai stati analizzati i guadagni di efficienza dichiarati all’atto della loro costituzione: l’evidenza sembra indicare il contrario e confermare possibilità di sottogoverno molto più agevoli. Inoltre è difficile ottenere informazioni sulla reale efficienza di imprese non esposte alla concorrenza.

Che fare? La risposta sembra davvero semplice, e si rifà a un solido “mantra” anglosassone: “il pubblico faccia il pubblico e il privato il privato”. L’eterogeneità dei fini di Spa pubbliche non può che generare opacità amministrativa e politica. (Marco Ponti)

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