LA GRANDE SETE possibile in aumento nel Pianeta – Uso e consumo d’acqua da rivedere; e per le AREE DI CRISI (l’AFRICA in primis) è possibile investire sui DISSALATORI? – L’AFRICA, tra crescita demografica, migrazioni, ma anche possibilità di sviluppo: un diffuso progetto di DISSALAZIONE DELL’ACQUA MARINA

SUDAFRICA GIORNO ZERO – CITTÀ DEL CAPO sta per restare a secco: la seconda più grande città del SUDAFRICA, se non pioverà, e molto, AI PRIMI DI MAGGIO DOVRÀ FERMARE L’EROGAZIONE IDRICA, già ora limitata a 50 litri al giorno per ognuno dei suoi 3,5 MILIONI DI ABITANTI (Alessandro Codegoni, QUALENERGIA.IT, 26/2/2018) – nella foto: Activation of Disaster Operations Centre: http://bit.ly/2DUnoLq #ThinkWater #DayZero #CTNews, Un tecnico collauda uno dei punti di distribuzione dell’acqua a cui dovranno rivolgersi i residenti dopo il GIORNO ZERO

   Nel 2030 il 47% della popolazione mondiale potrebbe avere problemi di scarsità di acqua. Poi ci sono aree del nostro Pianeta già ora in grave difficoltà, e con un contesto di sete, di siccità, che rischia di diventare inarrestabile; e queste aree saranno inabitabili.
Un esempio è la siccità eccezionale che affligge l’Africa orientale e meridionale da diversi anni; sembra un anticipo di quanto accadrà, per via del cambiamento climatico, in quella parte di mondo, che comprende, più su, anche l’area del Mediterraneo, che vedrà ridursi in futuro le precipitazioni.

DISSALATORI nell’Area del Mediterraneo (da http://www.greenreport.it )“(…) Sono solo DUE I TIPI principali DI TRASFORMAZIONE DELL’ACQUA SALATA IN ACQUA FRESCA E BEVIBILE: la DESALINIZZAZIONE TERMICA e la DESALINIZZAZIONE “OSMOSI INVERSA” (RO). ENTRAMBI sono AD ALTA INTENSITÀ ENERGETICA. 1) La DESALINIZZAZIONE TERMICA funziona causando l’EVAPORAZIONE DELL’ACQUA, lasciando dietro il sale e altre impurità. 2) DESALINIZZAZIONE “OSMOSI INVERSA” (RO) lavora usando un PROCESSO DI FILTRAZIONE A PIÙ FASI che culmina nell’uso di pompe ad alta pressione per forzare l’acqua salata attraverso una membrana la cui maglia è così stretta che solo le molecole d’acqua possano passare, ma sale e altre impurità non possono.(…)” (Cristian Barucca, 9/8/2017, http://www.themarsicanbear.com/)

Ci sono poi, in questa situazione africana, casi eclatanti, non riferibili a povere comunità sub-sahariane (che sopravvivono con grande difficoltà alla mancanza d’acqua); casi di realtà urbane, metropolitane, dell’Africa meridionale, in pericolo di grave carestia d’acqua. Ci riferiamo a CITTÀ DEL CAPO, che sta per restare senz’acqua: la seconda più grande città del SUDAFRICA, se non pioverà, e molto, in queste settimane, già ai primi di maggio dovrà fermare l’erogazione idrica, già ora limitata a 50 litri al giorno per ognuno dei suoi 3,5 milioni di abitanti. Secondo i tecnici e le autorità sudafricane l’11 maggio è il “day zero”, cioè il giorno dei rubinetti chiusi a causa della siccità. Ma è un’ipotesi che, crediamo, i sudafricani sapranno scongiurare, ma l’emergenza c’è, resta. Un pericolo che ci si augura, questa metropoli supererà… Però è emblematica la situazione di fragilità che si verifica, e che lascia appese le speranze alla possibilità che “piova presto e tanto”, perché le riserve non ci sono più.

L’impianto di energia solare Noor Ouarzazate alimenterà l’impianto di dissalazione dell’acqua di mare ad Agadir (Marocco) – Nel 2030 il 47% DELLA POPOLAZIONE MONDIALE, secondo lo Stockholm International Water Institute, potrebbe avere PROBLEMI DI SCARSITÀ DI ACQUA. I GRANDI IMPIANTI DI DISSALAZIONE hanno però impatti ambientali e notevoli consumi energetici. Ma si sta pensando a nuove tecnologie alimentate anche a fonti rinnovabili (Alessandro Codegoni, QUALENERGIA.IT, 26/2/2018)

Del resto questa contesto non è solo africano: questa sensazione di “pericolo”, dei rubinetti senz’acqua, Roma lo ha vissuto nell’estate scorsa. E anche in molte (meno note e non al centro dell’attenzione mediatica) altri parti d’Italia: è accaduto, l’estate scorsa, nel momento in cui le riserve d’acqua nei bacini della penisola si sono dimezzate.

L’IMPIANTO DI DISSALAZIONE “SOREK” IN ISRALE: costruito dall’ISRAEL DESALINATION ENTERPRISES per il Governo Israeliano, terminato alla fine del 2013: trasforma, dall’acqua del mare, 627.000 metri cubi di acqua potabile al giorno – La dissalazione di acqua di mare potrebbe rappresentare una valida alternativa, come dimostra proprio IL CASO DI ISRAELE, che già produce dal mare il 20% della sua acqua potabile, ma bisogna assicurarsi che gli impianti e i processi siano realizzati nel rispetto degli ecosistemi naturali

Ma tornando là dove l’acqua è veramente scarsa, nelle zone aride della Terra, viene da pensare, e chiedere, che qualcosa bisogna fare per garantire questo primario bene per la vita di tutti. E così da più parti si prospetta la possibilità di estendere la creazione di GRANDI IMPIANTI DI DISSALAZIONE, che permettano di “riconvertire” ad uso potabile l’acqua salata del mare.

AFRICA SENZ’ACQUA – MENO DELL’1 PER CENTO della popolazione mondiale dipende dall’acqua marina desalinizzata. Ci sono circa 21.000 grandi impianti di dissalazione in esercizio; La maggior parte sono in Medio Oriente. (Cristian Barucca, 9/8/2017, http://www.themarsicanbear.com/)

Impianti che hanno però allo stato attuale un considerevole impatto ambientale, e notevoli consumi energetici. Ci riferiamo (per l’impatto marino) sullo scarico nel mare che viene fatto dei sali accumulati, “tolti” all’acqua; cioè lo SCARICO IN MARE DELLA SALAMOIA, residuo del processo di dissalazione: una soluzione ad alta concentrazione di sale, che può essere molto dannosa all’ambiente marino. E poi appunto l’altro aspetto ambientale legato alla desalinizzazione è quello dei suoi attuali alti consumi energetici: anche se, per questo, si sta pensando a nuove tecnologie alimentate da fonti rinnovabili.

DISPONIBILITA’ IDRICA NEL MONDO (mappa ripresa da http://www.greenreport.it) – Circa il 97,5 PER CENTO dei 1.385 MILIONI DI CHILOMETRI CUBICI DI ACQUA su terra è acqua marina salata. Il restante 2,5 PER CENTO È L’ACQUA DOLCE, Ma circa il 90 PER CENTO DI QUELL’ACQUA DOLCE È BLOCCATO NEI GHIACCIAI DELL’ANTARTIDE, Groenlandia o altri ghiacciai (Cristian Barucca, 9/8/2017, http://www.themarsicanbear.com/)

Se di necessità di minor energia (e rinnovabile) si può arrivare a fare, anche l’impatto dello scarico in mare del sale accumulato (semplificando qui il concetto…), per i tecnici questo può essere risolto con uno scarico meno concentrato e più diffuso, “largo”. Pertanto, oltre alle nuove tecnologie, capaci di ridurre il costo energetico utilizzando fonti di produzione energetica rinnovabili, ci sono realistiche ipotesi in grado di risolvere il “ritorno in mare” di forti quantità di sale “estratto” in modo da non rovinare l’equilibrio marino…
Questo per dire che un grande sviluppo per le terre aride della tecnologia dei DISSALATORI che rendono “buona “ l’acqua del mare, potrebbe essere un PROGETTO GLOBALE dove tutti (istituzioni e volontari) avrebbero posto.

LIPARI: IL RINNOVATO (NEL 2015) DISSALATORE – DISSALATORE DELL’ISOLA DI LIPARI, il più grande d’Italia: QUALCHE PROBLEMA AMBIENTALE. CI SI RIFERISCE ALLO SCARICO IN MARE DELLA SALAMOIA, residuo del processo di dissalazione: una soluzione ad alta concentrazione di sale, che può essere molto dannosa

E, nel recupero di acqua potabile, tutto questo appare evidente che, geograficamente, le strade sono due: per chi (come noi) vive in ambienti ricchi di piovosità ma spreca troppo (con un eccessivo inutile consumo, con reti idriche che perdono spesso la metà dell’acqua…), più che di dissalatori, bisogna pensare a essere più parsimoniosi nell’uso dell’acqua: ad essere di fatto più virtuosi nell’utilizzo di questa prezioso bene comune. E prevedere modi di trattenimento dell’acqua piovana; pensare di separare nella costruzione o ristrutturazione delle abitazioni, l’acqua potabile per l’alimentazione, dall’acqua per altri usi (per dire: lo sciacquone del bagno impegna 6 litri d’acqua potabile a ogni utilizzo).

IMPIANTO DI DESALINIZZAZIONE BECKTON (Inghilterra) -Filtri di pressione che comprendono parte di un impianto di desalinizzazione a Beckton, in Inghilterra. Questo impianto di osmosi inversa trasforma acqua mista del fiume e delle maree dal TAMIGI in acqua potabile, ad un tasso di 150.000 m3 al giorno

E che invece LA DISSALAZIONE IMPEGNI PROGETTI RIVOLTI A PAESI CLIMATICAMENTE E GEOMORFOLOGICAMENTE IN DIFFICOLTÀ, zone aride o semi-aride, PAESI che vogliamo che escano da questa condizione di “non diritto” di ciascuna persona ad avere un bene primario di vita. Avviare così un grande progetto (mondiale) per creare tecnologie di desalinizzazione in ogni luogo dove l’acqua (e la sua mancanza) è un vero problema.

Nella foto la città di AGADIR (in Marocco) – “(…) Mentre l’impianto di AGADIR (MAROCCO) capterà l’acqua di mare dall’oceano e la trasformerà in acqua dolce, “solo la metà degli impianti di dissalazione al mondo lo fa”. Il resto prende l’acqua da altre fonti impure, come l’acqua salmastra o l’acqua di fiume inquinata (…)”. (Cristian Barucca, 9/8/2017, http://www.themarsicanbear.com/)

Non è quello che quotidianamente prospettiamo: cioè lo sviluppo e la fine della precarietà per paesi e comunità che vivono in zone aride, che hanno bisogno di una vita dignitosa e autosufficiente con le risorse necessarie al loro mantenimento?
La prospettiva di un grande piano (svolto da tutti, micro e macro organismi di volontariato o istituzionale), concentrato SULL’ACQUA e l’utilizzo delle ACQUE MARINE per la loro trasformazione in ACQUA DA BERE, attraverso micro e macro IMPIANTI DI DESALINIZZAZIONE… Non potrebbe essere un progetto da iniziare, da crederci concretamente? (s.m.)

ANCORA SULLA CRITICA SITUAZIONE DI SICCITA’ IN SUDAFRICA… – In media, OGNI ESSERE UMANO UTILIZZA DIRETTAMENTE o INDIRETTAMENTE 3,8 METRI CUBI D’ACQUA OGNI GIORNO, quando viene tenuto conto di tutto, dal LAVARSI e SERVIZI IGIENICI, al BERE e ALIMENTAZIONE in genere, e indirettamente attraverso l’AGRICOLTURA, e l’USO dell’ACQUA INDUSTRIALE

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DISSALARE L’ACQUA MARINA IN MODO SOSTENIBILE: TECNOLOGIE E FONTI ENERGETICHE
di Alessandro Codegoni, da QUALENERGIA.IT del 26/2/2018 (http://www.qualenergia.it/)
– Già nel 2030 il 47% della popolazione mondiale potrebbe avere problemi di scarsità di acqua. I grandi impianti di dissalazione hanno però impatti ambientali e notevoli consumi energetici. Ma si sta pensando a nuove tecnologie alimentate anche a fonti rinnovabili-

    Città del Capo sta per restare a secco: la seconda più grande città del Sudafrica, se non pioverà, e molto, entro i prossimi due mesi, ai primi di maggio dovrà fermare l’erogazione idrica, già ora limitata a 50 litri al giorno per ognuno dei suoi 3,5 milioni di abitanti.
Le ragioni sono varie e alcune dipendono dalla scarsa previdenza dell’amministrazione cittadina. Ma una delle principali cause è la siccità eccezionale che affligge l’Africa orientale e meridionale da diversi anni, un anticipo di quanto accadrà, per via del cambiamento climatico, in quella parte di mondo, che comprende anche l’area Mediterraneo, che vedrà ridursi in futuro le precipitazioni.
L’Italia ha assaggiato questo scenario proprio nel 2017, quando le riserve d’acqua nei bacini della penisola si sono dimezzate (e al Sud restano ancora basse in modo allarmante), mettendo a rischio l’approvvigionamento idrico non solo dell’agricoltura, ma anche di grandi città, come la stessa Roma.
Il 17 febbraio nella convention dell’associazione ambientalista Marevivo si è tenuto a Napoli un incontro per fare il punto su una delle possibili soluzione al problema della crescente carenza di acqua dolce nel mondo: la dissalazione di quella marina.
“Nel 2030, secondo lo Stockholm International Water Institute, circa il 47% della popolazione mondiale potrebbe avere problemi di scarsità di acqua. La dissalazione di acqua di mare potrebbe rappresentare una valida alternativa, come dimostra il caso di Israele, che già produce dal mare il 20% della sua acqua potabile, ma bisogna assicurarsi che gli impianti e i processi siano realizzati nel rispetto degli ecosistemi naturali”, hanno riassunto quelli di Marevivo.
Il PROBLEMA AMBIENTALE a cui si riferiscono è quello dello SCARICO IN MARE DELLA SALAMOIA, residuo del processo di dissalazione: una soluzione ad alta concentrazione di sale, che, come ha rilevato Francesco Aliberti, professore di biologia alll’Università Federico II di Napoli può essere molto dannosa.
«Abbiamo analizzato lo stato della fauna e flora marina allo scarico della salamoia del DISSALATORE DELL’ISOLA DI LIPARI, il più grande d’Italia, constatando come nelle aree dove le concentrazioni saline superano la soglia di tossicità, si evidenzia una regressione della Posidonia, una pianta fondamentale per la stabilità dell’ambiente marino», ha spiegato Aliberti.
Si pensava che scaricare acqua salata in mare non comportasse conseguenze, e quindi non esistono normative per questo tipo di smaltimento, un gap che andrà presto affrontato se la dissalazione, come sembra, si diffonderà ben oltre l’attuale 1% dell’acqua potabile mondiale che produce.
Ma c’è un altro grave aspetto ambientale legato alla desalinizzazione: quello dei suoi alti consumi energetici. In tempi in cui per ridurre le emissioni di CO2 si tenta di diminuire i consumi di energia mettersi a “fabbricare” acqua dolce a colpi di GWh non sembra proprio l’ideale.
«In effetti le migliori tecnologie esistenti oggi richiedono circa 4 kWh di elettricità per ogni metro cubo di acqua prodotta», dice il professor di ingegneria ambientale Alberto Tiraferri, del Politecnico di Torino.
Nel caso di Città del Capo, per esempio, produrre dal mare i 500 milioni di litri di acqua che gli servono ogni giorno, richiederebbe 2 GWh di elettricità, cioè 700 GWh l’anno, più o meno quella consumata da 260mila famiglie italiane.
«Considerata la forte richiesta elettrica che richiedono, mi sembra difficile che gli attuali impianti di dissalazione su larga scala, si possano autoalimentare con fonti rinnovabili come il sole o il vento. Queste richiederebbero enormi superfici per provvedere alla fornitura elettrica dell’impianto, e comunque non sarebbero continue, a meno di non dotarle di sistemi di accumulo a batteria molto costosi. Vedo più semplice che si usi per i dissalatori, come per gli altri impianti industriali, l’energia di rete, in cui far entrare quote sempre maggiori di fonti rinnovabili», dice Tiraferri.
I dissalatori potrebbero però essi stessi costituire un modo per accumulare energia rinnovabile: nei momenti di eccesso di produzione da vento e sole, possono infatti produrre acqua dolce in sovrappiù, accumularla in serbatoi, per poi immetterla in rete, sospendendo la dissalazione, nei momenti in cui la produzione di energie rinnovabili è minore.
È un sistema in fase di studio per esempio in Arabia Saudita, dove già il 10% dei consumi elettrici va nella produzione di acqua dolce.
«Ma ci sarebbe un altro modo per integrare desalinizzazione ed energie rinnovabili: la DISTILLAZIONE CON MEMBRANA», dice Lidietta Giorno direttrice dell’Istituto tecnologie delle membrane del Cnr. «Mentre nell’osmosi inversa, la tecnologia oggi più usata, l’acqua di mare viene spinta attraverso membrane dissalanti da una pressione fino a 70-80 atmosfere, nella distillazione con membrana l’acqua di mare non viene compressa, ma scaldata a qualche decina di gradi, formando del vapore che, passa attraverso una apposita membrana, e si condensa nell’acqua dolce posta sull’altro lato. Questo sistema, ‘spreme’ ancora più acqua dolce da quella di mare, fino a lasciare solo i sali cristallizzati, che quindi, invece di essere scaricati in mare, sono essi stessi un prodotto vendibile».
«Un altro vantaggio – dice Tiraferri, che sta sperimentando la distillazione con membrana al Politecnico – è che l’acqua dolce così prodotta è molto più pura di quella da osmosi inversa e non richiede altri trattamenti, riducendo ulteriormente i consumi energetici. Ma la cosa più importante è che la distillazione con membrana non usa elettricità, ma calore a bassa temperatura, circa 70 °C, che può essere uno scarto di processi industriali, oppure il prodotto di solare termico o geotermia».
Insomma, se si riuscirà a superare i limiti della tecnologia, come la necessità di grande superficie per una speciale membrana idrofobica e la maggiore tendenza di questa a intasarsi con microrganismi, i futuri dissalatori potrebbero avere accanto centrali solari che producano l’acqua calda necessaria al loro funzionamento, una fonte energetica che è anche molto più facile da stoccare dell’elettricità.
«Vista la grande domanda futura di dissalazione, la distillazione con membrana non è però l’unica tecnologia innovativa in studio», ricorda Tiraferri. «Si stanno sperimentando allo scopo anche NANO TUBI DI CARBONIO, GRAFENE, ELETTROLISI SOLARE O SOLUZIONI ARTIFICIALI DI SALI che ‘succhiano’ l’acqua dolce da quella marina, e che si possano poi facilmente separare. Ma sono tutte soluzioni, per adesso, confinate ai primi stadi di laboratorio».
Quindi in futuro esisteranno impianti di dissalazione a basso consumo elettrico o addirittura alimentati con calore solare. Ma, viene da chiedersi, all’Italia serviranno?
«Al momento direi di no – dice Tiraferri – perché il nostro paese è molto ricco di acqua piovana, e prima di pensare ai dissalatori, la cui acqua costa circa 10 volte più di quella di falda, c’è molto lavoro da fare per RIMETTERE IN ORDINE IL NOSTRO SISTEMA IDRICO, come le reti che perdono, in certe zone, anche la metà dell’acqua che trasportano. Intanto, però, continuiamo con la ricerca e la sperimentazione di tecnologie di dissalazione sempre più avanzate, così da essere pronti, se un domani le piogge diventassero insufficienti, a sfruttare anche la fonte marina. E si potrebbe già cominciare a dissalare per l’agricoltura le acque delle falde salmastre costiere, peraltro a costi più contenuti».
Un punto di vista condiviso anche da Lidietta Giorno.
«Già da ora si potrebbe, come in effetti si sta iniziando a fare, usare filtri e sistemi a membrana, per DEPURARE LE ACQUE FOGNARIE, recuperando grandi volumi di acqua dolce oggi gettati in mare. Ma visto che i climatologi ci dicono che al 2050 la piovosità media in Italia potrebbe calare anche del 7% rispetto a oggi, con rischi di desertificazione al sud, sarà opportuno cominciare ad investire anche in Italia nell’industria della dissalazione, a cui potremmo fornire il nostro know how, oltre che in altri parti del mondo. Sarebbe importante farlo anche per non trovarci poi al momento decisivo dal dover dipendere da altri per ottenere dal mare l’acqua da bere». (Alessandro Codegoni)

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Post precedente sull’argomento acqua da Geograficamente:

ALLARME ACQUA: L’ORO BLU che manca e con un consumo pro-capite sempre più alto (diretto e indiretto) – SOLUZIONI POSSIBILI ALLE RISORSE IDRICHE LIMITATE e al SUPERAMENTO DI OGNI CONFLITTO IDRICO nella geopolitica mondiale: il ruolo degli SCIENZIATI-MEDIATORI

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IL PIÙ GRANDE IMPIANTO DI DESALINIZZAZIONE DELL’ACQUA DI MARE ALIMENTATO DAL SOLE STA PRENDENDO VITA IN MAROCCO
di Cristian Barucca, 9/8/2017, da http://www.themarsicanbear.com/
Quest’estate (del 2017, ndr), la ditta spagnola ABENGOA ha annunciato di aver firmato un accordo con un’agenzia governativa marocchina per andare avanti con la prima fase di un progetto per costruire IL PIÙ GRANDE IMPIANTO DI DISSALAZIONE DELL’ACQUA MARINA A ENERGIA RINNOVABILE A LIVELLO MONDIALE.
Abengoa intraprenderà la progettazione, la costruzione, l’esercizio e la manutenzione dell’impianto per 27 ANNI. Il progetto produrrà 275.000 METRI CUBI DI ACQUA MARINA DESALINIZZATA ogni giorno, per fornire 150.000 M3 DI ACQUA POTABILE E 125.000 M3 PER L’IRRIGAZIONE di 13.600 ettari di terreno agricolo vicino a AGADIR, una città costiera nel Marocco occidentale. Il contratto prevede una possibile espansione di capacità futura fino a 450.000 metri cubi al giorno.
Secondo il governo marocchino, l’elettricità per alimentare l’impianto entrerà dai nuovi fili ad alta tensione progettati dalla CENTRALE DI ENERGIA SOLARE NOOR OUARZAZATE, a quasi 400 chilometri a est di Agadir.
I numeri della Desalinizzazione
Al momento, MENO DELL’1 PER CENTO della popolazione mondiale dipende dall’acqua marina desalinizzata. Ci sono circa 21.000 grandi impianti di dissalazione in esercizio; La maggior parte sono in Medio Oriente.
Mentre l’impianto di Agadir capterà l’acqua di mare dall’oceano e la trasformerà in acqua dolce, “solo la metà degli impianti di dissalazione al mondo lo fa”. Il resto prende l’acqua da altre fonti impure, come l’acqua salmastra o l’acqua di fiume inquinata “.
Il potenziale di questa tecnologia
In teoria, il potenziale per aumentare le forniture globali di acqua dolce utilizzando tecnologie di dissalazione è enorme. Circa il 97,5 PER CENTO dei 1.385 MILIONI DI CHILOMETRI CUBICI DI ACQUA su terra è acqua marina salata. Il restante 2,5 PER CENTO È L’ACQUA DOLCE, Ma circa il 90 PER CENTO DI QUELL’ACQUA DOLCE È BLOCCATO NEI GHIACCIAI DELL’ANTARTIDE, Groenlandia o altri ghiacciai.
L’uso totale annuale di acqua dell’umanità è, a sua volta, una piccola frazione del resto.
Tenuto conto di questi numeri, I PIANI DI DISSALAZIONE che si progettano basandosi sull’acqua di mare, POSSONO TRASFORMARE I DESERTI DEL MONDO e le secche semiaride in prosperose piantagioni verdi? La risposta corta è: IN TEORIA SÌ, ma IN PRATICA, NON FACILMENTE, perché “CI VUOLE MOLTA ENERGIA e attrezzature per fare dell’acqua dolce dall’acqua di mare”, ha detto KLEMENS SCHWARZER, uno scienziato dell’Istituto Solare Jülich nella Germania occidentale, a 60 chilometri a ovest di Colonia. “Questo SIGNIFICA CHE È COSTOSO“.
Il costo della desalinizzazione deve essere sempre confrontato con il costo della tubazione o del trasporto dell’acqua dolce da dove si ottiene senza bisogno di desalinizzazione, cioè da laghi, fiumi o acquiferi d’acqua dolce.
Tecnologie per la desalinizzazione
Esista una varietà sconvolgente di apparecchiature di desalinizzazione, ma sono solo due i tipi principali di trasformazione dell’acqua salata in acqua fresca e bevibile: la DESALINIZZAZIONE TERMICA e la DESALINIZZAZIONE “OSMOSI INVERSA” (RO). Entrambi sono ad alta intensità energetica.
La desalinizzazione termica funziona causando l’evaporazione dell’acqua, lasciando dietro il sale e altre impurità. RO lavora usando un processo di filtrazione a più fasi che culmina nell’uso di pompe ad alta pressione per forzare l’acqua salata attraverso una membrana la cui maglia è così stretta che solo le molecole d’acqua possano passare, ma sale e altre impurità non possono. L’impianto di Abengoa di Agadir utilizzerà RO.
Secondo Schwarzer, la desalinizzazione termica tende a generare acqua pura rispetto alla desalinizzazione RO.
In media, ogni essere umano utilizza direttamente o INDIRETTAMENTE 3,8 METRI CUBI D’ACQUA OGNI GIORNO, quando viene tenuto conto di tutto, dal lavaggio, dal bere, attraverso l’agricoltura e l’uso dell’acqua industriale. Ciò significa che l’impianto AGNADRO di ABENGOA, una volta completato, produrrà abbastanza per coprire le esigenze di circa 72.500 cittadini globali.
Dal momento che ci sono circa 7,5 miliardi di persone nel mondo, un calcolo dimostra che ci vorrebbero circa 104.000 impianti di dimensione uguali quella costruita a Agadir, per fornire acqua dolce per tutti sulla Terra.
La sfida finanziaria dell’Africa
C’è un’enorme quantità di acqua dolce pulita anche nell’Africa sub-sahariana, ha aggiunto Schwarzer. Con abbondante sole, la desalinizzazione solare ha un senso tecnico per il continente, almeno nei pressi delle coste. Potrebbe anche essere usato per purificare l’acqua dei fiumi inquinati. Ma la maggior parte degli africani non può permettersi di attrezzare impianti di desalinizzazione.
La gente ha bisogno di almeno 5 litri al giorno di acqua per uso personale. Il gruppo di Schwarzer, JÜLICH SOLAR INSTITUTE, ha sviluppato piccole unità decentralizzate di distillazione a più stadi che producono 10 METRI CUBI DI ACQUA DOLCE al giorno, o 10.000 LITRI, a un costo di circa DUE CENTESIMI DI EURO AL LITRO. È sufficiente a fornire acqua potabile e cottura per un villaggio di circa 2.000 PERSONE.
Due centesimi al litro suonano, a noi europei, quasi niente, “ma è davvero molto”, ha detto Schwarzer. “Prendiamo in considerazione una famiglia di otto persone, due adulti e sei bambini, cioè 40 litri, o 80 centesimi al giorno. Per una famiglia africana che guadagna solo un paio di euro al giorno, è troppo”.
La soluzione, ha detto, dovrà comportare una qualche forma di sovvenzione parziale per coprire i costi di costruzione e fornitura di attrezzature di desalinizzazione. (Cristian Barucca)

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Acqua | Aree protette e biodiversità | Clima | Energia
DIFFUSIONE DEGLI IMPIANTI DI DISSALAZIONE, TECNOLOGIE, PIANIFICAZIONE E ASPETTI NORMATIVI
[11 ottobre 2017] GREENREPORT.IT http://www.greenreport.it/news/
– Le polemiche sul dissalatore all’Elba e il documento sulla dissalazione del Festival dell’Acqua 2017 –
All’ISOLA D’ELBA impazza (come sempre in ritardo e a cose praticamente fatte), il dibattito/scontro sul DISSALATORE DI MOLA che ha già avuto il via libera della Regione Toscana (la Giunta regionale ha approvato il Decreto di non assoggettabilità a procedura di valutazione di impatto ambientale il 12 aprile 2017) e del Comune di CAPOLIVERI, sul cui territorio dovrebbe sorgere.
Nella terza isola italiana, servita da un ormai VETUSTO ACQUEDOTTO SOTTOMARINO, è sorto un COMITATO ANTI-DISSALATORE e i sindaci di PORTO AZZURRO e PORTOFERRAIO (di centro-destra come quello di Capoliveri) hanno espresso perplessità sul progetto di “Autonomia idrica isola d’Elba. Lotto I: impianto di dissalazione in loc. Mola da 80 l/s e opere accessorie a terra e a mare”.
Molti tra coloro che si oppongono non hanno partecipato all’”Agorasa: Incontro di partecipazione sul progetto del dissalatore”, convocato il 9 giugno a Capoliveri da Asa proprio per coinvolgere direttamente i cittadini e tutti i portatori di interesse. Un incontro nel quale i cittadini presenti e Legambiente Arcipelago Toscano hanno chiesto di mitigare l’impatto ambientale, paesaggistico ed energetico del dissalatore, richieste e osservazioni delle quali Asa si è impegnata tener conto.
Intanto a BARI, al FESTIVAL DELL’ACQUA 2017, ideato e promosso da UTILITALIA (la Federazione delle aziende che si occupano di acqua ambiente e energia), in collaborazione con ACQUEDOTTO PUGLIESE (Aqp) e, tra gli altri, MINISTERI dell’ambiente e dei beni culturali, UNIVERSITÀ DI BARI, LEGAMBIENTE, UNESCO e ONU, è stato presentato un DOCUMENTO DI SINTESI SULLA DISSALAZIONE che in molti farebbero bene a leggere, visto che si occupa diffusamente dei dissalatori già realizzati nelle isole minori italiane e che fornisce informazioni preziose su caratteristiche tecniche degli impianti, costi, consumi e normative.
VE LO PROPONIAMO:
DISSALAZIONE: ASPETTI TECNICO/ECONOMICI E TREND IN ATTO
Diffusione degli impianti di dissalazione
La messa in sicurezza dal punto di vista dell’approvvigionamento idropotabile di aree caratterizzate da scarsità idrica cronica può richiedere il ricorso ad altre fonti quali acqua marine o salmastre, previo trattamento di dissalazione. Del resto, mari e oceani rappresentano la riserva principale di acqua presente sul globo (il 97%) aspetto questo ben noto anche a scienziati e tecnici sin dall’antichità soprattutto per quanto attiene le esigenze connesse alla navigazione [Indicazioni sul ricorso all’acqua del mare per ottenere acqua dolce atta a soddisfare le esigenze di una nave sono state fatte sin da Plinio il Vecchio in Historia Naturalis Liber XXI]. Si può affermare tuttavia che il suo utilizzo diffuso per fornire acqua dolce per i normali acquedotti ha mostrato un’evoluzione significativa solo negli ultimi anni, grazie a nuovi processi tecnologici (soprattutto il ricorso all’osmosi inversa) accompagnati da una significativa riduzione dei costi complessivi di realizzazione e gestione.
La dissalazione, attualmente, rappresenta un’importante fonte idrica alternativa per la produzione di acqua potabile; la capacità installata, a livello mondiale, ha già superato i 100 milioni mc/giorno, interessando principalmente i Paesi Arabi, l’Australia, la costa orientale degli Stati Uniti e alcuni Paesi che si affacciano sul Mediterraneo. (vedi Figura 8.13).
Tecnologie utilizzate
Le tecnologie utilizzate possono riassumersi in tre categorie: MSF (multi-stage flash), MED (multi effect distillation) e RO (reverse osmosis). Quest’ultima caratterizza la gran parte delle più recenti installazioni, per il minore consumo di energia per unità di acqua dissalata. Va anche sottolineato che gli impianti ad osmosi inversa presentano maggiore flessibilità operativa, consentendo di coprire un’ampia gamma di potenzialità semplicemente con l’aggiunta di moduli base, senza penalizzazioni di rendimento.
Sistemi di dissalazione di questo tipo sono presenti nel nostro Paese soprattutto nelle isole maggiori (SICILIA e SARDEGNA) e in alcune piccole isole (GIGLIO, LAMPEDUSA, EOLIE). Questi impianti rappresentano la fonte principale – se non esclusiva – di approvvigionamento idrico, che ha consentito di sostituire i precedenti sistemi di alimentazione costosi e non sempre affidabili, quali bettoline o navi cisterna.
Al momento, vi sono diverse realizzazioni in corso e fanno tutte riferimento all’OSMOSI INVERSA, a differenza dei precedenti sistemi che facevano per lo più ricorso a processi di distillazione ed erano destinati soprattutto a servire poli industriali. Fra questi, si ricorda l’IMPIANTO DI GELA (CN) abbinato al polo petrolchimico ENI, che – avviato negli anni ’60 – fornisce acqua dissalata anche per uso civile.
I consumi energetici sono sensibilmente più alti dei processi convenzionali di produzione di acqua potabile [In generale il procedimento di desalinizzazione dell’acqua comporta un consumo maggiore di energia stimabile da quattro a cinque volte di più rispetto ai trattamenti classici di potabilizzazione dell’acqua dolce] ed hanno rappresentato da sempre un fattore limitante nella diffusione della dissalazione, al punto che le installazioni più rilevanti sono spesso affiancate a poli industriali o a centrali termoelettriche.
Va tuttavia rilevato che le prospettive offerte dalla ricerca tecnologica nella riduzione dei costi di produzione delle membrane osmotiche e nel miglioramento delle loro performance fanno prevedere una forte crescita in questo campo di queste tecnologie. Relativamente ai consumi energetici va osservato che, oltre al progressivo miglioramento delle membrane per osmosi inversa che consente una sensibile riduzione dell’incidenza di Kwh per metro cubo di acqua prodotta, si nota una crescente tendenza a sostituire/integrare l’energia elettrica di alimentazione degli impianti con quella prodotta in loco da fonti rinnovabili, come il solare e l’eolico.
Pianificazione del servizio idrico e dissalazione
Occorre tenere presente, inoltre, che – a fronte dei costi di produzione superiori (al momento) rispetto ad altri sistemi – l’enorme disponibilità della risorsa (acqua di mare o meglio ancora salmastra) consente di garantire la fornitura di acqua potabile anche in condizioni climatiche sfavorevoli, sia sul breve che sul lungo periodo. Non a caso, proprio un’importante metropoli europea come BARCELLONA è riuscita negli ultimi anni a risolvere un atavico problema di carenza idrica, grazie alla realizzazione di adeguati dissalatori che – integrati con le preesistenti infrastrutture di approvvigionamento – si sono rivelati elementi fondamentali del sistema acquedottistico.
L’ESEMPIO DI BARCELLONA – il cui livello di piovosità risulta analogo a quello di alcune aree del nostro Mezzogiorno [Sulla base dell’andamento della piovosità dell’ultimo trentennio si può verificare che a fronte di una media annua per Barcellona di poco superiore a 600 mm, si hanno 563 e 395 mm rispettivamente per Bari e per Cagliari] – va tuttavia considerato nella sua completezza: la dissalazione risulta infatti sostenibile sul piano economico-gestionale solo in presenza di particolari condizioni. Innanzitutto, l’acqua dissalata deve essere veramente integrata con le altre risorse presenti, fare riferimento ad una conduzione tecnica di elevato livello ed impiegare una rete idrica caratterizzata da dispersioni contenute, considerato che i costi variabili di produzione di acqua dissalata sono superiori a quelli di acqua proveniente da fonti convenzionali. Si tratta di condizioni al momento non frequenti in Italia, anche se per la recrudescenza di condizioni siccitose evidenziatasi negli ultimi anni potrebbe rappresentare una soluzione integrativa strutturale per diverse aree del Paese e non solo per quelle piccole isole non altrimenti servibili.
Aspetti normativi
La messa in opera di un impianto di dissalazione richiede comunque un adeguato studio dal punto di vista ambientale anche per il migliore dimensionamento delle opere di prelievo dell’acqua e, soprattutto di quelle destinate alla RESTITUZIONE DELLE SOLUZIONI SALINE CONCENTRATE DOVUTE AL TRATTAMENTO. In proposito, occorre EVITARE L’IMMISSIONE DI TALE ACQUE IN BACINI CHE PRESENTANO SCARSA COMUNICAZIONE CON IL MARE APERTO.
Riguardo a tale aspetto va precisato che in Italia nel D.Lgs. 152/2006 destinato a regolare, fra l’altro, la materia degli scarichi, non è presente alcuna norma specifica per lo scarico proveniente da dissalatori; al più, si possono trarre indicazioni riguardo alla qualità delle acque costiere destinate alla vita dei molluschi riferite al parametro salinità agli art. 87 e 88 del citato D.Lgs.
Va infine ricordato che sulla diffusione o meno della dissalazione in Italia possono anche incidere norme specifiche riguardanti quelle realtà che, almeno in teoria, più ne avrebbero necessità, ovvero le ISOLE MINORI.
Per tali isole, normalmente sprovviste di adeguate risorse idriche proprie e spesso gravate da una più accentuata presenza estiva, la soluzione adottata IN PASSATO era quella di PROVVEDERE alla fornitura di acqua potabile TRAMITE NAVI CISTERNA. Soluzione costosa (il costo medio è oggi stimabile in circa 15 euro/mc) e comunque caratterizzata da una certa rischiosità di approvvigionamento per possibili interruzioni della navigazione dovute a condizioni climatiche avverse.
Per fare fronte a questi sovra oneri per le comunità interessate, sin dal dopoguerra sono state approvate LEGGI PER FINANZIARE IL SERVIZIO DI APPROVVIGIONAMENTO E TRASPORTO DELL’ACQUA. In proposito, va osservato che è stata introdotta la condizione per cui tale contributo pubblico decade nel momento stesso in cui fornitura idrica viene assicurata all’isola tramite sistemi di dissalazione [Nella legge 19 maggio 1967, n.378 relativa al rifornimento idrico delle isole minori all’art.6 è riportato: “Qualora i Comuni delle isole indicate nella tabella A vengano adeguatamente riforniti di acqua potabile mediante impianti che utilizzino eventuali risorse idriche locali od impianti autonomi di altro genere, l’approvvigionamento idrico, a carico dello Stato, è effettuato soltanto in casi eccezionali di emergenza a richiesta del Prefetto, su proposta del medico provinciale” ultima legge approvata ]. Si tratta in tutta evidenza di un tipico incentivo distorto introdotto dalla stessa legge che spiega, almeno in parte, le difficoltà frapposte da amministratori locali alla messa in opera di sistemi di dissalazione, in quanto con la nuova installazione, che pure avrebbe costi di gestione inferiori di un ordine di grandezza rispetto alle navi cisterna, verrebbe a cadere la gratuità della fornitura primaria di acqua.
In conclusione, si può affermare che UN MAGGIORE RICORSO AI SISTEMI DI DISSALAZIONE DOVREBBE ESSERE NEL CONTEMPO ACCOMPAGNATO DA UNA ADEGUATA CORNICE NORMATIVA che ne semplifichi la realizzazione e l’esercizio, senza dovere costringere di volta in volta anche per impianti di limitata potenzialità ad affrontare lunghi studi ed analisi sperimentali assolutamente non previste negli scarichi (ben più critici) su acque interne anche di aree sensibili.
Il rischio, già verificato sul piano operativo è che tutto ciò risulti solo funzionale a rendere più inutilmente tortuose le procedure amministrative, con il risultato di rimandare o ritardare le soluzioni tecniche necessarie per garantire la fornitura idrica alla popolazione, per l’emergere anche di atteggiamenti opportunistici indicati in precedenza.
La cosa tuttavia non deve stupire più che tanto, considerato che fin dal 1989 il prof. Giorgio Nebbia denunciava in un suo articolo sulla Gazzetta del Mezzogiorno la “… miopia nei confronti della dissalazione” considerata non solo come fattore tecnico risolutivo di problemi di approvvigionamento idrico per alcune aree del Paese, ma anche come possibilità di sviluppare una filiera industriale nella quale l’Italia avrebbe potuto giocare un ruolo da leader internazionale come invece è avvenuto, rimanendo nel bacino del Mediterraneo, per altri Paesi quali Israele e Spagna.
(DOCUMENTO DI SINTESI SULLA DISSALAZIONE redatto a BARI, al FESTIVAL DELL’ACQUA 2017, ideato e promosso da UTILITALIA, la Federazione delle aziende che si occupano di acqua ambiente e energia)

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EMERGENZA IDRICA IN SUDAFRICA

di Francesco Sarcina, da “il Sole 24ore” del 9/2/2018
– Città del Capo, l’11 maggio sarà “day zero”: rubinetti chiusi a causa della siccità –
Continua l’emergenza idrica a Città del Capo. La città sudafricana, dove non piove più a sufficienza per ripristinare le riserve idriche da più di tre anni, ha posticipato il “day zero” al prossimo 11 maggio: a partire da quel giorno i rubinetti delle case potrebbero rimanere asciutti, e ciascun cittadino dell’area urbana avrà diritto a ricevere solo 25 litri di acqua al giorno.
In precedenza la data del “day zero” era stata fissata al 16 aprile, ma il posticipo non vuole affatto dire che l’emergenza acqua sia meno urgente: semplicemente l’amministrazione cittadina ha deciso di ridurre le forniture di acqua destinate all’uso agricolo, destinandole ai residenti in città. Infatti, se attualmente il 30% delle risorse idriche vengono destinate agli agricoltori, questa percentuale si ridurrà, per decisione dell’amministrazione cittadina, al 15% nel mese di marzo e al 10% in aprile, dando quindi ai cittadini della metropoli sudafricana qualche settimana in più prima che i rubinetti casalinghi vengano chiusi.
La situazione resta quindi drammatica. Il sindaco della città, Ian Neilson, ha detto che i consumi idrici da parte della cittadinanza sono ancora superiori rispetto a quanto l’amministrazione comunale sperava. Attualmente, il limite è fissato a 50 litri pro capite quotidiani, ma è evidente che è molto difficile controllare i consumi di acqua di ogni singolo cittadino fin quando i rubinetti casalinghi restano funzionanti. Di fatto, però, i residenti in città consumano attualmente 547 milioni di litri di acqua al giorno, mentre l’obiettivo dell’amministrazione era che i consumi non superassero la soglia dei 450 milioni di litri quotidiani. Il risultato è che i bacini idrici che approvvigionano l’area di Città del Capo sono sempre più asciutti: in media, la percentuale di riempimento è passata in una settimana dal 26,3% al 25,5%.
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Impianti di desalinizzazione costruiti a tempi di record
Nel frattempo, si cerca di correre ai ripari. La Tsogo Sun Holdings Ltd, il più grande operatore alberghiero del Sud Afica, sta costruendo un impianto di desalinizzazione che contribuirà a fornire i propri hotel. L’amministratore delegato di Tsogo, Ravi Nadasen, ha precisato che l’attuale situazione a Città del Capo non è più da considerarsi straordinaria, ma «diventerà la nuova normalità. E anche noi dobbiamo essere responsabili».
Il turismo è una delle risorse economiche più importanti a Città del Capo. Secondo l’ente sudafricano del turismo, infatti, circa 1,6 milioni di persone visitano l’area di Cape Town ogni anno, spendendo circa 40 miliardi di rand (circa 2,7 miliardi di euro).
Le precauzioni per chi si reca a Città del Capo
Sul sito del turismo della città sudafricana, è presente un decalogo destinato ai viaggiatori stranieri che in queste settimane, per piacere o per lavoro, vogliono recarsi a Città del Capo. Ecco le raccomandazioni: riutilizzare gli asciugamani dell’albergo per più di
un giorno senza chiedere cambi quotidiani; tirare l’acqua del wc il meno possibile; usare una tazza per lavarsi i denti invece che lasciare il rubinetto dell’acqua aperto; limitare la durata delle docce a 90 secondi ed evitare l’uso della vasca da bagno; segnalare immediatamente eventuali perdite dai rubinetti o dai servizi igienici; evitare di lavare i panni fino a quando non si può fare un bucato a pieno carico; non usare le piscine ma piuttosto concedersi un bagno nell’oceano; quando possibile, usare la lavastoviglie (a pieno carico) piuttosto che lavare i piatti a mano. Sul sito è linkato anche un semplice ma efficace calcolatore per valutare l’effettivo consumo d’acqua pro capite. (Francesco Sarcina)

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ACQUA, ECCO LA MAPPA DEGLI HOTSPOT MONDIALI DELLO STRESS IDRICO

di Salvatore Galeone, 7/6/2016,da https://www.inabottle.it/it/news/

– Il portale Pacific Standard ha stilato una lista delle zone nel mondo dove le risorse idriche sono a rischio per i cambiamenti climatici –

MILANO I cambiamenti climatici stanno mettendo a dura prova le riserve idriche nel mondo e, per conservarle e garantirle alle future generazioni, è necessario adoperare strategie più incisive e lungimiranti. Il portale Pacific Standard ha provato a fare una mappatura globale per evidenziare gli hotspot mondiali più a rischio stress idrico così da iniziare a pensare e costruire soluzioni di lungo periodo a tutela dell’acqua.

NORD AMERICA

L’Ogallala è una falda acquifera che fornisce quasi un terzo delle acque sotterranee utilizzate per l’irrigazione negli Stati Uniti. Alcuni ricercatori hanno stimato che, ai ritmi attuali, l’agricoltura in alcuni Stati, come il Kansas, avrà forti problemi a partire dal 2040.

SUD AMERICA

Il bacino amazzonico genera circa un quinto del deflusso globale di acqua dolce all’anno ed è in pericolo.

I Laghi nelle Ande – fonti cruciali di acqua dolce per l’Ecuador, Colombia e Perù settentrionale – si stanno riscaldando più velocemente rispetto alla media globale, mettendo a rischio non sono l’accesso all’acqua, ma anche gli ecosistemi locali.

Il Brasile sta progettando la costruzione di diverse decine di nuovi grandi impianti idroelettrici, entro il 2020. Le opere di modernizzazione dovranno essere accompagnate da politiche di sviluppo sostenibile per garantire anche il futuro della risorsa acqua.

AFRICA

L’Etiopia sta costruendo dighe idroelettriche sul Nilo che minacciano di tagliare il flusso del fiume a valle in Egitto.

I ricercatori del British Geological Survey stimano che le falde acquifere sotterranee dell’Africa detengono più di 100 volte il volume di acqua che cade ogni anno nel continente. Una buona notizia,  poco conosciuta.

MEDIO ORIENTE

In Medio Oriente e Nord Africa esistono grandi hub per la desalinizzazione dell’acqua. Ce ne sono circa 1.500 in tutto il Mediterraneo e il Golfo Persico e generano i tre quinti di tutta l’acqua desalinizzata del mondo. Tuttavia in Paesi come l’Arabia Saudita le attività dell’uomo stanno aumentando a dismisura i livelli di sale nelle acque del Golfo, aspetto che renderà problematica la potabilizzazione dell’acqua.

Nello Yemen, il cittadino medio vive con meno di 200 metri cubi di acqua all’anno, molto al di sotto del valore soglia per la scarsità d’acqua (1.000 metri cubi per persona all’anno).

Gli Emirati Arabi Uniti hanno costruito il più grande serbatoio sotterraneo del mondo che contiene 26 milioni di metri cubi di acqua dissalata. Quando è pieno può arrivare a  garantire acqua potabile per 90 giorni.

ASIA

I fiumi Syr Darya e Amu Darya forniscono il 90 per cento di acqua per l’Asia centrale e il 75 per cento dell’acqua necessaria per l’agricoltura irrigua.

Nel 1990 il governo cinese stimò che il Paese aveva circa 50.000 fiumi. Una recente ricerca riferisce che circa 27mila sono ormai quasi a secco.

In Cina un progetto di trasferimento d’acqua dal Sud al Nord punta a movimentare decine di miliardi di metri cubi di acqua dal fiume Yangtze al bacino del fiume Giallo. Tuttavia politiche poco sostenibili rischiano di determinare rischi ecologici per entrambi i fiumi.

Alcune parti del nord della Cina vivono con meno di 400 metri cubi di acqua pro capite all’anno.

L’India è la patria di oltre il 16 per cento della popolazione mondiale,  ma ha accesso a solo il 4 per cento della sua acqua potabile.

Le falde acquifere sotterranee del Gange Superiore irriga terreni coltivabili in India e Pakistan. Uno studio nel 2012 ha spiegato che il serbatoio avrebbe bisogno di essere ricaricato dalla pioggia a un livello 50 volte superiore a quello attuale per poter sostenere l’agricoltura in entrambi i Paesi. (Salvatore Galeone)

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DESALINIZZAZIONE, ISRAELE NAZIONE ALL’AVANGUARDIA

di Alessandro Conte, 12/11/2016, da IN A BOTTLE http://www.inabottle.it/
– Desalinizzazione, Israele è una nazione all’avanguardia. Scopri il progetto che rimuove sale dalle acque marine per trasformarle in acque potabili –
La desalinizzazione (o dissalazione) è un processo che rimuove il sale dalle acque che lo contengono – soprattutto marine – per trasformarle in acque potabili, per un uso alimentare ma anche industriale. Si prevede che questo metodo sia destinato ad assumersi il carico di rispondere alla sempre più crescente domanda di acqua nel mondo. Per questo, gli studiosi sono molto impegnati nella ricerca di un metodo che possa perfezionare questa procedura di trasformazione – anche se in molti mettono in dubbio la praticità della dissalazione su larga scala.
IL MODELLO ISRAELIANO
Il caso in questione riguarda il più grande progetto di dissalazione al mondo: il Sorek, in Israele, un impianto che è costato circa 500 milioni di dollari e che utilizza una tecnologia di dissalazione convenzionale chiamata osmosi inversa – il suo consumo di energia è tra i più bassi al mondo per quanto riguarda gli impianti di dissalazione su larga scala. Dal 2013, questa centrale non ha mai smesso di crescere: si prevede produrrà 627.000 metri cubi di acqua al giorno quando sarà a pieno regime, ma attualmente già fornisce il 20% del fabbisogno di acqua del Paese.
RISULTATI E OBIETTIVI
Israele, viste le premesse e i risultati già ottenuti, ha deciso di non smettere di scommettere su questa tecnologia e le nuove prospettive sono il raggiungimento del 50% del rifornimento idrico del Paese, alla fine del 2016, quando entreranno in funzione gli impianti supplementari. Per ora sono 4 gli impianti di desalinizzazione – il Sorek è il più grande – e tutti insieme provvedono al 40% del fabbisogno idrico.
Quello che il Sorek sta facendo adesso è battersi per dimostrare la fattibilità della desalinizzazione: l’obiettivo è quello di vendere con profitto l’acqua alle autorità israeliana che se ne occupa per 58 centesimi di dollaro a metro cubo, un prezzo inferiore rispetto agli altri impianti di desalinizzazione. (Alessandro Conte)

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Post precedenti sull’argomento acqua, energie e risorse, Africa e Paesi in via di sviluppo, da Geograficamente:

Europa, Medio-Oriente e Nord Africa: un unico continente ricco di energie rinnovabili (quando gli stati nazionali saranno meno importanti)


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DEMOGRAFIA: l’IMPETUOSA CRESCITA DELLA POPOLAZIONE in Africa, India, nei Paesi in via di sviluppo, e le CULLE VUOTE dei Paesi ricchi – La NECESSITÀ di UN RIEQUILIBRIO MONDIALE per rimediare ai mutamenti climatici, alle tensioni sociali e allo squilibrio e sovrautilizzo delle risorse naturali


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AFRICA: continente dimenticato e con molte sofferenze (ma che vive la sua modernità con alcune speranze)


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